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Ecco chi guida la crescita dell’edilizia in Lombardia

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La vincitrice dell’edilizia in Lombardia è… In questo articolo presentiamo i dati del settore elaborati su base regionale e con un focus sulla provincia che negli ultimi anni ha staccato tutti per crescita e dinamiche reddituali. 

Edilizia in Lombardia

Sono 22,3 i miliardi di investimenti realizzati in Lombardia con il superbonus 110%, dei quali 21,9 di interventi ammessi a detrazione, e con circa 880 milioni ancora da spendere, per un totale di oltre 78.053 interventi, 22.376 (28,7%) negli edifici condominiali, 34.293 in edifici unifamiliari (43,9%) e 21.832 in unità immobiliari funzionalmente indipendenti (27,4%).

Tuttavia, analizzando i dati a livello di investimenti e non di singoli interventi, emerge come la quota maggiore sia andata ai condomini, 71,7%, contro il 18,2% delle villette e il 10,1% delle altre unità immobiliari.

Il superbonus in Lombardia ha attivato interventi che hanno coinvolto l’1,7% delle famiglie e, dunque, l’incentivo è stato un provvedimento molto diffuso e utilizzato, che ha consentito di recuperare il 5,1% del patrimonio in termini di edifici unifamiliari e il 4,1% dei condomini.

Si tratta di quantità molto rilevanti che, in prospettiva della direttiva europea Case green, mette la regione (e anche l’Italia) in una posizione di vantaggio: è come se un quarto della strada da percorrere per il raggiungimento dell’obiettivo della Ue lo avessimo già raggiunto.

Il confronto

Tralasciando le opportunità derivanti in questi prossimi anni e fino, per ora, al 2026 promosse dal Pnrr, l’orizzonte della buona salute dell’economia delle costruzioni in Lombardia e in provincia di Brescia può essere rilevato da alcuni indicatori di carattere macroeconomico.

Mettendo a confronto la produzione di Pil, a livello nazionale e regionale, in un orizzonte di lungo periodo e secondo i dati più aggiornati forniti dall’Istat (1995-2022), emerge come, fatto cento il 1995, la progressione sia stata sostanzialmente simile fino alla crisi economica del 2009, quando dopo la crisi la Lombardia ha innestato una marcia diversa rispetto alla media nazionale, dunque diventando un motore del rilancio economico del Pil a livello nazionale, segnando progressivamente alcuni punti percentuali significativi di scarto appunto tra la media nazionale e il dato regionale, sempre superiore.

Colpisce in modo particolare la capacità di reazione della Lombardia non solo nel periodo pre covid, ma anche e soprattutto nel post covid, dove la curva di ripresa appare decisamente più performante, segnando una accelerazione migliore rispetto al dato medio nazionale.

L'economia in lombardia mostra maggiore vitalità rispetto al resto d'europa d'Italia nel dopo crisi
L’economia in Lombardia mostra maggiore vitalità rispetto al resto d’eEuropa d’Italia nel dopo crisi. Fonte: elaborazione Centro Studi YouTrade su dati Istat
La dinamica delle costruzioni in Lombardia letta attraverso l'occupazione
La dinamica delle costruzioni in Lombardia letta attraverso l’occupazione. Fonte: elaborazione Centro Studi YouTrade su dati Istat
Brescia prima lenta e poi più reattiva nel dopo crisi
Brescia prima lenta e poi più reattiva nel dopo crisi. Fonte: elaborazione Centro Studi YouTrade su dati Istat

Occupazione boom

Analizzando la dinamica del settore delle costruzioni nello stesso periodo, che può essere letta attraverso la lente dell’occupazione, sempre fatto cento il 1995, emerge come la Lombardia sia stata in grado di creare più posti di lavoro proprio nella fase post crisi 2009.

La dinamica è stata molto positiva nel periodo di ripresa 2016-2020 e la crescita è proseguita anche nel biennio seguente, mantenendo sempre un forte distacco tra la media nazionale e quella dell’intero Nord Ovest.

La provincia di Brescia, per esempio, si colloca in queste dinamiche con una propria specificità, che emerge dal confronto con il dato regionale e nazionale.

Analizzando il settore delle costruzioni nelle dinamiche specifiche prodotte dall’andamento del valore aggiunto, non solo a livello nazionale e in Lombardia, ma anche in questa provincia (in questo caso l’anno di partenza per il confronto è il 2000), le tre curve mostrano come la crisi post 2009 abbia impattato in modo più significativo rispetto al resto della regione, avvicinandola tra il 2013 e il 2015 ai valori medi nazionali.

Tuttavia, poi ha trovato una dinamica espansiva di ripresa che ha progressivamente avvicinato il valore aggiunto prodotto in provincia a quello prodotto in regione, con un allineamento pressoché uguale nel dopo covid, segnando un significativo distacco con il valore medio nazionale. Brescia appare più lenta, inizialmente, ma poi più reattiva negli scenari post crisi.

Una vitalità che deve molto al superbonus
Una vitalità che deve molto al superbonus. Fonte: Enea

Il rimbalzo

Questa reattività emerge anche e soprattutto analizzando l’andamento recente delle dinamiche economiche e reddituali del settore della distribuzione edile in provincia di Brescia e in Lombardia, a confronto sempre con i dati medi regionali.

I dati economici derivanti dalle analisi di bilancio delle società di capitali del settore della distribuzione edile evidenziano un primo dato molto significativo: se la Lombardia tra il 2021 e il 2022 ha corso, la provincia di Brescia ha letteralmente volato.

Le dinamiche del fatturato mostrano come a livello nazionale la crescita del 27,6% sia stata superata dal +31,2% del dato lombardo, ma anche come la provincia di Brescia fa ancora meglio, con +33,7%.

Dinamiche simili anche per il valore della produzione, ma è nella capacità di produrre valore aggiunto che avviene il primo strappo, nel quale la provincia di Brescia sul fronte delle performance dei propri rivenditori edili, mostra un primo dato interessante, ovvero la crescita del 41,5% del valore aggiunto, contro il +33,1% della Lombardia e il 29,7% del dato medio nazionale.

La provincia di Brescia, dunque, presenta uno scarto positivo di quasi 12 punti percentuali con la media nazionale, che si amplifica nell’incremento della redditività, che per Brescia vede una crescita del 71,9% a livello di margine operativo lordo e del 75,0% a livello di utile netto, mentre rimangono distanziati i valori medi nazionali e quelli lombardi, con scarti compresi tra 13 e 20 punti percentuali.

La performance

Dove i rivenditori edili della provincia di Brescia mostrano un’interessante performance, è a livello di cash flow, ovvero dell’indicatore del peso del cash flow sul fatturato, che misura sostanzialmente la capacità di liquidità dell’impresa.

Questo indicatore è pari al 7,7% come valore medio nazionale, che sale 9,2% se riferito alla Lombardia, ma che svetta a 13,2% nel caso delle aziende di distribuzione di materiali edili della provincia di Brescia.

Queste dinamiche si riverberano positivamente sulla capacità di produrre margini e utili, che per le imprese della provincia di Brescia sono passati da un valore del 13,1% di margine operativo lordo al 17,1% del 2022, con significativi punti percentuali di scarto sia rispetto alla media nazionale che a quella regionale.

Performance a confronto. La lombardia corre, ma Brescia vola
Performance a confronto. La lombardia corre, ma Brescia vola. Fonte: elaborazione Centro Studi YouTrade su analisi dei bilanci delle aziende del settore

I margini

Ma è anche nella capacità di tradurre i margini in utili che le imprese distributive della provincia di Brescia si distinguono dalle medie nazionali e regionali.

Se a livello italiano la media 2021 era del 4,7% ed è passata al 6,1% nel 2022, con un aumento di 1,4 punti percentuali, e se il valore medio regionale è passato dal 5,9% del 2021 al 7,3% del 2022, con un incremento sempre di 1,4 punti percentuali, i distributori edili della provincia di Brescia hanno saputo realizzare il passaggio dall’8,8% del 2021 all’11,5% del 2022, con un incremento di 2,7 punti e con un saldo positivo rispetto alle medie nazionali e regionali rispettivamente di 5,4% e 4,2%.

Sono dati molto positivi e significativi di un rafforzamento del settore, sia dal punto di vista economico sia da quello finanziario, che mostrano come le imprese hanno saputo sfruttare il buon momento espansivo, generato soprattutto dalle dinamiche legate al superbonus, che adesso dovranno essere consolidate in azioni di ulteriore rafforzamento in vista delle sfide del Pnrr e, in futuro, dell’adozione e applicazione della direttiva case green.

a cura del Centro Studi YouTrade

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Grande distribuzione edilizia: ecco il confronto tra le principali insegne

Grande distribuzione

Cresce ancora il settore distributivo della Grande distribuzione dell’edilizia per il comparto brico fai-da-te.

Il 2023 è stato il terzo anno di crescita per le prime cinque insegne del settore, dopo la flessione registrata nel 2020, unico anno in rallentamento in una progressione positiva decennale. Ma i dati, come vedremo, pur positivi, sono per alcune insegne migliori e per altre, invece, riflettono situazioni specifiche dell’insegna.

Dunque, al di là del dato complessivo, come al solito è utile analizzare i singoli bilanci nel dettaglio, al fine di valutare le performance delle diverse realtà e individuare elementi utili di riflessione per il mondo della distribuzione edile.

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Nuovo tassello metallico fischer, un’unica lunghezza per tutti i pannelli

DuoHM-fischer-tassello-metallico

fischer DuoHM è il nuovo tassello metallico della gamma DuoLine pensato per tutti i pannelli e tutti gli spessori, ideale per fissare staffe per televisori, mensole, quadri, specchi, lampadari, binari per tende.

Con un’unica lunghezza di tassello 55 millimetri si possono fissare oggetti su tutti i pannelli: dal cartongesso al gessofibra, sia su lastra singola (9,5-12,5 millimetri) sia su lastra doppia (19-25 millimetri), su tutti i pannelli in legno, dal truciolato al compensato di spessore da 9,5 a 30 millimetri, e lastre e pannelli OSB.

DuoHM-fischer-tassello-metallico

DuoHM non richiede l’utilizzo di pinze né di attrezzi speciali: si installa infatti direttamente con l’avvitatore, per un tempo di installazione fino al 50% più veloce rispetto ai comuni tasselli metallici per cartongesso.

L’esclusiva tecnologia bimateriale di DuoHM – con struttura in nylon e corpo in metallo – soddisfa requisiti di carico elevati: il corpo metallico si piega ancorandosi al retro del pannello, la sottostruttura in nylon, invece, si annoda garantendo ulteriore resistenza a trazione.

