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Cemento, design e Olimpo greco

Dall’incontro della matita di Carlo Piccinelli, designer e architetto, con i.design Effiw di Italcementi nasce Robo, in esclusiva per gli showroom habiMat. Robo è allo stesso tempo uno sgabello, un contenitore, un piano d’appoggio o semplicemente un complemento d’arredo per qualsiasi ambiente della casa. Un oggetto d’arredo pratico, versatile, creativo ed elegante. Il nome è un omaggio al designer Joe Colombo, che negli anni Sessanta progettò un carrello porta oggetti chiamato Robo.

Le sei diverse versioni di colori sono state pensate con i nomi delle divinità dell’Olimpo, perché la mitologia greca rappresenta ciò che dura nel tempo e che fa parte del nostro immaginario e li dei sono la personificazione delle passioni dell’uomo. Ecco che Robo unisce materia e stile personale, mettendo al centro le esigenze del cliente.

 

Il materiale da cui nasce, i.design Effix, ovvero il cemento per la creatività, è a elevate prestazioni meccaniche ed estetiche studiato per la realizzazione di elementi di ricercata valenza estetica per scopi architettonici e decorativi. La colorazione di base “avorio”, con l’aggiunta di particolari pigmenti, consente di ottenere vari effetti colorati.

Robo è solo un esempio di quello che è possibile realizzare oggi con questo tipo di materiale, grazie anche alla consulenza degli showroom habiMat.

 

Il cemento fresco viene semplicemente versato in stampi o casseforme e richiede unicamente processi di stagionatura usuali per i materiali cementizi per sviluppare le sue proprietà.

In questo modo è possibile soddisfare le esigenze dei clienti che possono spaziare con la fantasia e studiare insieme alla consulenza degli showroom habiMat nuove forme per arredare la propria casa.

Mutui, oltre il 5% li chiede per ristrutturare

La richiesta di mutui stenta a riprendere. Ma cresce la percentuale di italiani che chiedono un mutuo a tasso variabile: nel secondo semestre del 2013 sono infatti passati dal 59,3% del secondo semestre del 2012 al 64,3% dell’ultimo semestre del 2013. Inoltre, il 37,7% ha scelto una durata tra i 30-40 anni. Secondo l’Osservatorio di MutuiOnline, inoltre, il 70,3% delle richieste di erogazione sono motivate dall’acquisto della prima casa, mentre l’8,5% sono per l’acquisto di un secondo immobile. Il 5,3% dei richiedenti specifica come motivazione la ristrutturazione/costruzione, mentre il 13,8% fa domanda di un mutuo per sostituzione/surroga. Altri dati riguardano l’importo medio concesso: da gennaio a dicembre 2013 è stato di 124.174 euro, in calo rispetto al secondo semestre del 2012. Sempre secondo l’Osservatorio, la richiesta di mutui ammonta al 35,2% per le classi di Loan-to-Value (cioè il rapporto fra il mutuo richiesto e il valore dell’immobile) tra il 70-80% del valore dell’immobile, in aumento di circa 5 punti percentuali rispetto al semestre 2012. A livello di localizzazione geografica si mantengono i valori dei semestri precedenti con più del 40% delle richieste provenienti dal Nord Italia, il 37,7% dal Centro, il 14,4% dal Sud e il 7,3% dalle Isole. 

La Cina supera la Ue in ricerca e sviluppo

La Cina non è più, da tempo, solo la fabbrica del mondo, una grande area in cui produrre a poco prezzo. E non è più nemmeno la patria della copia, dove i prodotti occidentali sono inesorabilmente riprodotti aggirando i brevetti. Lo dimostra una ricerca dell’Ocse, secondo cui la Cina ha superato i 28 Stati membri della Ue dal punto di vista della percentuale di investimenti in ricerca e sviluppo. La percentuale di soldi investiti in R&S, infatti, rispetto al prodotto interno lordo è arrivata a Pechino e dintorni a quota 1,98%, mentre resta a 1,96% per i Paesi della Ue. Gli investimenti cinesi in ricerca e sviluppo sono triplicati dal 1998, mentre in Europa, ma anche in Usa e Giappone, i fondi stanziati da Stati e imprese sono rallentati. Se considerata per valore, però, la spesa in ricerca e sviluppo cinese resta ancora di  un terzo più bassa rispetto a quella europea.

