L’innovazione riempiamola di contenuti

Roberto Anghinoni, giornalista

Rivoluzione digitale, comunicazione social, commercio elettronico… Sembra che ormai al mondo non esista altro. Forse vale anche la pena ricordare a noi stessi che, per uscire dal mucchio, è indispensabile diventare promotori di avanguardia tecnica.

Un po’ in ogni dove tiene banco il tema dell’innovazione: digitale, di posizionamento, tecnologica, anche estetica.

Sono argomenti certamente non nuovi, se ne parla ormai da anni, ma nel nostro settore, dove per cambiare qualcosa di solito si devono aspettare le glaciazioni, questi temi sono sempre attuali.

Anche se sono personalmente convinto che l’eccessivo uso della tecnologia ci seppellirà, e sicuramente ci sta già impoverendo, almeno a livello di relazioni (ma che cosa ci volete fare se sono un orgoglioso e inguaribile spirito analogico?) è indubbio che l’innovazione in generale faccia parte dell’evoluzione degli esseri umani, e fra questi a buon diritto, anzi ottimo, ci sono anche gli imprenditori della distribuzione edile.

Quando si vuole indagare sulla diffusione e sugli aspetti positivi dell’innovazione applicata, si scelgono giustamente gli esempi più virtuosi: rivendite che si sono fortemente orientate alla digitalizzazione dei processi sia in ambito amministrativo che di gestione del magazzino, delle vendite, e così via; aziende che hanno aderito a piattaforme di commercio elettronico o che se ne sono fatto uno in casa e magari funziona anche bene (gli esempi non mancano); un uso sapiente e a volte anche un po’ ridondante e supponente (esempio: perché mai dovrei leggere una rivista sul telefonino, quando è così bello, la rivista, sfogliarla?) delle piattaforme social per comunicare, semplicemente perché, come diceva Mozart, così fan tutti.

Voglio allora essere generoso e possibilista, e dire che in Italia ci saranno circa 200 aziende (su 6/7 mila) strutturate per essere esempio di innovazione, intesa sulla base delle azioni che ho espresso più sopra.

Probabilmente la mia è una sterile provocazione (ci arriveremo a 200? oppure, non è che per caso sono addirittura già 2000?) anche perché in cuor mio mi auguro che il nostro settore, quello della distribuzione edile, possa presto diventare un esempio di modernità e di efficienza per tutti.

Ciò che banalmente mi chiedo, sempre parlando di innovazione (perché di per sé è una parola vuota se non definisci meglio) è se tutto questo desiderio di futurismo si deve esaurire nel disporre dei più sofisticati programmi e nei dispositivi elettronici più all’avanguardia, oppure se ci ricordiamo che dovremmo anche essere distributori di innovazione tecnologica e dedicare qualche sforzo a innovare (questo verbo mi ha preso la mano) anche la nostra offerta merceologica, anche perché, e qui l’innovazione nulla può, i prezzi continuano imperterriti a disturbare i sonni digitali degli amanti, e non, del progresso con la loro isterica invadenza, insieme agli incubi relativi al recupero dei crediti.

Come anche ci dirà il Cresme in occasione della prossima Congiunturale, nei prossimi due-tre anni il valore del patrimonio della ristrutturazione si dimezzerà e qui ci dovremo decidere: saremo paladini del ben costruire cercando di modificare le abitudini a volte malsane dei nostri clienti indirizzandoli verso scelte virtuose (che prima di tutto dobbiamo conoscere) per dare una mano all’ambiente e alla salute delle persone che nelle case ci vivono, oppure ci accontenteremo di essere a la page dal punto di vista informatico e digitale? La domanda mi è sorta spontanea perché, se in più di trent’anni ho capito qualcosa di questo mondo, fare queste due cose insieme (come potrebbe anche essere auspicabile, sia chiaro) non è impresa semplicissima.

Francamente, io temo che tutti i discorsi sull’innovazione tecnologica e la rivoluzione digitale ci possano distrarre da quello che, fino a prova contraria, è (o dovrebbe essere) il nostro mestiere. Temo, in sostanza, che l’idea di innovazione finirà per non coinvolgere l’aspetto più pragmatico del nostro lavoro quotidiano, in un momento davvero complesso della congiuntura di settore.

Non tutte le aziende della distribuzione edile (ricordiamo che il nanismo dalle nostre parti è più diffuso di Facebook) sono strutturate per programmare e realizzare grandi trasformazioni strutturali.

Ma tutte o quasi hanno nel loro Dna la capacità e la possibilità, e speriamo anche la volontà, di emergere dal punto di vista della qualificazione della loro offerta. Credo fermamente che sia questo il primo obiettivo da raggiungere.

Il progresso è sempre il benvenuto, ma sono convinto che il salto di qualità lo faremo solo se saremo innovatori anche nella nostra proposta commerciale.

Distinguerci nei momenti di flessione del mercato non è più una scelta rimandabile. E poi, ma solo poi, faremo mille post per comunicarlo al mondo…

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