Dierre: così da 50 anni il design porta all’innovazione. Intervista a Vincenzo De Robertis

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Vincenzo De Robertis, presidente Dierre

Dal sogno dei fratelli Alessandro e Vincenzo De Robertis, emigrati dalla Puglia in Piemonte per fondare un’impresa tutta loro, 50 anni fa è nata Dierre, oggi prima azienda italiana di porte blindate.

In mezzo secolo di storia, la società ha registrato oltre 70 brevetti ed espanso l’offerta a porte interne, portoni per garage, grate di sicurezza, controtelai per porte scorrevoli a scomparsa, porte tagliafuoco e multifunzione, casseforti, serrature e cilindri per porte blindate. Trasformando la porta da elemento funzionale a complemento d’arredo,

Dierre è riuscita con la forza del design e dell’innovazione a raggiungere una posizione di primo piano sul mercato: basti pensare che i suoi prodotti sono presenti in oltre 5 milioni di edifici a livello globale, tra cui referenze prestigiose come City Life a Milano o il Waterfront di Levante a Genova.

«La sfida più importante che abbiamo davanti non è solo quella di continuare a espanderci, ma soprattutto quella di restare un punto di riferimento per l’innovazione e il design delle porte. Non si tratta solo di conquistare nuovi mercati o canali di distribuzione, come stiamo facendo in Italia nel settore delle rivendite edili, ma di mantenere l’attitudine a innovare continuamente i nostri prodotti e i nostri processi», commenta il fondatore Vincenzo De Robertis, oggi presidente dell’azienda. YouTrade lo ha incontrato.

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Vincenzo De Robertis con la figlia Laura, direttrice marketing Dierre

Domanda. Nel 2025 Dierre festeggia i suoi 50 anni. Com’è cambiata l’attività dal 1975?
Risposta. Siamo l’unica azienda che non fa più solo porte di sicurezza, ma che ha integrato caratteristiche termiche, acustiche, tagliafuoco.

Partendo dall’acciaio e dal legno, con la produzione della prima porta blindata industrializzata negli anni Settanta, abbiamo fatto un salto negli anni Novanta a seguito dell’acquisizione di una piccola azienda che produceva serrature. Da lì abbiamo sviluppato tutto il settore delle porte, che adesso comprende anche modelli domotici.

Siamo un’azienda veramente globale e non temiamo alcun tipo di mercato, sia in Italia che all’estero: siamo in grado di rispondere a qualsiasi esigenza.

Inoltre, il fatto di possedere una falegnameria di 14 mila metri quadrati a Mondovì (Cuneo) ci permette di realizzare e personalizzare qualsiasi pannello per porte interne in legno massello e rivestimenti per porte blindate, anche su disegno degli architetti.

Queste porte consentono di unire la sicurezza all’eleganza del legno, declinato sia in uno stile tradizionale che in uno più contemporaneo.

D. C’è qualcosa che, invece, in 50 anni non è mai cambiato?
R. L’ascolto del mercato e la capacità di innovarsi continuamente. La continua ricerca di soluzioni tecnologicamente all’avanguardia ci ha permesso di capire velocemente il mercato e sbaragliare negli anni Ottanta la concorrenza, concentrata solo sulla produzione di porte standard. Oggi siamo arrivati a installare le nostre porte in più di 5 milioni di edifici.

D. Qual è stata l’idea vincente?
R. Non limitarsi al prodotto standard. Il nostro successo è sempre stato nelle porte di sicurezza, ma abbiamo integrato anche caratteristiche termiche, acustiche, di sicurezza antincendio, con elevate prestazioni anche per le porte a doppio battente.

Abbiamo continuato a investire nelle porte in legno massello, un prodotto che, con la giusta manutenzione, è davvero eterno, senza perdere di vista lo sviluppo tecnologico, con la domotica.

Oggi la domanda di queste soluzioni è in crescita e i nostri modelli Hibry e Next Elettra consentono di combinare in un’unica serratura l’apertura motorizzata e manuale, per permettere l’apertura e la chiusura della porta anche in caso di guasto elettronico o di blackout.

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La porta domotica Hibry5, con doppia apertura, manuale e motorizzata

D. In che direzione sta andando oggi il mercato delle costruzioni e che segnali ricevete dal vostro osservatorio privilegiato?
R. Il mercato immobiliare si sta qualificando, in particolare sulla piazza di Milano. Le nostre porte domotiche Hibry e Next Elettra, così come le soluzioni tagliafuoco, stanno riscontrando un successo sempre crescente, tanto da essere state selezionate per referenze prestigiose come i grandi complessi immobiliari di City Life a Milano o il Waterfront di Levante a Genova.

