Le preoccupazioni delle imprese per il calo demografico non vanno sottovalutate. L’edilizia, per esempio, sa bene che meno figli significa anche meno nuove costruzioni e appartamenti più piccoli. Ma non solo. Perché il problema è sistemico, a cominciare dal riflesso sul sistema di previdenza: chi pagherà le pensioni ai giovani di oggi e anziani di domani? A questo si aggiunge il dato più specificatamente concreto dell’impatto della crisi demografica sull’occupazione. E se l’argomento vi sembra noioso, leggete gli ultimi dati del sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere in collaborazione con il ministero del Lavoro.
Il Sistema informativo Excelsior fornisce annualmente i dati di previsione sull’andamento del mercato del lavoro e sui fabbisogni professionali e formativi. Secondo la nuova analisi, entro il 2029 le imprese avranno necessità fino a 3,7 milioni di lavoratori, in gran parte per rimpiazzare quelli che vanno in pensione, mentre sarebbero 679 mila i nuovi occupati, ridotti a 237 mila unità in uno scenario negativo. La cifra complessiva, quindi, potrebbe ridursi a 3,3 milioni se l’economia dovesse stentare, ma il concetto non cambia.
Excelsior ha calcolato anche in quali settori saranno necessarie le nuove risorse: per l’industria si tratta di di 755 mila in uno scenario negativo o di 873.000 addetti se positivo. I servizi richiederanno tra 2,4 e 2,7 milioni di ingressi.
Ma, ecco il punto: il sistema informativo di Unioncamere prevede anche non ci saranno abbastanza italiani per coprire quelle posizioni. Excelsior calcola che entro il 2029 ci sarà un fabbisogno di circa 617 mila lavoratori stranieri da parte delle imprese private, circa oltre un quinto della domanda (21,1%). Non solo: ci sono settori dove, sempre secondo l’analisi, ci sarà più necessità di stranieri. In prima fila ci sono costruzioni e infrastrutture con circa un terzo (29,4%) e per il legno e arredo si arriva al 27,8%. A seguire l’agricoltura (34,3%) e industria (28,1%), moda (47,1%), mobilità e logistica (33%), agroalimentare (31,8%).
Numeri su cui sarebbe bene riflettere sia sotto il profilo legislativo e normativo, sia sotto quello dell’impatto sociale. Da una parte le resistenze a un aumento dell’immigrazione, dall’altra la richiesta di manodopera che non è soddisfatta dai cittadini italiani. Un rebus non semplice da risolvere per i decisori, ma che andrebbe spiegato non solo a slogan elettorali.