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La catena JYSK installa pannelli solari sui suoi centri di distribuzione

JYSK
Da sinistra: Daniel Schöniger, Direttore Logistica DCK: Max Jetzfellner, Responsabile Progetto MaxSolar; Florian Schillmeier, Team Avviamento MaxSolar; Torsten Ebel, Responsabile Progetto FV Germania; Denis Dieterich, Responsabile Tecnico DCK

JYSK, catena danese specializzata in arredamento per la casa e il giardino, ha deciso di installare pannelli solari sui tetti dei suoi centri di distribuzione. 

Sei centri di distribuzione della catena di arredamento dispongono di pannelli solari sui tetti. Di recente, sono stati installati nei tre centri di distribuzione situati a Kammlach, Homberg e Zarrentin, in Germania. Anche i due centri in costruzione in Spagna e nei Paesi
Bassi saranno dotati di pannelli solari.

«Tutti i nostri nuovi centri di distribuzione saranno costruiti per supportare
l’installazione di pannelli solari sui tetti ed è nostro obiettivo chiaro che la maggior
parte della nostra energia provenga da fonti rinnovabili. I pannelli solari sono una
tecnologia ben collaudata e rappresentano anche un investimento redditizio», afferma
Morten Venborg Hansen, Direttore dei Progetti Logistici di JYSK.

A seconda della quantità di luce solare, i pannelli solari possono coprire fino al 30%
del consumo energetico annuo totale dei centri di distribuzione.

Nei centri di distribuzione più datati, come quelli di Uldum (Danimarca) e Nässjö
(Svezia), JYSK sta valutando alternative come pompe di calore e teleriscaldamento,
poiché le strutture dei tetti non sono adatte a supportare pannelli solari.

Da sinistra: Daniel Schöniger, Direttore Logistica DCK; Denis Dieterich, Responsabile Tecnico DCK
Davanti: Torsten Ebel, Responsabile Progetto FV Germania. Dietro: Max Jetzfellner, Responsabile Progetto MaxSolar; Florian Schillmeier, Team Avviamento MaxSolar GmbH

Il progetto rientra nel piano di JYSK per ridurre le proprie emissioni di
gas serra Scope 1 e 2 del 50,4% entro il 2032, prendendo il 2022 come anno di
riferimento.

«Credo che abbiamo fissato obiettivi ambiziosi e significativi per i
prossimi anni in tutto il nostro business, con focus sui nostri clienti, la nostra catena
del valore e il nostro ambiente di lavoro per ridurre il nostro impatto climatico. Ogni
passo è per garantire la nostra competitività e restare la prima scelta dei clienti
nell’ambito dello sleeping e del living», ha dichiarato Rami Jensen.

«Abbiamo già implementato soluzioni accessibili, come illuminazione a LED, sistemi
di illuminazione e riscaldamento controllati da sensori nei nostri centri di
distribuzione, e continueremo a esplorare e implementare ulteriori iniziative per
ridurre il nostro consumo energetico e garantire che l’energia utilizzata provenga da
fonti rinnovabili», afferma Morten Venborg Hansen.

Tutti i negozi JYSK sono stati dotati di un nuovo sistema di illuminazione che ha
ridotto il consumo energetico per l’illuminazione di almeno il 25% rispetto a prima.

Fiera Edil 25: successo per costruzioni e impiantistica

Fiera Edil 25

La Fiera Edil 25 di Bergamo è stata per qualche giorno al centro dell’attenzione per il mercato edile. Dal 20 al 23 marzo 2025 il polo fieristico bergamasco ha attirato professionisti, aziende da tutta Italia.

L’edizione 2025 di Edil Bergamo si è rivelata un’importante vetrina per le nuove tendenze del settore edile. Un focus particolare è stato posto sulle costruzioni sostenibili, sulla digitalizzazione dei processi costruttivi e sul concetto di cantiere 5.0, il futuro dell’edilizia.

Fiera Edil 25
La manifestazione ha fatto il boom di presenze

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Haulotte festeggia 40 anni tra successi e grandi sfide

haulotte

Specializzato nella costruzione di macchinari per il sollevamento di persone e carichi, il gruppo Haulotte festeggia 40 anni. 

Guidata da Pierre Saubot, fondatore, e suo figlio Alexandre Saubot, attuale Ceo, l’azienda sta affrontando grandi trasformazioni per rispondere alle nuove sfide del mercato: dall’elettrificazione e transizione ecologica, adattando le macchine ai nuovi standard ambientali e riducendo l’impronta di carbonio, alla digitalizzazione e intelligenza artificiale per soluzioni di manutenzione da remoto e macchine più intelligenti.

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Altro tema chiave è l’ascesa della concorrenza cinese: il mercato globale sta cambiando rapidamente, e per rimanere competitiva l’azienda continua a investire in Ricerca e Sviluppo, con un approccio pragmatico e visionario.

La storia di Haulotte

Nel 1984, Pierre Saubot acquistò l’azienda Pinguely-Haulotte.

«Ho investito tutti i miei risparmi in questa impresa, in un momento in cui l’industria francese stava attraversando una profonda crisi. Lanciare un’attività industriale con sede in Francia, nel mezzo di una tempesta economica, era oggettivamente irragionevole», ricorda il fondatore che gettò le basi di un’azienda che sarebbe diventata un attore importante nel settore delle piattaforme aeree.

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«Ero appassionato di questa attività e conoscevo bene il team, essendo stato il loro concorrente. Con una sana dose di incoscienza semi-giovanile, mi sentivo in grado di affrontare qualsiasi sfida, prevista o imprevista».

Negli anni ’90, Haulotte ha vissuto una fase di espansione. L’IPO (Initial Public Offering, l’offerta di obbligazione azionaria) del 1998 ha segnato una svolta importante, consentendo all’azienda di finanziare il suo sviluppo mantenendo la sua indipendenza.

«Tutti i consigli che ho ricevuto all’epoca erano sulla stessa linea: mantenere la maggioranza delle azioni. Era fondamentale dimostrare che avevamo ancora il controllo e che avevamo una visione a lungo termine», spiega Pierre Saubot.

