I dati del Cresme che saranno presentati nel prossimo mese di luglio confermano il trend della congiuntura delle costruzioni paventata ormai da mesi.
La brusca frenata del settore della ristrutturazione apre a nuovi scenari, primo fra tutti l’idea di una certa stabilità che, di per sé, non è un elemento negativo.
«Le opere pubbliche continueranno a tirare il mercato delle costruzioni ben oltre il 2026, anche se dopo il 2026 o, meglio il 2027, inizierà una nuova fase.
La riqualificazione del patrimonio edilizio segna evidentemente il passo e ancor più lo farà nel 2026 e nel 2027, quando gli incentivi scenderanno dal 50% al 36% per gli interventi nelle prime case e dal 36% al 30% per gli interventi nelle seconde case.
Le scelte del governo in termini di politica fiscale hanno fatto sì che nel 2021 gli incentivi per l’efficientamento energetico delle abitazioni salissero a 16 miliardi di euro, contro i 4 miliardi del 2019, e poi ai 46 miliardi del 2022, per scendere ai 42 miliardi del 2023 e ai 16,6 miliardi del 2024. Nel 2025 resterà ben poco.
Nel frattempo gli incentivi tradizionali hanno visto crescere i lavori dai 28 miliardi del 2019 ai 38,4 del 2021, ai 54,4 del 2022, per scendere a 51,5 del 2023 e ai 47 del 2024».
Con queste righe di anticipazioni, il Cresme si appresta a presentare il suo XXXVIII Rapporto Congiuturale Previsionale il 9 luglio, con la web conference dalla sede del Cresme a Roma.
I numeri qui sopra sono purtroppo chiari, anche se il mercato non smette mai di fare sorprese.
Ma la strada è tracciata, da troppo tempo tutti gli indicatori sono d’accordo che la frenata sia iniziata e possiamo prepararci a scendere dall’ottovolante della congiuntura di settore che, negli ultimi anni, ha raggiunto parabole ascensionali da brivido.
Non so quante briciole cadranno nei prossimi mesi o anni dal tavolo dei Lavori Pubblici che vengono dati in grande salute, così come non so quanto le annunciate spese militari andranno a condizionare gli investimenti nelle infrastrutture, così come in tutti gli altri settori della nostra economia, per non parlare dei servizi sociali, in primo luogo la sanità, che ormai è diventata una barzelletta che però fa piangere.
In un mondo sempre più muscolare, dove quindi l’unica parte del corpo umano non utilizzata è il cervello, c’è da aspettarsi di tutto.
Voci di corridoio mi dicono anche che il problema del credito è tutto tranne che risolto, ma a questo insieme di cose ormai siamo abituati, stiamo anche perdendo la facoltà di indignarci, presi come siamo nell’opera di digitalizzazione delle emozioni. In ogni caso, la distribuzione edile rallenta ma non arranca.
I numeri che si prospettano sono quelli del mercato reale, e un tuffo nella realtà può fare solo bene, perché se non altro sappiamo che non ci saranno particolari sorprese e sarà quindi più facile pianificare la nostra attività, i nostri investimenti e vedere con chiarezza le prospettive realmente raggiungibili.
Per la distribuzione «di qualità» queste prospettive continuano a essere interessanti. È vero che il settore della manutenzione mostrerà percentuali di decrescita anche importanti, ma gli investimenti nella casa, con i costi che comportano, un po’ di qualità la pretendono.
Piuttosto, se possibile, ovvero se non è crollato il tetto o ha la casa allagata, uno rinuncia in attesa di tempi migliori.
Le rivendite che stanno avendo maggiori soddisfazioni sono quelle che sono riuscite a organizzare al meglio la zona dell’accoglienza, soprattutto quando per il cliente, in particolar modo il privato, ha la possibilità di toccare con mano la qualità dei materiali, e magari può anche vedere a video le fasi della ristrutturazione.
La differenza fra entrare in un punto vendita organizzato o in un bazar oggi è davvero sostanziale.
Il discorso vale anche per il libero servizio, in particolar modo se accanto ai prodotti ci sono anche tutte le indicazioni possibili sulle sue proprietà e le informazioni sul suo utilizzo.
Si potrebbe riassumere il concetto affermando che le rivendite stanno diventando sempre più negozi e sempre meno magazzini, e anche questo, negli anni perché non è certo una evoluzione recente, è un processo di trasformazione che ha una sua continuità, supportata dal miglioramento delle vendite.
I dati del Cresme anticipano che questa situazione congiunturale rimarrà più o meno tale fino al 2027, poi gli scenari cambieranno.
In un paio di anni la distribuzione edile ha tutti gli elementi per ritagliarsi un ruolo sempre più importante all’interno della filiera. Purtroppo, non dipende tutto da noi (ma un po’ sì, vero?).
di Roberto Anghinoni