Arriva la stagione delle vacanze al mare, della spiaggia, delle passeggiate in montagna. Quindi, chi mai ha voglia di ricordare quello che è successo in autunno? Pochi. Eppure, sarebbe bene pensare a quello che succederà di nuovo a novembre o anche prima, vista la maggiore intensità dei fenomeni atmosferici. Perché è quando c’è il sole chi bisogna prepararsi alla pioggia. Intendiamoci: nessuno vuole portare jella. È che immaginare i disastri idrogeologici come un fenomeno sfortunato, che può fatalmente capitare (leggi: succederà a un altro, non a me), è proprio sbagliato. L’Italia ha un magnifico territorio colabrodo che si sgretola e farebbe bene a investire più risorse per prevenire alluvioni e frane che, comunque arriveranno puntuali come le tasse. Ma ci si pensa sempre a disastro avvenuto.
Eppure, basterebbe riguardare il film degli anni scorsi con le alluvioni in Emilia o le frane che hanno travolto Ischia (altro disastro già passato nel dimenticatoio), le esondazioni che hanno affogato la Toscana. Eppure l’Ispra ha messo a disposizione di tutti la mappa aggiornata del pericolo. In breve: il 93,9% dei comuni italiani (7.423) è a rischio per frane, alluvioni e/o erosione costiera. Circa 1,3 milioni di abitanti possono essere coinvolti in frane e 6,8 milioni di abitanti a rischio alluvioni. Le regioni con i valori più elevati di popolazione a rischio frane e alluvioni sono Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia, e Liguria. Le famiglie a in potenziale pericolo sono quasi 548 mila per frane e oltre 2,9 milioni per alluvioni. Su un totale di oltre 14,5 milioni di edifici, quelli che si trovano in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono oltre 565 mila (3,9%), quelli in aree inondabili nello scenario medio sono oltre 1,5 milioni. E si parla di danni diretti alle popolazioni. Ma vogliamo aggiungere anche quelli alle imprese e al patrimonio culturale che, anche a essere insensibili all’arte, è quello che attrae turismo, quindi business?
Decisori pubblici, distributori, imprese di costruzione e tutti gli stakeholder sanno che si può migliorare. Eliminare la conformazione geologica dell’Italia, insidiata maggiormente dal cambiamento climatico, è impossibile. Ma ridurre i danni è, o dovrebbe essere, obbligatorio. E questo passa anche, occorre ricordarlo, attraverso una migliore capacità di spesa delle Regioni e dello Stato. Autonomia non significa non essere responsabili davanti a un Paese della propria amministrazione. I fondi non impiegati per incapacità di progettare, di appaltare, di prevedere, non sono ammissibili. Le opere di prevenzione del dissesto sono opere speciali perché servono a prevenire danni speciali. Non possono essere dimenticate per convenienza o incapacità. Il supplemento dedicato al drenaggio serve anche a ricordare questo.