Questa volontà di preservare l’identità familiare dell’azienda ha guidato anche il passaggio di consegne al figlio Alexandre. Già nel 1999, Pierre pensava alla sua successione: «Mi sono detto che era giunto il momento di assicurare il futuro a lungo termine dell’azienda e di preparare una transizione senza intoppi».

Dopo una carriera progressiva all’interno del gruppo, Alexandre Saubot ha ufficialmente assunto la direzione dell’azienda nel 2004.

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«Tutto è stato fatto per consentirmi di assumere gradualmente delle responsabilità. Mio padre mi ha prima messo a capo della finanza, poi ha lasciato che il personale si abituasse a vedermi prendere delle decisioni».

Quando Pierre Saubot ha annunciato ufficialmente il passaggio, ha applicato una regola ferrea: «La sera in cui ho detto ai nostri team che Alexandre era il loro nuovo capo, non ho preso una sola decisione. Non doveva esserci confusione. Questa è la chiave per una transizione di successo».

Questa chiarezza ha permesso all’azienda di continuare il suo sviluppo senza intoppi, mantenendo una linea guida forte e una gestione coerente.

«Ogni manager ha il suo stile. C’è continuità nella nostra visione a lungo termine e nel nostro impegno verso i nostri clienti, ma era importante adattare l’azienda alle nuove realtà del mercato» afferma Alexandre Saubot .

Uno dei maggiori cambiamenti sotto la sua guida è stato il graduale rinnovamento dei team di gestione.

«Molti dei collaboratori più stretti di mio padre sono andati in pensione durante questo periodo. Ciò mi ha permesso di mettere insieme un team allineato con la mia visione e le sfide future», spiega.

«Non si può dire che sia stato facile durante i 20 anni in cui sono stato al timone. Ora è ancora più semplice. E ho una grande ammirazione per il modo in cui, con il vecchio team e con quello nuovo, Alexandre ha padroneggiato le cose. Con la stessa audacia e forse un po’ più di cautela di me. Con l’esperienza che ho acquisito, sono sbalordito da come stanno andando le cose, felicemente sbalordito», dichiara Pierre Saubot.

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Pierre Saubot

Haulotte resta fedele alla sua filosofia di indipendenza. Le decisioni non sono dettate dalle fluttuazioni del mercato azionario, ma dal desiderio di garantire una crescita sostenibile. «Un’azienda familiare significa un impegno a lungo termine. Ci consente di innovare, investire e garantire la continuità strategica essenziale in un settore esigente come il nostro», conclude il Ceo.

Perché le tasse sono aumentate

Tasse time
Tasse time

Meno tasse per tutti? Non proprio: lo scorso anno la pressione fiscale è aumentata in termini nominali del 5,7%, mentre il Pil, sempre in termini nominali, è cresciuto di solo il 2,9%. Risultato: le tasse per imprese e cittadini sono più pesanti e rispetto a tutto quanto l’Italia produce il 42,6% è andato al fisco. Difficile che nel 2025 vada meglio. E dire che diminuire le tasse era al primo posto degli obiettivi del governo. Contrariamente a quanto la pancia suggerisce, però, non bisogna dimenticare che il vero problema non è l’aumento delle tasse. D’accordo, a tutti piace pagarne meno, anzi, non versarne affatto. Ma il punto è un altro: dipende tutto da come si spendono i soldi pubblici. I soldi incassati da Irpef, Ilor, Iva, Imu eccetera sono impiegati in modo razionale? La sanità funziona? I treni sono sufficienti, funzionano e arrivano in orario (chiedere ai pendolari). Le forze dell’ordine, che in Italia sono molto più consistenti rispetto a Francia e Germania, tengono sotto controllo la criminalità? Rispondete voi. Valutare la pressione fiscale senza tener conto di quello che produce, insomma, ha poco senso.

Anche perché lo Stato italiano spende più o meno come gli altri. Secondo Eurostat, l’ente statistico europeo (un organismo tecnico, non politico), la media Ue di spesa pubblica è del 47%. In Italia (dati 2018, ma non è cambiato granché) era del 48,4%, superiore al 44,6% della Germania, ma simile a quella dei cosiddetti Paesi frugali (cioè Svezia, Danimarca, Olanda e Austria). Senza contare che in Francia lo Stato assorbe il 56% del Prodotto interno lordo.

Calcolo delle tasse
Calcolo delle tasse

E, certo, anche negli altri Paesi i cittadini non fanno salti di gioia nel pagare le tasse. Ma la risposta anche all’estero sta nel risultato, cioè nei servizi che lo Stato, ma anche Regioni e Comuni, forniscono a cittadini e imprese (scuola, sanità, sicurezza, infrastrutture, pensioni). Insomma, il motivo dell’insofferenza italiana è in parte culturale (la scarsa propensione a considerare la cosa pubblica un bene comune), ma anche il fatto che non tutte le tasse si traducono in servizi per imprese e cittadini. Ma perché i servizi pubblici in Italia sono spesso inferiori a quelli degli altri paesi? La colpa è di un mostro vorace: il debito pubblico. Se lo Stato non dovesse pagare dai 40 ai 70 miliardi all’anno di interessi sul debito (la cifra varia secondo i rendimenti pagati sui Btp), l’incidenza del fisco della spesa pubblica sarebbe lievemente inferiore alla media dell’Eurozona e non molto superiore a quella della Germania.

Sempre secondo Eurostat, si escludesse dal calcolo il pagamento degli interessi sul debito pubblico, il tasso di restituzione (cioè quanto torna ai cittadini sotto forma di servizi) sfiorerebbe il 94%, meglio di tutti i Paesi dell’eurozona.

