Che cosa cambia se la Bce ci dà una mano

Che cosa cambia per la nostra economia la iniziativa della Bce di comprare a man bassa titoli di Stato e iniettare liquidità nel sistema euro? La domanda non è oziosa. Le imprese e i cittadini, non solo quelli italiani, sono svuotati non solo nello spirito, ma anche nel portafogli. Il risultato è che senza soldi (gli 80 euro al mese in più nella busta paga serviranno, ma non cambieranno radicalmente la situazione delle famiglie) non si compra, non si investe, non si fa girare l’economia. Ecco, allora, che tra i Paesi industriali si è innestata una strana gara a chi stampa meglio e di più banconote. Ha cominciato la Federal Reserve, con l’acquisto di 85 miliardi di titoli di Stato Usa al mese. Al mese, non all’anno. Solo dopo un paio di anni di questa cura da cavallo la Fed ha deciso di ridurre progressivamente quello che in termini tecnici si chiama quantitative easing. E lo sta facendo, con calma. In sostanza, questo sistema è un modo come un altro di stampare denaro, ma senza farlo in modo diretto. Al posto di scaldare le macchine della zecca la banca centrale acquista il debito pubblico e permette allo Stato di spendere a piacimento. È come se vi regalassero una carta di credito agganciata al conto corrente dello zio ricco.

Lo scorso anno il modello è stato, in buona sostanza imitato dal Giappone, afflitto come l’Europa dalla sindrome della bella addormentata. Il principe azzurro, in questo caso, è stato il premier Shinzo Abe, che ha spinto la banca centrale a far girare l’economia con stimoli per 90 milioni di euro. Ora tocca all’Europa, anche se la cura (ancora non determinata ufficialmente) è simile: gli acquisti dovrebbero riguardare 80 miliardi di euro al mese.

L’obiettivo di tutti è far circolare più denaro. Le banche dovrebbero metterne di più a disposizione di famiglie e imprese, quindi ci dovrebbe (condizionale d’obbligo) maggiore facilità nel sottoscrivere mutui o erogare un prestito.

Non solo: se c’è più denaro in circolazione, secondo l’economia classica, il suo prezzo scende. E se il denaro vale un po’ meno le aziende alzano il prezzo dei prodotti. Questo fenomeno si chiama inflazione. Se c’è un po’ di inflazione, ma non tanto da creare panico, il consumatore sarà spinto a fare shopping, per non aspettare che il prezzo dei prodotti salga. Insomma, un circolo virtuoso. Perlomeno, in linea teorica. Per quest’anno, per esempio, il Pil giapponese nonostante tutto secondo le stime salirà solo dello 0,6%, anche perché il governo ha dovuto introdurre del rialzo dell’Iva dal 5 all’8%. A noi fa ridere, ma ai giapponesi no. E gli Usa, dopo aver riempito la Fed di titoli di Stato hanno visto calare la disoccupazione e aumentare il Pil. Ma fino a quando non si sa.

Insomma, se non sai che pesci pigliare le provi tutte, anche a stampare soldi. Un po’ funziona, ma non è detto che la medicina guarisca dalla malattia, oltre che attenuare i sintomi.   

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