Customer experience e omnicanalità: come evolvono vendita e fidelizzazione

Customer Experience

L’esperienza dei buyer è condizionata sempre più anche da una visione omnicanale dell’azienda. Comprese le soluzioni di intelligenza artificiale.

L’acquisto è andato bene, il cliente è uscito dal negozio soddisfatto secondo le aspettative, il prezzo è equo e gli addetti alla vendita hanno fatto un buon lavoro. Ma il diavolo si nasconde nei dettagli.

Una volta scaricata la merce in cantiere, il cliente si accorge che uno dei prodotti acquistati è stato scambiato in magazzino con un altro simile. Telefona quindi al venditore per rimediare al problema.

Non c’è, è in pausa. Allora manda un Whatsapp. Niente. E in cantiere quel pezzo serve subito.

In breve, la soddisfazione per l’acquisto si trasforma in irritazione. Tornerà il cliente dallo stesso venditore? Si accettano scommesse.

Cos’è la customer experience e perché è importante

L’esperienza del cliente, o customer experience, per i tecnici del marketing abbreviata con la sigla CX, è un pilastro della strategia commerciale.

Comprende il complesso delle risposte cognitive, affettive, sensoriali e comportamentali di un cliente durante tutte le fasi di pre-acquisto, consumo e post-acquisto.

È un complesso di informazioni e sensazioni che coinvolge emozioni, sentimenti, percezioni, valutazioni cognitive, coinvolgimento, ricordi e, per alcuni generi di prodotto, anche componenti spirituali e intenzioni comportamentali.

Negli anni la customer experience è diventata anche un business, con una schiera di consulenti pronti a indirizzare i propri clienti, le aziende commerciali, verso un processo di vendita soddisfacente.

E non si tratta di un’attività trascurabile: il mercato della customer experience cresce rapidamente: a livello globale passerà dagli attuali 17,36 miliardi di dollari a un valore previsto di 64 miliardi e una crescita totale di circa il 312% entro il 2034, secondo le previsioni del Richmond Customer Experience forum 2025.

I principi

Una ricetta univoca per rendere il cliente soddisfatto e fidelizzato non c’è. Ogni azienda commerciale deve tenere conto delle proprie specificità e delle risorse che può mettere in campo.

Tuttavia, secondo la società di analisi Forrester Research, gli elementi fondamentali di una esperienza positiva per il cliente sono sintetizzabili in sei principi: strategia, comprensione del cliente, progettazione, misurazione, governance e cultura.

Se gestiti correttamente, questi aspetti del processo di vendita aumentano la capacità di un’azienda di offrire un’esperienza che la distingua agli occhi dei suoi clienti e riuscirà ad aumentare la quantità di spesa oltre a ispirare la fedeltà al suo marchio.

Le quattro fasi evolutive del rapporto azienda-cliente

Secondo un’esperta della materia come Barbara E. Kahn, docente di marketing alla Wharton School della Università di Pennsylvania, l’esperienza del cliente è preceduta da quattro fasi: l’orientamento al prodotto, in cui le aziende producono beni e li offrono nel miglior modo possibile; l’orientamento al mercato, in cui si considerano le esigenze e la segmentazione dei clienti, sviluppando diversi pacchetti di marketing mix per ciascuno di essi.

Il terzo passo è l’esperienza del cliente, che deve essere emotivamente positiva. Infine, c’è quella che è definita come autenticità.

In sostanza, è la fase in cui prodotti e servizi svelano la vera anima del brand e si collegano in modo naturale con i clienti e gli altri stakeholder, per un lungo periodo.

Se l’azienda avrà fatto un buon lavoro, insomma, saranno soddisfatti sia i clienti sia i proprietari, sia i manager e i dipendenti.

Si tratta, insomma, di coniugare business con qualità del servizio. Un’evoluzione strategica che va oltre il semplice customer care e include personalizzazione, omnicanalità, uso dell’intelligenza artificiale e interazioni umane sempre più coinvolgenti. Azioni che hanno un costo, ma anche un guadagno: la fidelizzazione del cliente.

Non bisogna dimenticare, però, che la customer experience non è solo quella che il cliente percepisce quando entra in negozio. È, invece, l’impressione che l’utente riceve dall’insieme di volti che presenta l’azienda: il bancone, il magazzino, ma anche il sito web, l’eventuale e-commerce, il servizio online di assistenza, la prontezza nel rispondere a una richiesta via social. Insomma, quello che si chiama omnicanalità.

Anche digitale

Nicola Spiller
Nicola Spiller, direttore dell’osservatorio omnichannel customer experience

«In Italia, il 39% delle figure professionali impiegate in ambito di customer experience ha un focus importante sulla gestione dell’omnicanalità, una quota superiore rispetto alla media di altri Paesi europei, dove questa rappresenta circa l’11%.

