Unicmi in campo chiede misure per l’emergenza coronavirus

Unicmi, organizzazione che associa le più rappresentative imprese italiane dei comparti dell’involucro edilizio (facciate continue, pannelli grecati e serramenti metallici) e delle costruzioni metalliche (sistemi e strutture in acciaio, dispositivi per infrastrutture di mobilità), imprese impiegate in numero sostanziale negli Appalti Pubblici, ovvero nel segmento economico che movimenta oltre 23 miliardi di euro nel nostro Paese, lancia un appello al governo. E presenta alcune richieste per far fronte all’emergenza coronavirus, che sta mettendo a dura prova le aziende.

In particolare, Unicmi chiede un intervento da inserire nel decreto legge che deve essere successivamente approvato dal Parlamento, su tre problematiche.

1. Intervento legislativo sul Codice degli Appalti (articolo 35, comma 18, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e successive modificazioni) che preveda l’anticipazione dell’erogazione della prima rata sul prezzo contrattuale entro 15 giorni dall’effettivo inizio dei lavori, previa costituzione di garanzia fideiussoria, anche se in carenza di stipula del contratto, ma con consegna avvenuta “sotto riserve di legge” con contestuale aumento della prima rata dall’attuale 20 al 30% per tutti i contratti in essere e quelli a venire. Con queste due misure si assicurerebbe -a spesa finale zero da parte dello Stato- la necessaria liquidità alle Aziende in un periodo di sostanziale fermo produttivo, garantendo in questo modo la sopravvivenza e l’operatività delle stesse nel momento in cui sarà superata l’emergenza Covid19 e potranno essere riaperti i cantieri in assoluta sicurezza.

2. Necessità di una proroga delle scadenze temporali inserite nei contratti pubblici di appalto in essere commisurata almeno alla durata dei giorni di blocco subiti. Infatti, se da un lato l’art. 1218 cc recita “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”, dall’altro l’art. 1223 dispone “Il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”.

In sintesi qualora vi dovessero essere ritardi od omessi adempimenti, relativamente a questo periodo, oltre agli enormi problemi logistici di consegna del materiale da parte di Aziende fornitrici nazionali o estere, si potrà sempre invocare l’impossibilità della prestazione per rispetto delle misure di contenimento di cui al DL 6/2020 in tema di “ misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”; In altre parole tra l’altro l’eventuale carenze di mascherine, da considerarsi

DPI ex Decreto Legislativo 81/2008,, in ambienti di lavoro in cui sia oggettivamente impossibile mantenere la distanza interpersonale di un metro, potrà essere invocata, per contrastare eventuali penali per ritardata ultimazione, chiaramente se afferenti il periodo emergenziale., e quindi anche per domandare ed ottenere la sospensione dei lavori nell’attuale fase. Per evitare inevitabili contenziosi che intaserebbero mesi i tribunali amministrativi riteniamo dunque fondamentale che l’Esecutivo fissi una proroga generalizzata di almeno 30 giorni di tutte le scadenze temporali inserite nei contratti pubblici di appalto del settore costruzioni.

3. Necessità del riconoscimento nei contratti per appalti pubblici del settore delle costruzioni dei maggiori oneri a carico delle Imprese legati al rispetto delle nuove normative di prevenzione della diffusione del contagio da COVID19 nei cantieri. Tutte le imprese attualmente impegnate nei cantieri “strategici” (mobilità stradale e ferroviaria, manutenzione presidi ospedalieri, etc.) devono adottare misure e comportamenti che oltre a determinare una dilatazione temporale nell’esecuzione dei lavori, causano un incremento stimabile in una percentuale fino al 20% sul valore della commessa. Appare dunque inevitabile che l’Esecutivo intervenga con un provvedimento ad hoc che eviti che tali maggiori oneri siano a totale carico delle Imprese.

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