Tasse time
Tasse time

Il risultato è che sulle imprese pesa un carico fiscale complessivo pari quasi il 60% dei profitti commerciali, con 238 ore necessarie per gli adempimenti fiscali distribuiti su 14 pagamenti l’anno (dati anche questi al 2018), contro una media europea di 161 ore. Numeri che sono frutto del rapporto Paying Taxes 2020, realizzato dalla Banca Mondiale e da Pwc, e che assegna all’Italia il 128esimo posto sui 190 Paesi in esame, in peggioramento rispetto al già non entusiasmante 116esimo posto della precedente edizione. Ci sono, poi, i costi indiretti: sempre secondo il report, le aziende impiegano 42 ore per la richiesta di rimborso Iva, incluso il tempo speso per rispondere alle richieste ricevute nel corso delle verifiche fiscali dal fisco, molto più delle 18,2 ore della media mondiale e delle sette ore della media europea. Come stupirsi, quindi, se le tasse risultano così antipatiche?

Termosan Nhl: l’intonaco macroporoso che deumidifica e coibenta

Intonaco macroporoso

Il risanamento delle murature umide e degradate è forse il tema più ricorrente nel campo della riqualificazione e conservazione architettonica delle strutture esistenti, soprattutto per quelle storiche.

Per offrire una soluzione alla deumidificazione, al risanamento e al miglioramento energetico delle strutture murarie soggette a umidità di risalita, General Admixtures, azienda di Ponzano Veneto (Treviso) specializzata in prodotti innovativi per i settori del cemento e del calcestruzzo, dei sistemi di ripristino, consolidamento e dell’edilizia leggera, ha messo a punto Termosan Nhl, intonaco macroporoso dai molteplici benefici.

Restauri conservativi con l’intonaco macroporoso

Termosan Nhl rappresenta una evoluzione dei tradizionali intonaci macroporosi, avendo non solo una notevole capacità deumidificante e risanante, ma anche proprietà coibenti utili per migliorare la prestazione energetica dell’involucro (λ 0,115 W/mK).

Un vantaggio non da poco nell’ambito nei restauri conservativi di palazzi storici, in cui spesso non è possibile intervenire con sistemi di protezione termica integrale come i cappotti.

Con Termosan Nhl, in un’unica tecnologia, è invece possibile riqualificare in maniera semplice, completa e duratura tutte le tipologie di edifici in muratura.

Con riferimento alla normativa Uni En 998-1, il prodotto è infatti classificato come malta per intonaco leggero (Lw), specifica per interventi di risanamento e isolamento termico.

La formulazione a base calce idraulica naturale rende questo prodotto estremamente compatibile (meccanicamente, fisicamente e chimicamente) con le strutture murarie esistenti, anche di pregio e rilevanza storica.

Come funziona l’intonaco macroporoso?

La struttura macroporosa di Termosan Nhl, associata alla sua elevata traspirabilità, permette di assolvere in maniera efficace alla funzione di deumidificazione muraria.

La struttura a macrocelle consente poi al prodotto di essere estremamente durevole nei confronti dell’accumulo di sali (anche di natura solfatica) e nei confronti degli sbalzi di temperatura (cicli di gelo/disgelo).

A tutto questo è associato un coefficiente di conducibilità termica certificato di λ 0,115 W/mK.

Con uno spessore applicativo di 3-4 centimetri è possibile così incrementare la resistenza termica delle pareti e ridurre sensibilmente le dispersioni termiche attraverso l’involucro, migliorando il comfort abitativo sia nella stagione fredda che in quella calda.

Applicazione di Termosan NHL

La posa in opera del materiale non presenta difficoltà.

Dopo la completa rimozione degli intonaci esistenti ammalorati e di tutti i materiali non perfettamente adesi, fino a una altezza superiore di circa 1 metro rispetto alla massima altezza di risalita dell’acqua, si procede con un abbondante idrolavaggio e, in caso di presenza rilevante di sali nella muratura, con lo specifico trattamento antisale Anterisana.

L’applicazione dell’intonaco Termosan Nhl risulta semplice e veloce, potendo avvenire anche meccanicamente a spruzzo.

L’accortezza più importante è quella di evitare, in fase di lisciatura, eccessive pressioni che possano occluderne le porosità intrinseche del prodotto.

 

Risalita capillare: criticità e soluzioni

La risalita capillare è la causa più comune di ingresso di acqua nelle murature. All’interno dell’acqua sono sempre disciolti una serie di sali presenti nel terreno che, trasportati attraverso le porosità dei materiali, si accumulano all’interno delle murature.

Al superamento di una specifica concentrazione di saturazione, questi sali cristallizzano, tornando alla loro forma solida e creando pressioni talmente elevate da rompere le murature, in particolare nelle zone corticali esposte all’ambiente.

A questa azione i sali ne aggiungono un’altra legata alla loro capacità di assorbire umidità dall’aria: assorbendo vapore acqueo dall’aria circostante contribuiscono a mantenere umide le pareti, anche in assenza di ulteriore acqua di risalita.

In conseguenza del fenomeno della risalita capillare, diverse sono le criticità che si manifestano:

  • degrado delle strutture, dovuto alla cristallizzazione dei sali (rottura e distacco di intonaci e rottura superficiale di malte e mattoni);
  • ambienti abitativi umidi e poco salubri;
  • sviluppo di organismi (muffe e spore);
  • riduzione delle capacità isolanti delle pareti (una muratura umida è meno coibente rispetto alla stessa muratura in condizioni asciutte);
  • forte penalizzazione dell’aspetto estetico delle costruzioni.

L’impiego di intonaci macroporosi applicati sulla superficie della muratura favoriscono l’evaporazione dell’acqua di risalita (effetto deumidificante) e introducono un rilevante volume di pori nei quali i sali possono cristallizzare liberamente senza provocare elevate tensioni nel materiale con cui sono realizzate le murature (effetto risanante).

di Sara Giusti

Aria di primavera con 6 proposte per l’outdoor

outdoor

Luxury Goods in Showroom è una rubrica di YouTrade dedicata all’eccellenza nel settore edile, che offre una panoramica delle soluzioni di lusso disponibili sul mercato e mette in risalto l’importanza degli showroom come spazi di presentazione e ispirazione.

L’inserto profuma di primavera, con sei proposte per l’outdoor, tra cucine per esterno, docce, sedute e superfici pregiate raccolti in una carrellata di suggestive immagini.

