Fassa Bortolo partner per la terza edizione del Rapporto Cave di Legambiente

Fassa Bortolo è partner per la terza edizione del Rapporto Cave pubblicato da Legambiente, documento pubblicato ogni quattro anni che permette, incrociando i dati forniti dalle Regioni e dalle due Province Autonome con quelli di Istat, di monitorare le attività estrattive con i numeri sugli impatti economici e ambientali, il quadro normativo e le opportunità volte all’economia circolare.

Nell’economia circolare il settore estrattivo può giocare un ruolo di primo piano, ma è necessario un cambio di rotta per ridurre il prelievo di materiali e l’impatto sul paesaggio, valorizzare le cave dismesse con interventi di ripristino ambientale e favorire il recupero e riciclo degli aggregati, superando normative obsolete, canoni di concessione irrisori e leggi regionali frammentate.

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Presentazione Rapporto Cave 2025 a Ecomondo di Rimini

Rapporto Cave 2025

Secondo il Rapporto Cave 2025 in Italia, presentato alla fiera Ecomondo di Rimini, sono 1.678 i Comuni con almeno una cava autorizzata. Dal 2021 sono presenti il 20,7% in meno di cave autorizzate (3.378), complice la crisi del settore edilizio. Rispetto alla prima rilevazione del report del 2008, il calo è del -51,3%.

Tuttavia, si registrano più prelievi di sabbia e ghiaia: 34,6 i milioni di metri cubi annuali (+18,5% rispetto al 2021). Quasi raddoppiati anche i volumi di calcare estratto (51,6 milioni di metri cubi, +92,5%) mentre sono scesi quelli di pietre ornamentali (5,5 milioni di metri cubi, -11,3%). Tra le Regioni con più siti estrattivi la Lombardia, Veneto e Puglia, con oltre 300 cave autorizzate.  

Nonostante i quantitativi rilevanti estratti, il ritorno economico per le casse pubbliche non arriva a 20 milioni di euro, a causa di canoni di concessione irrisori (in alcune Regioni inferiori a 50 centesimi al metro cubo).

Rispetto ai canoni, in Basilicata e Sardegna non sono previsti per nessuna tipologia di materiale estratto, in Valle d’Aosta è presente solo per sabbia e ghiaia, mentre i canoni più bassi si trovano in Calabria, Lazio, Puglia, Umbria, Valle d’Aosta (< 0,50 €/m³).

Secondo le stime di Legambiente, imponendo tariffe sui prelievi vicine al 20% del valore di mercato (come in Gran Bretagna) si potrebbero ottenere circa 66 milioni, con un guadagno di circa 46,5 milioni annui.

Tornando al censimento delle cave si registra un lieve aumento delle cave dismesse (14.640, +3,5% rispetto al 2021), di cui solo una minima parte è destinata a interventi di ripristino ambientale. Per le cave dismesse spiccano Lombardia (oltre 3.100), Toscana (2.400), Puglia (2.000) e Piemonte (1.847).

Rispetto alla Germania, Regno Unito, Francia e Paesi Bassi la produzione in Italia di aggregati naturali e artificiali utilizzabili al posto di materiali da cava è ancora molto ridotta: si stimano tra i 2.000 e i 3.000 impianti autorizzati (fissi e mobili) secondo quanto dichiarato da rappresentanti di ANCE nel 2021. Le Regioni con maggiore presenza di impianti di riciclo inerti sono del Centro-Nord: Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Veneto, Trentino e Toscana.

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La proposta di Legambiente per rilanciare il settore estrattivo

Legambiente individua tre priorità per rilanciare il settore estrattivo in chiave sostenibile:

1) Aumentare il recupero e riciclo dei materiali provenienti da demolizione e costruzione trasformandoli in alternative agli aggregati tradizionali, riducendo il conferimento a discarica, garantendo tracciabilità dei materiali, introducendo la demolizione selettiva nelle gare pubbliche, fissando obiettivi di recupero e riciclo e investendo nella formazione degli operatori.

2) Introdurre un canone minimo nazionale per i materiali estratti, pari almeno al 20% del valore di mercato, per garantire un uso equo delle risorse e il ripristino di tutti i siti estrattivi, incentivare l’innovazione e il recupero ambientale e l’impiego di materiali riciclati a costi competitivi.

