Sardares: magazzino hi-tech e logistica vincenti in Sardegna

Dalla termoidraulica alla ceramica, dal colore alla piegatura del ferro: Sardares è cresciuta anche grazie agli investimenti in tecnologia, che consentono una gestione efficiente delle scorte e dei listini.

Sardares: intervista a Gianfranco Demuro

Questa è la storia di un matrimonio che dura da oltre trent’anni. A convolare a nozze nel 1993 sono state la Commerciale Demuro, fondata da Giovanni Demuro, classe 1906, nel Dopoguerra, e la Sardares di due operatori di Viareggio (Lucca), attivi nel mondo della distribuzione edile dagli anni Sessanta.

Mantenendo la denominazione sociale della società acquisita, Commerciale Demuro diventa così Sardares, nome con cui oggi opera con successo nel Nord Sardegna, con sei punti vendita, dotati anche di sala mostra, e due depositi logistici.

A raccontare a YouTrade la storia e le prospettive future della società è Gianfranco Demuro, seconda generazione della famiglia a capo dell’azienda.

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Da sinistra, Gianfranco e Giancarlo De Muro

Quali sono le principali tappe della storia di Sardares?

Mio padre Giovanni ha fondato nell’immediato Dopoguerra una società che si dedicava al commercio di materiali per edilizia. Inizialmente non aveva neanche una sede, ma vendeva il materiale che prelevava dai bastimenti dei porti di Palau e Olbia.

Nei primi tempi organizzava i trasporti addirittura con un carro buoi, poi è riuscito a motorizzarsi agevolando gli spostamenti, integrando poi man mano semiarticolati e rimorchi.

Inizialmente erano piccoli punti vendita ad Arzachena, una sorta di empori locali dove si vendeva un po’ di tutto, edilizia bevande prodotti agricoli; l’azienda è poi cresciuta parallelamente al fenomeno turistico della Costa Smeralda, tanto che l’attività si è articolata su tre settori: il ramo della distribuzione edile, i trasporti e la vendita di bibite Peroni e Sanpellegrino.

Nel 1992 è nata poi la Commerciale Demuro, su iniziativa mia e dei miei fratelli Salvatore e Martino, che a dicembre dello stesso anno ha acquisito la società Sardares, azienda che operava sia a Viareggio sia a Palau.

Perché avete mantenuto la ragione sociale della Sardares?

Abbiamo voluto rifondare l’unione delle due aziende chiamandola Sardares per andare oltre la prospettiva di piccola azienda familiare e guardare al futuro, realizzando una importante società che ha scalato le vette dei mercati regionali e nazionali.

Come si è evoluto il settore della distribuzione di materiali edili?

Abbiamo iniziato le prime forniture negli anni Sessanta con l’edilizia pesante.

In seguito, abbiamo aggiunto le ceramiche e le colle per la posa. Successivamente abbiamo affiancato all’edilizia i reparti dell’idraulica, la ferramenta e ci siamo specializzati nel settore del colore.

Trattate anche termoidraulica?

Sì. La raccorderia idraulica è sempre stata presente in azienda. Successivamente abbiamo aggiunto la termoidraulica, i sistemi di condizionamento, le pompe di calore, chiudendo progressivamente tutta la gamma, man mano che il mercato lo richiedeva.

Facciamo parte anche del gruppo d’acquisto 3V e siamo partner di idroLab. A livello di termoidraulica abbiamo tutto quello che serve.

Vi sentite più un distributore di materiali per edilizia o di termoidraulica?

Entrambi. Il nostro punto di forza è riuscire ad avere tutto ciò che serve per realizzare una costruzione, anche per un discorso logistico, trovandoci su un’isola.

I vostri fornitori provengono da tutte le parti d’Italia o prediligete fornitori locali?

Quello che ci interessa sono i marchi più rinomati, con due requisiti: qualità e miglior prezzo.

Non cerchiamo fornitori particolari a livello locale, anche perché in Sardegna quasi tutte le produzioni hanno chiuso. Poi, ci sono anche prodotti affermati che bisogna acquistare per forza all’estero.