Due new entry al vertice di Prelios

New entry in uno dei più grossi gruppi immobiliari italiani: Prelios. Piercarlo Rolando (foto) e Nicola Cardona entrano nel gruppo con incarichi di spicco. Rolando è stato nominato responsabile strategia e sviluppo dei servizi immobiliari, mentre a Cardona va lo sviluppo del business di Prelios Integra, società controllata che riunisce i servizi integrati in Italia. Laureato in architettura al Politecnico di Torino e specializzato in Real Estate Asset Management con un master al Corep di Torino e Sda Bocconi di Milano, Rolando nel 1992 è entrato nel gruppo internazionale Reag (Real Estate Advisory Group) – American Appraisal, dove in oltre vent’anni ha ricoperto incarichi di crescente rilievo, fino alla nomina di direttore generale e deputy managing director. Cardona, dopo un’esperienza in Cb Richard Ellis in qualità di area manager, è entrato nel gruppo Reag nel 2006, ricoprendo negli anni ruoli differenti tra cui general manager della divisione Engineering & Corporate Real Estate dal 2010. Dal 2013, ricopriva la carica di chief operating officer per la divisione Reag Professional Services Area. 

Una schiarita per gli immobili montani

Meno nubi sul mercato immobilare delle case in montagna. Il sole non brilla ancora, ma qualche segnale di ripresa c’è. Lo segnala Tecnocasa, secondo cui i prezzi delle abitazioni di villeggiatura sui monti nei primi sei mesi del 2013, sono risultati ancora in ribasso, ma meno che nel 2012. La regione dove il ribasso è stato più forte è il Piemonte, che ha chiuso il semestre con una diminuzione del 3,8%. A seguire i comuni del Trentino Alto Adige, che hanno visto le quotazioni contrarsi del 3,1%. Le località della Valle d’Aosta segnalano un ribasso minore, dell’1,9%, mentre quelle dell’Abruzzo sono rimaste stabili. Si confermano alcune tendenze emerse negli anni scorsi: generalizzata diminuzione della disponibilità di spesa, un interesse per le località minori o per le zone dove poter acquistare a prezzi più contenuti. Per lo stesso motivo hanno appeal anche le soluzioni da ristrutturare. Il bilocale e il piccolo trilocale costruiti in stile montano attirano sempre i potenziali acquirenti. Si confermano come le più apprezzate le zone servite, vicine agli impianti e in posizioni soleggiate. 

Edildazzi: oltre l’edilizia tradizionale

Edildazzi rivenditore

Con un occhio rivolto al futuro, EdilDazzi di Puos d’Alpago, in provincia di Belluno, ha deciso di investire sui prodotti pensati anche per il cliente privato. Ceramiche, arredo bagno e pavimenti, ferramenta, colori,  elettrodomestici e stufe, fai-da-te stanno diventando l’anima di un’azienda che vuole guardare oltre l’edilizia tradizionale, rispondendo alle nuove esigenze del mercato. I prodotti sono ampiamente rappresentati nello showroom che la rivendita ha aperto subito dopo il trasferimento nella sede attuale di Puos d’Alpago, circa vent’anni fa.

 

«La nostra attività ha deciso negli ultimi di specializzarsi sempre di più su questo genere di prodotti – dichiara il titolare Enrico Dazzi – cercando di abbandonare pian piano quelli legati all’edilizia pesante, per i quali non ci sono più grandi richieste. Il settore delle costruzioni attualmente è legato alle ristrutturazioni e riparazioni in fabbricati esistenti, quindi abbiamo deciso di investire sul potenziamento di alcuni comparti quali l’isolamento, le attrezzature e le finiture, e tutto ciò che interessa la riqualificazione e l’adeguamento degli edifici alle nuove normative».

