Ogni anno in Italia si verificano circa 1.000-1.500 nuovi casi di contaminazione ambientale, di questi 700-1.200 sono causati da imprese. Circa 500-900 sono quindi i casi dovuti a imprese regolari, escludendo reati ambientali e condotte criminali. Eppure il numero totale dei siti potenzialmente contaminati è molto più alto: 41 mila sono i siti potenzialmente contaminati, 12 mila sono quelli già classificati come contaminati e 42 sono i Siti di Interesse Nazionale (Sin) che richiedono interventi complessi. Visto che meno dell’1% delle imprese è dotato di una copertura per i danni all’ambiente, mediamente nel 99% di questi casi non è presente una polizza a copertura delle spese di bonifica e ripristino dei danni. L’opportunità più decisiva resta comunque la sottoscrizione di una polizza assicurativa, che oggi ha solo lo 0,64% delle imprese italiane, secondo Roberto Ferrari, responsabile sinistri di Pool Ambiente.
Le aziende coinvolte in incidenti ambientali si trovano quindi ad affrontare ingenti spese, che possono arrivare anche a diversi milioni di euro e che in genere non sono state previste a budget. Un esborso imprevisto che può mettere in difficoltà la liquidità dell’azienda e minarne la solidità. È acclarato inoltre che il fallimento dell’impresa ha pesanti ricadute sui posti di lavoro e sul tessuto economico e sociale del territorio, oltre che sulla spesa pubblica, dal momento che in tutti questi casi gli interventi necessari di ripristino e bonifica sono finanziati dallo Stato.
Secondo la società assicuratrice tra il 5% e il 10% delle aziende fallite in settori industriali e ambientali potrebbero aver avuto la bonifica come fattore determinante. Dal 2006 al 2023 sono fallite oltre 200 mila imprese italiane in tutti i settori, tra cui, industria chimica e metallurgica, costruzioni, immobiliare e gestione rifiuti. In base a questo numero si stimano tra 10 mila e 20 mila imprese fallite a causa dei costi di bonifica.