Nel 2015 investimenti nelle rinnovabili aumentati del 31,5%

La mutazione tecnologica e strategica delle utility in Europa? Tutta colpa, o merito, delle rinnovabili, che stanno cambiando radicalmente il settore energetico, ormai maturo, e che hanno fatto crescere anche le aziende italiane, impegnate a investire sempre di più nei mercati emergenti con nuovi modelli di business e di consumo. È quanto emerge dalla nuova edizione del Rapporto annuale Irex, dal titolo La trasformazione dell’industria italiana delle rinnovabili tra integrazione e internazionalizzazione, realizzato dagli analisti di Althesys, coordinati da Alessandro Marangon. Le rinnovabili hanno un ruolo centrale e competitivo rispetto alla generazione tradizionale perché congiunte all’efficienza energetica e a nuovi servizi sono un tassello fondamentale della digitalizzazione delle reti elettriche. E dunque non stupisce che nel 2015 le risorse economiche impiegate nelle rinnovabili siano aumentate del 31,5%, rispetto al 2014, a 9,9 miliardi pari a 6.231 Mw, e nuovi progetti e impianti abbiano generato 2.402 Mw e 3,77 miliardi di investimenti. Di questi volumi i due terzi delle operazioni sono stati effettuati all’estero, mentre le operazioni straordinarie si sono focalizzate per il 75% sul mercato domestico ( il 51% acquisizioni).

Nel futuro mercato elettrico del Paese, gli analisti vedono una produzione diffusa con impianti di piccola taglia, il cui sviluppo è favorito dalla capacità innovativa della filiera tecnologica italiana, che sta crescendo: da un lato nicchie come il mini idroelettrico, dall’altro le smart grid, degli accumuli, dell’efficienza energetica. Un comparto di aziende elettriche sul territorio, in qualche caso favorite anche dalle sperimentazione di grandi realtà come Enel, il cui sviluppo potrebbe essere promettente. Ma il report rileva che le aziende italiane crescono soprattutto all’estero questo perché in Italia il mercato è saturo e perché gli incentivi sono terminati. Non a caso i primi dieci player per potenza in Italia hanno effettuato il 46% degli investimenti, con il 51% della potenza.

Le operazioni estere sono il 46%, con 2.961 MW censiti, soprattutto di impianti eolici, e sono localizzate in larga parte in Centro-Sud America (28% per 1.604 MW di potenza) e in Africa (20%, con 1.357 MW), mentre l’Europa appare stabile. Lo studio si focalizza su alcuni dei Paesi più promettenti: tra questi Brasile, Cile, Perù, Stati Uniti, Messico, Marocco, Egitto, India, Giappone e Turchia. Eppure, si legge nella relazione, se in Italia le norme per l’autorizzazione al rinnovamento degli impianti fossero più semplici, nel segmento eolico e idroelettrico si potrebbe aumentare di quasi il 50% la produzione senza la necessità di costruire nuovi parchi. Basterebbe rinnovare quelli esistenti, evitando di consumare anche un solo un metro quadro di prato verde in più. Anzi, l’ammodernamento porta alla riduzione id quelli esistenti.

Inoltre, l’eolico, che incide per il 67,6% della potenza autorizzata e installata nel 2015 e traina la crescita interna, mostra ancora una buona profittabilità nella maggior parte dei Paesi europei. In discesa, invece, le operazioni nel fotovoltaico, che contribuiscono per il 19% alla crescita interna, per un totale di 359 Mw (-35% rispetto al 2014), tutte localizzate all’estero. Continuano a diminuire anche gli investimenti in impianti a biomasse, con un calo della potenza mappata del 56%. Scompare di fatto il biogas, oramai limitato solo all’installazione di piccoli impianti, mentre il biometano ha sofferto il lungo iter legislativo e non riesce ancora a decollare. Aumentano gli investimenti nell’idroelettrico, con 401 Mw contro i 105 del 2014, sviluppati quasi esclusivamente all’estero, essendo il 17% della potenza realizzata fuori Italia.parco-eolico

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