DuoHM-fischer-tassello-metallico

Il collarino con alette antirotazione in nylon assicura una corretta installazione ed evita danni alla finitura del supporto e grazie alle dimensioni ridotte permette che il tassello non sia più visibile dietro l’oggetto fissato.

DuoHM è stato premiato con il German Innovation Award 2024 nella categoria “Excellence in Business to Business – Building & Elements”. Il premio è stato assegnato dalla giuria per le caratteristiche di flessibilità, versatilità, facilità d’uso e sicurezza.

Vantaggi

DuoHM-fischer-tassello-metallico

Utilizzo con viti metriche
DuoHM è idoneo per l’utilizzo con viti metriche. La filettatura interna metrica consente un uso versatile di viti metriche con ogni tipo di testa e garantisce il riutilizzo del tassello con la vite che può essere svitata e riavvitata più volte. L’installazione di DuoHM è completata quando il corpo di metallo è perfettamente premuto contro il pannello e la coppia di serraggio è chiaramente percepibile.

Installazione
DuoHM può essere installato direttamente avvitando la vite attraverso l’oggetto da fissare: è sufficiente un comune avvitatore a batteria, per un risparmio di tempo fino al 50% rispetto ai tradizionali tasselli metallici per cartongesso e non servono attrezzi speciali. Una sola lunghezza di tassello copre tutti gli spessori di supporto fino a 30 millimetri.

Transizione energetica in Italia: sfide e opportunità per la rete elettrica

Energia e ambiente, transizione green

L’Italia è avviata verso la transizione energetica? Forse l’edilizia è più avanti di quanto si creda, perché altri settori, come l’automotive o gli impianti di produzione balbettano. E anche la distribuzione di energia incontra difficoltà.

Insomma, è più semplice installare un pannello fotovoltaico sul tetto che realizzare un parco eolico.

L’aspetto centrale del problema rimane quello legato a un diverso consumo di energia. È opinione comune che per abbassare le emissioni di Co2 e rendere le città meno inquinate l’energia elettrica sia la soluzione più green.

Tanto che la Ue ha previsto per il 2035 lo stop alla produzione di auto alimentate a benzina o diesel, con un avvicinamento a tappe forzate al traguardo del 2050, quando nel libro degli eurosogni ogni attività produttiva avrà un impatto zero.

Investire sulle reti

Ma volere e potere hanno in comune solo la rima. Un monito arriva dallo Studio intitolato Il ruolo della distribuzione elettrica per una transizione energetica sicura curato da Ambrosetti.

Al centro dell’indagine è la rete di distribuzione, che ha un ruolo chiave per abilitare la transizione energetica.

Per evitare che l’elettrico si trasformi in un boomerang per un intero continente, secondo l’analisi, sono necessari investimenti per permettere alla rete di gestire il cambiamento di assetto del sistema infrastrutturale e far fronte ai cambiamenti climatici. Non si tratta, però, di pochi spiccioli. E le risorse? È uno dei nodi da risolvere e, per ora, non risolto.

Secondo Gianni Vittorio Armani, direttore Enel Grids and Innovability di Enel, «alla luce dei cambiamenti in atto nel sistema elettrico e di quelli richiesti per raggiungere la decarbonizzazione, il consolidamento e sviluppo della rete di distribuzione come mezzo essenziale per abilitare questa evoluzione è di fatto al centro del dibattito energetico attuale. Per sostenere questa nuova importante fase di sviluppo della rete di distribuzione attraverso capitale investito e innovazione è necessario garantire un assetto in continuità, che permetta una stabilità finanziaria e una gestione sostenibile per gli operatori della rete di distribuzione».

Parole che, in modo diplomatico, sembrano tirare in ballo Terna, la società deputata al dispacciamento dell’energia elettrica: la transizione dipende anche dalla possibilità di far arrivare l’energia ovunque.

«Il progressivo aumento della generazione distribuita da fonti rinnovabili e la maggiore elettrificazione dei consumi finali richiedono che la rete di distribuzione elettrica sia adeguata e abiliti una transizione senza strappi», è l’auspicio di Lorenzo Tavazzi, Senior Partner e Board Member di The European House-Ambrosetti e Teha Group.

«L’evoluzione del sistema elettrico e il ruolo della distribuzione richiedono nuovi importanti investimenti nella rete per garantire la continuità delle performance: in Italia nei prossimi dieci anni saranno previsti circa 6 miliardi di euro di investimenti all’anno, che potranno attivare rilevanti impatti diretti, indiretti e indotti nell’economia del Paese».

Lorenzo Tavazzi, Senior Partner, e board member di The European House Ambrosetti e Theta Group
Lorenzo Tavazzi, Senior Partner, e board member di The European House Ambrosetti e Theta Group

Sorpasso alternative

Gli aspetti da considerare, però, sono due. Il primo riguarda la produzione, il secondo la distribuzione. Sono ovviamente due fattori strettamente connessi.

La buona notizia è che, secondo i dati di Terna, nei primi sei mesi dell’anno la produzione da fonti rinnovabili (+27,3% rispetto al primo semestre 2023) ha superato per la prima volta la produzione da fonti fossili, che ha registrato una flessione del 19% rispetto allo stesso periodo del 2023, con una ancor più marcata riduzione della quota di quella da carbone (-77,3%).

Inoltre, da gennaio a giugno 2024, la produzione idroelettrica rinnovabile (grazie a due mesi eccezionalmente piovosi al Nord) ha raggiunto un risultato record (pari a 25,92 TWh, +64,8% rispetto al periodo gennaio-giugno 2023).

In generale, nei primi sei mesi del 2024 la richiesta di energia è stata coperta dalle fonti rinnovabili per il 43,8% (contro il 34,9% dei primi sei mesi del 2023). Si tratta del record storico su base semestrale.

Chi consuma

I dati di Terna indicano anche quali settori produttivi consumano: un aspetto che coinvolge anche la filiera delle costruzioni.

L’Indice Mensile dei Consumi Elettrici Industriali nella prima metà anno indica una crescita del 2,7% rispetto a giugno 2023. Ma con dati destagionalizzati e corretti per l’effetto calendario, la variazione si porta a +3,1%.

In particolare, positivi sono i comparti della siderurgia, cemento, calce e gesso, cartaria e chimica. In flessione ceramiche e vetrarie, metalli non ferrosi, alimentari e mezzi di trasporto. Stabile la meccanica.

Traguardo difficile

Consumi a parte, quanto è raggiungibile il traguardo green?

Secondo la Commissione Europea, per raggiungere l’obiettivo di completa decarbonizzazione nel 2050 l’Unione Europea dovrebbe raddoppiare il tasso annuo di installazione delle fonti energetiche rinnovabili rispetto alla media degli ultimi cinque anni. E in gran parte nel vettore elettrico, che dovrà coprire il 60% dei consumi finali europei. È un obiettivo raggiungibile?

Le proteste degli ambientalisti contro i parchi fotovoltaici e le pale eoliche dilagano, nel più classico dei fenomeni Nimby (not in my backyard, non nel mio cortile).

Un mese fa in Sardegna è scoppiata la protesta con manifestazioni e presidi: «Nella giornata mondiale del vento soffia forte in Sardegna la protesta contro la speculazione dell’energia rinnovabile, con decine di autorizzazioni per installare impianti eolici e fotovoltaici in molte zone dell’Isola, anche a ridosso di siti archeologici e di beni artistici e culturali tutelati e di pregio». La prosa è dell’agenzia Ansa.

In Calabria è bollente la contestazione al parco eolico galleggiante che Acciona, multinazionale dell’energia, vorrebbe costruire al largo della costa: giù le mani dal mare.

Nelle Marche un comitato di cittadini si oppone da mesi alla realizzazione di un parco di pannelli solari. La protesta ha portato anche a una diffida nei confronti del Comune per fermare un progetto dal controverso impatto paesaggistico.

Una battaglia non contro le fonti rinnovabili, ma per tutelare il paesaggio, sia ben chiaro, dicono i residenti. L’elenco potrebbe continuare.

Insomma, vogliamo le auto elettriche, basta con le centrali termiche, no al nucleare. Ma il pannello o la pala no, non li vogliamo.

Il fabbisogno

Nel difficoltoso cammino della transizione green, poi, c’è un altro problema. Se le auto circolanti fossero tutte o quasi elettriche, saremmo in grado di coprire il fabbisogno con le energie alternative?

Due ingegneri, Celso Osimani e Ivo Tripputi, si sono messi di buzzo buono a calcolare l’impatto. Il risultato della ricerca si è trasformato in un libro (Il futuro dell’energia nucleare).

«Un’auto elettrica di medie dimensioni e con tecnologie avanzate come la Tesla necessita di 67,5 kWh per percorrere in media 290 chilometri. Poiché le auto private in Italia percorrono in media 12 mila chilometri all’anno, ogni auto di questo tipo avrebbe bisogno di 2.800 kWh», scrivono i due tecnici.

E dato che in Italia circolano più o meno 40 milioni di auto, servirebbero per la ricarica di altrettante vetture elettriche circa 112 TWh/anno, pari alla produzione di 15 centrali nucleari da mille MWe ciascuna.

E le centrali eoliche e solari (ammesso che siano superate le proteste) possono bastare? Secondo Osimani e Tripputi per soddisfare la domanda nazionale per la ricarica delle auto elettriche dal 2035 in poi, «occorrerebbe moltiplicare per sette il parco eolico attuale».

I dati considerati sono quelli di tre anni fa, ma il ragionamento cambia poco. Da un punto di vista tecnico, bisognerebbe ricoprire di pale eoliche non solo ogni collina, ma anche ampi spazi in mare aperto, specie in Adriatico, che ha i fondali meno profondi. Difficile che gli stessi ambientalisti, che considerano le pale eoliche un attentato contro il paesaggio, siano d’accordo.

Discorso analogo per il fotovoltaico: per alimentare il parco nazionale di auto elettriche, secondo i due ingegneri, servirebbero 750 maxi impianti, che occuperebbero 1.125 chilometri quadrati di aree prevalentemente di pianura, senza boschi, senza coltivazioni e non abitate, poco meno di una provincia come Milano.

Senza contare che il picco di domanda per la ricarica della auto elettriche avviene di notte quando le auto sono ferme. Ma di notte il fotovoltaico è assente e l’eolico è spesso carente.

Pannelli fotovoltaici

Più produzione

Insomma, per alimentare un futuro parco auto completamente elettrico, bisogna aumentare a dismisura la produzione di corrente e le energie alternative non sono sufficienti.