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6. Lapitec

La pietra sinterizzata Lapitec, unica con marchio Ce, può essere impiegata negli spazi esterni per una pluralità di destinazioni.

Dalla realizzazione di pavimentazioni e camminamenti, facciate o porzioni di esse, al rivestimento di piscine anche in immersione, panche, top di tavoli, cucine fisse o mobili, postazioni barbecue, sino all’applicazione su deck di yacht o navi.

Lapitec è composta al 100% da minerali naturali e priva di silice cristallina.

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Il 45% degli immobili sono da riqualificare

Milano skyline
Milano skyline

C’è tanta strada da fare per riqualificare il patrimonio immobiliare italiano. Casavo, piattaforma immobiliare di compravendita, grazie a un algoritmo proprietario che permette di valutare il proprio immobile, ha analizzato le valutazioni effettuate attraverso il suo sito nel 2024. Risultato: a livello nazionale il 29% degli immobili valutati appartiene alla classe G, mentre il 15% rientra nella classe F: edifici che, salvo alcune eccezioni, dovranno essere riqualificati per rispettare le nuove normative europee. Le abitazioni in classe E rappresentano il 12%, mentre quelle in classe D si attestano all’11%. Complessivamente, le abitazioni con una classe energetica più alta (A, A+, B e C) costituiscono quindi solo un terzo delle valutazioni totali.

Vale la pena di ricordare che secondo la direttiva europea Case Green, entro il 2030 tutti gli edifici residenziali dovranno raggiungere almeno la classe energetica E, mentre entro il 2033 sarà obbligatorio l’adeguamento alla classe energetica D.

Milano skyline
Milano skyline

A Milano, in particolare, secondo il calcolo di Casavo il 60% degli immobili necessita di riqualificazione. Il 25% degli immobili valutati nel capoluogo lombardo appartiene alla classe G, mentre il 19% rientra nella classe F, categorie che richiederanno interventi entro il prossimo quinquennio per conformarsi agli standard europei, come il miglioramento dell’isolamento termico e degli impianti di riscaldamento o la gestione intelligente dei consumi e l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile. Le abitazioni in classe E, che potranno mantenere la loro classificazione fino al 2033, rappresentano il 16% delle valutazioni, mentre quelle in classe D salgono al 14%, superando la media nazionale. Questo probabilmente perché Milano è il principale hub di investimenti, anche esteri, in Italia e già luogo di svariati progetti di riqualificazione urbana, oltre a ospitare un più alto numero di nuove costruzioni rispetto ad altre città italiane. Complessivamente, il 60% del patrimonio immobiliare milanese avrà bisogno di riqualificazioni energetiche per raggiungere gli obiettivi fissati dalla normativa europea (6 punti percentuali in più verso la media nazionale).

Una via di Roma
Una via di Roma

A Roma, invece, il 64% delle case non è ancora a norma energetica. È una realtà più critica rispetto a Milano, risultato di una combinazione tra un patrimonio edilizio più vecchio, una minore incidenza di nuove costruzioni e un mercato immobiliare meno dinamico rispetto al capoluogo lombardo. Nella capitale il 42% degli immobili analizzati rientra nella classe G, una quota nettamente superiore a quella milanese (+17 punti percentuali). Di contro, il 14% delle abitazioni appartiene alla classe F, un dato leggermente migliore rispetto a Milano. Tuttavia, le classi E e D sono sensibilmente meno rappresentate, attestandosi a valori dimezzati rispetto al capoluogo lombardo. In totale, ben il 64% del patrimonio immobiliare romano necessita di interventi di riqualificazione per rispettare le scadenze imposte dalla normativa attualmente in vigore.

Veduta di Torino
Veduta di Torino

Situazione critica anche a Torino: la metà degli immobili deve essere riqualificata. Secondo l’analisi, comunque, la situazione è più favorevole rispetto a Milano e Roma, ma con un numero ancora significativo di immobili che necessitano interventi di riqualificazione. Nella città, il 13% degli immobili valutati appartiene alla classe G, mentre il 16% rientra nella classe F. Le abitazioni in classe E rappresentano il 21%, mentre quelle in classe D salgono al 20%, evidenziando una maggiore presenza di immobili in una fase intermedia della transizione energetica rispetto ad altre grandi città italiane. Complessivamente, il 50% del patrimonio immobiliare torinese avrà bisogno di interventi di efficientamento per rispettare le scadenze imposte dalla normativa europea. La città mostra un patrimonio immobiliare meno vecchio rispetto a Roma, con una presenza più contenuta di edifici nelle classi più basse, ma al tempo stesso manca della spinta agli investimenti e alla riqualificazione che ha caratterizzato Milano.

Quanto peseranno sull’edilizia i dazi di Trump?

Dazi e ceramica italiana

Mobili, macchine, ceramica: per le imprese che esportano si aprono scenari poco esaltanti. Ma c’è da calcolare oltre che l’impatto dei dazi Trump anche le tariffe europee su acciaio e alluminio per pareggiare i conti.

L’impatto dei dazi di Trump sull’export italiano

Ciclone dazi Trump o sciagura Trump? Del presidente degli Stati Uniti si possono avere opinioni diverse, secondo la propria tendenza morale e politica. Ma per le imprese il discorso è un altro.

Chi produce o commercia si trova a fare i conti con asettici numeri, quelli del proprio business, e i bilanci non hanno convinzioni ideologiche.

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Pannelli di controllo intelligenti per l’automazione domestica

Automazione domestica

Climatizzazione, dispositivi elettronici, illuminazione, sicurezza: gli ambiti in cui agisce l’automazione domestica si allargano sempre di più.

Certo, quasi sempre ogni funzionalità può essere controllata dallo smartphone. Ma, per dirla in termini tecnici: questo non è un casino? E se qualcuno della famiglia volesse cambiare i parametri di luce o clima, per fare un esempio, e non avesse installato l’app sul proprio smartphone, o non possedesse proprio il cellulare, come si fa?