 

Con un’esperienza trentennale sul mercato, EdilDazzi è un’impresa a carattere famigliare, aderente al gruppo d’acquisto MecStore, di cui lo stesso Dazzi è presidente. «Mettersi insieme, soprattutto in questo momento difficile, è una strategia efficace per aumentare la propria portata sul mercato – dichiara il titolare di EdilDazzi –. La nostra struttura, ad esempio, all’interno di MecStore sta portando avanti una serie di campagne pubblicitarie e promozionali. Da sola non avrebbe, infatti, la possibilità di realizzare un piano di marketing abbastanza incisivo per affrontare anche la numerosa concorrenza di magazzini edili presenti sul territorio. L’appartenenza a un gruppo inoltre ci permette di trasferire al di fuori dell’azienda i costi degli acquisti e per la gestione dei fornitori, rendendo più snella la nostra organizzazione».

 

Attraverso il gruppo d’acquisto MecStore, EdilDazzi organizza anche attività di formazione e presentazione delle ultime novità di prodotto. «Sono moltissimi i clienti che arrivano in punto vendita con le idee già chiare – spiega Dazzi –. In un mercato che non offre più i presupposti per la costruzione di nuove case, l’unica cosa che rimane da fare ai rivenditore di materiali edili è quella di cercare di affinare il rapporto con i clienti, capire e soddisfare le esigenze del privato, e fare promozione sul territorio».

Edildazzi rivenditore

Lighting design: come t’illumino il negozio

Viola Ferrario Philips LightingE luce fu! Dio sicuramente fece grande la sua impresa, ma nel loro piccolo anche i retailer possono fare miracoli proprio grazie all’uso sapiente dell’illuminazione. Può sembrare un elemento trascurabile, ma così non è. Perché nel punto vendita un corretto lighting design può addirittura concorrere ad aumentare le vendite.

 

«La rivoluzione del paradigma dell’illuminazione all’interno del punto vendita si esplicita nella funzionalità della luce come driver per le performance di vendita – dichiara Viola Ferrario, marketing manager Italy, Israel & Greece di Philips Lighting –. Una buona illuminazione migliora, infatti, la percezione del prodotto per il cliente finale, rafforzando allo stesso tempo anche la riconoscibilità e i valori del brand. Inoltre, il successo nel settore della vendita al dettaglio dipende anche dalla capacità di creare un ambiente nel quale i clienti possano essere calati in una vera e propria esperienza di acquisto, che coinvolga il consumatore secondo un approccio multisensoriale».

 

La luce diventa quindi protagonista, assumendo una veste non solo funzionale ma anche, e soprattutto, comunicativa. «Nel caso degli spazi destinati alla vendita possiamo articolare la funzione dell’illuminazione in almeno tre componenti principali: mettere a proprio agio il cliente, rafforzare l’immagine del punto vendita, mettere in risalto le qualità dei prodotti – dichiara Piergiovanni Ceregioli, direttore del CS&R (Centro Studi e Ricerche) iGuzzini di Recanati (MC). Per questo occorre uno specialista dell’illuminazione, un lighting designer in grado di definire un’adeguata regia luminosa in linea con il progetto architettonico e l’allestimento degli spazi del negozio. Occorre inoltre conoscere bene i prodotti in vendita per scegliere il tipo di tonalità della luce che, ad esempio, ne esalti i colori o le forme».