Inoltre, poi (è il secondo aspetto del problema), l’energia bisogna distribuirla: secondo Motus-E, associazione che monitora le installazioni di colonnine per la ricarica, in Italia a marzo 2024 erano attive 54.164 punti di ricarica destinati alle auto elettriche su un numero di auto elettriche in circolazione che ha raggiunto la cifra di 226.799 unità.

Quindi, un punto di ricarica ogni quattro auto, contando però che una parte delle colonnine private è a uso di una sola vettura.

La Lombardia guida, si fa per dire, la disponibilità con 10.158 punti di ricarica. Seguono il Piemonte (5.841), il Veneto (5.167), il Lazio (5.141) e l’Emilia-Romagna (4.516).

Rare colonnine

È interessante anche un altro aspetto: solo una minima parte delle colonnine sono a corrente continua, per una ricarica relativamente rapida.

La maggior parte (83%) delle colonnine opera a corrente alternata, quella che si usa in casa, e con una potenza massima fino a 49 kW, mentre il restante 17% utilizza corrente continua (Dc), con potenze superiori ai 50 kW: in sostanza sono i punti di ricarica Tesla o quelli che si trovano in autostrada.

Chi acquista un’auto elettrica sa, in ogni caso, che il tempo impiegato per la ricarica dipende molto dalla potenza della colonnina di ricarica stessa commisurata al tipo di vettura.

Inoltre, le batterie non assorbono l’energia in modo omogeneo: quando arrivano all’80%, per esempio, l’immissione di energia è molto più lenta.

Un’auto di grandezza media, con 50 kWh di batteria (come una Renault Zoe o Tesla Model 3) ci mette circa 6.5 ore per ricaricare gli accumulatori con una colonnina da 7.4 kW.

Se, però, si utilizza l’energia domestica, per esempio in un condominio o in una villetta con la classica fornitura di 3 kW, per fare il pieno alle batterie (quando sono quasi scariche) ci vuole il doppio, circa 12 ore.

Le colonnine di ricarica per auto elettriche pubbliche, ammesso di trovarne una disponibile, hanno però una potenza superiore a quelle domestiche: almeno 22 kW. In questo caso la stessa auto media (esclusi quindi Suv o vetture del segmento D e superiori) si ricarica in circa 2 ore, sempre con batteria da 50 kW.

I fortunati che possono utilizzare una colonnina da 50 kW aspetteranno solo un’ora, mentre con una rara stazione elettrica da 350 kW solo, si fa per dire, 25 minuti.

Uno svantaggio per chi è spesso in viaggio, ma un risparmio per chi usa l’auto casa-ufficio e ricarica l’auto la notte, sempre che non debba utilizzare anche una lavatrice o lo scaldabagno elettrico, che sottraggono energia dai 3 kW disponibili: secondo l’Enel, un’auto elettrica comporta un risparmio annuo di circa un migliaio di euro. Certo, al momento acquistarla costa di più.

Più pannelli sui tetti

Pannelli fotovoltaici e colonnine di ricarica, in ogni caso, sono un aspetto che coinvolge le imprese che si occupano di distribuire le attrezzature del fotovoltaico e gli impianti connessi.

Lo testimonia l’analisi presentata da Ambrosetti: nel 2023 in Italia sono state effettuate oltre 370 mila connessioni, sette volte il numero registrato dieci anni fa, a riprova dell’importanza che sta assumendo la generazione elettrica decentralizzata, con impianti di produzione di energia relativamente più piccoli e più vicini ai consumatori finali.

E questo introduce un altro aspetto: se rendere le abitazioni meno energivore, e magari completamente autonome grazie al fotovoltaico, è un obiettivo più raggiungibile rispetto a quello di puntare sull’auto elettrica, perché non concentrarsi sulla riqualificazione degli edifici?

Anche considerando che la direttiva Case green dell’Unione Europea è stata approvata anche con il voto del governo italiano, oltre che del Parlamento di Strasburgo.

Anche gli aspetti legati alla distribuzione sarebbero risolti o, perlomeno, diluiti. Forse la filiera delle costruzioni potrebbe alzare la voce per farlo presente.

di Giuseppe Rossi

Unicmi: 2025 di crescita per le costruzioni metalliche

Cantiere a Milano

Fine anno: tempo di bilanci e l’ora delle previsioni. Anche per il mercato delle costruzioni metalliche, che Unicmi, l’associazione di categoria, ha analizzato considerando il segmento non residenziale e le infrastrutture, su cui sono state sviluppate proiezioni sull’evoluzione della domanda di costruzioni metalliche per il 2024 e il 2025.

L’analisi del settore, nel report dell’associazione, è preceduta da una fotografia sulla congiuntura economica: secondo Unicmi nel 2024 l’economia italiana crescerà di circa lo 0.9%, mentre le proiezioni per il 2025 indicano un aumento dell’1,1 %, leggermente inferiore al dato medio previsto per l’Ue. L’inflazione è ampiamente sotto controllo e le proiezioni per il 2025 indicano valori inferiori al 2%. Il dato positivo è che la discesa dei tassi d’interesse darà sicuramente nuova linfa agli investimenti immobiliari, soprattutto per quanto riguarda le grandi operazioni nel settore terziario, tipicamente finanziate con un ricorso importante all’indebitamento. La discesa dei tassi avrà effetti positivi anche sugli investimenti industriali con potenziali ricadute sulle costruzioni ad uso produttivo e sull’impiantistica. Tuttavia, la produzione industriale segna il passo per via del progressivo processo di ridimensionamento della capacità produttiva nell’industria dell’automotive, che, inevitabilmente coinvolge anche la catena di fornitura.

Gli investimenti nel settore

Nell’analisi di Unicmi il segmento delle costruzioni non residenziali ha mostrato un trend di crescita importante, con investimenti pari a 60,4 miliardi di euro nel 2023 e previsti in aumento fino a 62,7 miliardi di euro nel 2024. Questo rappresenta un incremento rispettivamente del 6,8% nel 2023 e del 3,9% nel 2024. Anche il segmento delle infrastrutture evidenzia tassi di crescita sostenuti, trainati in gran parte dalle opere legate al Pnrr. Gli investimenti nelle infrastrutture sono cresciuti fino a 29,7 miliardi di euro nel 2023, con previsioni di crescita che toccano 32,1 miliardi di euro nel 2024, con un tasso di crescita del 12% nel 2023 e del 10% nel 2024.

In Italia il mercato delle costruzioni metalliche ha sfiorato i 3 miliardi di euro di ricavi nel 2023, con una previsione di crescita che raggiungerà 3,38 miliardi di euro nel 2025. Se si osservano i principali segmenti, la domanda di costruzioni metalliche nel settore delle infrastrutture ha raggiunto 1,78 miliardi di euro lo scorso anno, con la previsione di superare i 2 miliardi nel 2024 e nel 2025. Il segmento non residenziale, incluso il terziario avanzato e la logistica, ha visto una domanda di 1,2 miliardi di euro nel 2023 e si prevede che superi i 1,5 miliardi di euro nel 2024.

In termini di evoluzione della domanda, il peso delle costruzioni metalliche per infrastrutture sta progressivamente aumentando, passando dal 54% del totale nel 2019 ad oltre il 60% previsto per il 2025, per effetto degli ingenti investimenti pubblici in corso e di quelli programmati nel prossimo biennio.

Performance economiche e finanziarie delle carpenterie metalliche

Il campione è composto da 90 aziende con un fatturato aggregato di circa 1,7 miliardi (dato 2022), che rappresentano circa il 60% dell’offerta di costruzioni metalliche sul mercato italiano. Nel 2023, la marginalità commerciale (Ros, return on sale) è tornata a crescere, registrando un valore del 4,4%, in miglioramento rispetto al 3,0% del 2022, ma ancora al di sotto del picco del 5,3% registrato nel 2020. La redditività degli investimenti (Roic) ha registrato un miglioramento nel 2023, attestandosi al 5,3%, in crescita rispetto al 4,2% del 2022, ma inferiore rispetto al massimo storico del 6,5% del 2020.

La produttività per addetto nel 2023 si è attestata a 293.292 euro, in lieve calo rispetto al 2022, quando aveva raggiunto i 303.858 euro, ma comunque superiore ai livelli pre-pandemia. Questo dato evidenzia un buon livello di efficienza del personale nonostante l’aumento del numero medio di dipendenti (70 nel 2023 rispetto a 63 nel 2022).

La produttività delle immobilizzazioni materiali, misurata come rapporto tra ricavi e immobilizzazioni materiali, è rimasta stabile nel 2023, con un valore di 3,4, leggermente inferiore al valore di 3,5 del 2022, si tratto comunque di un dato positivo.

Il tasso di indebitamento delle aziende (mezzi terzi su mezzi propri) ha continuato a mostrare un trend di riduzione nel 2023, attestandosi al 2,2, lo stesso valore del 2021 e molto al di sotto del picco del 4,7 registrato nel 2022.

Il rapporto tra posizione finanziaria netta (Pfn) ed Ebitda è migliorato significativamente nel 2023, raggiungendo un valore di 1,52, rispetto al 2,82 del 2022: questo indica una riduzione dell’esposizione finanziaria e una maggiore capacità di generare utili operativi.

Top 20

L’analisi delle aziende di maggiori dimensioni è stata effettuata considerando le prime 20 aziende operanti nel settore delle carpenterie metalliche (per ricavi netti). Il fatturato aggregato delle aziende considerate è di oltre, 1,1 miliari di euro. Il fatturato medio è pari a circa 57 milioni. Rispetto il campione totale aggregato, il numero di dipendenti medio per azienda è superiore e si attesta a 184 addetti.

La redditività delle vendite (Ros) per il 2023 ha mostrato un miglioramento per l’intero campione, passando dal 3,0% nel 2022 al 4,4%, mentre per le aziende di grandi dimensioni (le Top 20) la situazione è più critica, con un leggero aumento dal 1,8% al 2,6%. La redditività del capitale investito (Roic) mostra anch’essa un miglioramento nel 2023 rispetto al 2022, passando dal 4,2% al 5,3% per l’intero campione. Le grandi aziende hanno migliorato l’indice passando dall’2,8% al 3,1%.

Per quanto riguarda la produttività, i ricavi per addetto per l’intero campione sono diminuiti leggermente nel 2023 rispetto al 2022, passando da 303.858 euro a 293.292 euro, mentre le aziende di maggiori dimensioni hanno registrato un miglioramento, da 341.592 euro a 309.565 euro, mantenendo livelli di produttività superiori rispetto alla media del campione.