La risposta sta nei pannelli di controllo, la nuova frontiera. Si tratta di schermi dedicati alle app che fanno funzionare la casa.

Amazon ne ha appena lanciato uno maxi, ma sono molte le aziende che si propongono in questo nuovo business.

Al recente Ces 2025 di Las Vegas, per esempio, Aqara ha presentato una serie di suoi dispositivi per la casa smart.E tra le principali novità c’è una gamma di pannelli di controllo a parete e interruttori intelligenti, abbinati a sensori di presenza e di temperatura, oltre a una selezione ampliata di controller Thread.

Va da sé che chi si occupa di impiantistica, dall’operatore al progettista, non potrà più prescindere dalla conoscenza di soluzioni di questo tipo.

Pannelli di controllo a parete Aqara

I pannelli di controllo a parete di Aqara sono tre: Panel Hub S1 Plus, Touchscreen Dial V1 e Touchscreen Switch S100 Us. Sono dotati di interfacce touchscreen e servono a controllare in modo centralizzato l’intera casa, senza bisogno di uno smartphone e, soprattutto, in modo più comodo.

Il Pannel Hub S1 Plus, per esempio, abilita il controllo centralizzato dell’intera casa intelligente attraverso un’unica interfaccia. Si può quindi interagire con i dispositivi in modo intuitivo senza utilizzare uno smartphone.

Il pannello sostituisce un interruttore tradizionale ed è cablato per controllare e automatizzare fino a due dispositivi di illuminazione. Tutti i dispositivi come videocamere di sicurezza, serrature, termostati, luci, tende sono collegati via wi-fi a doppia banda al touchscreen da 6,9”.

Il pannello S1 Plus è anche un hub nello standard Zigbee e bridge Matter per i dispositivi Zigbee di Aqara (tradotto: può gestire i dispositivi abilitati a quei due ambienti software).

Un’altra novità è il citato Touchscreen Dial V1, con piccolo touchscreen rotondo da 1,32″. Il quadrante rotante gestisce e automatizza fino a due apparecchi di illuminazione cablati e controlla in modalità wireless più dispositivi e scenari intelligenti.

Il feedback aptico (che simula un click fisico) consente di regolare in modo intuitivo i dispositivi come la modifica della temperatura del colore delle luci, la posizione di apertura o chiusura delle tende e la temperatura dei termostati, anche grazie a un sensore di temperatura e umidità per il controllo della climatizzazione e un sensore di presenza per l’attivazione dello schermo di prossimità.

Infine, il Touchscreen Switch S100 US è un interruttore intelligente ibrido a 2 canali, che integra pulsanti e touchscreen da 1,3”. Oltre a controllare dispositivi di illuminazione cablati, gestisce in modalità wireless i dispositivi.

Il touchscreen può essere utilizzato anche per regolare con precisione i dispositivi, con connettività Thread anche questo supporta lo standard Matter over wi-fi (che, ricordiamo, è stato adottato dai più grandi gruppi di elettronica per la casa) e funziona come router.

di Stefano Lavori

Come la home automation può ridurre i consumi

Bonus Domotica 2025

Le statistiche indicano un sempre maggiore utilizzo di dispositivi per la home automation. E secondo The European HouseAmbrosetti (Teha) domotica e building automation sono necessarie anche perché, nel complesso, permettono un taglio fino al 29% dei consumi energetici e fino al 5% di quelli idrici, con una diminuzione delle emissioni del 20-24%, vale a dire 8-12 milioni di tonnellate di CO2 in meno.

Ma non bisogna dimenticare che per funzionare i sistemi di allarme, di illuminazione o climatizzazione digitali hanno necessità di una rete che funzioni.

Dunque, a che punto siamo? Un po’ a sorpresa, secondo il report Digital Consumer Trends Survey 2024 di Deloitte la maggior parte degli italiani è soddisfatto della propria connessione domestica. Anche se non troppo sotto l’aspetto di copertura e velocità.

L’indagine, condotta su 2 mila consumatori italiani di età compresa tra i 18 e i 75 anni ha rilevato, insomma, che il 74% è soddisfatto della propria connessione domestica mentre, ma facendo attenzione a copertura (33%) e velocità (28%), i due principali aspetti che guidano a una scelta dell’azienda erogatrice del servizio.

Sempre secondo Deloitte, inoltre, l’adozione di connessioni 5G continua a crescere: la utilizza il 38% dei possessori di smartphone, anche se il 28% non percepisca differenze significative rispetto al 4G.

Un dato che deve far riflettere, semmai, è la percezione secondo cui la connessione in rete serva principalmente per utilizzare televisori smart, utilizzati dal 73% della popolazione adulta (+40% rispetto al 2017).

Gli apparecchi collegati in rete hanno ormai una diffusione che sta per raggiungere quella dei computer portatili, utilizzati dall’81% degli italiani. Anche se il dispositivo più diffuso, usato quotidianamente dal 94% degli italiani, rimane lo smartphone.

Un’indagine condotta di Ambrosetti, in ogni caso, ha messo in luce i fattori che ritardano l’adozione di soluzioni di home automation. I problemi più sentiti sono la mancanza di interoperabilità tra sistemi diversi (46%) e la complessità dell’installazione e configurazione (46%).

E per un terzo dei consultati a ostacolarne l’implementazione è il tema della sicurezza e della privacy dei dati (33%), mentre per il 28% il problema principale è relativo ai costi iniziali di installazione, considerati alti. Solo nell’11% dei casi, invece, le perplessità riguardano l’aspetto dell’assistenza.

di Giuseppe Rossi

Opportunità e sfide delle Comunità energetiche rinnovabili (Cer)

Comunità Energetiche Rinnovabili

A che punto siamo con le Comunità energetiche rinnovabili, Cer per gli amici? L’introduzione definitiva del regolamento che consente a un condominio o a un gruppo di soggetti di consorziarsi per produrre elettricità è stato un passo in avanti verso un percorso della sostenibilità. È interessante, però, scoprire come è stata accolta questa opportunità.

I dati relativi al primo scorcio del 2024 sembrano interessanti: le iniziative di autoconsumo collettivo registrate dal Gse e già attive sono 168.

