Lentamente, ma qualcosa si muove sul fronte della rigenerazione. Una delle case history più significative, che attende però ancora il lieto fine, è quella che riguarda la rigenerazione dell’ex Polverificio di Scafati che si trova vicino al Parco Archeologico di Pompei (Napoli).
Il complesso, per dimensioni, posizione e vocazione architettonica, culturale e agricola, ha tutti gli elementi per poter avviare un progetto di sviluppo che ne valorizzi le potenzialità turistiche, culturali e sociali.
La Real Polveriera di Scafati è sorta sotto Ferdinando II di Borbone con l’obiettivo di creare uno stabilimento per la produzione della polvere da sparo per il Regno delle Due Sicilie.
Per ora il progetto per riqualificare e rigenerare l’area vede un accordo sottoscritto a fine gennaio tra Agenzia del Demanio, Regione Campania, Ente Parco Regionale del Fiume Sarno, e Università degli Studi di Salerno.
L’intesa segue l’accordo firmato nel marzo 2024 per avviare iniziative che favoriscano la creazione di un ecosistema a carattere culturale, restituendo al territorio una vocazione complessiva di attrattore per un turismo culturale e sostenibile che accresca le potenzialità di sviluppo dell’intera area.
Insomma, ci è voluto quasi un anno per compiere un ulteriore passo, ma almeno l’iniziativa non è rimasta lettera morta.
L’intesa raggiunta prevede il coinvolgimento, a partire dalle fasi progettuali, di imprenditori e investitori privati interessati a operazioni di partenariato nell’area archeologica. Sul web è già stato pubblicato un avviso aperto di consultazione di mercato, di cui l’Ente Parco Archeologico di Pompei è soggetto proponente.
La collaborazione pubblico-privato servirà a raccogliere da imprenditori e investitori italiani e internazionali proposte per un piano di rigenerazione complessiva dell’area ad alta valenza ambientale e culturale in continuità con le strategie già poste in essere per gli altri siti e aree verdi del Parco Archeologico di Pompei.
Si tratta di un’area di circa 15 ettari pressoché rettangolare su cui insistono numerosi edifici di diverse epoche (circa 29 mila metri quadrati coperti, 173 mila metri cubi di volumetrie complessive tra le parti storiche da preservare e quelle più moderne suscettibili anche di nuove riconfigurazioni) inseriti all’interno di un’area verde, il parco, caratterizzata da due viali di platani e verdeggianti tratti secondari.
Oggi il sito è già utilizzato per fiere di settore e accoglie un progetto di agricoltura sociale, che vede impegnati giovani del territorio nella coltivazione e produzione di prodotti della terra.
Il grande spazio verde urbano, assieme agli edifici, si presta quindi a essere trasformato in un Parco tematico green, con strutture turistico-ricettive, laboratori per la ricerca sulla sostenibilità ambientale, spazi destinati ad attività agroalimentari, culturali ed esperienziali in connessione con l’area archeologica di Pompei.
di Paolo Caliari
La fabbrica del Duomo e il Pnrr
Il Pnrr come la fabbrica del Duomo. Spiegazione per i non-milanesi: è un modo di dire che si riferisce all’edificazione della cattedrale della città, durata secoli, con continui adattamenti. Lungo come la fabbrica del Duomo indica, insomma, un lavoro interminabile. Per il Piano di resilienza, partito con una dote di 220 miliardi forniti dall’Europa, il paragone sembra calzare perfettamente, anche se va tutto discretamente peggio.
Il governo ha presentato il 19 maggio la quinta revisione tecnica del Pnrr, da presentare a Bruxelles, nella speranza di ottenere un via libera. Ma il bello è che queste modifiche non saranno neppure le ultime, nonostante ci sia poco più di un anno al termine finale di chiusura. Per l’autunno si preannuncia già la richiesta di rimodulare misure come Transizione 5.0 e gli interventi nei settori del turismo, lavoro e inclusione sociale. In ogni caso, le nuove richieste di modifica non sono marginali: riguardano 107 Milestone e Target (rilevanti per 96 investimenti e 11 riforme), cioè il 30% di quelli ancora da realizzare. Dopo quattro anni dal via, quindi, il governo in vista della chiusura dei termini chiede di modificare quasi un terzo del Piano. E dire che l’ex ministro al Pnrr, Raffaele Fitto, è oggi vice presidente della Commissione Ue.
Le modifiche hanno un obiettivo, consentire di raggiungere gli impegni (i nuovi) entro la scadenza del 2026 e concentrare le risorse dove possono si possono ottenere risultati immediati. Le tante modifiche richieste che, tra l’altro, sono necessarie per ottenere le prossime rate di finanziamento, comprendono lo spostamento di circa 1,2 miliardi destinati in partenza alla missione Rivoluzione verde e transizione ecologica, mentre in quella Infrastrutture per una mobilità sostenibile sono state finanziate misure per 279 milioni, ma contemporaneamente definanziate altre per 358 (cioè l’obiettivo avrà a disposizione 79 milioni in meno). È stata invece aumentata la dotazione della missione RePower-Eu, ma di soli 15 milioni.
Nella missione Rivoluzione verde e transizione ecologica, per esempio, una delle maggiori modifiche riguarda le infrastrutture di ricarica elettrica per le auto: i punti previsti scendono da 21.355 a 12 mila e il finanziamento da 741 a 144 milioni. I 597 milioni tagliati sono stati dirottati a un nuovo programma di incentivi per acquistare auto. Che però, curiosamente, in teoria dovrebbero essere sempre più elettriche, ma avranno meno colonnine di ricarica a disposizione. Un altra modifica alla stessa missione del Pnrr riguarda le misure per incentivare di più biometano e meno l’idrogeno. Circa 640 milioni sono quindi stati spostati sul gas bio, con l’obiettivo di raggiungere una produzione annua di 2,3 miliardi di metri cubi entro giugno 2026. Un’altra modifica riguarda l’accesso ai fondi per le Comunità energetiche, che ora è stato esteso a tutti i comuni sotto i 50 mila abitanti (prima il limite era sotto 5 mila). Nella speranza che le Cnr decollino: finora l’imbuto è stata la procedura burocratica. È stato ridotto anche il numero di Target e Milestone, ma garantito l’impegno del 100% delle risorse attraverso Invitalia.
Da citare, tra le altre modifiche, anche quella che riguarda la missione Istruzione e ricerca, che prevede per 1,2 miliardi la costruzione di 60 mila posti in alloggi per universitari in trasferta. È pronta la riconferma con il sistema del cofinanziamento pubblico-privato e un contributo di 20 mila euro per posto letto, ma se entro giugno 2026 non saranno firmate le convenzioni con soggetti attuatori si rischia di perdere la finestra temporale e il finanziamento. Per questo ora l’obiettivo del governo non è più completare le opere (ormai è troppo tardi) entro il 2026, ma solo stipulare contratti vincolanti per l’intera copertura finanziaria. Altro che fabbrica del Duomo.