In riferimento alla struttura finanziaria, il tasso di indebitamento nel 2023 è rimasto stabile a 2 per l’intero campione, mentre per le grandi aziende è pari a 3. Il valore di picco pari a 18 nel 2022 è dovuto alla presenza di un’importante azienda del settore interessata da una situazione di crisi, rientrata nel 2023.

Il rapporto tra Pfn/Ebitda per l’intero campione è migliorato ulteriormente nel 2023, passando da 2,82 a 1,52, mentre per le grandi aziende è sceso da 4,15 a 2,54, in seguito all’azione di ristrutturazione dell’azienda in crisi richiamata in precedenza.

Le mosse giuste per aumentare le vendite online

E-commerce

I distributori che hanno investito in una piattaforma di commercio elettronico devono tenere d’occhio il tasso di conversione, cioè la percentuale di chi conclude un acquisto dopo aver visitato il sito. Ecco come fare.

I fatti

Aumenta il numero di aziende della distribuzione della filiera edile che utilizza piattaforme di e-commerce. Ma non tutti riescono a utilizzare questo canale al meglio.

Anzi, per alcuni le vendite online sono vissute come un costo da sopportare in nome della modernità. Il motivo è riassumibile in breve: è perché il canale online non funziona.

Tecnicamente si dice che queste piattaforme presentano un basso tasso di conversione. In sostanza, chi si affaccia sul sito di e-commerce si limita a guardare, ma non acquista.

Chi vende online, insomma, deve badare a migliorare il tasso di conversione per rendere il proprio e-commerce più profittevole. Non è una missione impossibile.

Si tratta, inoltre, di un obiettivo che dovrebbe coinvolgere un numero sempre maggiore di aziende della distribuzione.

I dati

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Restructura 2024 Torino tra recupero, riqualificazione e rigenerazione

restructura-torino

Recupero, Riqualificazione e Rigenerazione sono le parole chiave di Restructura 2024, la fiera dedicata ai temi della ristrutturazione edilizia, giunta quest’anno alla sua 36esima edizione.

L’appuntamento è dal 21 al 23 novembre presso l’Oval Lingotto Fiere di Torino per una tre giorni di novità, eventi e dibattiti. 

I numeri di Restructura 2024

  • 20.000 metri quadrati di superficie espositiva
  • 3 giorni di eventi, dibattiti, laboratori formativi
  • 4 sale per incontri e convegni
  • +150 stand espositivi
  • +70 appuntamenti

restructura

I dieci punti del manifesto Restructura 2024

Restructura 2024 ha lanciato un manifesto in 10 punti in cui rilancia i temi e gli obiettivi del salone ispirati alla nuova direttiva europea EPBD IV (Case Green) dell’Unione europea.

Recupero, ristrutturazione e ampliamento del patrimonio edilizio esistente, rigenerazione del territorio urbano e restauro architettonico sono le parole chiave all’interno della sfida della transizione ecologica e dell’edilizia sostenibile.

Ecco i dieci punti:

  1. Essere il punto di riferimento per la filiera
  2. Proporre un approccio integrato dell’edilizia
  3. Promuovere la conoscenza, il confronto e la formazione
  4. Ospitare contenuti tecnici di qualità
  5. Favorire la conoscenza delle materie prime e dei materiali circolari e bio-based
  6. Valorizzare la circolarità e le filiere produttive locali
  7. Promuovere la diffusione delle energie rinnovabili e delle comunità energetiche
    rinnovabili
  8. Promuovere la sicurezza, la salubrità e l’edilizia inclusiva degli ambienti di lavoro
    e degli edifici
  9. Promuovere un’adeguata formazione per tecnici e operatori della filiera
  10. Promuovere la rigenerazione urbana

Il manifesto guiderà la scelta di tutti i contenuti per un programma di eventi coordinato e condiviso.

restructura-torino

«Questa edizione di Restructura scommette sul rilancio dei temi che l’hanno resa una fiera di assoluto interesse per il territorio. Con il manifesto condiviso sceglie di essere protagonista di una delle principali sfide di oggi, il recupero del patrimonio costruito  in chiave sostenibile, e si propone come evento culturale destinato a un pubblico di tecnici e professionisti», dichiara Gabor Ganczer, Ceo di GL events Italia, ente che organizza la fiera.

A Restructura i migliori progetti di retrofit in Italia

Restructura si rivolge a un pubblico di tecnici e professionisti, dai progettisti alle imprese di costruzione e di gestione, dallo sviluppo immobiliare, fino alle imprese di prodotto e gli amministratori di condominio.

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Tecnici e progettisti in particolare hanno potuto partecipare alla CALL4IDEAS dedicata ai migliori progetti di retrofit in Italia nel corso degli ultimi cinque anni.

Le candidature ricevute saranno vagliate da una commissione che vede coinvolti delegati degli Ordini e Collegi professionali di Ingegneri, Architetti, Geometri, Periti industriali e Geologi oltre a rappresentanti dei costruttori (ANCE, Confartigianato, CNA) e a stakeholder di settore selezionati da GL events Italia.

Saranno scelti i progetti in grado di andare oltre l’aspetto normativo e prescrittivo minimo dei dispositivi di legge nazionali in vigore, introducendo elementi di innovazione di progetto e di processo, di visione dell’intervento, di rigenerazione urbana, di uso di materiali naturali e da filiera locale ecc.

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«Oggi le sfide del mondo della sostenibilità nel settore dell’edilizia contemporanea, che ampliano anche il senso delle riforme previste nel pacchetto FIT FOR 55%, richiedono la necessità di confrontarsi con un approccio progettuale al tema della sostenibilità dell’ambiente antropizzato, immaginando strategie complessive che valorizzano gli aspetti di efficientamento energetico, quelli architettonici e di rigenerazione urbana, anche in relazione al ruolo dei centri e degli edifici storici e all’impatto di ogni singolo progetto sul territorio.

Strategie che affrontino quindi la questione anche in termini di disegno urbano: sperimentazione di best practice per un restauro energetico, definizione di criteri adeguati per una lettura bioclimatica del tessuto morfologico della città, elaborazione di un piano energetico a breve e lungo termine, capace di affrontare al contempo e sinergicamente le necessità di ciascun singolo manufatto e della città intera di cui è parte», spiegano dalla fiera».

Le proposte selezionate saranno raccontate all’interno dell’evento «From worst to best» e presentate dall’architetto Massimo Roj nel giorno di apertura della fiera il 21 novembre alle ore 17.30. 

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Impianti sportivi sostenibili, la nuova sfida e gli stadi più green al mondo

Impianti sportivi sostenibili

La necessità di costruire o riqualificare strutture e impianti sportivi sostenibili si fa strada anche per stadi e palazzetti che ospitano competizioni. 

La gara è internazionale. In campo ci sono i rappresentanti di Paesi diversi, decisi a sfidarsi per guadagnare il titolo di campione green. Ma a confrontarsi, questa volta, non sono squadre di calcio, iscritti a una gara di atletica o acclamati tennisti: a competere sono le stesse strutture che ospitano gli avvenimenti sportivi. Perché questa volta la partita riguarda la qualità di stadi e piste, non la velocità o l’abilità degli utenti.

Impianti sportivi sostenibili

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Nomisma: a Milano più turisti e meno affitti lunghi

Case a Milano
Case a Milano

Un nuovo sistema delle locazioni, che oggi i privati destinano in sostanza agli affitti brevi. È la proposta avanzata da Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma, nel corso all’evento sull’immobiliare Investire a Milano. «Dobbiamo immaginare un sistema di offerta residenziale che sia diverso rispetto a quello che c’è oggi sul mercato», ha spiegato. «È il recupero alle allocazioni di una parte dell’offerta privata che sceglie oggi destinazioni diverse». Inoltre, bisogna concentrarsi sugli «investimenti infrastrutturali che forzino la maglia del confine comunale». Il mercato immobiliare corporate residenziale, secondo i dati presentati da Nomisma, non è una priorità degli investitori. Nel 2024, infatti, gli investimenti corporate in ambito residenziale hanno rappresentato solo lo 0,25% dei circa 6,4 miliardi di euro investiti nei primi nove mesi del 2024. Secondo i dati, la crescita della città dal punto di vista immobiliare avviene attraverso alcuni volani: in primis gli studenti, con l’11% degli universitari italiani che nel 2024 studiano in un ateneo o una scuola di alta formazione milanese. Il 66% di questi sono fuori sede, mentre l’8% sono stranieri. Anche il turismo sta influenzando il mercato immobiliare: +19% sul 2019 e +25% sul 2022, con 8,5 milioni di ingressi in città e 11,5 nell’area urbana. In generale, il 2024 «mostra un altro segno più, con 527 mila arrivi a gennaio e 900 mila turisti a luglio. Nei primi sette mesi del 2024 Milano ha registrato 5,2 milioni di arrivi, vuol dire che ci si sta abituando a ricevere circa 750 mila turisti al mese», si legge nel report.

VIII Convegno YouBuild e i prossimi eventi di Virginia Gambino Editore

Convegno Nazionale YouBuild 2023

L’informazione è l’oro del nuovo secolo. Un principio che attraversa tutti i settori industriali e tutte le professioni: chi sa, ha un’arma in più per il suo business. E i cambiamenti epocali che stanno attraversando l’industria delle costruzioni e l’edilizia impongono un’aggiornamento professionale continuo.

Virginia Gambino Editore è il punto di riferimento per tutta la filiera del settore attraverso la creazione di molteplici occasioni di confronto, che coinvolgono relatori esperti e i protagonisti del sistema produttivo e distributivo.

VIII Convegno Nazionale YouBuild – 27 novembre 2024

Il prossimo appuntamento è quello del 27 novembre con l’VIII Convegno Nazionale YouBuild che si terrà al Centro Congressi Fondazione Cariplo di Milano. L’evento, organizzato dalla rivista YouBuild, è dedicato alla climate & construction technology.

Un convegno che ha l’ambizione di guardare lontano, proponendo una riflessione sul Regenerative Design: un modello costruttivo che rispetta e migliora l’ambiente.

L’evento del 27 novembre sarà anche l’occasione per l’attribuzione dei premi della terza edizione del concorso YouBuild Awards, riconoscimenti alle aziende della filiera delle costruzioni particolarmente impegnate ad assecondare una transizione sostenibile verso un’edilizia green.

La partecipazione al convegno dà diritto ai crediti formativi obbligatori per i professionisti: 3 per gli iscritti all’Ordine degli Ingegneri, 7 per gli iscritti all’Ordine degli Architetti, 6 per gli iscritti all’Ordine dei Geometri e 7 per l’Ordine dei Periti Industriali.