Qual è stata la ricetta vincente che vi ha permesso di continuare a crescere in modo così importante sul mercato?

Avere materiale sempre presente in magazzino ed essere molto organizzati dal punto di vista logistico. Investiamo molto nel magazzino e supportiamo la nostra clientela a sviluppare progetti importanti, anche a livello finanziario, fornendo loro i materiali.

Com’è organizzata la logistica?

C’è una logistica primaria legata ai vari punti vendita che è abbastanza autonoma. Poi, abbiamo una logistica «di settore» per ceramica e termoidraulica.

Abbiamo due magazzini nella zona industriale di Arzachena e nella zona industriale di Olbia che non fanno attività commerciale diretta, ma sono semplicemente dei punti logistici.

Oggi quanti magazzini e quanti showroom avete?

Abbiamo sei punti vendita, tutti con showroom, ad Arzachena, Olbia, Palau, La Maddalena, Porto Torres, Sassari, oltre a due punti logistici.

A Porto Torres abbiamo anche un centro di piegatura del ferro.

Quando avete inserito il centro di sagomatura del ferro e perché?

Abbiamo questo servizio da 20 anni, prima con una sola macchina. Poi, nel 2018 abbiamo costruito un capannone di 1.500 metri quadrati nella zona industriale di Porto Torres e ora abbiamo tre macchinari, di cui una dedicata solo alla produzione di staffe, che è il lavoro più impegnativo.

Questa attività occupa un ingegnere e due geometri che controllano le distinte, generate in automatico, da cui si avvia la produzione.

Quanto pesa l’attività di sagomatura in percentuale sul fatturato totale?

Circa il 5% sul fatturato totale, compreso il tondino e il ferro che vendiamo.

Siete in una zona molto turistica: quanto ha influito il 110% e quanto il Pnrr?

Il turismo nella zona è una costante. Diciamo che l’edilizia è ripartita bene per quanto concerne le strutture ricettive e le ristrutturazioni dei B&B, sempre più diffusi ad Olbia, e ora anche ad Arzachena. Non si costruiscono più nuovi edifici, e questo è anche un bene perché non si consuma territorio.

Il Pnrr non è pervenuto, mentre il 110% è stato un treno che per scelta abbiamo preso con cautela. Non abbiamo mai creduto nel superbonus, siamo stati molto cauti preferendo servire i nostri clienti, mentre abbiamo lavorato molto con il bonus energia, firmando migliaia di pratiche con lo sconto in fattura. In due anni con gli impianti abbiamo prodotto 5-6 milioni di euro di fatturato. Ora si è fermato tutto.

Come vedete i prossimi due anni?

Con una certa diffidenza.

Ci sono grandi gruppi che stanno andando in mano ai fondi e aprono in continuazione nuovi punti vendita, anche fuori dalla zona geografica dove sono soliti operare, cercando di radicare mentalità e regole che mai potranno essere accettate dalla clientela locale, abituata a contesti dove ancora è importante la relazione tra le persone. C’è proprio una cultura diversa. Per i prossimi anni dobbiamo capire cosa faranno.

Operate anche al di fuori della Sardegna?

Operiamo ovunque i nostri clienti lo richiedono. Nella nostra zona ci sono molte seconde case di turisti provenienti da tutto il mondo: qualcuno si innamora dei nostri prodotti e ci chiede di spedirli all’estero.

Prima della guerra, per esempio, vendevamo molto in Russia. Si tratta di solito di poche forniture, ma con margini importanti.

Quanto pesa il fatturato dei prodotti destinati al mercato italiano e quanto invece pesa la clientela estera?

Molte volte non sappiamo dove sono destinati i prodotti. Ci limitiamo a spedirli magari a Livorno, e poi ci pensa il cliente stesso a sdoganare le merci.

Non vi è mai venuta voglia di espandervi fuori dalla Sardegna?

