Aumentano dell’1,7% le società a rischio fallimento, specie al Sud

Aumenta dell’1,7% la percentuale di aziende a rischio fallimento. Lo rileva l’Osservatorio Rischio Imprese (Cerved) secondo cui è in atto un peggioramento nello stato di salute del sistema produttivo italiano, dopo la ripresa post-covid. Le situazioni più critiche al Centro-Sud, caratterizzato da settori fortemente penalizzati come il turismo, la ristorazione, l’edilizia e parte dell’ingrosso agroalimentare: Isernia, Sud della Sardegna, Matera, Foggia, Vibo Valentia, Cagliari, Crotone, Terni, Reggio Calabria, Messina, Siracusa, Cosenza e Roma tra le province a vario titolo più impattate.

Fonte: Cerved
Fonte: Cerved

Tra il 2021 e il 2022, secondo la rilevazione del Cerved, le società a rischio di default sono cresciute dal 14,4% al 16,1% a quota 99 mila unità (+11 mila), con 11 miliardi di euro in più di debiti finanziari ora pari a 107 miliardi (10,7% del totale). Restano però lontani i picchi del 2020, quando le aziende potenzialmente rischiose erano addirittura 134 mila (21,7%). L’inversione del trend preoccupa. Anche le società cosiddette vulnerabili nel triennio 2019-2022 sono passate dal 29,3% (181 mila) a 32,6% (201 mila), mentre i debiti finanziari crescono di altri 195,8 miliardi di euro (+28 miliardi), pari al 19,5% del totale.

    Sicurezza Solvibilità Vulnerabilità Rischio Totale
Agricoltura 2019 12,8% 40,9% 31,1% 15,2%                              9.577
2020 9,9% 40,0% 34,0% 16,1%
2021 16,0% 39,9% 30,6% 13,5%
2022 13,7% 40,2% 31,1% 15,0%
Costruzioni 2019 6,8% 38,3% 39,6% 15,3%                            95.457
2020 2,0% 25,4% 47,3% 25,4%
2021 9,3% 37,4% 38,1% 15,2%
2022 6,9% 33,3% 42,2% 17,6%
Industria 2019 28,9% 36,1% 25,1% 9,9%                            85.190
2020 12,1% 36,3% 32,0% 19,6%
2021 30,1% 35,3% 23,3% 11,3%
2022 26,2% 30,9% 30,4% 12,6%
Servizi 2019 17,7% 42,0% 27,8% 12,5%                          416.694
2020 12,4% 34,2% 32,0% 21,5%
2021 15,4% 39,9% 29,8% 14,9%
2022 14,8% 37,6% 30,9% 16,7%
Utility ed Energy 2019 15,7% 38,5% 30,8% 15,1%                            11.647
2020 11,3% 29,2% 36,4% 23,1%
2021 16,7% 40,4% 29,0% 13,8%
2022 14,8% 39,6% 30,6% 15,0%

Sul fronte occupazione sono oltre 3 milioni i lavoratori, quasi 1 su 3 (30,5%), impiegati in società a rischio. Anche le imprese fragili si trovano soprattutto al Sud, dove costituiscono addirittura il 60,1% del totale, aggravando il già ampio gap con il Nord.

Le province con i peggioramenti più significativi sono infatti Isernia, il Sud della Sardegna, Matera, Foggia e Cagliari (ma anche Roma), mentre quelle con la maggiore quota di aziende a rischio sono Crotone, Terni, la stessa Isernia, Reggio Calabria, Messina, Siracusa e Cosenza.

“Le stime si basano sull’analisi dell’andamento di 618.000 società di capitale nel periodo 2019-2022 – commenta Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved – valutato attraverso il Cerved Group Score, un indice di rischio che calcola le probabilità di default delle aziende in chiave prospettica. Le tempestive misure di salvaguardia adottate durate la pandemia hanno contribuito a mettere in sicurezza il sistema, e il forte rimbalzo delle performance economiche legate agli effetti del PNRR ha portato a disegnare scenari migliorativi. Tuttavia, le condizioni subentrate nei primi mesi del 2022 – l’aggravarsi dei rincari delle materie prime e il conflitto russo-ucraino, seguiti da inflazione, aumento del costo del debito, phasing out delle misure di sostegno – hanno purtroppo minato la capacità di tenuta di un sistema produttivo già debilitato”.

I macro-comparti più impattati risultano le costruzioni (dal 15,2% al 17,6% di società a rischio) e i servizi (dal 14,9% al 16,7%); a livello più disaggregato, i settori più colpiti rientrano nei servizi non finanziari (in particolare ristorazione e alberghi), nei trasporti (gestione aeroporti) e nell’industria pesante (siderurgia). Anche tra i primi 10 settori con la più alta quota di imprese a rischio, otto appartengono ai servizi: trasporti aerei (41,2%), parrucchieri e istituti di bellezza (37,8%), distribuzione al dettaglio nel ramo moda (36,4%). Quanto poi alle dimensioni, il peggioramento è più consistente tra le micro-imprese (dal 14,9% al 16,7% in area di rischio) e le piccole (dall’8,0% al 9,9%), già maggiormente colpite dalla pandemia e più esposte agli effetti dei rincari.

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