Primo Convegno Nazionale dei Lattonieri – 5/6 dicembre 2024

Il 5 e 6 dicembre è in programma il Primo Convegno Nazionale dei Lattonieri nella location di Villa Quaranta a Ospedaletto di Pescantina (Verona).

Il focus è quello dei professionisti del metallo e dell’involucro. La sera di giovedì 5 dicembre i partecipanti si troveranno per una cena di business all’attiguo ristorante Borgo Antico, una villa seicentesca che offre anche un notevole colpo d’occhio. La mattina dopo, venerdì 6 dicembre, sarà la volta del convegno nella sala congressi della struttura ricettiva. Congiuntura, previsioni e formazione professionale sono al centro della scaletta. 

I primi appuntamenti del 2025

L’8 e 9 maggio del prossimo anno è in programma il III Convegno YouTrade Sud presso il T-Hotel di Lamezia Terme.

Il 23 e 24 ottobre 2025 si terrà l’XVIII Convegno Nazionale YouTrade, l’evento più importante per i rivenditori italiani di materiale per l’edilizia.

Edilizia: la parola ai produttori, tra evoluzione del mercato e prospettive 2025

Produttori edili

Hanno definito le loro strategie per i tempi, non facilissimi, che si prospettano. Perché il mercato è come una giostra alla quale bisogna saper stare saldamente attaccati. I produttori edili sono fiduciosi e l’ottimismo non manca, ma nemmeno la prudenza.

Anche perché devono tenere il passo con l’evoluzione della filiera dell’edilizia e sanno anche che per vendere è necessario instaurare una proficua partnership con i rivenditori.

I quali, però, non sono mancati di rimproverare le aziende di bypassare troppo facilmente il canale della distribuzione, per vendere direttamente in cantiere.

Ciononostante, per alcuni materiali, per esempio quelli destinati alle grandi opere, la via di vendita diretta all’impresa di costruzioni è probabilmente inevitabile.

Ad alcuni esponenti della produzione, quindi, è spettata l’ultima parola del XVII Convegno di YouTrade, con il talk show conclusivo che in qualche modo è stato anche una risposta alle obiezioni sollevate dai distributori.

Presenti sul palco Stefano Roncan, sales & marketing director di Heidelberg Materials, Bruno Broccanello, amministratore delegato di Soprema Italia, Simone Lorenzi, direttore vendite Nord Italia di Fassa Bortolo, Stefano Grandicelli, amministratore unico di Starplast, Gian Domenico Giovannini, amministratore delegato di Laterlite e Filippo Vergani, direttore vendite Nord Italia di Dierre.

Stefano Grandicelli, Starplast

«Noi ci occupiamo di trattamento delle acque e di innovazione con i nostri materiali, un argomento oggi molto sentito. La nostra azienda è giovane e non abbiamo una grande conoscenza della platea dei rivenditori, ma ora vogliamo allargarci per offrire a tanti distributori i nostri prodotti.

Ogni territorio ha le proprie specificità, è fondamentale per noi cogliere le opportunità che ci offre la distribuzione locale o, meglio, il nostro partner locale, per arrivare meglio al cliente finale», ha esordito Stefano Grandicelli, amministratore unico di Starplast.

Produttori edili
Stefano Grandicelli | Amministratore unico di Starplast

Filippo Vergani, Dierre

Per Filippo Vergani, direttore vendite Nord Italia di Dierre, è necessario far parte tutti della stessa squadra, produttori edili e distributori edili: «Purtroppo la cultura del mercato italiano è sempre stata quella di arrivare direttamente nel cantiere.

Al di là delle Alpi, invece, è difficile che un’impresa compri il prodotto direttamente dal produttore e non dal rivenditore.

Altro aspetto fondamentale: se tutte le aziende passassero solo attraverso le rivendite sarebbe più semplice per servizi e logistica».

Produttori edili
Filippo Vergani | Direttore vendite nord Italia Dierre

Bruno Broccanello, Soprema Italia

Anche i produttori edili, però, hanno le loro difficoltà con i rivenditori. Per esempio, si trovano di fronte un Paese con un’ampia frammentazione distributiva.

«Posto che non tutti i prodotti sono vendibili attraverso la distribuzione, sicuramente la frammentazione per noi aziende è un punto dolente.

In questo periodo storico di aggregazione, però, lo scenario è mutato, questo processo di semplificazione è di aiuto», ha spiegato Bruno Broccanello, amministratore delegato di Soprema Italia.

Bruno Broccanello Amministratore unico di Soprema Italia
Bruno Broccanello | Amministratore unico di Soprema Italia

Stefano Roncan,Heidelberg Materials, e Gian Domenico Giovannini, Laterlite

«Prendere una posizione tra produttori e distributori è difficile», hanno sottolineato in sintonia Stefano Roncan, sales & marketing director di Heidelberg Materials e Gian Domenico Giovannini, amministratore delegato di Laterlite. «Vendiamo su tutto il territorio nazionale e siamo dotati di logistiche per agevolare il trasporto presso rivendite piccole, medie e grandi.

Con i piccoli ci troviamo da sempre molto bene, sono un valore e una presenza importante per i territori che serviamo, tuttavia i punti vendita sono frammentati», è il succo del loro discorso.

Gian Domenico Giovannini Amministratore delegato di Laterlite
Gian Domenico Giovannini | Amministratore delegato di Laterlite
Stefano Roncan Sales & Marketing Director Heidelberg Materials
Stefano Roncan | Sales & Marketing Director Heidelberg Materials

Simone Lorenzi, Fassa Bortolo

«Serviamo tanti rivenditori diversi, ma abbiamo anche tante linee diverse. La differenza la fa chi si vuole evolvere, chi investe ed è lungimirante. Chi si ferma, invece, è perduto», ha riassunto Simone Lorenzi, direttore vendite Nord Italia di Fassa Bortolo.

Simone Lorenzi Direttore vendite nord Italia Fassa Bortolo
Simone Lorenzi | Direttore vendite nord Italia Fassa Bortolo

Il prezzo

Nel talk si è parlato anche del rapporto fra determinazione del prezzo e frammentazione di mercato, un tema oggi centrale.

«Non è il prezzo che fa la differenza per poter crescere, è solo un mezzo per essere competitivi. Nelle rivendite di oggi si fa molta formazione per essere preparati a vendere il prodotto ed è proprio questo, assieme alla qualità, che fa la differenza», ha commentato Grandicelli.

Un altro punto fondamentale è la capacità di affrontare il mercato strutturandosi.

«Per la mia azienda, per esempio, un distributore con lo showroom è importante. Produrre e consegnare porte non è difficile, renderle visibili e valorizzarle è ovviamente un’altra cosa».

Le prospettive 2025

Quali sono le prospettive per il 2025? «Non nascondiamo che da settembre c’è stato un calo delle commesse, e così sarà anche per i prossimi mesi», suppone Vergani.

Più positivo Grandicelli«Vedo un futuro a gonfie vele, dobbiamo pensare positivo. Il mondo delle acque è in crescita, si tratta di un’opportunità che dovremmo sfruttare tutti, ma spetta a noi cercare di trasmettere una cultura alle rivendite. Ci concentreremo sul trasmettere la cultura, sul mantenere i nostri clienti».

E per Lorenzi le dinamiche di mercato sono indecifrabili: «Rimane l’interrogativo sui prezzi e sulle materie prime, influenzati anche da agenti esterni».

Giovannini si definisce, invece, ottimista-realista: «È in arrivo il Pnrr, un metadone che però va studiato e che potrebbe risollevare le sorti di qualcuno dopo la droga del superbonus. Dopo il ritorno alla normalità bisogna domandarsi su che cosa abbiamo investito, perché il mercato è più complicato».

«Nel settore del cemento non ci sono stati cali straordinari, ma risultati eccellenti. Abbiamo lavorato sulla redditività, razionalizzando e compiendo scelte drastiche. Bisogna stare molto attenti agli investimenti e alla parte finanziaria», ha sottolineato Roncan

«Ed è necessario guardare i volumi, prima del fatturato, senza smettere di essere ottimisti», ha chiuso Broccanello.

di Alice Fugazza

Passaggio generazionale in azienda: che cosa fare?

passaggio generazionale

Come gestire il passaggio generazionale in azienda? Ci vogliono poche regole, ma chiare. E un’efficace verifica dei requisiti fondamentali.

Questa l’indicazione di Alberto Bubbio, professore associato di Economia Aziendale e responsabile del corso di Programmazione e Controllo, presso l’Università Cattaneo-Liuc, che ha spiegato i passaggi fondamentali da attuare per tutte quelle aziende che stanno attraversando il fenomeno, durante il XVII Convegno Nazionale di YouTrade.

«È un tema importante, fondamentale, che si è reso protagonista negli ultimi dieci anni, dato che sono tante le aziende che hanno attuato questo passaggio, alcune con successo, alcune no, ma non esiste la ricetta giusta, varia per ognuno».

Tre caposaldi

Bubbio ha basato le sue considerazioni non solo sulla teoria, ma anche sullo studio e sull’osservazione di casi concreti, affrontati nel corso degli anni. 

«Passione, trasparenza e meritocrazia sono i tre caposaldi per attuare il cambiamento. La prima la deve individuare l’erede, il delfino, colui che prenderà il comando al posto vostro, che sia interno o esterno all’azienda, che decidiate di cedere lo scettro o di vendere», ha specificato l’esperto.

«La trasparenza, poi, deve essere un compito vostro, in generale e durante il passaggio generazionale: se volete che le persone siano attente e motivate è necessario essere chiari e stabilire poche regole, ma che si capiscano subito. Non tante e confuse, come vedo accadere spesso.

Il terzo caposaldo, la meritocrazia, è la possibilità di crescere all’interno dell’impresa. Basta gerarchie, è necessario sviluppare i ruoli e dare la possibilità alle persone di crescere sul piano professionale. Sono questi gli aspetti sui quali si gioca il successo dell’azienda».

Passaggio generazionale
Alberto Bubbio al XVII convegno YouTrade

Non improvvisare

Un altro aspetto importante è quello di non improvvisare o farsi trovare impreparati. In aziende il passaggio generazionale deve essere sempre pianificato per tempo, possibilmente con un anticipo di anni.

«Il principio fondamentale deve essere quello di fare sempre il bene dell’azienda, il che significa garantirne la continuità nel tempo.

Bisogna anche basarsi sulle competenze dell’individuo, che possono essere tecniche e specifiche di settore e poi, quelle manageriali, che sono differenti. Le prime ci sono, le seconde, non è detto.

L’ultima caratteristica, forse la più importante per un amministratore delegato, è la capacità di saper concettualizzare, che deriva ovviamente dal saper ascoltare.

