Come imparare l’arte del colore: intervista al decoratore Giorgio Napolitano, Anvides

Il colore è un universo di sensazioni e significati che varia di persona in persona, ma anche di contesto in contesto. Non sempre ciò che sta bene in un ambiente può essere replicato in un altro, e non sempre chi cerca un’atmosfera rilassante sceglie il verde o il blu.

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Giovanni Napolitano, decoratore professionista e vicepresidente di Anvides

«Si tratta di luoghi comuni. Ogni colore ha un significato diverso in base alla persona che lo percepisce», spiega Giovanni Napolitano, decoratore professionista e vicepresidente di Anvides, l’Associazione nazionale imprese di verniciatura, imbiancatura e finiture edili in genere.

«In più, un colore applicato a tinta unita non è lo stesso se presenta una trama decorativa. E, ancora, ogni colore, anche in base a come è applicato, influenza in modo diverso la percezione degli spazi. Insomma, il mio consiglio? Lasciare da parte false generalizzazioni, che portano spesso a fare degli errori, e farsi una cultura personale».

Domanda. Come in tutti gli ambiti professionali, anche per il colore è importante conoscere la materia. Ma, in concreto, per fare un buon lavoro di consulenza, un rivenditore che cosa deve tenere in considerazione?
Risposta. Si può partire da alcuni concetti di base. Per aiutare una persona a scegliere il colore giusto bisogna mettere in equilibrio tre elementi: innanzitutto il contesto, cioè l’ambiente in cui la tinta sarà applicata. In secondo luogo, la persona, cioè quali sensazioni il cliente vuole ricevere dall’ambiente in cui vive. E, infine, le caratteristiche del colore in sé e la sua texture. Tra questi tre elementi, credo che il più difficile sia imparare ad ascoltare le persone e capire come leggono le tinte, come le interpretano e le raccontano. Non esiste, infatti, un colore che va bene per tutti, e nessuna sfumatura è oggettiva, ma frutto di una percezione assolutamente soggettiva.

D. Quindi, che cosa fare per non sbagliare?
R. Non usare mai assoluti ed evitare di mettere il proprio mondo nelle case degli altri. È fondamentale lasciare da parte il proprio gusto personale e ascoltare attivamente il cliente, prendendo nota di come percepisce il colore proposto e l’effetto che gli suscita. In secondo luogo, mai guardare un colore fuori dal contesto, ma farsi aiutare da immagini di ambientazioni per capire che cosa piace al cliente e conoscere il luogo effettivo dove poi il prodotto sarà applicato. Fatto questo, si è già sulla strada giusta per non fare danni. Guardando all’aspetto intrinseco del colore, invece, per evitare di sbagliare, l’elemento più importante da tenere in considerazione è la saturazione. Non chiedersi, insomma, quale colore, ma quanto colore.

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D. Ci sono altre peculiarità da tenere in considerazione?
R. Oltre alla saturazione, il colore ha altre due caratteristiche, cioè la tonalità, la tinta vera e propria, e la sua propensione al bianco o al nero. Ci sono poi altri aspetti inerenti alla texture, allo spessore, all’effetto materico. Per aiutare un cliente a scegliere bisogna conoscere tutti questi elementi di base, oltre ovviamente alle singolarità dei vari prodotti. L’argomento è vasto, ma c’è anche tanto materiale disponibile e molti spunti possono essere colti da settori affini, quali l’interior design, l’home staging e l’architettura.

D. Che cosa propone Anvides per aumentare la cultura e la conoscenza della materia?
R. Il mercato richiede professionisti sempre più preparati e Anvides ha tutte le carte in regola per aiutare gli applicatori a crescere e valorizzarsi. L’associazione sta lavorando molto e si cominciano a vedere i primi frutti. Stiamo operando su diversi tavoli tecnici sul fronte della normativa, della certificazione, e siamo molto attivi anche sul fronte della formazione. Personalmente per Anvides sto preparando un corso sulla cultura del colore, ma al momento non è ancora in programma nel calendario ufficiale.

D. Anche l’applicatore fa la differenza sul risultato finale. Come scegliere il professionista giusto?
R. Un ottimo indizio sulla professionalità dell’applicatore è la sua padronanza di linguaggio. Deve saper utilizzare un linguaggio preciso, non particolarmente tecnico, ma comprensibile, usare termini appropriati che fanno trasparire una reale conoscenza della materia.

D. Ma esiste una certificazione che attesti le competenze di un pittore edile?
R. Sì, ed è l’unica vera garanzia. Tuttavia, attualmente, la certificazione non è così diffusa. Al momento l’unica riconosciuta a livello nazionale è la norma UNI 11704 del 2018. Il pittore edile certificato secondo questa normativa ha dovuto superare un esame che ne ha comprovato i requisiti di conoscenza, abilità e competenza. Purtroppo gli applicatori certificati in Italia sono ancora una percentuale irrisoria, molto lontana da ciò che Anvides auspica. L’associazione sta lavorando al massimo, ma servirebbe una grande sinergia tra tutte le parti della filiera, dalle aziende produttrici alle scuole edili, fino al mondo della progettazione, per far sì che la certificazione diventi una consuetudine.

D. Tornando al colore, quali sono le tendenze più attuali sul fronte delle cromie e delle texture?
R. Va ancora molto di moda la tendenza a caratterizzare una sola parete per locale, con colori pieni e intensi, trame particolari o con la tappezzeria, lasciando le altre pareti in tinta neutra. A livello di effetti sono di tendenza i metallici, i decorativi materici a spatola o le carte da parati. A livello di tinte, invece, il mercato si è indirizzato a favore dei toni del blu, del verde, della cipria, a scapito di colori come tabacco, corda, le varianti del sabbia, che andavano molto di moda qualche anno fa. Tinte più intense, ma comunque non eccessivamente sature.

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D. A livello economico com’è andato il mercato del colore lo scorso anno?
R. Il 2020 non è stato un anno completamente negativo. Come gli altri comparti ha subìto gli effetti della pandemia, ma in generale non possiamo lamentarci. Ci sono segmenti che hanno tenuto bene, soprattutto grazie agli incentivi fiscali messi in campo dal Governo, in particolare il bonus facciate, che ha portato un po’ di lavoro. Il superbonus 110% ha aggiunto un’intensa attività di progettazione, ma meno cantieri reali.

D. Quali scenari vede invece per il futuro?
R. Credo che il superbonus 110% porterà molto lavoro per l’edilizia, e in primavera ed estate partiranno numerosi cantieri, anche se i suoi effetti non saranno così impattanti per le imprese di verniciatura e di prodotti vernicianti. Diciamo che, orientandosi verso la riqualificazione dell’edificio, anche il nostro settore potrà beneficiarne. Resta il problema del fermo del turismo e della ristorazione: il livello di manutenzione in questo tipo di edifici, deputati all’accoglienza e all’ospitalità, era infatti un punto fermo per il nostro settore. Il perdurare della chiusura di queste attività sta diventando un fattore penalizzante anche per le nostre imprese.

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