 

Tra gli ultimi progetti c’è il Global Cloud Data Center Aruba di Ponte San Pietro, in provincia di Bergamo, che ha visto l’installazione delle nostre porte tagliafuoco di ultima generazione.

D. La tecnologia occupa uno spazio sempre più importante nelle nostre vite. Voi siete stati i primi ad averla implementata nelle porte con Bi Elettra, e oggi con Next Elettra. È una tendenza destinata a crescere o ci sarà un ritorno alla tradizione?
R. È una tendenza destinata a crescere, anche perché il rapporto qualità-prezzo di queste porte è diventato sempre più vantaggioso.

Con un prezzo accessibile è possibile integrare nella porta di casa tutta una serie di funzionalità importanti, come il controllo degli accessi o alert su eventuali manomissioni.

Poi, con l’intelligenza artificiale e l’evoluzione della domotica, le case saranno sempre più tecnologiche.

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Dettaglio touchscreen Hibry5

D. Negli ultimi anni Dierre ha aperto la porta anche a un nuovo modello di business: il Dierre Emporium. Di che si tratta?
R. Ispirandoci un po’ al concept dell’Emporio Armani, il nostro progetto Dierre Emporium è un brand dedicato ai distributori di materiali edili.

Dopo la crisi del 2009 i rivenditori edili si sono qualificati, dando spazio nei punti vendita anche a showroom di finiture e iniziando a trattare anche le porte. Il marchio Dierre Emporium ci permette di rafforzare la nostra presenza nel mondo delle rivendite edili, offrendo ai distributori la possibilità di diventare un punto di riferimento per le esigenze di architetti e progettisti.

Ai rivenditori della rete Dierre Emporium proponiamo porte da cantina, porte tagliafuoco reversibili e non, porte multifunzione, portoni basculanti, controtelai per scorrevoli a scomparsa, filomuro, accessi per interni. Oltre a tutta una gamma di servizi, come consulenza tecnico-commerciale grazie alla rete vendita presente sul territorio con circa 60 agenti, corner espositivi, iniziative di marketing, servizio post vendita.

D. Avete in programma anche l’implementazione di un configuratore?
R. Fino al 2006 producevamo mille porte al giorno, 220 mila porte all’anno: c’erano tante commesse su prodotti perlopiù standard. Oggi, i volumi si sono ridotti, ma la percentuale di prodotti personalizzati è cresciuta in maniera esponenziale.

Il configuratore è uno strumento importante, che aiuta moltissimo le vendite, ma risulta un po’ rigido nel momento in cui si deve andare a realizzare un prodotto su misura.

Al momento stiamo lavorando per fare un grosso salto nel processo di digitalizzazione, acquistando un nuovo gestionale per far dialogare tutti i comparti dell’azienda. Abbiamo scelto JD Edwards della Microsoft e abbiamo una società di consulenza che ci sta aiutando nel passaggio.

Attualmente utilizziamo tre gestionali che dovranno poi convogliare in un unico contenitore: insomma, c’è un bel lavoro da fare. Parallelamente, stiamo studiando un preventivatore in grado di sfruttare l’intelligenza artificiale da fornire alla rete vendita per fare anche azioni di marketing mirate.

D. Quanti sono i Dierre Emporium oggi?
R. Vogliamo raggiungere 1000 punti vendita su tutto il territorio nazionale. I nostri prodotti, essendo molto tecnici, hanno necessità di essere mostrati. C’è necessità di uno showroom e di almeno un paio di prodotti in esposizione.

Nel catalogo dedicato abbiamo selezionato prodotti tecnici adatti alle rivendite edili, come i cassonetti per le porte scorrevoli, le porte filomuro, le porte in telaio di alluminio.

D. Se ormai siamo abituati a vedere nella porta blindata un elemento di arredo, è anche merito di Dierre. Quanto conta per voi il design?
R. Il design è fondamentale. Siamo in grado di rispondere a qualsiasi esigenza di personalizzazione e, grazie anche alla falegnameria interna, Dierre ha la possibilità di realizzare prodotti a elevato valore estetico, come le porte in legno massello in rovere e noce o le porte a doppio battente. Sono porte molto belle, che integrano all’aspetto estetico importanti parametri di sicurezza, e durano tutta la vita.

D. Un altro tema all’ordine del giorno è la sostenibilità. Che impatto può avere su un’azienda come la vostra?
R. Dierre ha installato due impianti fotovoltaici da 42 mila metri quadrati, riducendo l’acquisto di corrente elettrica dalla rete, con un risparmio sui costi.

D. La sostenibilità è un driver di mercato o un investimento etico?
R. Entrambi. Il cambiamento climatico e i suoi effetti sono all’ordine del giorno e tutti dobbiamo porre attenzione al tema del risparmio energetico, sia per un discorso economico che etico.