Un consiglio che viene dal cuore? Bisogna buttare via le strutture organizzative e distribuire bene le responsabilità», ha concluso Bubbio.

di Alice Fugazza

Congiuntura edilizia: post superbonus, una nuova era per le costruzioni

Superbonus

Nel post superbonus c’è un rallentamento del mercato, ma non un crollo. Il settore, però, non deve contare solo sulle spinte del Pnrr e della direttiva europea Case green. L’obiettivo è consolidarsi sia in termini patrimoniali sia operativi.

C’è un vecchio concept album di Fabrizio De Andrè intitolato Non al denaro, né all’amore, né al cielo nel quale ha messo in musica e cantato, come lui sapeva fare, alcune poetiche tratte dall’Antologia di Spoon River, celebre libro nel quale Edgar Lee Masters ha narrato una città partendo dalle epigrafi dei suoi abitanti.

Potrebbe essere un esercizio interessante, in un futuro remoto, narrare un settore, come quello delle costruzioni e in particolare della distribuzione di materiali edili, raccontandolo partendo da chi erano le imprese che lo costituivano e da quali sono state le loro storie.

Perché oggi, parafrasando il titolo dell’album di De Andrè, più che al mercato, più che al sistema di incentivi, ovvero più che ai fattori esterni all’impresa e che costituiscono i vettori dello sviluppo del settore, le imprese per consolidare le loro capacità, sia in termini operativi, che patrimoniali ed economico-finanziari, devono guardare dentro a loro stesse, prima che al mercato e agli aiuti di Stato.

Dopo l’abbuffata superbonus

Che il mercato, dopo l’abbuffata legata al superbonus, avrebbe inesorabilmente intrapreso una fase di rallentamento e flessione è un dato assodato e incontrovertibile, oltre che ampiamente annunciato.

Ma il miglioramento di alcuni indicatori macroeconomici mette il settore delle costruzioni di fronte a scelte strategiche che non devono necessariamente fare i conti con scenari di grandi flessioni, di debacle o finanche di paventate crisi, come previsto da alcuni dei principali osservatori di mercato.

Ma la riflessione deve essere molto più ampia e deve riguardare non solo come va il mercato, ma deve rispondere alla domanda «come vado io di fronte a un mercato che cambia», ovvero con quale struttura, quale organizzazione, quale strategia, quale dimensione.

Con l’inflazione sotto controllo, con gli indicatori di fiducia che in Italia, a differenza degli altri Paesi europei, rimangono positivi, con una produzione che quest’anno si assesta a +37 punti percentuali rispetto alla media del mercato del 2021, anno già molto buono per il settore, con un Pil in pur debole crescita, con l’occupazione ancora in crescita, gli scenari in realtà non sono poi così negativi.

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Calo contenuto

Siamo di fronte a un rallentamento post superbonus che riporta la nostra economia, e in particolare quella delle costruzioni, alle vecchie logiche di un tempo, quelle che io chiamo da tanti anni «economia del prefisso telefonico», con dinamiche sempre intorno allo zero per cento.

L’economia nazionale quest’anno, se tutto va bene, crescerà a +0,7%, gli investimenti fissi lordi erano annunciati in crescita a +1,3%, ma nei primi sei mesi dell’anno sono cresciuti in realtà del +4,0%, secondo i dati Istat.

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Gli investimenti in costruzioni, annunciati in calo variabile dal 6% al 9%, secondo i vari enti e istituti, sempre secondo i dati Istat nei primi sei mesi dell’anno sono cresciuti del 7,7%.

Certo, fino a marzo hanno potuto beneficiare della coda lunga e consistente del superbonus, ma è anche vero che proprio quest’anno il Pnrr ha iniziato a far sentire il suo peso nel mercato.

Non dimentichiamo che siamo solo al 26% di spesa complessiva e che un terzo dei fondi del Pnrr è destinato a interventi nell’edilizia e nelle costruzioni.

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Le dinamiche

La stessa Ance ha certificato che nei primi sei mesi del 2024 gli investimenti in costruzioni, rispetto ai primi sei mesi del 2023, sono stati in crescita del 7,3% (al lordo dei costi per trasferimento dei diritti di proprietà), che la produzione nelle costruzioni tra gennaio e maggio è cresciuta dell’8,4%, che le ore lavorate, secondo i dati Cnce, sono aumentate del 3,9% e che i lavoratori iscritti alle casse edili sono incrementati del 5,5%.

Dove sia la crisi o il rallentamento è tutto da capire. Certamente questi dati confermano che il livello produttivo nella nuova costruzione si dimostra più elevato di quello del recente passato, che la propensione alla spesa per ristrutturazioni, anche in ragione della dinamica delle compravendite, se supportato da incentivi adeguati (il 50% è un buon valore in questo senso) è stabile, e che sono in crescita gli investimenti legati al Pnrr.

In base a questi elementi si può affermare che per i prossimi due anni il settore potrà contare in generale su un livello di galleggiamento che garantirà un atterraggio morbido rispetto ai picchi di crescita degli ultimi quattro anni, e comunque condizioni di stabilità.

Come peraltro evidenziano le proiezioni e le stime dell’Ufficio studi di Unicmi, che prevede per il 2024 una leggerissima contrazione, nell’ordine di -0,4% e per il 2025 un leggero incremento, nell’ordine di +0,5%.

Galleggiamento post superbonus

Al di là delle dinamiche previste, comunque esemplificative di quella economia da prefisso telefonico di cui si diceva in precedenza, il punto nodale sul quale convergere al fine di identificare gli elementi di forza sui quali basare le proprie strategie non possono essere ricercati in fattori esterni all’impresa.

Se il mercato non decolla, ma consolida sui valori, come si può crescere? Dobbiamo prendere la crescita zero come riferimento per i nostri esercizi di strategia.

Se il mercato non cresce è l’impresa che deve crescere non aspettando traini esterni, perché se il mercato aumenta tutte le imprese sono messe in condizioni di migliorare, così come se ci sono elementi straordinari che introducono fattori extra mercato, come è stato per il superbonus, tutte le imprese possono approfittarne.

Ma se il mercato non cresce e vengono meno gli aiutini o aiutoni di Stato, ecco che la crescita diventa una sfida vera per l’impresa, che la deve impegnare a capire quali sono i suoi punti di forza, da giocarsi nella competizione, ma anche e soprattutto quali sono i suoi punti deboli, da analizzare a fondo, per trovare le modalità di risolverli in nuovi punti di forza.

 

I grandi volano

In questo senso la lettura dei bilanci delle aziende di distribuzione edile fornisce un punto di partenza e un valido aiuto per analizzare quali sono oggi gli elementi sui quali poter costruire strategie di crescita in un mercato che non cresce.

L’analisi di 672 bilanci, comprensivi delle migliori cento aziende del settore, rappresenta un campione assolutamente rilevante, pari a un giro d’affari di 5,6 miliardi di euro nel 2023, dei quali 3,4 miliardi relativi alle prime cento aziende.

Le dinamiche rilevate evidenziano come le aziende top di settore, per dimensioni, siano anche quelle che hanno realizzato le migliori performance nel corso del 2023.

Basti citare la crescita del 2,7% del fatturato contro una crescita media dello 0,4%, mostrando utili e indicatori finanziari sempre migliori di quelli della media generale.

Sono alcuni anni ormai che si evidenzia come la dimensione aziendale oggi sia uno dei primi asset sui quali costruire la propria competitività al fine di ottimizzare anche la redditività.

Ma l’analisi più approfondita dei dati di bilancio fa anche emergere un elemento non secondario, quando i numeri ci mostrano che forse il 2023 sarà ricordato in futuro come l’anno della selezione.

Chi fa più utili

Infatti, in un anno che dal punto di vista del mercato ha di fatto incrementato di poco i livelli produttivi e di vendita del precedente, toccando comunque un massimo storico per il settore, ecco che l’analisi delle dinamiche per classi dimensionali di impresa mostra come nella distribuzione edile chi ha fatturati sopra i 50 milioni di euro è riuscito a crescere con dinamiche più doppie quando non triple rispetto alla media della top 100, mentre le altre classi mostrano andamenti meno consistenti.

Ma dove emerge la forza della dimensione aziendale è nella capacità di produrre utili, che in percentuale sul fatturato pesano per il 7,0% nelle aziende con oltre 100 milioni di euro, per scendere gradualmente al 6,1% in quelle con meno di 15 milioni di euro.Altro elemento che sottolinea la forza della dimensione aziendale come fattore competitivo è la disponibilità di pronta cassa, ovvero del rapporto tra cash flow e fatturato, che raggiunge la soglia dell’8,9% per le aziende di maggiori dimensioni per scendere al 7,6% in quelle di minore dimensione.

Miglioramenti

Un ulteriore dato positivo, da tenere sotto controllo, è che complessivamente le aziende di distribuzione di materiali edili nell’arco di quattro anni sono riuscite a ridurre l’esposizione finanziaria, in particolare quella legata al ciclo commerciale, ovvero alla differenza del numero di giorni che intercorre tra la data di pagamento al fornitore e quella di incasso dal cliente.

Le aziende della top 100 sono passate dai 109 giorni medi del 2020 agli 86 del 2022 e ai 90 del 2023. La riduzione è sensibile ed esprime il tentativo di fare un po’ meno da banca ai propri clienti.

Tuttavia, i margini per migliorare ci sono, soprattutto se incrociamo questi dati con quelli relativi alla copertura degli oneri finanziari, ovvero al rapporto tra cash flow netto disponibile e oneri finanziari.

In questo caso l’indicatore era migliorato fino al 2022, salendo dal 2,6% del 2019 al 6,6% del 2022, ma nel 2023 è di nuovo sceso al 3,5%. Un segnale che non è ancora un red alert, ma che non va sottovalutato.

Vacche magre

La riflessione che possiamo fare è se le nostre aziende in questi anni di vacche grasse hanno messo su muscoli oppure si sono gonfiate mettendo su pancia.

Il tema non è secondario, anzi cruciale, perché paradossalmente in un’economia forte bisogna lavorare sui punti deboli.

Se è il mercato che ha fatto crescere le nostre aziende e non siamo stati noi a essere cresciuti per le nostre capacità, il rischio è che saremo sempre dipendenti da ciò che accade fuori dalla nostra realtà imprenditoriale e la crescita del mercato invece di allenarci e farci mettere su muscoli ci ingrasserà e basta.

Dunque, crescere non basta, bisogna avere una strategia e non adattarsi al mercato sfruttando il refrain di una vecchia e ben nota canzone che recitava «fin che la barca va…».