Con un occhio, però, sempre attento al portafoglio: «Non bisogna dimenticare che il negozio è un’attività commerciale che deve contenere i costi di gestione, quindi è importante che le soluzioni tecniche adottate per l’illuminazione riducano i costi di gestione ed in particolare riducano il consumo energetico», sottolinea Piergiovanni Ceregioli di iGuzzini. D’accordo anche Viola Ferrario di Philips Lighting: «Il tutto va realizzato nell’ottica dell’efficientamento energetico, da considerarsi oramai come condicio sine qua non di ogni intervento illuminotecnico. Infatti, l’incidenza energetica correlata ad una corretta illuminazione, per quanto riguarda le grandi superfici, può variare dal 25 al 35 % di tutto il consumo del punto vendita e, in alcuni casi, anche di più. Mentre, per le piccole superfici, con le nuove soluzioni disponibili si arriva a superare anche il 50% di risparmio energetico».

 

Fare magie con la luce non è una missione impossibile, ma un’arte che può essere padroneggiata con un’adeguata formazione, tecnica e progettuale, che prevede l’istituzione di vere e proprie scuole. «Il progetto Lightcampus, lanciato da iGuzzini nel 2002, ha lo scopo di promuovere la cultura della luce e il valore di una corretta illuminazione, mettendo a disposizione degli operatori, dall’installatore all’architetto, le esperienze e le ricerche nel campo dell’illuminazione artificiale tramite il sito web dell’azienda. Il progetto ha negli anni già raccolto circa 10.000 iscritti».Sviluppata in collaborazione con Nautes, la piattaforma Lightcampus permette di partecipare a delle vere e proprie lezioni tecnico-normative e accedere ad una serie di laboratori virtuali che consentono di verificare e sperimentare le teorie acquisite all’interno di ambienti simulati. Nella sede iGuzzini, inoltre, sin dal 1984 vengono tenuti dei corsi di formazione, a cui da poco è stato dedicato il nuovo edificio “Light Laboratory”, progettato dall’architetto Maurizio Varratta, dove sono riuniti laboratori dimostrativi, aule e sale conferenza.

EATALY-Philips-Lighting

 

Anche Philips Lighting propone un interessante programma formativo che ogni anno riunisce oltre 3.000 partecipanti provenienti dal mondo dell’illuminazione, con oltre 100 giornate dedicate. «La Philips Lighting University è una struttura unica nel suo genere. I docenti sono professionisti altamente preparati e i temi spaziano in maniera globale sul mondo della luce e dell’illuminotecnica (dall’illuminazione degli uffici a quella dei negozi, dall’illuminazione architettonica agli alberghi, dalla tecnologia Led alla sostenibilità) – afferma Viola Ferrario –. L’aspetto innovativo della formazione offerta sono i canali utilizzati: vengono infatti sfruttate nuove tecnologie che mettono a disposizione specifiche modalità di apprendimento, studiate in base alle proprie esigenze, come i moduli interattivi di eLearning, podcast, Webinar, ebook e mobileLearning».

 

COME ILLUMINARE AL MEGLIO IL NEGOZIO
«Ogni situazione ha necessità di prestazione illuminotecniche specifiche – spiega Piergiovanni Ceregioli di iGuzzini –.In estrema sintesi potremmo dire che l’illuminazione generale deve permettere al cliente di orientarsi nell’ambiente e percepire il giusto comfort. Per l’illuminazione dei prodotti occorrono delle luci orientabili e in centri casi inseribili negli elementi di arredo, come vetrine, scaffalature, nicchie. Particolare attenzione va posta a che le luci non rovinino le merci per l’eccessivo calore delle lampade, o che sbiadiscano i colori per la presenza di raggi ultravioletti. Da evitare soprattutto gli effetti abbaglianti, spesso prodotti da proiettori mal posizionati. Per questo motivo gli apparecchi destinati a questo uso sono dotati di riflettori e schermi che eliminano effetti abbaglianti». «Gli apparecchi – aggiunge Ceregioli – devono poi avere sorgenti luminose con diverse tonalità sia calde che fredde, che tecnicamente si definiscono temperature di colore e si misurano in gradi kelvin (K). Nei negozi si usano normalmente temperature che vanno dai 3000K per le lampade alogene (tonalità calda) fino a 4500 K, per le lampade fluorescenti, cosiddette al neon (tonalità fredda). Ogni merce ha necessità della sua tonalità corretta. Oggi la sorgente migliore per i negozi è il LED ed un produttore serio deve avere nel proprio catalogo per ciascun apparecchio le principali tonalità». Da non dimenticare poi colori: «Gli effetti scenografici sono sicuramente realizzati con i colori e quindi occorre mettere a disposizione apparecchi che creino questi effetti. Oggi abbiamo apparecchi a LED che permettono di produrre in ogni singolo prodotto un numero infinito di sfumature colore grazie alla tecnologia RGB e l’uso di sistemi di controllo computerizzati – afferma Ceregioli -. Esistono poi apparecchi che creano delle lame di luce, linee luminose, effetti di controluce per personalizzare ulteriormente lo spazio».

