Speciale isolamento acustico: intervista all’esperto Cristiano Vassanelli

Quello dell’isolamento dai rumori è un argomento di sempre maggiore interesse per chi si occupa di riqualificazione. Non solo perché negli anni l’attenzione al comfort da parte degli utenti finali è diventata sempre più elevata, ma anche perché l’esperienza del lockdown ha portato alla luce un nuovo modo di concepire la casa e il valore di vivere e lavorare in ambienti salubri, anche dal punto di vista acustico.

cristiano-vassanelliQuali sono allora gli aspetti da tenere in considerazione quando si parla di isolamento acustico e quali sono le soluzioni più adatte per risolvere il problema del rumore eccessivo? YouTrade lo ha chiesto a Cristiano Vassanelli, ingegnere esperto in fisica delle costruzioni.

Domanda. Quali sono le cause più frequenti di un cattivo isolamento da suoni indesiderati?
Risposta. Da quanto ho potuto notare nella mia attività di consulenza tecnica, nella maggioranza dei casi si tratta di una mancata valutazione preventiva. Difficilmente oggi è abitudine fare un progetto acustico per valutare ex ante eventuali criticità e risolverle.

D. Ci sono ambienti che più di altri manifestano il problema del riverbero?
R. Se parliamo di costruzioni in generale sicuramente i ristoranti vivono un dramma da questo punto di vista. A seguire uffici, aule scolastiche e palestre. Paradossalmente ci sono anche tanti auditorium che funzionano poco dal punto di vista di una buona acustica interna.

D. Come avviene la propagazione del suono all’interno di un edificio?
R. Fondamentalmente la propagazione del suono avviene secondo due modalità. La prima è definita trasmissione per via aerea, quindi un rumore, come quello prodotto dalla televisione o da una persona che parla, viene trasportato attraverso l’aria, scontrandosi con diverse superfici nel suo percorso. La seconda modalità è quella per via strutturale. In questo caso non abbiamo più una sorgente sonora di tipo aereo, ma un sorgente sonora derivante da vibrazioni, come può essere il rumore prodotto da una persona che cammina, dallo spostamento di un tavolo o dalla caduta accidentale di oggetti. La vibrazione corre attraverso le strutture e si manifesta come suono.

D. Cosa succede se a causare rumore è un locale pubblico?
R. Qualora un privato fosse disturbato da rumori provenienti da un locale pubblico, come un bar o un ristorante, si fa riferimento al decreto ministeriale del 1997, che fornisce indicazioni molto precise e stringenti, imponendo limiti massimi di emissione e immissione del rumore. Con emissione si intende quanto rumore produce una determinata sorgente sonora; con immissione si intende quanto rumore entra nell’appartamento del privato in questione. Il Dpcm riporta tabelle molto chiare con valori massimi indicati in decibel, che permettono di valutare se il rumore prodotto va oltre i limiti previsti. In caso invece di lite tra privati si fa invece riferimento all’articolo 844 del Codice civile, in cui viene definito il concetto di normale tollerabilità.

D. Che cosa succede, quindi, se il rumore è eccessivo?
R. Nel primo caso il privato fa un esposto alla pubblica amministrazione, con cui informa il Comune che se non interviene, agirà per vie legali. Nel secondo caso invece si va direttamente per vie legali contro il vicino rumoroso.

D. La legge italiana prevede anche norme che regolano la dispersione del rumore?
R. Più che regolare, la legge dà precise indicazioni sui livelli di comfort interno e di isolamento di elementi quali il solaio, le pareti perimetrali, le pareti divisorie, oltre a indicare qual è il massimo rumore consentito dagli impianti a funzionamento discontinuo, come sciacquoni e ascensori, e dagli impianti a funzionamento continuo, come quelli per la ventilazione meccanica controllata. Il riferimento normativo è il decreto del 5 dicembre 1997, che riguarda i requisiti acustici passivi nei fabbricati.