Dobbiamo porci delle domande importanti, apparentemente semplici, ma strategiche in questo momento: conosciamo il mercato? Conosciamo noi stessi? Conosciamo i nostri competitor? E soprattutto, come affrontiamo il mercato?

Offensiva Gdo

Un esempio. La forte crescita e concorrenzialità della Gdo nel settore della distribuzione edile è sempre più tangibile.

Il cambio di insegna da Bricoman a Tecnomat, che sottintende il passaggio da un mercato consumer-oriented a uno prosumer-oriented, e l’apertura del secondo Centro Edile di Leroy Merlin a Venezia-Marghera, dopo quello di Corsico, avvenuta il 2 ottobre con la creazione di uno spazio di oltre 1.700 metri quadrati dedicato al mondo dell’edilizia, evidenzia l’orientamento della Gdo verso il mondo delle imprese professionali.

E ricordiamo che le due insegne, Tecnomat e Leroy Merlin, in Italia nel 2023 hanno fatturato 3,5 miliardi di euro. Tanto quanto la top 100, anche se non nello stesso identico settore. Ma loro sono due e la top 100, appunto, è fatta da cento aziende.

Quale forza hanno queste due insegne quando nel solo 2023 hanno prodotto assieme utili per oltre 113 milioni di euro?

Modello di business

Queste dinamiche, associate a una riduzione fisiologica della crescita del mercato, devono farci riflettere non solo su dove andrà il settore della distribuzione edile e dove andranno le sue aziende, ma soprattutto come decideranno di agire e in particolar modo con chi.

Perché è del tutto evidente che da soli non si va da nessuna parte e adesso più che mai è il momento di mettersi assieme o di mettere assieme.

Gruppi e consorzi da un lato e multipoint da un altro sono i soggetti che oggi, attraverso specifiche azioni sul territorio e con opportune politiche di crescita dimensionale, possono costruire l’ossatura di modelli di business dove l’improvvisazione non può trovare spazio, ma dove vincono la competitività, la conoscenza dei mercati e soprattutto l’efficienza operativa e l’efficacia commerciale.

Addio aiutini

Per il futuro non cerchiamo le soluzioni ai nostri problemi negli aiutini di Stato, siano essi incentivi, detrazioni fiscali e quant’altro.

Quelli ci saranno comunque, in un regime meno eclatante di quello vissuto in questi quattro anni, ma non sono loro e non saranno loro a risolvere i nostri problemi.

Dobbiamo rimboccarci le maniche e affrontare il mercato partendo da noi stessi, dalle nostre aziende, dal nostro patrimonio materiale e soprattutto dal nostro personale, vero asse strategico per la nostra crescita.

Analizziamo e, se necessario, riorganizziamo i processi, ottimizziamo le performance, perché il nostro successo nel futuro non lo decreterà il mercato, ma lo sceglieremo noi, con le nostre scelte, le nostre strategie e le nostre azioni.

Diceva William Thomson Kelvin, lo scienziato che stabilì la temperatura assoluta, «se non puoi misurare non puoi migliorare».

Misuriamoci, ma non solo rispetto alla nostra concorrenza, misuriamoci al nostro interno. Perché è lì il vero motore della crescita e del successo.

di Federico Della Puppa

Giuliano Noci: la quiete prima della tempesta, tra digitalizzazione e intelligenza artificiale

digitalizzazione edile

«Stiamo vivendo la quiete prima della tempesta». Così Giuliano Noci, prorettore del Politecnico di Milano, ha aperto il suo intervento al XVII Convegno YouTrade, in cui ha fatto il punto su strategie per il futuro della distribuzione edile, tra digitalizzazione e intelligenza artificiale.

«Siamo in una fase di galleggiamento, condizione che ci dà due anni per evitare di annegare. E rischiamo di annegare perché le trasformazioni che dobbiamo portare avanti sono troppo importanti.

Non è più il momento in cui si gioca la partita sui volumi di acquisto e di vendita. La partita si gioca sulla qualità del servizio e nella capacità di interfacciarsi col cliente, andando oltre il prodotto», ha sottolineato il professore.

La relazione con il cliente

Ma che cosa serve per andare oltre al prodotto?

«Una chiara visione del processo d’acquisto del proprio target di mercato. La mia sensazione è che sarà difficile avere una proposta general purpose, valida per tutti», ha spiegato Noci.

In più, è necessario selezionare il tipo di offerta: si può optare per una «fortissima specializzazione in uno specifico settore, ma questo comporta un’espansione territoriale.

Oppure, si può decidere di allargare lo spettro di offerta. Tutti gli operatori del mercato si stanno domandando dove allargarsi, tutti tendono a fare tutto perché ciò che conta è la relazione col cliente. Non è più il prodotto che fa la differenza, ma la capacità di tenersi stretto il cliente».

In tutto questo la tecnologia gioca un ruolo chiave. «Sia che abbia un portafoglio stretto di offerta, sia che abbia un portafoglio più largo, la tecnologia entra ovunque. Chi viene in negozio non ha bisogno solo del prodotto, ma di essere supportato in fase d’uso del prodotto».

Giuliano Noci Prorettore del Politecnico di Milano
Giuliano Noci | Prorettore del Politecnico di Milano

Elementi di servizio

Le tecnologie digitali a supporto delle costruzioni sono moltissime.

«Gemelli digitali degli edifici e dei cantieri, simulazioni, utilizzo dell’intelligenza artificiale per supportare la parte di progettazione», elenca il professore.

«Il digitale offre anche ai rivenditori gli elementi di servizio che ai clienti servono e i clienti chiedono. In questo modo l’ecosistema digitale diventa una componente del prodotto che mette al centro il cliente per consolidarne la relazione e portare poi a una crescita di redditività».

E qui arriva la prima nota dolente: «Sono preoccupato. In qualsiasi contesto italiano manca consapevolezza del ruolo che le tecnologie digitali giocano a supporto dei processi di relazione col mercato. Dobbiamo abituarci a concepire l’oggetto casa, l’edificio e il processo costruttivo come qualcosa che cambia in relazione alla disponibilità delle tecnologie digitali».

In questo contesto i distributori di materiali edili giocano un ruolo potenzialmente importante a supporto di questa trasformazione.

In un mercato in cui la tecnologia diventa sempre più un elemento cruciale per definire qualsiasi strategia, diventa fondamentale un upgrade di competenze.

«Il tema delle risorse umane è probabilmente il più grande vincolo alla crescita futura, oltre al tema gigantesco di attrazione dei più giovani. Combinando le tecnologie con la qualità delle persone sarà davvero possibile fare la differenza», ha affermato Noci.

Italia indietro

La discussione sulla tecnologia non poteva non includere un excursus sull’intelligenza artificiale il cui dibattito in Italia, secondo il professore, è appiattito sulla dimensione etica e le conseguenze per il lavoro umano.

«L’Italia sull’intelligenza artificiale mette 500 milioni di euro, la Francia 30 miliardi, l’Europa investe il 2% rispetto a quello che investono gli Stati Uniti. Gli altri Paesi stanno investendo moltissimo perché hanno capito che l’intelligenza artificiale non sostituirà l’uomo, ma aiuterà l’uomo cambiando in parte il lavoro.

Il vero tema, quindi, diventa: cosa fare e come cambiare per incorporare l’intelligenza artificiale nelle aziende?», si è domandato Noci.

«Per usare l’intelligenza artificiale serve una materia prima di cui le aziende scarseggiano: i dati. Macinando dati, i sistemi di tecnologie digitali aiutano moltissimo a personalizzare e gestire al meglio la relazione con i clienti», ha sottolineato il professore nel suo intervento.

«I rivenditori devono vivere questo momento di galleggiamento in maniera vigile costruendo una strategia, consapevoli che per stare sul mercato vanno cambiate alcune componenti della ricetta.

In questa ricetta la scelta del target di mercato è fondamentale. In più altri due ingredienti sono centrali: la tecnologia e la componente umana. Queste sono le fondamenta dei futuri centri di distribuzione», ha concluso Noci, esortando i rivenditori a non vedersi più come centri distribuzione ma come «centri di abilitazione alla costruzione» per avere successo.

di Veronica Monaco

Sfida tra i giganti della distribuzione al convegno edile YouTrade

Convegno edile

Aggregazioni e prospettive del settore al centro del talk show sulla distribuzione in Italia organizzato durante il XVII Convegno di YouTrade.

Il panorama è complesso e mutevole e sul palco del convegno si sono trovati a discuterne Enrico Adinolfi, direttore generale Consorzio Dec, Gianluca Bellini, direttore generale del Gruppo Made, Matteo Camillini, direttore di BigMat Italia, Federico Nessi, amministratore delegato di Eternoo, Marco Orsolini, direzione commerciale di Orsolini, Gianluca Zanutta, amministratore delegato di Zanutta, Raffaele Cerrone, titolare di Edilegno, Claudio Eustacchi, Ceo di Edilcasa Caccamo e Claudio Orazi, titolare di Foredil.

Matteo Camillini, BigMat Italia

Imprese diverse, ognuna con un suo modello di business. In che cosa ognuno si differenzia dagli altri? Camillini non ha esitato: «Il Gruppo BigMat è un consorzio: tutti sono soci allo stesso livello. In Italia i numeri sono importanti, contiamo 160 iscrizioni, 150 punti vendita e il fatturato aggregato di vendita dello scorso anno è di 1 miliardo di euro.

A livello europeo, poiché il gruppo è presente anche all’estero, raccogliamo oltre un migliaio di punti vendita per 3 miliardi e mezzo di fatturato.

BigMat è un progetto imprenditoriale, ed è questa la ragione di interesse di chi si avvicina a noi: offriamo un servizio per la crescita dell’azienda e della cultura.

Il nostro marchio, inoltre, è un brand che esiste da oltre 45 anni, significativo a livello europeo e nazionale.

Nel nostro Gruppo un imprenditore può osservare i processi, anticipare le evoluzioni, avere un punto di riferimento fisso. Può essere indipendente, ma anche interdipendente, trova risposte adeguate alle esigenze, sempre in sinergia con la nostra centrale».

Convegno edile
Matteo Camillini | Direttore di BigMat Italia

Gianluca Bellini, Gruppo Made

Secondo Bellini, invece, l’italianità è un aspetto fondamentale, che caratterizza il Gruppo Made: «Siamo presenti in 18 regioni, con un fatturato che supera i 700 milioni. Oggi contiamo 220 punti vendita con 178 ragioni sociali aggregate. Da poco abbiamo conquistato anche la Sicilia, con le adesioni di 20 imprenditori della distribuzione.

Questa è la forza dell’aggregazione. È ovvio che siamo differenti da BigMat: loro sono un consorzio, noi una spa. Siamo una società che offre servizi a un network di imprenditori e investiamo in diversi campi.

