Come scegliere l’aggregazione: rivendite edili, fate il vostro gioco (ma non è un gioco)

Aggregazioni rivendite edili

In tema di sviluppo del mercato della distribuzione edile credo che mai come in questi ultimissimi anni si stia confermando una decisa ricerca dell’aggregazione.

Dopo decenni di ostinato nanismo, non ce la si fa più a combattere da soli, a parte nelle zone dove ha pensato la natura a risolvere il problema della concorrenza. Ma anche in questi casi, magari in qualche valle o in altri luoghi più o meno isolati, i sentori di globalizzazione e gli effetti del commercio elettronico invitano a tenere le antenne dritte.

Avere alle spalle una struttura organizzata che risolve un po’ di problemi, prima di tutto quelli legati alle convenzioni di acquisto, ma anche quelli più contingenti che fanno capo alla cultura d’impresa, non è una brutta idea.

Il mondo delle aggregazioni commerciali offre soluzioni a bizzeffe, e neanche tanto uguali fra loro. Per le rivendite indipendenti diventa sostanziale individuare la corretta strategia, il celeberrimo posizionamento, che intendono avere da qui ai prossimi anni.

La rivendita indipendente che desidera tentare la carta dell’aggregazione ha oggi solo l’imbarazzo della scelta, e questa scelta può essere condizionata da diversi fattori. Per esempio, se c’è o meno un ricambio generazionale.

In caso affermativo, l’attività può e deve avere un’idea di futuro. Se invece non ci sono eredi, oppure ci sono ma hanno deciso di fare un altro mestiere, l’alternativa è quella di tirare avanti finché si ha ancora voglia di alzarsi la mattina alle 6, e in seguito vendere.

Nel primo caso, la scelta dell’aggregazione di riferimento va fatta con cura, perché l’imprenditorialità del commercio edile a scuola non si impara, e oggi senza una specifica cultura d’impresa e soprattutto senza servizi, quelli che da solo non ti puoi permettere, non si va da nessuna parte.

Ma non tutti ragionano in questo modo, e il mondo delle aggregazioni offre anche altre soluzioni, a loro modo interessanti e sempre ugualmente rispettabili.

Per esempio, i cultori della filosofia del mercato competitivo hanno come obiettivo primario i premi legati ai fatturati. Per il resto, ognuno si arrangia come crede, in base alla sua idea di imprenditorialità e alle caratteristiche del suo mercato.

I seguaci del mercato comparativo, invece, puntano maggiormente alla differenziazione qualitativa per uscire il più possibile (in realtà non ci riesci quasi mai) dalla bagarre del prezzo. In sostanza, meno premi ma più servizi per la propria azienda e per il cliente.

Ora mi direte che, alla fin fine, al cliente interessano sì i servizi, ma il prezzo di più. Non tutti sono disposti a riconoscere nei servizi un valore che ha un costo, e per il cliente ancora in troppi casi il servizio è una caratteristica del prodotto, che deve avere un prezzo comunque competitivo.

Però credo sia evidente a tutti che parliamo di due mercati differenti, quasi antitetici, anche se, apparentemente, si vendono in entrambi le stesse cose.

La rivendita indipendente che vuole fare il grande passo deve riflettere su questi argomenti, perché la scelta del suo posizionamento nei prossimi anni determinerà il suo modo di stare nel mercato, e anche il suo successo imprenditoriale.

Ora che la flessione inizia a farsi sentire, ora che molte certezze iniziano a essere meno certe, bisogna forse iniziare a pensare che il mercato del prezzo non garantirà alcun vantaggio competitivo, del resto idealmente non lo garantisce mai, almeno alla voce marginalità. Il dilemma si perpetua.

Nel nostro paese, come scrivevo più sopra, c’è solo l’imbarazzo della scelta: oltre ai gruppi nazionali ci sono molti gruppi locali o regionali, o pluriregionali, ognuno con una sua tradizione e visione imprenditoriale.

Tutti questi gruppi, diciamo per semplificare negli ultimi vent’anni, hanno costruito la storia della distribuzione edile nazionale, portando anche novità, innovazione, capacità di relazione, crescita culturale, un approccio differente in un mercato tradizionalmente pigro e passivo.

Se queste realtà continuano a crescere, ognuno con i suoi modi e i suoi tempi, significa che l’aggregazione non è più solo una scelta, ma una necessità più o meno latente, cui tutti o quasi prima o poi dovranno arrivare.

di Roberto Anghinoni

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