D. Da sempre Dierre punta su una rete territoriale di assistenza molto solida. È ancora un vantaggio competitivo in un mercato che va sempre di più verso il digitale?
R. Assolutamente sì. Disponiamo di 45 tecnici qualificati Dierre, dotati di tesserino identificativo. Hanno tutti fatto degli esami di qualifica e con loro organizziamo costantemente corsi di formazione.

I nostri tecnici sono presenti su tutto il territorio nazionale e sono in grado di fornire assistenza sui prodotti Dierre, sia in che fuori garanzia.

I loro nomi sono pubblicati nello store locator del nostro sito, sotto la voce assistenza e punti vendita. Riceviamo chiamate di persone che hanno installato una porta Dierre 20 anni fa, magari con la serratura a doppia mappa, che ora non va più. I nostri tecnici, con un piccolo intervento, sostituiscono la doppia mappa con un cilindro di sicurezza.

D. Con la serratura a doppia mappa era anche difficile sostituire la chiave…
R. Sì, avevamo creato un blocchetto intercambiabile in plastica che consentiva infinite sostituzioni della chiave senza cambiare l’intera serratura.

In caso di furto, perdita o sospetta copiatura delle chiavi, bastava sostituire il blocchetto centrale di serie con un altro corredato di un nuovo set di chiavi e il gioco era fatto. Un’operazione veloce che si poteva fare da soli, in casa, con un semplice cacciavite.

Questo prodotto ci ha permesso di avere un successo incredibile, tanto che anche i nostri competitor ci ordinavano migliaia di queste serrature.

D. In 50 anni un’azienda attraversa inevitabilmente burrasche. Vi è mai venuta la tentazione di trasferirvi all’estero?
R. Dal 2008-2009 abbiamo passato sette anni di crisi, che ci hanno messo a dura prova. Non abbiamo però mai avuto la tentazione di trasferirci all’estero.

In compenso abbiamo aperto 20 anni fa un’azienda da 24 mila metri quadrati in Portogallo che realizza 50 mila porte blindate e 130 mila cassonetti all’anno. La penisola iberica ormai la comanda Dierre.

D. Dierre è campione del made in Italy, ma opera anche su uno scenario globale. All’estero come sono percepiti i prodotti Dierre e quali mercati la stanno sorprendendo di più?
R. Tutta l’Europa ci sta dando soddisfazioni. La Francia, nonostante la crisi, la Spagna, il Portogallo, la Polonia, la Croazia, l’Ungheria, dove siamo gli unici a vendere un milione di porte blindate.

Abbiamo inoltre aperto nel 2023 la Dierre Suisse a Sàrl in Bulle e stiamo realizzando uno showroom molto bello a cavallo tra Francia e Germania.

D. Come si immagina i prossimi 50 anni di Dierre?
R. Immagino una multinazionale. Siamo troppo grandi per limitarci all’Italia e dobbiamo ragionare per creare un gruppo da 350 milioni di euro. Al momento il fatturato consolidato è di 160 milioni di euro.

Inoltre, abbiamo la possibilità di costruire uno stabilimento in Polonia per arrivare a 700 mila porte, cogliendo anche le opportunità che si apriranno al termine della guerra in Ucraina.

Anche il Marocco è una nazione molto interessante. Vendiamo 3-4 mila porte tramite il Portogallo, ma possiamo fare molto di più anche nell’alberghiero. Abbiamo davvero la possibilità di essere vincenti.

Dierre: dal Piemonte al mercato globale 

Dierre conta 650 dipendenti, divisi tra i quattro stabilimenti in provincia di Asti, altri tre a Mondovì (Cuneo), Avigliana (Torino), Cornate d’Adda (Monza-Brianza) e uno in Portogallo, a Santa Comba Dao.

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Lo stabilimento Dierre di Villanova d’Asti

La capacità produttiva annuale si misura in 200 mila porte di sicurezza, 70 mila porte da interni, 200 mila serrature e casseforti, 25 mila chiusure da garage, 200 mila controtelai a scomparsa, 100 mila porte tagliafuoco in acciaio e multifunzione.

Il fatturato consolidato 2024 si è attestato a 160 milioni di euro, generato per il 55% in Italia e per il restante 45% da esportazioni in oltre 20 Paesi in Europa, Nord Africa, Cina e America Latina.

Negli anni, per supportare l’internazionalizzazione dell’azienda, sono nate consociate in Germania, Francia, Spagna, Portogallo e, nel 2023, in Svizzera.

Una presenza globale che mantiene a Villanova d’Asti il suo quartier generale e la progettazione di ogni prodotto.

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