Con i nostri servizi creiamo opportunità di business per chi vive questa avventura assieme a noi, diffondiamo una cultura d’impresa di qualità, alziamo le probabilità di vendita e in più ci siamo dotati di due aree strategiche quali una divisione logistica efficiente e il progetto Made Distribuzione.

La prima offre quattro piattaforme per servizi di stoccaggio per la distribuzione edile. Il progetto Made, nato nel 2018, è utile per non perdere quelle imprese che rischiavano di non avere un futuro, acquisendole direttamente. Una mission non facile, poiché vede il coinvolgimento del network degli imprenditori».

Convegno edile
Gianluca Bellini | Direttore generale di Gruppo Made

Enrico Adinolfi, Dec

«Dec esiste da 20 anni, conta 227 soci, 260 punti vendita e un fatturato di 750 milioni di euro», ha esordito Adinolfi

«Siamo diversi da BigMat e Made. Ci occupiamo meno di servizi, il nostro obiettivo è quello di aiutare i nostri associati nelle pratiche di ogni giorno.

Siamo più locali e principalmente interessati ad accrescere il prestigio del marchio e la cultura dei singoli soci, con un ottimo rapporto qualità prezzo. Siamo il gruppo che ha maggiori accordi commerciali, non solo quindi servizi, ma contatti e soprattutto contratti».

Convegno edile
Enrico Adinolfi | Direttore generale consorzio Dec

Claudio Orazi, Foredil

Claudio Orazi di Foredil ha costruito la sua impresa basandosi sul principio «vendere e incassare», come ha spiegato alla platea del convegno. 

«La nostra azienda, che ha base a Roma, è giovane. Abbiamo aperto il magazzino nel 2018 e avevamo bisogno di soldi, per questo con il superbonus abbiamo colto l’occasione e ci siamo ampliati, vendendo e incassando, appunto, a ripetizione.

Da 3 milioni di fatturato siamo passati a 9, poi a 27 e, nell’ultimo anno siamo saliti a 67 milioni.

Previsioni per il futuro? Ho programmato le aperture di tre punti vendita a Roma, ma siamo consci che la parte difficile arriva adesso, poiché dobbiamo assolutamente strutturarci: dal gestionale alle persone».

Claudio Orazi
Claudio Orazi | Titolare Foredil

Federico Nessi, Eternoo

Federico Nessi per i numeri ha una grande attenzione: «Persone, formazione e numeri. Questo è il nostro motto.

Recentemente abbiamo cambiato nome al brand, da Eternedile a Eternoo, che ha maggiore impatto e rimanda all’eternità del bene edile.

Il nostro è un sistema valoriale forte, di famiglia, che spiega come la nostra realtà abbia radici profonde e di interconnessione.

Questo è quello che permette l’andamento funzionale dell’azienda, assieme all’attenta formazione del nostro personale, che è composto anche da imprenditori e manager, e un’attenzione ossessiva ai numeri».

Convegno edile
Federico Nessi | Amministratore delegato di Eternoo

Marco Orsolini, Orsolini

La centralità del ruolo dei collaboratori è emersa anche dalle parole di Orsolini, secondo il quale il buon andamento dell’azienda dipende quasi esclusivamente dalle persone che ci lavorano: «Siamo attivi da 144 anni e alla quinta generazione: la nostra storia si basa su tradizione e valori, pur adattandoci ai repentini cambiamenti di mercato.

Con noi lavorano 500 persone e l’attenzione per i dipendenti è il nostro focus: con loro studiamo strategie e pianifichiamo, li formiamo e li supportiamo, selezionandoli in base al talento, all’entusiasmo e alla disciplina. Credo che i momenti difficili si possano attraversare solo con un team preparato».

Marco Orsolini di Orsolini
Marco Orsolini di Orsolini

Gianluca Zanutta, Zanutta

Un’altra grande realtà è quella del gruppo Zanutta. «Siamo presenti da Trieste a Torino, con 52 filiali, mille dipendenti e 300 milioni di fatturato. Il mercato è nuovamente mutato e la preoccupazione sta nell’interpretare meglio il domani: più si è veloci, meglio ci si adatta», ha sottolineato Gianluca Zanutta.

«Oggi le aziende devono cambiare in maniera strutturale e le sfide da vincere sono due: comprendere le nuove esigenze del cliente ed essere sempre più specifici.

Per questo penso sia importante investire sul personale ed elevare le competenze delle risorse umane in maniera da fornire una risposta immediata.

Il superbonus ce lo siamo ormai lasciati alle spalle, l’ho sempre valutato come un plus, non come la normalità. È necessario trovare un nuovo equilibrio e creare valore, per il qui ed ora».

Zanutta ha anche acceso un faro sul ruolo dei produttori, criticando la strategia di bypassare il canale della distribuzione.

Gianluca Zanutta Amministratore delegato di Zanutta
Gianluca Zanutta | Amministratore delegato di Zanutta

Raffaele Cerrone, Edilegno

Per Cerrone, rivenditore (ma non solo) di Salerno e titolare di Edilegno, la chiave è la multi specializzazione in diversi settori, poiché al Sud la realtà è ben diversa dal Nord.

«In Campania, a Salerno, non esistono multipoint per un mero fattore culturale e ambientale. Per questo, ho deciso di investire in diversi settori: ho aperto un’agenzia per il lavoro, due aziende di costruzione edile e una di distribuzione.

Con tante attività riusciamo a gestire il business, ma con pochi rivenditori solidi. Aggregarsi? Difficile».

Raffaele Cerrone Titolare di Edilegno
Raffaele Cerrone | Titolare di Edilegno

Claudio Eustacchi, Edilcasa Caccamo

Un modello di business diverso, in una realtà differente, è quello raccontato da Eustacchi di Edilcasa Caccamo: «La nostra realtà esiste da 61 anni ed è a gestione familiare, operiamo da sempre nel maceratese.

Professionalità e serietà con collaboratori e dipendenti sono i nostri tratti distintivi, il nostro orgoglio è aver conquistato negli anni uno zoccolo duro di clienti che ci supportano e ci accompagnano.

Come facciamo la differenza? Mettendoci sempre a disposizione con un personale formato, capace e all’altezza», ha spiegato.

Claudio Eustacchi Ceo di Edilcasa Caccamo
Claudio Eustacchi | Ceo di Edilcasa Caccamo

Hartmut Goldboom, Hagebau

I rivenditori italiani hanno poi dialogato con Hartmut Goldboom, direttore sviluppo aziendale del distributore tedesco Hagebau.

Come vede la Germania il mondo della distribuzione in Italia è stata una delle tante domande poste all’ospite giunto da Amburgo. 

«Oggi il focus deve essere il cliente, i processi devono essere a misura di cliente, è necessario essere allineati.

Il fai-da-te è un grande business, la superficie d’attacco, ma i rivenditori devono essere specializzati: è meglio progettare il processo e conoscere la materia», ha risposto il manager.

Hartmut Goldboom
Hartmut Goldboom | Direttore sviluppo aziendale Hagebau

Il dibattito

Camillini ha poi chiesto come Hagebau sta trattando il tema del passaggio generazionale dei vari associati.

«Cerchiamo sempre di essere proattivi, accompagnare l’imprenditore nel processo, mantenere l’azienda in famiglia, instaurando un dialogo costante tra le due generazioni», ha risposto Goldboom.

Nessi, invece, ha domandato delucidazioni sulla spinosa gestione del credito: se il cliente non paga la ricevuta bancaria, consegnate lo stesso la merce? Dopo i preventivi il cliente ha la possibilità di rendere il materiale e pagare anticipatamente? E quant’è la quota della produzione verso il cliente diretto e, invece, quanto passa attraverso la distribuzione?

Secondo il manager di Hagebau, «in Germania non esistono accordi standardizzati sui termini di pagamento: in media ci aggiriamo attorno ai 28-30 giorni e questo è anche il termine di pagamento che trasmettiamo ai nostri azionisti.

Sappiamo, però, che oggi molti rivenditori specializzati hanno un’assicurazione sul credito per i loro appaltatori.

Il concessionario è molto interessato a instaurare un dialogo diretto con il suo cliente e coprire il limite di credito fornito dalla compagnia assicurativa con prodotti e gamme che hanno un elevato valore economico.

Sono pochissimi i rivenditori che garantiscono un elevato valore aggiunto per il rivenditore specializzato, cioè per i prodotti che hanno un margine molto basso, si tratta per lo più di prodotti come gli aggregati, la sabbia di cemento, i mattoni.

Questi non sono così redditizi come i materiali isolanti, il cartongesso, l’alta impermeabilizzazione, i prodotti per piastrelle, i prodotti ceramici, gli additivi adesivi».

L’aspetto finanziario è stato ribadito dall’ospite straniero: «La questione assicurativa è un aspetto che dipende molto dal cantiere.

Quindi sono pochissimi i rivenditori che lavorano senza assicurazione, perciò il rischio di insolvenza di un’azienda specializzata non è molto elevato. 

Non voglio escluderlo, ma non credo che avremo a che fare con più insolvenze nei prossimi anni.

La crisi del credito è stata affrontata ancora una volta ed è stata una spinta per noi del settore, perché molti investitori non hanno più puntato sulle azioni, ma si sono diretti sul mercato immobiliare».

Anche Orsolini ha interrogato Goldboom: la logistica per Hagebau come funziona? «Il magazzino centrale fornisce soltanto i nostri associati e i nostri operatori, l’assortimento in magazzino è per il fai-da-te.

C’è sempre un dialogo continuo in merito alle richieste e ci muoviamo in base a quelle. Il dialogo, per i prodotti stoccati e consegnati e le rimanenze, è continuo e compare a monitor. Molto ruota attorno al fatturato».

Zanutta, invece, è stato curioso di capire come sono viste le rivendite italiane fuori dai confini nazionali.

«Personalmente non avevo nessuna idea, poche impressioni, ma questo dialogo mi ha entusiasmato», ha risposto il manager tedesco.

«Possiamo imparare molto gli uni dagli altri, anche se alla fine chi decide è il cliente e i prodotti sono interscambiabili.

Il capitale, comunque, gioca un ruolo importante. Ritengo sia importante riflettere sulle modalità di trasporto su come fare arrivare il prodotto in cantiere e capire come far sviluppare il prodotto del nostro servizio, capire come creare vantaggio maggiore se forniamo i materiali portandoli alla base.

Serve molta comunicazione, la definizione di un prezzo dipende dai servizi affinati, con uno scambio di idee approfondite tra noi e il cliente».

di Alice Fugazza