La cultura, un business da 265 miliardi

Non è vero che con la cultura non si mangia, sostiene il rapporto 2019 Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi, arrivato alla IX edizione, elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere, con la collaborazione e il sostegno della Regione Marche. Il titolo del rapporto svela già la tesi contenuta: la cultura è uno dei motori trainanti dell’economia italiana. Un sistema composto da imprese, pubblica amministrazione e non profit, che genera quasi 96 miliardi di euro e attiva altri settori dell’economia, arrivando a muovere, nell’insieme, 265,4 miliardi, equivalenti al 16,9% del valore aggiunto nazionale. 

La cultura, sostiene sempre il rapporto, dà lavoro a 1,55 milioni di persone, che rappresentano il 6,1% del totale degli occupati in Italia. Nel complesso, quello produttivo culturale e creativo è un sistema con il segno più: nel 2018 è cresciuto il valore aggiunto del 2,9% (a prezzi correnti) rispetto all’anno precedente, in crescita dell’1,5%, superiore a quella del complesso dell’economia (+0,9%).

“Cultura, creatività e bellezza sono la chiave di volta di molti settori produttivi di un’Italia che fa l’Italia e consolidano la missione del nostro Paese orientata alla qualità e all’innovazione: un soft power che attraversa prodotti e territori e rappresenta un prezioso biglietto da visita. Un’infrastruttura necessaria anche per affrontare le sfide che abbiamo davanti a cominciare dalla crisi climatica. Se l’Italia produce valore e lavoro puntando sulla cultura e sulla bellezza, aiuta il futuro e favorisce un’economia più a misura d’uomo e, anche per questo, più competitiva”, commenta Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola.

“L’Italia vanta la quota più elevata di imprese dei settori culturali in Europa, precedendo Francia, Germania, Spagna e Regno Unito”, sottolinea il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli. “Questo primato si deve a un rapporto molto fecondo nel nostro Paese tra cultura e attività di impresa: la cultura si fa impresa e l’impresa fa cultura. Basti pensare a quanto i settori del made in Italy, che sono leader nel mondo, traggano alimento dal nostro grande patrimonio culturale. Inoltre, proprio le imprese del sistema produttivo culturale e creativo hanno performance migliori rispetto alle altre in termini di occupazione e valore aggiunto. Questi risultati si devono anche all’adozione delle tecnologie 4.0, che riguarda circa il 70% delle industrie creative, quota più elevata rispetto agli altri settori”.

Il rapporto analizza quello che definisce come Sistema Produttivo Culturale e Creativo, ovvero tutte quelle attività economiche che producono beni e servizi culturali, ma anche tutte quelle che non producono beni o servizi strettamente culturali, ma che utilizzano la cultura come input per accrescere il valore simbolico dei prodotti, quindi la loro competitività, che nello studio definiamo creative-driven. 

Il sistema produttivo culturale si articola in 5 macro domini: industrie creative (architettura, comunicazione, design), industrie culturali propriamente dette (cinema, editoria, videogiochi, software, musica e stampa), patrimonio storico-artistico (musei, biblioteche, archivi, siti archeologici e monumenti storici), performing arts e arti visive a cui si aggiungono le imprese creative-driven (imprese non direttamente riconducibili al settore ma che impiegano in maniera strutturale professioni culturali e creative). Dal mobile alla nautica, larga parte della capacità del made in Italy di competere nel mondo sarebbe impensabile senza il legame con il design, con le industrie culturali e creative.

I settori, i trend

Le industrie culturali producono, da sole, 35,1 miliardi di euro di valore aggiunto (il 2,2% del complessivo nazionale), dando lavoro a 500 mila persone (il 2,0% degli addetti totali). Contributo importante anche dalle industrie creative, capaci di produrre 13,8 miliardi di valore aggiunto, grazie all’impiego di quasi 267 mila addetti. Le Performing arts generano, invece, 8,2 miliardi di euro di ricchezza e 145 mila posti di lavoro; a conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico si devono 2,9 miliardi di euro di valore aggiunto e 51mila addetti. A questi quattro ambiti, che rappresentano il cuore delle attività culturali e creative, si aggiungono i rilevanti risultati delle attività creative-driven: 35,8 miliardi di euro di valore aggiunto (il 2,3% del complessivo nazionale) e più di 591 mila addetti (2,3% del totale nazionale).

Approfondendo l’analisi è interessante individuare le varie componenti che contribuiscono alla produzione di ricchezza in ciascun settore culturale. Le performance più rilevanti, all’interno delle industrie creative, appartengono al sottosettore del design (che produce 8,9 miliardi di euro di valore aggiunto insieme all’architettura; lo 0,6% del valore complessivo) e della comunicazione (4,9 miliardi di euro, lo 0,3%). Ad alimentare la ricchezza prodotta dalle industrie culturali, invece, vi sono il comparto dell’editoria e stampa (da cui deriva lo 0,9% del valore aggiunto nazionale, corrispondente a 13,7 miliardi di euro) e quello dei videogiochi e software (0,9%, pari a 13,6 miliardi di euro).

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