Riuscirà il taglio dei tassi deciso dal presidente della Bce, Mario Draghi, a far arrivare più soldi alle imprese? La speranza è l’ultima a morire. Ma non bisogna farsi troppe illusioni. Con il taglio dei tassi le banche europee potranno versare solo lo 0,25% di interessi alla Bce, ma continueranno a far pagare caro il denaro a chi glielo chiede. Il motivo st
Lo indicano i numeri. Nel 2011 nei portafogli delle banche erano depositati 251,6 miliardi in titoli di Stato. Nel 2012, dopo le operazioni di finanziamento della Bce le obbligazioni dello Stato italiano di proprietà degli istituti di credito sono salite a 356,7 miliardi. Quindi, oltre 100 miliardi sono stati impiegati per acquistare titoli e non a erogare finanziamenti. Non solo: nel 2013 questo portafoglio di Buoni del Tesoro si è ulteriormente gonfiato: secondo i dati della Banca centrale europea, gli istituti italiani hanno oggi in cassaforte oltre 420 miliardi in Bot e Btp. Riassumendo: in due anni le banche italiane hanno acquistato emissioni dello Stato per 170 miliardi, mentre gli impieghi verso famiglie e imprese sono drasticamente calati.
E torniamo al punto di partenza: la mossa di Mario Draghi è in un certo senso obbligata, perché non potendo allargare la base monetaria (per statuto) la Bce per dare fiato all’economia non può fare altro che abbassare il costo del denaro. Ma, allo stesso tempo, ha ragione anche il presidente della Bundesbank (la banca centrale tedesca) Jens Weidmann, che ha votato contro questa decisione nel consiglio di sorveglianza. I tedeschi sostengono che la liquidità fornita dalla Bce è utilizzata per sovvenzionare il debito pubblico dei Paesi più indebitati, come Italia e Spagna, come testimoniato dagli acquisti dei titoli di Stato appena citati. Si può dar loro torto?