D. C’è rumore interno e rumore esterno. Si affrontano in maniera differente?
R. No, nel senso che la fisica che governa la propagazione dei suoni all’interno o all’esterno di un edificio si assomigliano. Quello che invece è decisamente diverso è la soluzione che è possibile mettere in campo per limitare determinate problematiche. Ad esempio per evitare che il rumore penetri dall’esterno si deve prestare la massima attenzione a tutti gli elementi che «forano» la continuità delle pareti perimetrali, quindi i serramenti, i cassoni delle tapparelle, i fori di ventilazione obbligatori per le cucine a gas. Tutte queste soluzioni vanno valutate di volta in volta, perché è tutto l’insieme che deve rispondere a quanto richiesto dalla legge, non i singoli elementi.

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D. Quali sono le soluzioni più adatte per ridurre l’inquinamento acustico?
R. In primis bisogna stilare una corretta valutazione preventiva per inserire tutti gli elementi in un progetto in grado di offrire un elevato isolamento acustico. Secondariamente si può intervenire direttamente sulle sorgenti sonore, ad esempio installando silenziatori. Infine ci vorrebbe un buon mix di rispetto altrui e sopportazione. Purtroppo oggi le persone sono sempre più insofferenti e intolleranti.

D. Quali sono dunque i parametri di cui tenere conto?
R. Tornando al Dpcm del 5 dicembre 1997, vengono indicati cinque parametri prestazionali, che devono essere tutti rispettati. Il primo riguarda il massimo livello di rumore da calpestio per evitare la trasmissione per via strutturale; il secondo riguarda l’indice di isolamento di facciata; il terzo l’indice di isolamento minimo di ogni elemento di separazione tra distinte unità abitative. Gli altri due parametri sono relativi agli impianti e riguardano il massimo rumore degli impianti a funzionamento discontinuo e gli impianti a funzionamento continuo.

D. A che cosa ci si riferisce quando si parla di indice di trasmissione del parlato?
R. Questo è un argomento interessante, molto dibattuto l’anno scorso dopo l’emanazione della norma 2532, parte 2. Fondamentalmente l’indice di trasmissione del parlato, indicato con la sigla Sti, cioè l’acronimo inglese di Speech transmission index, è un parametro che indica il livello di intelligibilità della comunicazione verbale all’interno di un determinato locale. Questo valore dipende dalla geometria del locale in sé, dalla presenza e tipologia dell’impianto di diffusione sonora e dalla distribuzione degli astanti all’interno della sala. Praticamente l’indice Sti valuta la percentuale di comunicazione verbale compresa dall’auditore. Se il valore Sti è dello 0,6 significa che una persona, posizionata in un determinato punto del locale, riesce a comprendere il 60% di quello che viene comunicato. Questa normativa dà anche precise indicazioni su come calcolare l’indice di trasmissione del parlato, come controllarlo e fornisce delle tabelle con i livelli corretti da ottenere. Valori dal 60% in su sono decorosi, sotto questa soglia una persona perde la metà o più di quanto viene detto. E se pensiamo all’edilizia scolastica questo elemento non è assolutamente da sottovalutare.

D. Quindi le normative sono sufficienti?
R. A livello di normative Uni assolutamente sì, il problema è che mancano gli impianti legislativi. I Dpcm che ho menzionato finora risalgono al 1997. In 23 anni l’edilizia ha fatto numerosi passi avanti, quindi sarebbe il caso di aggiornare anche le leggi.

D. Ma le leggi sono messe in pratica?
R. Direi di sì, ma posso garantire che la situazione in Italia è veramente disomogenea. Ci sono regioni che sono molto avanzate, come la Toscana, che dal 1 gennaio 2020 ha imposto collaudi obbligatori per la verifica dei requisiti passivi degli edifici, prima di concedere l’agibilità di un bene. Ci sono anche Comuni molto aggiornati, come Verona, Torino o Genova. Tuttavia, manca un’unità di intenti, nonostante l’acustica sia davvero un tema caldo. Non non solo a causa del lockdown, durante il quale le persone hanno avvertito maggiormente i problemi derivanti dal discomfort acustico, ma anche a causa dell’aumento delle cause giudiziare in materia di rumore.