Diversamente, nel Regno Unito, caratterizzato da un quadro normativo e culturale differente e da una maggior presenza di aziende di matrice americana, la focalizzazione sulla componente omnicanale è meno accentuata e si riflette in una quota inferiore di figure specializzate, il 5%, sul totale delle figure rilevate», sostiene Nicola Spiller, direttore dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience.

«Al netto delle differenze tra paesi, la necessità di sviluppare competenze avanzate in ambito Ai, tramite l’inserimento di esperti capaci di dialogare con figure di Ocx, sta emergendo come fattore imprescindibile per una integrazione pienamente efficace dell’intelligenza artificiale nei processi di gestione del cliente».

Insomma, omnicanalità e customer experience (Ocx) si devono coniugare con i nuovi strumenti, come l’intelligenza artificiale. Anche se, per la verità, molti ambiti pratici sono ancora in parte da esplorare.

Il customer care è uno di quelli in cui l’intelligenza artificiale è già ampiamente utilizzata: rappresenta l’area prioritaria per il 49% delle aziende che fanno uso dell’Ai, ed è anche l’ambito più dinamico in termini di iniziative progettuali avviate.

customer experience

customer experience

Tra le applicazioni più diffuse spiccano i chatbot, prevalentemente potenziati da Ai discriminativa, cioè in cui l’obiettivo è optare per la decisione migliore o scegliere la classe corretta per i dati di input imparando dai dati di training e da come i dati campione separano varie classi.

Oltre a questo modello, si assiste a un numero crescente di progetti in sviluppo basati sull’Ai generativa.

A queste si affiancano strumenti dedicati al supporto degli operatori, progettati per ottimizzare la rapidità e la pertinenza delle risposte fornite.

I dati

I dati, in ogni caso, sembrano confermare la tendenza: nel 2024, il processo di implementazione dell’omnichannel customer experience ha registrato un avanzamento medio superiore rispetto agli anni precedenti.

Secondo una ricerca dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, che ha messo a punto l’Ocx Index, l’indicatore che da tre anni monitora il livello di maturità omnicanale delle imprese, la tendenza ha raggiunto un valore di 4,8 su 10 (+11% rispetto al 2023), frutto però di situazioni fortemente eterogenee tra le imprese che lo compongono. Sempre secondo questa ricerca, il 24% delle imprese si trova nella fase iniziale del percorso di trasformazione omnicanale.

Il gruppo delle aziende definite in preparazione (5%) risulta stabile, mentre il gruppo delle aziende ai primi passi (19%), che operano prevalentemente su singole progettualità e adottano un’infrastruttura tecnologica di base, registra una lieve crescita (+4 punti percentuali) rispetto alla rilevazione precedente.

Coinvolgere i dipendenti

Come migliorare l’esperienza utente? Per le aziende che se lo possono permettere, l’organizzazione può comprendere una figura manageriale o, comunque, di responsabile.

Conferma la ricerca del Polimi: sul piano organizzativo il 41% delle aziende italiane ha già istituito tali professionalità, mentre il 17% ne è alla ricerca, dato che dimostra una necessità ormai consolidata di ruoli capaci di guidare il cambiamento.

Ma l’obiettivo per l’azienda deve essere anche quello di coinvolgere i dipendenti e per questo l’employee experience assume un ruolo sempre più rilevante.

Il 40% delle imprese organizza programmi formativi per i propri dipendenti, e circa il 25% ha introdotto iniziative per sensibilizzare il personale sull’importanza di un approccio cliente-centrico.

Il lato pratico

Digitale e tecnologia, in ogni caso, non sono tutto. Un altro modo efficace per sviluppare un’esperienza positiva del cliente è ricorrere a vecchi sistemi, per esempio, coinvolgere attivamente il cliente in un’attività pratica.

Le componenti umane e fisiche di un’esperienza sono molto importanti e secondo le ricerche in materia i clienti sono in grado di ricordare esperienze attive e pratiche in modo molto più efficace e accurato rispetto alle attività passive.

Incontri, eventi, prove pratiche in negozio possono avere un effetto straordinario sulla customer experience.

I partecipanti a uno studio, per esempio, sono stati in grado di raccontare precedenti esperienze grazie all’elevato coinvolgimento.

Ma, attenzione: l’esperienza deve essere positiva, deve filare tutto liscio.

Proprio come le esperienze attive e pratiche possono sviluppare notevolmente la creazione di valore, possono anche facilitarne notevolmente la distruzione. Sarebbe, insomma, un autogoal esperienziale.

di Paolo Caliari

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