La nostra visione d’azienda, seppur di alto profilo professionale, ha l’anima insostituibile di spirito familiare e riteniamo fondamentale la nostra presenza fisica in tutte le filiali per seguire il personale e i vari processi aziendali.

Abbiamo necessità di avere una catena decisionale cortissima. Inoltre, grazie anche alle relazioni dirette con gli impresari locali, siamo molto radicati nel territorio.

In che province siete presenti?

Olbia e Sassari.

Parliamo della concorrenza. Anni fa proprio in Sardegna ha aperto il primo Bricoman in Italia. Vi ha dato fastidio?

Cagliari e Sassari sono stati il banco di prova per la Gdo. È indubbio che abbiano avuto successo, soprattutto tra la clientela privata, che da noi è quasi del tutto sparita, con un danno in termini di marginalità e liquidità.

Oltre a questo, c’è anche il fenomeno del nero che gira intorno agli artigiani che fanno acquistare i materiali al privato, senza emettere fattura.

Avete reagito con una strategia ben precisa o l’assestamento è stato fisiologico?

Sardares e la Gdo sono su due pianeti diversi. Il brico va a sfiorare i nostri settori per una percentuale abbastanza importante, ma la filosofia di vendita e i prodotti sono completamente differenti.

A Palau abbiamo aperto un nostro brico che non ha intaccato il fatturato del punto vendita, e ne abbiamo uno inaugurato anche ad Arzachena.

Tante volte con queste realtà estere si creano fenomeni di concorrenza sleale, anche per una disparità di tassazione: che cosa ne pensate?

Siamo consapevoli che la Gdo faccia valere il suo potere nei confronti dei fornitori, ottenendo premialità importanti a fronte dei loro fatturati. A questo si aggiunge il discorso della tassazione agevolata.

Ma, se vogliamo fare un paragone con il mondo della pesca, lavorano con le reti a strascico.

Sardares è oggi alla terza generazione. Com’è stato gestito il passaggio generazionale?

C’è stato un accompagnamento lungo, tutt’ora in corso. Io e mio fratello Tino siamo ancora presenti in azienda e dettiamo la linea.

Attualmente la più grossa difficoltà è il reperimento del personale, abbiamo una decina di posizioni vacanti.

Qualche anno fa siete stati premiati come miglior rivenditore italiano di piastrelle da Confindustria Ceramica. Come avete raggiunto questo traguardo?

Cercando sempre di seguire gli umori del mercato, oltre che puntando sul servizio. La vendita non finisce quando il cliente ci paga il materiale, ma quando l’installazione è completa e il cliente mostra il suo apprezzamento.

Quali sono i brand più forti attualmente?

L’elenco è lunghissimo. Abbiamo i migliori marchi in circolazione ma, anche nel nostro settore, assistiamo a un processo di frammentazione legato alle mode del momento. Quindi, più che di brand, è più facile parlare di tendenze.

Al momento c’è un ritorno ai prodotti naturali, alle pietre, al cotto e alle calci, c’è un ritorno allo stile e alle geometrie degli anni Settanta.

In certi settori bisogna stare attenti a fare magazzino: mentre facciamo molte scorte su impiantistica, non facciamo magazzino sulle piastrelle, perché le mode cambiano troppo repentinamente. In più, tutti i grandi marchi stanno aprendo negozi monomarca a Roma e Milano.

Come avviene la formazione dei dipendenti?

Abbiamo una struttura da 120 posti dove organizziamo corsi di formazione. Di solito ci appoggiamo esclusivamente ai nostri fornitori, con cui organizziamo sia corsi rivolti al personale sia ai nostri clienti, con una cadenza di uno-due eventi ogni mese.

Abbiamo fatto anche convegni informativi rivolti alle imprese: per esempio, in passato abbiamo organizzato un convegno dedicato al superbonus in collaborazione con Banca Intesa e Deloitte, e uno dedicato alla ristrutturazione delle strutture ricettive e alla nuova tendenza degli alberghi-boutique in collaborazione con lo Studio Marco Piva.

A che punto siete con la digitalizzazione?