3) Rafforzare la tutela dei territori, rendendo obbligatoria l’approvazione e l’aggiornamento dei Piani per le Attività Estrattive (PRAE) – ancora assenti in 6 Regioni (Abruzzo, Molise, Sardegna, Calabria, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia) e 1 Provincia Autonoma (Bolzano) – regolando i prelievi, l’uso di materiali riciclati, estrazioni sostenibili, garantendo il recupero delle aree e i controlli contro le infiltrazioni criminali.

«È inaccettabile che un settore con forti impatti ambientali ed economici sia ancora regolato da un decreto del 1927, basato su un approccio datato e che trascura le ricadute sui territori (in termini di polveri, risorsa idrica e suolo, rumore e vibrazioni, paesaggio, ecosistemi naturali)», afferma Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente.

«Governo e Regioni adottino una visione nuova, capace di favorire innovazione, rilancio dei distretti produttivi e nuovi green jobs nel riciclo dei materiali da costruzione. Le capacità tecnologiche e le esperienze di imprese attive in tal senso non mancano. Serve una legge quadro che preveda il monitoraggio delle cave attive e dismesse, che introduca regole uniformi per tutelare il territorio, Valutazione di Impatto Ambientale obbligatoria, recupero ambientale e divieto di attività in aree sensibili, incentivi all’uso di materiali riciclati rispetto alle materie vergini».

Esempi virtuosi

Il Rapporto Cave 2025 di Legambiente individua anche esempi virtuosi di gestione sostenibile delle cave, di recupero e riutilizzo di materiali, e di innovazione in chiave circolare.

Tra questi, la demolizione selettiva dell’Ospedale Misericordia e Dolce di Prato, con il recupero del 98% dei materiali, e il progetto Corti di Medoro di Ferrara, che ha riciclato oltre il 99% dei rifiuti.

Altri casi mostrano come le cave dismesse possano rinascere come spazi verdi e culturali: il Parco delle Cave di Brescia e quello di Marco Vito a Lecce, fino all’Eden Project in Cornovaglia.

In tema di esempi virtuosi, Legambiente ha anche stretto una partnership con Fassa Bortolo, con cui collabora dal 2017, per divulgare, sensibilizzare e diffondere informazioni sulle nuove possibilità di utilizzo di materiali sostenibili in edilizia.

«Per noi, attività estrattiva e recupero ambientale non sono fasi distinte, ma un unico processo integrato. Oltre tre secoli di esperienza ci hanno insegnato che solo investendo a monte su tecnologie innovative, una pianificazione attenta e una gestione responsabile delle risorse è possibile ottenere risultati concreti, capaci di coniugare davvero lo sviluppo umano con la tutela dell’ambiente», dichiara Lorenzo Bernardi, Direttore Ambiente, Salute e Sicurezza Fassa Bortolo.

«La partnership quasi decennale con Legambiente nasce proprio da queste basi comuni, dalla consapevolezza che lavorare nel rispetto del territorio non è solo una questione di etica, ma un’opportunità che genera valore: un modello virtuoso che merita di essere condiviso e promosso come buona pratica per l’intero settore».

Cava Monteciuccoli a Villaga (Vicenza)

Tra gli esempi virtuosi raccontati nel report di Legambiente c’è il progetto di recupero ambientale della Cava Monteciuccoli a Villaga (Vicenza). 

Il vuoto lasciato dall’attività estrattiva verrà ricolmato impiegando nella ricomposizione ambientale limi di lavaggio del materiale calcareo che provengono dagli impianti Fassa, sottoprodotto relativo alla marna scartata dalla vagliatura del pietrame impiegato per la produzione di calce idraulica nello stabilimento Fassa di Villaga, e terre e rocce da scavo provenienti dal territorio circostante .

Il progetto, in fase di realizzazione, prevede un intervento della durata di 12 anni, diviso in due lotti, minimizzando le interferenze con l’attività produttiva dello stabilimento ed evitando di usare la viabilità comunale.

Il progetto prevede la formazione di un filare sommitale a contornare la parte superiore del versante ricostruito, delimitato con dei filari arbustivi lungo le linee di massima pendenza.

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