Il regolamento finale ha messo il turbo ai progetti e alle realizzazioni, visto che si tratta di quasi il doppio (+89%) rispetto al 2023.

Le regioni in cui le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) sono più presenti sono Piemonte, Lazio, Sicilia e Lombardia, che da sole coprono il 48% del totale con 80 progetti.

È abbastanza curioso, in effetti che, a parte la Sicilia, le altre regioni del Sud non siano ai primi posti, dato che la tecnologia utilizzata per rendere autonomi e produttivi gli edifici è quella fotovoltaica.

Secondo l’Electricity Market Report redatto dall’Energy & Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, l’impatto delle Cer sul sistema energetico al momento è ancora limitato perché si tratta in larga parte di realtà piccole, formate per la metà dei casi da associazioni e che prevede impianti di piccola taglia.

Ma il loro peso può aumentare. In media la potenza, per esempio, risulta in leggera crescita (da 55 kW nel 2023 a 60 kW nel 2024), anche se gli impianti oltre i 200 kW sono solo il 34% del totale, con una presenza rilevante (23,5%) di piccoli sistemi con potenza inferiore a 30 kW. Si tratta, però, di un segnale incoraggiante.

Secondo lo studio del Polimi, il 58% delle Cer è promossa da un ente pubblico, che fornisce spazi per l’installazione degli impianti e supporta l’aggregazione dei membri, allo scopo di ridurre le spese, aiutare le famiglie in situazioni di disagio economico e finanziare progetti sul territorio.

Nel 79% dei casi l’iniziativa prevede comunque la presenza di un soggetto esterno come piccole Esco, utility o imprese del settore energetico che supportano il promotore investendo negli impianti.

È questa la via più semplice per costituire e gestire una Cer: affidarsi a una società esterna significa cedere parte del beneficio, ma anche raggiungere il risultato più in fretta e semplicemente.

Il report del Politecnico indica anche un sondaggio effettuato su un migliaio di cittadini, il 21% dei quali già partecipante a una Cer: l’80% si attende ritorni annui superiori a 100 euro l’anno e solo il 7% si aspetta di ricevere un valore inferiore a 50 euro, cifra più vicina alla realtà.

Secondo questi calcoli rispetto alla spesa annua per la bolletta elettrica, infatti, il risparmio si dovrebbe aggirare sul 3-4%. Un aspetto senza dubbio da migliorare e che sembra in contrasto con alcune esperienze già rodate.

Per esempio, a Bologna, nel quartiere Navile è partito uno dei primi esperimenti di autoconsumo collettivo di energia elettrica, nel condominio di via Usodimare 5.

Sono stati installati dei pannelli fotovoltaici (con un impianto da 21 mila kilowattora l’anno) che consentono alle 18 famiglie residenti di ottenere un risparmio del 40% sui costi delle utenze condominiali e che alimentano anche una parte del fabbisogno energetico dei singoli nuclei.

di Paolo Caliari

Pergofree, la pergola bioclimatica che regola luce e clima

Pergola bioclimatica

Pergofree è la nuova pergola bioclimatica di BT Group, player di riferimento per le soluzioni outdoor made in Italy, che si aggiunge alle più recenti innovazioni, Pergonext e Pergoexe. Dotata di un innovativo sistema vetrato, la pergola unisce design e funzionalità, offrendo comfort personalizzato e protezione ottimale in ogni stagione.

Pergola bioclimatica, anche con vetrata

Pergofree ha una struttura in alluminio con copertura a lamelle orientabili che consentono di regolare l’apertura da zero a 140 gradi per una climatizzazione ottimale e protezione dal sole o dalla pioggia.

Pergofree, la nuova pergola bioclimatica di BT Group
Pergofree, la nuova pergola bioclimatica di BT Group

Grazie all’infisso in vetro stratificato, la pergola incorpora una porzione vetrata di 70 centimetri, sostituendo cinque lamelle, per garantire massima luminosità e una vista aperta sull’esterno.

Con una sporgenza fissa di 1 metro, la struttura è completata da una gronda perimetrale da 20×21,5 centimetri, con sistema di raccolta acqua integrato nei montanti che ne assicurano il drenaggio.

La copertura a lamelle in alluminio, con guarnizioni e gronda laterale, protegge da ogni condizione atmosferica, trasformando Pergofree in uno spazio da vivere tutto l’anno.

Pergofree è disponibile in un’ampia gamma di dimensioni, fino a 4.5 x 8 metri in modulo unico, con quattro o sei montanti perimetrali da 20 x 20 centimetri.

La pergola bioclimatica è dotata di un sistema motorizzato a bassa tensione, che permette di regolare facilmente l’orientamento delle lamelle.

Inoltre, con l’aggiunta di optional come luci Led, vetrate scorrevoli e frangisole, BT Group offre soluzioni personalizzate per rispondere a ogni esigenza.

La storia di BT Group

Quest’anno BT Group celebra 70 anni dalla fondazione.

 «Da sempre offriamo al mercato soluzioni all’avanguardia che uniscono innovazione, design e rispetto per l’ambiente.

Con prodotti come Pergofree, puntiamo a creare spazi esterni moderni e accoglienti, utilizzando materiali ecosostenibili e valorizzando il design armonioso e distintivo del made in Italy.

La nostra missione, da ormai 70 anni, è rendere gli spazi outdoor non solo funzionali e belli, ma anche responsabili verso il nostro pianeta, perché crediamo che la qualità e la sostenibilità debbano andare di pari passo per costruire un futuro migliore», commenta Aristide Radaelli, fondatore di BT Group.

Visione senza limti con G71 Sky

BT Glass nasce dalla storia di BT Group e dall’esperienza quarantennale di Cral Serramenti-Soluzioni architettoniche in alluminio e vetro.

L’azienda ha recentemente messo a punto G71 Sky, l’evoluzione del sistema tutto vetro scorrevole che consente di avere vetrate panoramiche senza profili verticali e angoli panoramici fissi in vetro con incontro a 90 gradi, per una vista senza limiti.

