La burocrazia che blocca gli scavi

Non sempre al dire segue il fare. E questo è vero soprattutto per quanto riguarda la politica. Certo, è difficile far quadrare il bilancio dello Stato (infatti non quadra: è in deficit perenne). Ma allora bisognerebbe astenersi dal programmare iniziative che non sono poi messe in prativa. Peggio: il Parlamento dovrebbe astenersi dal votare leggi che restano sulla carta. È il caso del «decreto scavi», un passo per dotare l’Italia di quella rete a banda larga che manca. Questo provvedimento era compreso nel decreto Destinazione Italia, approvato dal Parlamento a febbraio. Il provvedimento prevedeva 60 giorni per emanare un altro decreto congiunto tra il ministero dello Sviluppo economico e quello ai Trasporti con cui aggiornare il regolamento dello scorso ottobre. Questo nuovo provvedimento avrebbe dovuto abilitare a le tecniche di scavo innovativo con mini trincee e nuovi materiali non comprimibili. Avrebbe dovuto, appunto: sono trascorsi i fatidici due mesi e nulla è all’orizzonte. Il regolamento sugli scavi in vigore contiene, infatti, un problema non da poco: consente l’uso delle mini trincee, ma impone agli operatori il ripristino dell’asfalto. E qui nasce la controversia perché, secondo Assintel, le tecniche della mini trincea includono l’uso di materiali che ricoprono lo scavo rendendo la strada subito percorribile dalle auto. Per questi micro scavi, infatti, sono utilizzate macchine dotate di frese piccole per tagliare l’asfalto e accoppiate a un camion che aspira i detriti. Dopo il passaggio, la macchina ricopre lo scavo con materiali che riproducono l’asfalto. Una novità che è stata recepita dal Decreto Italia, che però ha al contempo previsto  un «decreto del ministero dello Sviluppo economico, in concerto con il ministero Infrastrutture e Trasporti» per dare un quadro normativo certo. Risultato: al ministero si difendono dicendo che non hanno ricevuto le deleghe necessarie. E gli scavi possono aspettare. 

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