Foto anteprima: photo credit: matteotarenghi via photopin cc

Fotovoltaico e immobili, novità dal fisco

Stop alla confusione sul fotovoltaico. La circolare n. 36/E del 19 dicembre scorso dell’Agenzia scioglie i dubbi sul regime fiscale degli impianti installati. Il problema era, infatti, stabilire la corretta qualifica mobiliare o immobiliare degli impianti fotovoltaici. Ecco le conclusioni: si considerano beni immobili quando gli impianti costituiscono una centrale di produzione di energia elettrica che può essere autonomamente censita nella categoria catastale D/1 «opifici» oppure D/10 «fabbricati per funzioni produttive connesse ad attività agricole», nel caso in cui abbiano i requisiti di ruralità. Allo stesso modo, l’Agenzia considera immobili gli impianti installati su tetti o pareti di un immobile. In questo caso, quindi, c’è l’obbligo di dichiarare una variazione catastale. Ma questa dichiarazione è necessaria solo quando l’impianto incrementa il valore capitale (o la redditività ordinaria) oltre il 15%. Al contrario, gli impianti sono considerati beni mobili quando non è necessario dichiararli al Catasto né autonomamente né come variazione dell’unità immobiliare di cui fanno parte perché rispettano specifici requisiti in termini di potenza e dimensioni.

Tasse sulla casa, il caos costa di più

L’anno nuovo riparte nel modo vecchio: con vecchie nuove tasse. E, tanto per cambiare, nel mirino c’è la casa. Il governo e il Parlamento dovranno, come primo atto, risolvere il rebus di aliquote e detrazioni, tra Imu e Tasi. Qualsiasi decisione prenderanno, oltre a pesare sulle tasche dei cittadini il fisco graverà anche sul tempo impiegato per applicare i nuovi criteri di tassazione. Non si va molto lontani nel pensare che se si fosse lasciata in vigore la tanto criticata Ici ora non saremmo qui a dover calcolare di nuovo gli euro da versare ai Comuni. Inoltre, lo sforzo per ricalcolare le tasse fondiarie, travestite da imposte sui servizi erogati, aumenta nei cittadini la percezione di un prelievo ingiusto, anche perché da anni buona parte della politica sostiene a gran voce nelle piazze che la casa è un diritto che non va tassato (ma poi in Parlamento qualcuno approva l’Imu). Insomma, il continuo cambiamento rende ancora più sgradevole e complicato il saldo all’erario da parte dei proprietari di immobili.

Eppure la tassa sulla casa c’è in tutti i Paesi occidentali, solo che è la stessa tutti gli anni. Dla Piper recentemente ha messo a confronto il peso dell’imposizione fondiaria in cinque città europee, cercando di uniformare le caratteristiche degli immobili: sono state considerate Londra, Milano, Francoforte, Madrid e Parigi. Risultato: un proprietario di casa a Francoforte versa allo Stato molto più del suo corrispettivo milanese: 8.652 euro contro 4.996 euro tra imposta su reddito fondiario e quella sugli immobili (che è circa come la nostra Imu). Anche in Francia e Gran Bretagna il prelievo fiscale sugli immobili è più pesante che in Italia: 8.060 euro a Parigi e 6.777 a Londra. Chi vuole pagare meno tasse può invece rifugiarsi a Madrid, dove il prelievo sulla casa è, nel caso esaminato, di 3.607 euro complessivi, dunque minore di quello di Milano. Infine, va aggiunto un aspetto non secondario: le imposte sulla casa (eccetto la Spagna) pesano di più, ma gli immobili locati rendono anche molto di più che in Italia. Forse non cambiare tutti gli anni il modo di tassazione aiuta, alla fine, anche i proprietari.  

