Una carta d’identità per il pellet

Il pellet deve essere doc. La richiesta è arrivata dalla fiera Progetto Fuoco. Secondo gli operatori presenti all’incontro nello stand dell’austriaca Schuster, specialista del pellet, c’è necessitò di uniformarsi alla normativa europea, che prevede di indicare sul packaging il luogo di origine della materia prima, il legno, per evitare discriminazioni  nei confronti di altri Paesi. La necessità urgente infatti è chiarire una volta per tutte che la qualità del prodotto non dipende dal Paese di origine del legno e del pellet, ma dalla materia prima e dal processo utilizzato per la sua trasformazione da parte del produttore che ne diventa il garante assoluto. Il rischio, secondo i produttori di stufe, è che salti tutto il mercato unico europeo di questo settore: pellet per 18,8 milioni di tonnellate, di cui 3 milioni consumate solo nel nostro paese, al 90% nelle abitazioni. Secondo il presidente dell’European Pellet Council, Christian Rakos, distributori e consumatori devono seguire tre criteri fondamentali: la presenza del marchio del produttore, la presenza di un brand tecnico di certificazione volontaria, come EN Plus e, ovviamente, il colore del prodotto. Più chiaro è il pellet, infatti, e più si avvicina al massimo standard di qualità, per ciò che attiene i residui da combustione e la pulizia dell’impianto.

Per Annalisa Paniz dell’Associazione Italiana per le Energie Agroforestali, bisogna educare tutti della normativa vigente nella Ue, ma anche a riconoscere la marcatura di qualità EN Plus, che parla di prestazioni del prodotto.

L’incontro sul pellet nello stand della Schuster
L’incontro sul pellet nello stand della Schuster

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