Dazi USA sul legno-arredo: l’export italiano cala, cresce la Cina

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«Ma non esageriamo con questa storia dei dazi, tanto poi come si è visto un accordo si trova». C’è chi minimizza per convinzione l’impatto delle tariffe pazze di Donald Trump, che girano come una giostra secondo l’umore dell’imperatore della Casa Bianca, chi ne riduce l’importanza perché tanto a lui non cambia nulla e chi lo fa per tornaconto politico. Ma la realtà viaggia sul suo binario.

Lo indicano le cifre fornite da FederlegnoArredo, associazione industriale che rappresenta le imprese di un settore con oltre 64 mila aziende e 297 mila addetti, per un fatturato di 51,7 miliardi di euro nel 2024 e un saldo commerciale che, sebbene in calo rispetto al 2023, ha sfiorato lo scorso anno gli 8 miliardi di euro.

Ebbene, in febbraio, secondo le elaborazioni del centro studi di FederlegnoArredo, le esportazioni di legno e arredo italiani sono diminuite del 4,8%, portando il dato cumulato del bimestre a -0,7%. E sull’intero trimestre gennaio-marzo la filiera legno-arredo registra -0,7% complessivo, tra il mercato nazionale (-0,5%), che pesa circa il 56% e l’export (-1%).

Ma, quindi, i numeri danno ragione a chi non dà importanza ai dazi?

Non proprio «È come se tutto fosse sospeso, congelato, in attesa che la situazione si sblocchi», ha spiegato il presidente dell’associazione Claudio Feltrin.

C’è preoccupazione, per esempio, per il dato delle importazioni in Europa dalla Cina in febbraio (+18,4%), che potrebbe essere un effetto collaterale dei dazi imposti da Trump al Paese asiatico: per compensare i mancati commerci con gli Usa sta aumentando le proprie vendite a casa nostra.

Insomma, ancora prima che i dazi scattassero davvero l’industria dell’arredo ha dovuto fare i conti con la tensione del mercato. Poi, però, le tariffe sono arrivate sul serio. E i veri guai cominciano ora.

Circa la metà delle imprese che hanno risposto a un sondaggio dell’associazione ritiene di poter subire un impatto, di queste circa la metà lo quantifica nel 5% del fatturato, il 26% ritiene invece che avrà un impatto che può arrivare fino al 10%, e il restante 25%, dichiara oltre il 10%. Non è il caso di minimizzare, insomma.

di Franco Saro

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