D. Quindi, quali sono le misure da considerare in fase costruttiva per eliminare o ridurre il riverbero?
R. Il riverbero non ha alcun riferimento legislativo d’obbligo di legge, a eccezione dell’edilizia scolastica per alcuni aspetti. E a eccezione di teatri e auditorium pensati proprio a questo scopo, non ci sono veri e propri sistemi costruttivi che consentono di eliminare il riverbero. Tutto viene realizzato a livello di finiture interne, andando a scegliere alcuni materiali e tecniche rispetto ad altri. Sono quindi soluzioni che vanno a correggere il tempo di riverberazione, come ad esempio i baffle a soffitto.

D. È complicato calcolare i coefficienti di assorbimento acustico?
R. Dipende. Un conto è calcolare questi valori in un locale completamente sgombro, un altro è farlo magari in un auditorium a due piani con ballatoi, platee retraibili, soffitti particolarmente difficili dal punto di vista geometrico, con una grande quantità di mobili e arredamenti interni. In questo caso, dato che è necessario valutare ogni elemento e superficie, vengono in aiuto i software di modellizzazione che consentono di eliminare gli errori e tagliare i tempi.

D. Ci sono materiali che hanno una capacità ottimale di assorbire i suoni?
R. Certo, ci sono numerosi materiali, con differenze a livello economico ed estetico, che vanno dai pannelli microforati in cartongesso fino a pannelli in legni molto nobili. E poi tutte le superfici di finitura porosa, come tessuti pesanti, pannelli fibrosi, in sughero, legno, magnesite, legno cemento, che vanno a limitare la riflessione del suono assorbendone una parte. La scelta dipende anche dal tipo di frequenza del suono da combattere: ci sono soluzioni che funzionano bene sulle basse frequenze, altre sulle medie, e altre ancora sulle alte frequenze. Per scegliere in modo intelligente, bisognerebbe fare come dal medico: fare prima una anamnesi per capire qual è il problema, e poi trovare la soluzione più adeguata.

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D. Quanto incide a livello economico l’isolamento acustico sui lavori di riqualificazione?
R. Se pensiamo a una ristrutturazione integrale, tra il 3% e il 5% del costo finale. La metà dell’investimento è imputabile ai serramenti, che dovendo avere una maggiore capacità isolante sono chiaramente più costosi. Se parliamo invece di materassini anticalpestio o pannelli intrapareti o controparete non vi è nulla di tremendamente costoso.

D. Un rivenditore di materiali edili che vuole trattare il tema dell’acustica in modo soddisfacente dal punto di vista del business, come si deve attrezzare?
R. Ci sono due strade. La prima prevede un investimento a breve-medio termine: un rivenditore che vuole entrare in questo mercato ha bisogno di sviluppare una partnership con un’azienda leader del settore, sia sotto il profilo dei materiali che della consulenza e documentazione tecnica. Affiancandosi all’azienda non ha grandi investimenti in termini di risorse, solo di magazzino. I clienti vogliono tutto e subito, e visto che l’azienda ha selezionato il rivenditore come partner, deve garntire l’immediata disponibilità dei propri prodotti. La seconda strada prevede invece un investimento a lungo termine da parte del rivenditore, che decide di contare solo sue forze. In questo caso è fondamentale avere risorse interne da formare e qualificare in modo da essere riconosciute come punti di riferimento dai clienti che arrivano in rivendita. Conquistata la fiducia della clientela e innescato un passaparola virtuoso, saranno le aziende a cercare il rivenditore. In questo caso non sarà più necessario stoccare grandi quantità di prodotti a magazzino, perché sarà il distributore a determinare le scelte dei materiali e dei fornitori.

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