La rigenerazione urbana e la riqualificazione, la sostenibilità e la sicurezza, l’ambiente e la riduzione dei consumi energetici: parole che non suonano la musica che si sente suonare negli Stati Uniti e anche in molti ambienti di casa nostra.
I buoni propositi, che poi sono buoni anche per l’economia vista sul medio-lungo periodo, non vanno molto di moda.
Eppure, abbandonare questi temi nel nome della convenienza immediata sembra una miopia che potrebbe portarci a sbattere contro il muro della realtà tra qualche anno. Per fortuna non tutti hanno ammainato la bandiera, come è emerso dalla recente assemblea dell’Ance.
L’associazione dei costruttori ha presentato una strategia che si basa su quattro principi: rigenerazione urbana e accesso alla casa, infrastrutture per l’adattamento, rivoluzione digitale, dignità del lavoro e formazione.
Insomma, una pagina nuova dopo l’addio alla stagione dei bonus e la fine all’orizzonte, tra un anno, del Pnrr.
Ma per offrire una prospettiva nuova all’edilizia c’è bisogno della politica. Non tanto per un incentivo di tipo fiscale, anche se nessuno protesterebbe nel caso fosse concesso, quanto per la capacità di governare.
È ancora vivido il ricordo del superbonus funestato da una trentina di modifiche nel giro di un paio di anni, per la disperazione di aziende e utenti finali.
Proprio per questo Ance ha chiesto trasparenza e certezze per i progetti urbani che si ingarbugliano tra procedure infinite e finanziamenti a singhiozzo. Con la richiesta al Governo «di definire un’agenda per le città con responsabilità chiare e risorse certe».
Pensare a come risolvere la crisi abitativa con progetti in grande scala, insomma, non può essere considerato un labirinto normativo e burocratico.
L’idea dell’associazione costruttori è quindi quella «di un piano per la casa accessibile che permette di mobilitare risorse private, assistite da garanzie pubbliche, sfruttando la sinergia tra operatori ed enti territoriali. Ma finora non è stato possibile incanalarla nei giusti binari». Gli esempi che testimoniano come l’Italia si incarti, nel vero senso della parola, sono tanti.
Ma basta vedere quello che succede con il Pnrr dove, secondo un’analisi del Cresme, su 16 mila progetti il ritardo nel completamento è del 92% dei casi con un aumento dei costi delle opere dell’85%.
di Federico Mombarone




