Dopo otto anni di crisi, una caduta che per più anni è stata a doppia cifra e ha fatto scendere i volumi di oltre il 30% (rispetto al 2010), le imprese delle costruzioni non sanno più che strada imboccare. Ne è una prova il conflitto scoppiato in seno alla principale associazione che riunisce le imprese, del settore, Ance. L’associazione, che fa parte di Confindustria, seppure con una ampia autonomia, è divisa al suo interno. Tanto che il suo presidente, Claudio De Albertis è pronto a dimettersi (https://youtradeweb.com/2016/02/de-albertis-lascia-la-presidenza-dellance/) se non si trova un’unità d’azione sulla strategia per portare il settore fuori dalla crisi. Dimissioni che hanno sorpreso molti anche per due aspetti: il primo è che De Albertis, milanese, è considerato molto in sintonia con il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. La seconda è che la sua elezione alla massima carica è ancora fresca, l’estate scorsa. È vero che Squinzi, legato a sua volta al mondo delle costruzioni (è il proprietario di Mapei) è in scadenza di mandato, ma il fronte interno di opposizione a De Albertis è sembrato a molti anche uno schiaffo diretto alla confederazione di Viale dell’Astronomia. Questo, però, è probabilmente un aspetto secondario. Quello che più importa, invece, è il conflitto interno tra le diverse anime di imprenditori. Nel corso dell’ultima riunione dell’Esecutivo, il presidente dell’Ance ha minacciato le dimissioni e di fronte al dibattito interno tra le diverse anime dell’associazione ha spiegato di voler andare avanti solo con un mandato pieno. De Albertis, secondo alcune fonti, vorrebbe premere l’acceleratore su un processo di riqualificazione degli edifici, in linea con il trend degli ultimi anni e con il dettato europeo (20-20-20) che punta sulla riduzione dei consumi energetici degli edifici. Un’altra parte di costruttori, invece, sembrerebbe più orientato a spingere per una ripresa massiccia di investimenti pubblici nelle grandi opere. Questa sintesi è ovviamente una semplificazione, ma è indicativa di quanta mancanza di strategia stia attraversando un settore che vede rinviare di anno in anno il traguardo della ripresa. È vero che l’Istat a novembre ha indicato a sorpresa una crescita robusta sia in termini mensili (+2,9%) che tendenziali (+3,8%), dopo mesi di segni meno. Ma certo è azzardato considerare questo dato come la porta di ingresso per una ripresa del settore.





