Edilizia: si cresce, ma non per crescere

Qualche mese fa si discorreva sulla situazione materiali/prezzi, alludendo alla precarietà della fornitura dei primi e della stabilità dei secondi. Ci eravamo detti di attendere qualche mese, per capire se la situazione si sarebbe tranquillizzata.

Il rientro dalle ferie, a quanto mi dicono, non ha dissipato i dubbi e, nel contempo, ha generato una evoluzione che potremmo definire anche non proprio positiva, seppure in una congiuntura di mercato potenzialmente favorevole.

La realtà, in molti casi, dice che i magazzini edili sono più o meno vuoti. Sempre in numerosi casi, i rifornimenti arriveranno il prossimo anno (e mancano circa tre mesi). Non è raro che si cerchino i materiali all’estero, e in questo caso scopriamo che in altri paesi europei le attenzioni alle normative non sono così dettagliate come da noi.

In sostanza, mancano certe garanzie che siamo abituati a rilasciare ai nostri clienti, quindi ci si muove con circospezione. Ancora, si fa sempre più diffusa la sensazione (vai con gli eufemismi…) che la carenza di prodotti sia un modo come un altro per far lievitare i prezzi.

Siamo così poco abituati a un mercato che mostri chiari segnali di vivacità che si cerca di guadagnare di più e subito. Così aumenta il costo delle materie prime, spesso in modo immotivato, aumentano i listini della produzione, in genere anche quelli della distribuzione e, alla fine, il privato paga per tutti, finché dura. Ovvero, fino a quando i bonus super o meno super renderanno conveniente la ristrutturazione della casa.

Artigiani e imprese, dal canto loro, subissati dalle richieste e non potendo umanamente accontentare tutti, hanno raddoppiato i costi delle prestazioni. La distribuzione edile – un mercato che un filino sta comunque rallentando, per i problemi sopra citati – dedica gran parte del suo tempo all’aggiornamento dei listini, e quindi dei preventivi, non potendo comunque garantire tempistiche certe. Il quadro, a grandi linee, è questo, anche dopo l’estate.

Probabilmente, il settore dell’edilizia, inteso come filiera produttiva, da questo periodo non esce particolarmente bene, anche se mi rifiuto di parlare di etica quando ci sono in gioco interessi economici: o una cosa, o l’altra.

Qualcuno potrebbe sostenere che, in considerazione del fatto che molte materie prime come per esempio legno e ferro sono state oggetto di fortissimi acquisti da parte di alcune potenze straniere, in qualche modo il governo italiano sarebbe potuto anche intervenire, come ha del resto fatto in altre occasioni, per differenti tipologie di prodotti.

Un minimo di onestà intellettuale mi fa comunque pensare che la filiera dell’edilizia dovrebbe come minimo fare un po’ autoanalisi e cercare una buona volta di capire perché si fa così fatica a crescere.

La politica va sollecitata, e le varie Associazioni di categoria dovrebbero fare la loro parte, ma ciò avviene solo in piccola parte. Per esempio, l’Ance ha recentemente sollecitato il governo affinché si attivi presso l’Unione Europea per sospendere i vincoli all’importazione dell’acciaio, anche perché nei porti di Marghera e Ravenna è bloccato da questi vincoli oltre mezzo milione di tonnellate di questo materiale.

Se dovessi definire il significato di incongruenza, userei questo fatto. Logico che in gioco ci sono i lavori piccoli e grandi che sono stati favoriti dai vari bonus, agevolazioni che però, come sappiamo, sono «a tempo determinato». E, a differenza degli eterni bonus ristrutturazione che ci sostengono da anni, per garantire il superbonus ci vogliono (tanti) denari che fra un po’ non ci saranno più, o che verranno dirottati da qualche altra parte.

Insomma, la situazione globale del settore dell’edilizia è decisamente complessa. Non è difficile immaginare che quest’anno, nonostante tutto, si chiuderà con segno positivo. Ma accontentarsi senza la convinzione che avremmo, tutti, potuto fare di più sarebbe davvero imperdonabile.

di Roberto Anghinoni (da YouTrade n. 122)

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