G71-Sky-bt-glass

Posizionato all’esterno della pergola bioclimatica R608 Pergosky, questa soluzione offre un gradevole effetto house of glass.

Facile e veloce da montare, senza la necessità di opere murarie, consente l’installazione del sistema in vetro con aperture centrali se la pergola è autoportante, o la possibilità di aperture laterali se la pergola è addossata alla parete.

In linea con l’impegno verso la sostenibilità, il sistema G71 Sky è realizzato con materiali eco-compatibili.

Grazie all’impiego delle più avanzate tecnologie del vetro, la struttura permette una gestione ottimale della luce naturale, contribuendo a migliorare il comfort abitativo.

G71 Sky è disponibile in diverse dimensioni e configurazioni, offrendo soluzioni su misura per ogni esigenza. 

di Sara Giusti

Raggi infrarossi e fibra di carbonio per il riscaldamento a pavimento sopraelevato

riscaldamento a pavimento sopraelevato
Il modulo radiante Newfloor

Comodità e comfort termico sono essenziali per vivere al meglio gli spazi esterni, soprattutto durante la stagione fredda. Radiafloor C di Newfloor rappresenta una soluzione innovativa per il riscaldamento a pavimento sopraelevato, ideale per terrazze, percorsi riscaldati, spa o per sghiacciare vialetti e camminamenti.

Con uno spessore di 4 centimetri, il sistema Radiafloor C può essere abbinato ai pannelli X-floor o alle lastre di gres monolitico di 2 centimetri di spessore, installato a secco su supporti in Pvc con altezza regolabile.

Il modulo radiante Radiafloor

Grazie al suo design modulare e all’utilizzo della fibra di carbonio come resistore, Radiafloor C offre una performance eccellente, garantendo al contempo efficienza energetica e sostenibilità.

I moduli radianti, delle dimensioni di 51×51 centimetri, dotati di fibra di carbonio che emette raggi infrarossi, garantiscono un calore immediato, efficiente e uniforme.

I raggi infrarossi non disperdono calore nell’aria, ma lo trasferiscono direttamente alle superfici solide, rendendo l’ambiente circostante piacevolmente caldo senza sprechi energetici.

Inoltre, la fibra di carbonio è un materiale resistente, flessibile, inossidabile e 100% riciclabile, che non subisce dilatazioni termiche e non si deteriora nel tempo.

L’installazione è semplice e rapida, non richiede modifiche agli impianti preesistenti, non produce emissioni in atmosfera e garantisce un risultato completamente invisibile e senza ingombri.

Applicazione di Radiafloor C
In terrazza Applicazione di Radiafloor C madonna di campiglio

In terrazza a Madonna di Campiglio

Un esempio di applicazione di Radiafloor C è la terrazza riscaldata di una villa a Madonna di Campiglio (Trento).

In questo caso, il progettista ha scelto il sistema Radiafloor C per i suoi rapidi tempi di installazione e la facilità di integrazione con l’impianto elettrico preesistente.

Il sistema è stato posato a secco, senza la necessità di interventi complessi, rendendo l’installazione veloce e pulita.

Applicazione di Radiafloor C

Un altro vantaggio del sistema di riscaldamento a pavimento sopraelevato Radiafloor C è la possibilità di integrare sonde di temperatura e sistemi domotici per monitorare e controllare l’accensione e lo spegnimento del riscaldamento da remoto.

Questa funzionalità è particolarmente utile per prevenire la formazione di ghiaccio e il deposito di neve, migliorando la sicurezza e il comfort durante l’inverno.

Inoltre, Radiafloor C ha la capacità di accumulare e rilasciare calore anche dopo lo spegnimento del sistema, garantendo un comfort termico prolungato.

 

di Sara Giusti

BAGAFlame, pavimentazioni da esterno antiscivolo in pietra ricostruita

pavimentazioni da esterno

Oltre a essere resistenti, le pavimentazioni da esterno devono anche assicurare elevate prestazioni in termini di antiscivolamento. Le lastre BAGATTINI della serie BAGAFlame garantiscono una resistenza allo scivolamento superiore alle altre tipologie di pavimentazione, coniugando sicurezza, estetica e durabilità.

Lastra BAGAFlame

 

BAGATTINI dal 2020 fa testare e certificare la resistenza allo scivolamento secondo cinque differenti normative:

  • En 16165 (resistenza allo scivolamento delle superfici pedonali),
  • Uni En 1339 (requisiti e metodi di prova delle lastre di calcestruzzo per pavimentazione),
  • Din 51130 (resistenza allo scivolamento a piedi calzati),
  • Din 51097 (resistenza allo scivolamento per ambienti calpestabili a piedi nudi)
  • B.c.r.a. (DM 236/89, metodo di prova utilizzato per determinare il coefficiente di attrito delle superfici). 

Le lastre BAGAFlame hanno ottenuto risultati decisamente superiori a quanto richiesto dalle normative, garantendo pertanto un’eccellente sicurezza di utilizzo.

Le pavimentazioni realizzate con BAGAFlame permettono di essere facilmente percorse anche da chi indossa scarpe con tacchi alti, spinge un passeggino o guida un monopattino elettrico. Lisce e uniformi, le lastre sono resistenti al gelo e resistenti all’abrasione.

 

La pietra ricostruita della serie BAGAFlame è un materiale che imita l’aspetto e la sensazione della roccia naturale, creando una superficie più durevole e resistente.

Le caratteristiche striature fiammate irregolari delle piastre rendono ogni lastra diversa e unica nel suo genere, per pavimentazioni da esterno dinamiche e non convenzionali che donano carattere e movimento agli spazi esterni.

La collezione presenta una vasta gamma cromatica di prodotti, permettendo molteplici combinazioni in fase di posa.

di Sara Giusti

Claudio Giust presidente di Assolegno

Claudio Giust
Claudio Giust

Il consiglio direttivo di Assolegno di FederlegnoArredo ha eletto Claudio Giust presidente dell’associazione. Tra le priorità del suo mandato c’è il rafforzamento del ruolo del legno come materiale di eccellenza e la valorizzazione della filiera forestale italiana.

