Il governo blocca la seconda parte del Piano per le periferie

    Lo aveva promosso un tecnico insospettabile, Renzo Piano. Il grande architetto si era speso per spingere un grande piano di riqualificazione delle periferie. E l’idea era stata accolta con interesse sia dai cittadini che dalle imprese. Ma ora il governo ha deciso di bloccare la seconda tranche del Piano periferie che era stata approvata dai governi Renzi e Gentiloni. I piani per la riqualificazione delle aree periferiche era stata già finanziata per 2,1 miliardi dallo Stato, con ricadute calcolate in 3,9 miliardi grazie ai co-finanziamenti. Le prime 24 convenzioni tra la presidenza del Consiglio e i Comuni capoluogo erano state firmate lo scorso 6 marzo. Ma l’idea non piace al nuovo esecutivo, che ha deciso uno stop di due anni, poi si vedrà, per la seconda tranche di 96 convenzioni. Non è un affare da poco, visto questa seconda parte del piano è finanziata per 1,5 miliardi, più altri 1,4 di co-finanziamenti (tra enti locali e privati). 

    La decisione di bloccare tutto non è stata esplicitata con comunicati ad hoc: è tutto passato sotto silenzio, con un  emendamento (per la precisione il 13.2, testo 2), approvato nel grande calderone del Milleproroghe. La norma approvata stabilisce che i Comuni debbano «rimodulare gli impegni di spesa e i connessi pagamenti». Tra due anni. Una mossa che alcuni interpretano con la necessità di reperire fondi per finanziare flat-tax e reddito di cittadinanza da inserire nella prossima legge di Stabilità.

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