Zanutta Fadalti: la casa dalla A alla Z

Aziende da sempre forti arrivano a cessare la propria attività, altre la sviluppano con ottimizzazioni strutturali e investimenti oculati, come Zanutta, azienda famigliare presente sul mercato dal 1952, con sede storica a Carlino (UD). Attualmente la sede è stata spostata a Muzzana del Turgnano, sempre in provincia di Udine, mentre è stata istituita una nuova sede operativa a Sacile, dove in passato si trovava l’ex azienda Fadalti, che Zanutta ha acquisito nel 2012.

«Dalla nascita di Zanutta ad oggi, l’espansione è stata continua – dichiara soddisfatto il titolare Vincenzo Zanutta –. L’acquisizione dell’ex gruppo Fadalti, conclusasi a gennaio 2013, ha portato la nostra azienda ad avere attualmente 18 filiali, oltre 200 dipendenti e un fatturato che, secondo le previsione a fine 2013, dovrebbe sfiorare i 50 milioni di euro».

 

Con un’attività che si compone di una realtà produttiva e di una più propriamente commerciale, Zanutta rappresenta una realtà multispecialistica a 360 gradi. «La parte produttiva della nostra azienda riguarda principalmente la produzione e lavorazione del ferro, la produzione di vari tipi di solai in laterocemento e cemento, e la lavorazione del legno sia per tetti che per case prefabbricate – spiega Zanutta –. Per quanto, invece, riguarda il nostro core business, cioè il reparto commerciale, posso affermare che siamo in grado di commercializzare tutto ciò che serve ad un’abitazione, dalla A alla Z, dai prodotti di edilizia pesante fino alle finiture d’interno. Abbiamo inoltre all’interno dell’azienda una branca molto importante relativa alla termoidraulica».

 

Da azienda famigliare a gruppo poliedrico com’è oggi, Zanutta non perde di vista i suoi obiettivi: «Sono sempre convinto che i tre elementi vincenti per una rivendita edile di successo siano l’organizzazione, la flessibilità operativa e mentale e una buona conoscenza del territorio che diventa fondamentale in un mercato come quello attuale – dichiara il titolare dell’azienda friulana -. Per noi il 2013 è stato un anno di consolidamento tra la realtà famigliare della nostra rivendita e quellaindustriale della Fadalti. Una volta raggiunto questo obiettivo, che va nella ndirezione di una struttura organizzata ed elastica, vogliamo ricostruire sul territorio quell’interazione con la clientela professionale basata non solo sui numeri. Non ci interessa la vendita sporadica, vogliamo che il cliente diventi nostro partner, creando con loro un rapporto sinergico».

 

Nella strategia di Zanutta non manca inoltre la formazione: «Stiamo studiando un’offerta formativa destinata ai rivenditori sulle tecniche di vendita – anticipa il titolare –. Riteniamo infatti che la formazione sia un elemento chiave del presente e del futuro della distribuzione e il suo punto di forza rispetto alla GDO, in cui invece rimane spesso in secondo piano. Quando il cliente entra in rivendita deve essere consigliato nel modo migliore, avendo così la possibilità di acquistare consapevolmente la soluzione più adatta alle sue esigenze».

 

Un’altra tappa importante nella strada del miglioramento qualitativo dell’azienda è stata raggiunta a settembre 2013, quando l’azienda ha firmato il Codice Etico Aziendale, in ottemperanza al decreto legislativo 231/01. «Si tratta di un segnale che abbiamo voluto trasmettere ai nostri dipendenti e clienti – dichiara Zanutta –. Anche in una grande realtà com’è oggi la nostra azienda (che può sembrare impersonale, ma che impersonale non è), abbiamo voluto rinnovare la volontà che ci ha sempre contraddistinto vero l’assoluta trasparenza».

