Quello dell’idrotermosanitario e dell’impiantistica è un settore che vale 42,8 miliardi di euro con 1,3 milioni di addetti tra diretti, indiretti e indotti, e un valore aggiunto sull’economia nazionale che supera i 93 miliardi di euro.
Questo il quadro del comparto dipinto da Nomisma per Angaisa in occasione dell’analisi presentata durante il XXVI Convegno Nazionale dell’associazione, che si è tenuto giovedì 4 dicembre 2025 presso l’Auditorium del Centro Congressi Stella Polare a Rho Fiera.
I numeri
L’impatto del settore idrotermosanitario e impiantistica sull’economia italiana ammonta a 93,1 miliardi di euro in termini di valore aggiunto se si includono quello indiretto e gli indotti.
Nel dettaglio, Nomisma stima 22,3 miliardi di valore aggiunto diretto, 41 miliardi generati lungo la catena del valore e 29,8 miliardi derivanti dai consumi delle famiglie coinvolte.
Le società di capitali impiegano 125.721 addetti (+6,4% rispetto all’anno precedente), con una media di 9 per azienda, ma nel suo complesso la filiera attiva quasi 1,3 milioni di addetti tra diretti, indiretti e indotti. Ciò significa che, in totale, per ogni euro prodotto dal comparto ne vengono attivati 4,2 nel sistema economico nazionale.
A livello occupazionale, l’attività di ogni lavoratore impiegato nelle imprese del settore idrotermosanitario ne attiva un totale di 5,1, considerando le filiere produttive e gli indotti.
Relativamente al gettito fiscale prodotto dalle sole società di capitali attive nel settore, nel 2024 è stato pari a 896 milioni di euro, per un totale delle imposte versate negli ultimi 5 anni che è stato superiore ai 4,5 miliardi di euro.
Dopo essere cresciuta con il superbonus, la filiera si trova ora ad affrontare una fase di normalizzazione caratterizzata da maggiore selezione sul mercato, meno spinta alla domanda, margini sotto pressione e investimenti più cauti.
Italiani in cerca di comfort: il 47% pronto a ristrutturare nei prossimi 12 mesi
La stretta sugli incentivi fiscali ha comportato un rallentamento nei settori idrotermosanitario e impiantistica, alla ricerca di un nuovo equilibrio per tornare a crescere.
Le prospettive di lavoro però non mancano: dall’indagine condotta tra i consumatori, infatti, emerge che il 47% degli intervistati ha in programma interventi di spesa e manutenzione entro i prossimi 12 mesi, e due intervistati su tre nell’arco dei prossimi tre anni. Uno su quattro è già nella fase attiva di raccolta delle informazioni con progettisti e imprese di ristrutturazione e arredamento, con una spesa prevista pari a circa 37 mila euro.
Nonostante l’incertezza, la manutenzione della casa sembra quindi rimanere una priorità condivisa dagli italiani, anche se il 25% degli italiani non ristrutturerebbe in assenza di incentivi.
Il 45% desidera migliorare l’ambiente bagno
Se i consumi energetici sono indicati come priorità assoluta solo dal 60% degli intervistati, il comfort abitativo (clima interno, comfort percepito, funzionalità reale) resta i principale driver di soddisfazione (il 76% degli intervistati indica al primo posto assoluto la vivibilità rispetto al clima).
Gli italiani non puntano a rivoluzionare la casa, ma vogliono migliorare subito gli ambienti che fanno la differenza nel quotidiano: bagni (il 45%), spazi esterni e facciate (il 40%), cucina e/o sala da pranzo (il 35%), zona giorno e living (il 30%), zona notte (il 21%) .
Come? Arredi (il 55%), infissi e pavimenti e rivestimenti (entrambi con il 51%) guidano la classifica, seguiti dagli interventi strutturali che migliorano comfort ed efficienza (interventi di isolamento interno ed esterno, sistema di condizionamento dell’aria, efficientamento della climatizzazione con pompa di calore, rifacimento del tetto per coibentazione, ecc).
Per il 79% degli italiani, il risparmio energetico è la leva che attiva l’azione, pur dovendo considerare le disponibilità della famiglia. Seguono la sostenibilità per ridurre l’impatto ambientale (per il 71% degli intervistati) e l’utilizzo di materiali e prodotti green per finiture, impianti e arredamenti (67%).
Burocrazia principale ostacolo alla ristrutturazione
Secondo l’indagine di Nomisma, unitamente ai costi elevati e ai tempi incerti, la burocrazia è il principale ostacolo ai progetti di ristrutturazione.
Il 25% degli italiani dichiara che senza gli incentivi non ristrutturerebbe mentre il 48% ha affermato che la presenza dei bonus è stata determinante per convincerli a intervenire.
Dall’ecobonus al bonus ristrutturazioni, c’è buona consapevolezza tra gli intervistati delle misure di incentivazione fiscale, meno per quelle più tecniche come il Conto Termico. La comprensione reale resta comunque più selettiva, chiaro segnale che serve comunicare l’efficienza e la sostenibilità in modo più semplice e accessibile.
Quasi un italiano su due pensa che le difficoltà nell’applicazione dei bonus edilizi siano superabili e la relativa raccolta e consegna dei documenti necessari si riesce a gestire agevolmente con il supporto di tecnici installatori o di cantiere.
«La riqualificazione del patrimonio immobiliare avrà un peso crescente nell’economia italiana nel corso dei prossimi anni, per le esigenze delle famiglie quanto per gli obiettivi di politica ambientale. Il clima di sfiducia non è dunque destinato a prevalere nel medio termine ed è auspicabile che le istituzioni mettano a punto una nuova strategia, compatibile con il quadro di finanza pubblica, che curi le ferite lasciate dalla rapida chiusura della stagione degli incentivi», ha dichiarato Maurizio Lo Re, presidente Angaisa.
«Come operatori del settore registriamo intanto una maggiore consapevolezza dei consumatori per il risparmio energetico e un forte interesse per il comfort, che le imprese specializzate stanno già traducendo in una solida generazione di valore economico per il sistema Paese».
Incentivi fiscali
Degli incentivi rimasti – bonus ristrutturazioni, ecobonus, sismabonus, bonus casa – molti saranno progressivamente ridotti nei prossimi anni.
Il settore nutre aspettative di stimolo provenienti dalla Direttiva Case Green e dal Decreto Salva Casa ma, soprattutto, dal nuovo Conto Termico, che rappresenta l’unico incentivo realmente strutturale per accompagnare la transizione energetica: una dotazione da 900 milioni l’anno, fino al 65% di contributo per privati e il 100% per la pubbliche amministrazioni, accesso esteso a imprese e comunità energetiche.
La domanda potenziale è alta, soprattutto per pompe di calore, sistemi ibridi, impianti a biomassa, solare termico e fotovoltaico con accumulo integrato, coibentazioni, automazioni e recupero calore. Ciò che manca al momento sono disposizioni attuative chiare, soprattutto per le tecnologie ibride e per la semplificazione delle procedure GSE.
«In uno scenario caratterizzato dal rallentamento del mercato, acuito dall’incertezza sulle
prospettive dell’economia nazionale, il settore idrotermosanitario rappresenta una delle leve più immediate per sostenere il percorso verso la decarbonizzazione intrapreso anche dall’Italia. Per sostenere lo sviluppo del settore, che gioca un ruolo di rilievo sull’economia nazionale, quello che serve oggi non è una nuova corsa agli incentivi, ma una cornice regolatoria chiara, stabile e di lungo periodo», è il commento di Roberta Gabrielli, responsabile Marketing, Business Processes e Communication di Nomisma.




