Case in vendita troppo care? Soluzione: riqualificare

    Due analisi puntano il dito sui freni amministrativi all’edilizia residenziale e sul prezzo delle case in vendita, salito troppo nelle città. La soluzione? Riqualificare gli immobili anche aggiungendo dei piani in più…

    città

    L’allarme lo ha lanciato tempo fa il settimanale britannico “The Economist”. Per una volta la Bibbia del liberismo mondiale ha dedicato un ampio servizio a un argomento che potrebbe piacere a Thomas Piketty, autore del libro Il capitale nel XXI secolo, considerato un punto di riferimento per l’area della sinistra liberal. Nel mirino del magazine economico sono finiti, in buona sostanza, gli impicci che frenano il settore delle costruzioni: è la difficoltà a costruire, in sostanza, la tesi che aumenta il gap tra il prezzo delle case in vendita e il costo relativo. In poche parole: con il costo più alto al metro quadro la gente ha meno possibilità di acquistare casa e il mercato langue. Per una non fortuita coincidenza, la stessa analisi è stata ripresa da uno studio di Robert Shiller, pubblicato sull'”American Economic Review“. Le due pubblicazioni affermano sempre lo stesso concetto, seppure argomentato in maniera differente: la maggiore difficoltà per gli operatori a edificare crea un divario artificiale tra il valore «materiale» dell’immobile e quello di mercato. Lo studio di Shiller, per esempio, indica che mentre negli ultimi 35 anni i costi di produzione delle abitazioni sono rimasti costanti in termini reali, il prezzo degli immobili è salito in media del 30%. Insomma, beati gli immobiliaristi, mentre i costruttori hanno visto i loro introiti calare in termini reali, e questo a prescindere dalla crisi dell’edilizia degli ultimi (quasi) dieci anni. E non è un handicap solo per le imprese: «Il problema è molto acuto in termini sociali, perché colpisce in proporzione maggiore i redditi più bassi, le nuove coppie e gli extracomunitari», hanno chiosato Marco Ponti, docente di Economia dei trasporti al Politecnico di Milano, e Andrea Boitani, professore di macroeconomia dell’Università Cattolica di Milano, che hanno commentato l’analisi.

    Effetto immobilità

    Di chi è la colpa se si costruisce meno, oltre ai freni posti dalle amministrazioni (problema non solo italiano, evidentemente)? Uno degli ostacoli è quello della mobilità. Come ha sottolineato l’Economist, c’è una stretta correlazione tra i prezzi delle case in vendita e il tempo di accesso. La diffusione del mezzo di trasporto privato, l’auto, negli anni Sessanta ha favorito lo sviluppo delle aree più esterne delle città, fattore che in quegli anni ha contribuito ad abbassare i prezzi degli alloggi. Insomma, le periferie hanno fatto da calmiere e, allo stesso tempo, hanno contribuito a sviluppare il mercato dell’edilizia. Successivamente i vincoli all’edificazione all’interno delle città hanno reso il «bene casa» molto più raro, con la conseguenza di sviluppare la rendita fondiaria nelle zone centrali e scoraggiare la riqualificazione degli edifici. Un fenomeno che coinvolge tutto il mondo: il settimanale britannico nella sua analisi ha preso in considerazione la Silicon Valley, ma anche Milano, Parigi e Bangalore.

    Case in vendita: rendite e vincoli

    A supportare questa tesi, secondo Ponti e Boitani, ci sono anche «le analisi comparative di Wendell Cox, basate sul numero di annualità di reddito medio necessari per l’acquisto di una abitazione standard: anche in queste emerge una stretta correlazione tra la costosità relativa al reddito della casa ed i livelli di vincolo all’edificazione». Questi lacciuoli dettati dalla burocrazia amministrativa o dalle politiche dei diversi Stati, sono nel mirino anche di un altro economista, anzi «econostar» vista la fama, Paul Krugman. Anche lui considera le pastoie gestionali all’origine dell’alto prezzo delle case in vendita in alcune città: in particolare negli Usa, ma il discorso vale anche per l’Europa. Il risultato è che pochi lavoratori possono vivere in città e sono costretti a spostarsi lontano dove costa meno. Si forma così una sorta di società di serie B, dove tutto costa meno, ma si guadagna anche in proporzione. Per la cronaca, se volete acquistare una casa e spendere poco rispetto al reddito medio vi conviene andare a Kansas City, dove infatti i vincoli di costruzione sono pressoché nulli. L’Italia si colloca invece, insieme a tutta l’Europa, su valori medio-alti.

    Riqualificare per ripartire

    Non va dimenticato, in ogni caso, che in Italia il valore del suolo non è uguale a quello della pianura del Mid West. Il valore paesaggistico di molte parti del territorio italiano è un bene in qualche caso riconosciuto come patrimonio dell’umanità e, non da ultimo, una risorsa per un’altra industria, quella del turismo. Come fare? Rispunta, nell’analisi dell’Economist , la ricetta di Le Corbusier: edifici grandi, alti, riducono il consumo di suolo e possono servire molti più utenti. Si tratta insomma di ridurre i vincoli all’edificabilità, ma in modo selettivo, favorendo la costruzione di edifici a più piani. E questo potrebbe anche incoraggiare la demolizione degli edifici vecchi oltre che la riqualificazione di quelli su cui si possono aggiungere nuovi piani in altezza. In questo modo si potrebbe contenere il consumo di suolo e allo stesso tempo ripartire la rendita fondiaria su un maggiore volume di costruito, con la conseguente riduzione del prezzo al metro quadro. La bibbia del liberismo, per la verità, propone anche una soluzione che certo non piacerà a molti: le tasse. In particolare, secondo il settimanale britannico bisogna tassare in proporzione di più l’edificato non utilizzato e l’edificabile non edificato, con l’obiettivo di aumentare l’offerta costringendo i proprietari a vendere a un prezzo più accettabile dal mercato. Ma questa strada, più impopolare, difficilmente potrebbe essere imboccata in Italia.

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