I maggiori protagonisti della distribuzione edile hanno puntato sulla città di Milano, per lo sviluppo e per la maggiore disponibilità economica di aziende e privati. La piazza si fa affollata, ci sono le inchieste, ma il business attrae.
«Quello che fa bene alla Ford fa bene all’America», amava ripetere, pro domo sua, Henry Ford, il fondatore del grande gruppo automobilistico. Si potrebbe utilizzare la stessa formula per la nostra più grande città industriale: quello che fa bene a Milano fa bene all’Italia.
La città è la capitale dei servizi finanziari, commerciali, di ricerca, di comunicazione, moda, design. Ed è perfino diventata una città turistica, con grande stupore dei milanesi doc.
Tutto questo ha portato a uno sviluppo anche immobiliare della città ed è un business centrale non solo dal punto di vista dei conti aziendali, ma anche strategici.
E, a partire dall’Expo del 2015, esattamente dieci anni fa, Milano ha vissuto come le centinaia di cittadini che all’alba percorrono parchi e viali in scarpette e pantaloncini: di corsa.
E dopo la relativa pausa dello scorso anno, gli affari del settore immobiliare sono ripresi e, certifica l’Agenzia delle Entrate, sul mercato le compravendite di abitazioni sono aumentate dell’11,2% a livello nazionale, con oltre 172 mila unità scambiate, 17 mila in più di un anno prima e le aree del Nord e del Centro Italia hanno mostrato i tassi di crescita più elevati, con incrementi che hanno superato il 12%.
Ma una visione di Milano in rosa va bene solo quando ci sono gli striscioni del Giro d’Italia. In realtà lo sviluppo c’è, ma ci sono anche ostacoli non di poco conto.
Per esempio, uno dei problemi è che le case a Milano non bastano. Lo testimoniano le iniziative di stampo pubblico, come i recenti bandi del Comune di Milano, tramite la partecipata MM, per accedere al fondo nazionale per la riqualificazione energetica del patrimonio delle case popolari, quasi 1,4 miliardi finanziati dal Pnrr: se arriveranno, e dovrebbero arrivare, saranno un bel boost per il mercato.
Le cronache registrano che sono già partiti i primi movimenti per accaparrarsi le risorse disponibili per contributi e prestiti agevolati. Si tratta, nello specifico di 240 edifici.
Per contro, lo sviluppo immobiliare della città ha subito un duro colpo con il blocco dei cantieri deciso dalla magistratura per una controversia interpretativa sulla possibilità di demolire e ricostruire senza modificare il Pgt, Piano di governo del territorio. Oltre che per un profumo di mazzette a qualche funzionario di palazzo Marino. Risultato: oltre 39 mila persone, quasi 15 mila famiglie e 420 cantieri coinvolti, tra progetti autorizzati e ancora da autorizzare.
Un trauma che avrebbe dovuto essere sanato dal cosiddetto decreto Salva Milano, che però si è arenato sui banchi del Senato. Tutto fermo.
A parte questo inciampo, però, l’eccezionale sviluppo di Milano e hinterland ha attirato sul territorio anche i grandi gruppi della distribuzione edile, Gdo compresa.
Un mercato difficile, selettivo, affollato, ma anche redditizio quello di Milano, che ognuno affronta a modo suo, in una piazza sempre più affollata. Ma con quali prospettive? YouTrade lo ha chiesto ad alcuni dei protagonisti del settore: Zanutta, Eternoo e Orsolini.
Inchieste immobiliari a Milano: sentenze e condanne anticipate
Che cosa succede a Milano? Se lo chiedono non solo i magistrati, che si sono già dati una risposta, ma anche cittadini e imprese.
La città ha conosciuto uno sviluppo immobiliare impetuoso negli ultimi dieci anni, spinta dal successo dell’Expo nel 2015: circa 35 miliardi di euro di investimenti immobiliari. Sono sorti grattacieli e nuovi edifici in classe A, sono state demolite vecchie case rimpiazzate da palazzi più alti ed efficienti.
Il nuovo volto di Milano, alimentato da un effervescente numero di week (design, moda, arte, green, cultura) ha attirato anche un turismo fino qualche anno fa inimmaginabile, con beneficio per tutto l’indotto. E tanti nuovi cittadini dall’estero, in grazie anche all’agevolazione fiscale italiana per i super ricchi. Tutti motivi che hanno aumentato anche la fame di case.
Certo, il boom della capitale economica d’Italia ha anche i suoi lati negativi. Il prezzo degli immobili è salito alle stelle e se questo beneficia chi vende un appartamento, rende inavvicinabile l’acquisto per chi ha uno stipendio nella media. Inoltre, quartieri un tempo popolari ora sono popolari soprattutto per i frequentatori della movida, mentre un gran numero di alloggi è trasformato in locali per affitti brevi.