Siamo partiti in anticipo, attraverso il nostro fornitore di software, con la soluzione IdroLab che ora comunica con il nostro gestionale. La digitalizzazione è un lavoro che dura da anni, ma al momento tutti i materiali in uscita li gestiamo in digitale.

L’obiettivo che ci siamo posti è di eliminare la carta entro i prossimi due anni, realizzando fatture e bollettazione solo in formato digitale. Bisogna educare i clienti, soprattutto quelli meno strutturati.

Avete pensato anche strumenti di intelligenza artificiale?

Stiamo sperimentando. Il primo obiettivo è implementare un centralino con intelligenza artificiale in grado di dare un rapido supporto informativo al cliente che chiama in azienda, soprattutto negli orari in cui registriamo picchi di lavoro in punto vendita. È in fase di collaudo.

Che cosa vi aspettate dal 2025?

Il primo semestre è andato bene. A fine anno ci aspettiamo di chiudere in linea con il 2024.

Sardares, un’azienda famigliare

«Non ho conosciuto mio nonno ma, attraverso mio padre Martino e i miei zii Salvatore e Gianfranco, ci ha trasmesso un senso di appartenenza familiare molto forte. Siamo una famiglia molto unita», racconta Giancarlo Demuro, socio amministratore e terza generazione alla guida di Sardares.

«Mio nonno Giovanni aveva 12 figli e ha cercato di diversificare la sua realtà imprenditoriale, con il settore trasporti, la vendita di materiali per edilizia e la distribuzione di bibite, per lasciare a ciascuno una piccola attività da gestire».

Attualmente Sardares vede al vertice i soci fondatori Martino e Gianfranco Demuro, mentre il terzo fratello Salvatore Demuro, già in pensione, ha ceduto le sue quote societarie al figlio Gianmatteo, che è anche presidente del Cda dell’azienda.

La società comprende poi Giancarlo Demuro e il fratello Salvatore, in qualità di soci amministratori, e le sorelle Marta e Maria Rosa, responsabili dello showroom.

Dal cemento alle vigne

Con la sua produzione di vini, Cantine Surrau sublima i sapori e i colori della Gallura in prodotti di qualità. Società dei fratelli Demuro, l’azienda mette a frutto l’esperienza del fondatore nella distribuzione di bibite negli anni del boom edilizio e turistico della Costa Smeralda.

«Abbiamo ripreso una tradizione familiare e una cultura tipica della Gallura, quella degli stazzi, creando Cantine Surrau, dal nome di una delle prime vigne che abbiamo avuto tra Arzachena e Palau. Al momento possediamo 60 ettari di vigne sparse su tutto il territorio del Comune di Arzachena», spiega Giancarlo Demuro.

«I primi impianti risalgono al 2000, ma la prima bottiglia è andata in commercio tra il 2005 e il 2006. La cantina è invece stata inaugurata nel 2009 e rimane aperta tutto l’anno. La vigna si trova sulla strada che conduce a Porto Cervo, quindi ha un alto flusso turistico. Conteggiamo oltre 20 mila presenze all’anno, la maggior parte delle quali concentrate nel periodo estivo».

Cantine Surrau è gestita dalla Surrau Società Agricola, che si occupa solo di produzione e vendita diretta, e da una seconda società ricettiva che gestisce la parte dell’accoglienza e della degustazione. In totale fattura oltre 4 milioni di euro, con una produzione che oscilla tra le 650 e le 700 mila bottiglie all’anno.

«L’obiettivo è quello di arrivare nel giro di 10 anni al milione di bottiglie», auspica Demuro, «ma a piccoli passi, per mantenere sempre alta la qualità».

Scheda Sardares

  • Addetti: 120 persone
  • Fatturato 2024: 50 milioni di euro
  • Punti vendita: 6 + 6 depositi
  • Showroom: 6
  • Aree merceologiche: edilizia, termoidraulica, ceramiche, arredobagno, ferramenta, colore
  • Servizi: centro sagomatura ferro, tintometro, taglio legno, consegne in cantiere
 

di Veronica Monaco

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