Da sempre attivo nella vita associativa, Giust all’interno di FederlegnoArredo dal 2004, ha ricoperto il ruolo di consigliere incaricato del Gruppo Costruttori in Legno di Assolegno nel 2012 e di presidente dell’associazione nel 2013. Dal 2021, è presidente di Afi, Associazione Forestale Italiana. Esperienza che insieme a quella maturata nella sua carriera di imprenditore nel settore del legno, presso un’azienda italiana leader nella produzione e installazione di prefabbricati, metterà a disposizione di Assolegno. Importante anche la sua esperienza nella ricostruzione post-sismica in Friuli-Venezia Giulia, Irpinia e Umbria.

Claudio Giust
Claudio Giust

Il Consiglio di Presidenza è così composto: Morris Albertani, Christian Cozzi, Claudio Giust, Luigi lavarone, Domenico lerace, Gianluca Lancini, Onofrio Mattina, Tecla Pacchiani, Annalisa Rainoldi, Lavinia Sartori, Daniele Servadio.

“Mi impegnerò, con il supporto fondamentale del consiglio direttivo, che ringrazio per la fiducia, a promuovere il legno come risorsa strategica”, commenta il neo presidente. “L’uso di questo materiale consente di migliorare l’impronta ecologica del settore edilizio, ridurre le emissioni legate alla produzione di materiali ad alta intensità di Co₂, stoccare carbonio a lungo termine. Proseguiremo a sensibilizzare sui vantaggi offerti da soluzioni realizzate con tecnologie in legno e rispettose dell’ambiente”.

Un altro tema cruciale è quello della valorizzazione delle risorse locali, un aspetto strettamente legato alla sostenibilità e alla competitività del comparto. “È fondamentale incentivare la filiera corta, valorizzando il legno locale e riducendo la dipendenza dalle importazioni. Questo rafforzerebbe l’intero settore, rendendolo più competitivo. Attualmente, le importazioni rappresentano il principale canale di approvvigionamento di legname segato per il mercato italiano, con una crescita del +14,6% nel 2024. L’Italia continua a mostrare una forte dipendenza dalle forniture estere, nonostante le significative risorse forestali presenti sul territorio nazionale” conclude Giust.

Il caro energia, un’opportunità per l’edilizia

Installazione di un pannello fotovoltaico
Installazione di un pannello fotovoltaico

È vero che i bonus si sono dimezzati e che il prossimo anno torneranno ai livelli di dieci anni fa. Ma è altrettanto vero che per l’edilizia ci sono molti ambiti su cui puntare. Il caro energia è uno di questi. Per ottenere dei risultati basterebbe un incentivo a costo zero per le casse dello Stato: un foglio di carta che faciliti le modalità necessarie per installare pannelli fotovoltaici. I tetti sono lì per quello, esclusi quelli degli edifici storici naturalmente. Insomma, ci sarebbe bisogno di un po’ di attenzione, senza intaccare il bilancio pubblico.

Se è vero che il ritorno all’energia nucleare può aiutare a diversificare l’approvvigionamento di energia, è altrettanto assodato che per ottenere il risultato richiesto occorrono una decina di anni e investimenti miliardari.

Al contrario, un pannello fotovoltaico su un tetto si installa in giornata. Certo, il risultato non è la stessa cosa. Ma è ovvio che un costo dell’energia strutturalmente alto per cittadini e imprese può essere calmierato solo attraverso l’introduzione di una relativamente nuova tecnologia, come il nucleare a fissione delle mini centrali, sistema già collaudato, oppure con l’atomo a fusione, sistema che però da mezzo secolo è in fase di studio. Il secondo cambiamento riguarda, invece, la quantità di energia che l’Italia può produrre da sé. C’è il petrolio della Basilicata, poco e ostacolato per i timori di danni ambientali. Poi, c’è il gas dell’Adriatico, ma in buona parte lo sfruttamento è stato lasciato alla Croazia, che trivella allegramente alla ricerca del prezioso metano. nel frattempo in Italia è stato indetto addirittura un referendum per vietare l’estrazione (era il 2016, solo nove anni fa, e ha votato il 31,19% degli elettori, con palese disinteresse di quasi il 70%). Quindi, per un bel po’ si è fermata ogni nuova esplorazione.

Pannelli fotovoltaici sul tetto
Pannelli fotovoltaici sul tetto

Altro aspetto di cui tenere conto: eolico e fotovoltaico impiantato in larga scala, nelle aree agricole, deve fare i conti con il fenomeno nimby, sigla anglosassone che sta per not in my backyard, cioè non nel mio cortile: state alla larga da dove abito. L’ultimo caso è quello del parco eolico in Toscana, contestato per motivi paesaggistici. Per questo buona parte dei progetti rimane sulla carta.

Ma l’edilizia ha una carta da giocare, come direbbero alla Casa Bianca. Il fotovoltaico sui tetti non potrà sostituire gas, petrolio e nucleare, ma può rendere autonomi o quasi buona parte degli edifici, contribuendo in modo sostanziale all’autonomia energetica del paese. Secondo i dati del Gse, nel 2023 in Italia erano installati 1,6 milioni di impianti fotovoltaici. Sembrano tanti, ma sono ancora pochi: uno studio dell’Enea indica che per soddisfare l’intero fabbisogno elettrico del settore residenziale nazionale basterebbe installare pannelli fotovoltaici sul 30% circa della superficie complessiva dei tetti degli edifici a uso abitativo. L’aumento dei pannelli fotovoltaici in ambito condominiale è già favorito anche dalla legge in vigore: un singolo condòmino può liberamente installare un impianto fotovoltaico sul lastrico solare comune a suo beneficio, naturalmente sostenendo le spese e a patto che non impedisca l’utilizzo di spazi comuni ad altri condomini. Ma occorre convincere i cittadini: sarebbe bene che l’esecutivo se ne ricordasse.

Installazione di un pannello fotovoltaico
Installazione di un pannello fotovoltaico