Ma non è di questo che si è occupata la magistratura con le sue due iniziative. La prima, di un paio di anni fa, ha riguardato l’interpretazione dei permessi per costruire o, meglio, ricostruire.
La Procura ritiene che l’intervento e le procedure di approvazione del titolo abilitativo (Scia) per diversi edifici abbiano diversi profili di illegittimità e che l’intervento di ricostruzione avrebbe dovuto essere subordinato a un Piano Particolareggiato, (strumento urbanistico di maggior dettaglio rispetto al Pgt), che avrebbe comportato maggiori obblighi economici del costruttore nei confronti del Comune.
Insomma, l’amministrazione avrebbe agevolato la costruzione a un prezzo più basso del dovuto. Palazzo Marino ha risposto che la legge urbanistica dello Stato a cui si riferisce l’indagine è del 1942 e ha avuto nel tempo numerose e sostanziali modifiche e integrazioni.
L’ultima legge urbanistica regionale del 2005 è composta di 104 articoli e ha subito circa 60 varianti. Le leggi regionali dovrebbero sviluppare e integrare quelle nazionali. In realtà le incoerenze sono rilevanti.
La Lombardia con l’articolo 103 della sua legge urbanistica ha addirittura stabilito che nel territorio lombardo alcune norme statali non si applicano. Il Governo non ha eccepito alcunché.
Insomma, il rito ambrosiano rivendicato dal Comune nel concedere i permessi sarebbe organico alle regole stabilite dalla Regione. E così è stato per anni senza che nessuno avesse nulla da eccepire.
Per ovviare all’interpretazione della magistratura, che ha visto nella prassi milanese un via libera incondizionato alle imprese di costruzione, il Comune ha rivisto i criteri e i costi di urbanizzazione, e contemporaneamente è scesa in campo la politica con il decreto cosiddetto Salva Milano, approvato alla Camera, ma bloccato dal Senato.
Anche perché qualche mese fa i sostituti procuratori (sono in tre) che conducono le indagini hanno fatto lievitare nell’aria un profumo di mazzette a carico di un funzionario di Palazzo Marino. Un inciampo che ha convinto un’ampia base di parlamentari a bloccare il Salva Milano.
Risultato: cantieri sotto sequestro da due anni, i cittadini che hanno già acquistato gli appartamenti in costruzione hanno visto congelare i loro risparmi, e non si tratta di pochi euro.
L’altro caso, sempre per iniziativa degli stessi magistrati, è quello di cui riportano nei giorni scorsi le cronache.
In sostanza, da quanto si capisce, alcuni membri della Commissione paesaggio del Comune di Milano, organismo tecnico e non politico (ormai disciolto) che doveva dare un parere sulla fattibilità delle opere avrebbero percepito anche incarichi dalle imprese che hanno presentato i progetti.
Imprese di cui sono indagati con l’accusa di corruzione manager eccellenti e soci. Se l’accusa sarà confermata, si è trattato di un evidente conflitto di interessi. Che il sindaco fosse a conoscenza e partecipe di questo conflitto, però, al momento non risulta.
Difficile capire se nel giudizio finale saranno individuate responsabilità perseguibili a norma di legge oppure si risolverà tutto, tra dieci anni visti i tempi della giustizia, in una bolla di sapone. Ma di sicuro qualche sentenza è già stata emessa: quella dello stigma mediatico, innanzitutto.
Ma anche una condanna all’immobilità di un’intera metropoli, che ha investito sulla riqualificazione di intere aree della città.
Se un permesso di costruire agevolato da amicizie e consulenze ben pagate non è certo una pratica commendevole, realizzare edifici residenziali in una città che vive una evidente emergenza abitativa è, al contrario, quasi un dovere.
Certo, a costruire i costruttori ci guadagnano. E dovrebbero forse rimetterci? Il problema non è aver costruito troppo, ma poco.
Eppure, la maxi inchiesta milanese, al di là delle responsabilità che possono essere accertate, presenta già diverse condanne o, più propriamente, penalizzazioni. E prima ancora che sia istituito un processo.
Una condanna per le imprese, che ora sono bloccate e licenzieranno presumibilmente le maestranze impegnate nelle opere. Una condanna per le aziende come quelle di vendita di materiali, che hanno puntato sullo sviluppo di Milano.
Una condanna per i progettisti, gli studi di architettura, gli ingegneri, per le agenzie immobiliari, per i venditori di arredi. Tutte condanne già eseguite, prima ancora della sentenza della giustizia.
di Paolo Caliari




