Più digitale nel retail, ma resta il gap con la distribuzione all’estero

Cari negozianti, non provate a resistere al fiume. Provate, invece, ad assecondare le onde. Che, nello specifico, sono onde elettromagnetiche, quelle che trasportano dati e hanno ormai rivoluzionato la distribuzione. Tema, questo affrontato dall’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e giunto alla sua quinta edizione.

L’Osservatorio ha condotto un’analisi sui primi 300 retailer per fatturato presenti in Italia con negozi fisici e, in collaborazione con Confesercenti0 su un campione di circa 300 piccole e medie imprese del commercio al dettaglio italiane. Risultato: aumenta la diffusione del digitale per migliorare l’efficienza dei processi e per favorire un orientamento al dato, con particolare enfasi alla creazione di una vista unica sul cliente (innovazioni di back-end). Sembrerebbe un dato positivo o, meglio, inevitabile, se non fosse che nel confronto con quanto avviene negli altri Paesi si nota una macroscopica differenza. In peggio o, se preferite, con un diverso gradi di efficienza. 

Al ralenty

La spesa complessiva in digitale dei top retailer è, infatti, ancora bassa: supera di poco un punto percentuale del fatturato e passa dal 20% del totale degli investimenti annuali nel 2017 al 21% nel 2018. Secondo Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, “i principali retailer internazionali stanno comprendendo sempre più l’importanza della tecnologia per affrontare questo momento e stanno focalizzando i loro sforzi nella sperimentazione di tecnologie di frontiera: durante il 2018 sono state infatti identificate oltre 200 progettualità in ambito Retail nel mondo, con particolare focus su Internet of Things (52% dei casi), Intelligenza Artificiale (32%) e Realtà Aumentata e Virtuale (16%)”. E in Italia? “Abbiamo circa 2,5 volte le imprese commerciali della Gran Bretagna, 1,2 quelle della Francia e 1,6 quelle della Germania. Numerose imprese quindi, ma di dimensioni ridotte”, aggiunge Valentina Pontiggia, direttore dell’Osservatorio. “In Italia mediamente un’impresa commerciale ha tre dipendenti e fattura circa 0,3 milioni di euro in un anno. In Francia il retailer medio ha quattro dipendenti e fattura annualmente circa il doppio (0,6 milioni di euro). Senza contare quello che avviene in Paesi come la Germania, dove il punto vendita ha in media dieci dipendenti e genera circa 0,8 milioni di euro all’anno, mentre in Inghilterra ha 13 dipendenti e realizza vendite annuali di 1,25 milioni di euro. L’elevata frammentazione delle imprese di commercio al dettaglio può condizionare in modo importante l’adozione dell’innovazione digitale e lo sviluppo omnicanale del Retail. Da un lato risulta più difficile avere le adeguate competenze e capacità di investimento per accompagnare questa trasformazione, dall’altro è necessario attivare un processo di adeguamento di soluzioni nate principalmente per rispondere alle esigenze di grandi retailer. Per finire, l’elevata capillarità può favorire l’emergere di freni al cambiamento, per timore di cannibalizzazione”.

Valentina Pontiggia
Valentina Pontiggia

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