Sei aziende italiane tra le verdi d’Europa

Un riconoscimento a 20 aziende europee che si sono distinte nel corso dell’anno nel settore delle tecnologie pulite, operando in modo economicamente vantaggioso e perseguendo obiettivi di sviluppo rispettosi dell’ambiente e delle risorse. Le aziende premiate provengono da Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Israele, Regno Unito, Svezia e Ungheria e sei di loro sono italiane. Tra le premiate c’è anche un’azienda di Cagliari, Tholos, che ha ricevuto il riconoscimento di eccellenza green del 2013. La premiazione si è svolta durante il corso del CleanTech Summit di Milano organizzato dalla Tech Tour e da IVC International Venture Club, in collaborazione con Intesa SanPaolo e sostenuto dall’Ice. Tholos ha ottenuto il titolo soprattutto per la mission: generare valore dall’efficienza energetica. Tholos, attraverso i suoi servizi, si propone infatti di incrementare l’utilizzo di tecnologie efficienti e ridurre l’utilizzo di energia da fonte fossile, contribuendo alla diffusione di una maggiore coscienza ambientale nelle realtà industriali. La Strategia Energetica Nazionale indica che entro il 2020 verranno investiti 60 miliardi nella White economy, legata al mercato dell’efficienza energetica. 

Imprese: credito, magazzino e margini

Credito, magazzino e marginalità

Per una buona gestione finanziaria delle imprese, credito, magazzino, marginalità sono i tre principali elementi a cui fare attenzione, in particolare nella distribuzione di materiali per edilizia. Parola di Alberto Bubbio, professore di Economia Aziendale presso l’Università Cattaneo Liuc di Castellanza (Va).

Il primo suggerimento riguarda il credito: «I crediti rappresentano un elemento particolarmente delicato in un momento in cui il mercato è in una situazione di scarsa attività, quindi la prima regola è quella di gestirli prima e non quando sono ormai a rischio». E continua: «Per gestire bene il credito bisogna essere selettivi e individuare i clienti affidabili e quelli ai quali, invece, è necessario chiedere forme di pagamento più rapide e certe. Chi fa questa selezione ha gi fatto un passo importante».

Il secondo suggerimento riguarda la gestione del magazzino: «Spesso la rotazione dei magazzini si abbassa perché, anche in questo caso, manca una selezione – spiega Bubbio –. È fondamentale selezionare prodotti e fornitori: più il magazzino aumenta in termini di numero e più diventa difficile renderlo efficace. Certamente bisogna essere abili nel capire quali sono i prodotti che hanno più probabilità di avere una certa rotazione, in modo da averne uno stock adeguato. È un lavoro lungo, ma che dà un ritorno importante. Comunque oggi, grazie alla tecnologia, le statistiche si ottengono con più facilità». Serve anche un po’ di coraggio per superare la logica che vede un magazzino migliore di un altro per la quantità di prodotti e non per la loro rotazione.

Infine, il terzo aspetto su cui concentrare l’attenzione è la marginalità: «Riuscire a mantenere sui prodotti la stessa marginalità del passato o, addirittura un po’ di più sarebbe l’ideale e ci sarebbero ritorni positivi dal punto di vista finanziario – sostiene il professore –. La  marginalità può essere una vera ancora di salvezza perché permette di avere liquidità anche quando il fatturato scende».

Quali sono oggi, quindi, le aziende di successo? Quelle in grado di gestire correttamente credito, magazzino e marginalità.

Finco: da chiarire le norme sugli appalti

Ogni tanto arriva una buona notizia: per gli appalti bisognare tenere maggiormente conto delle specializzazioni. Nei giorni scorsi, infatti, il Senato ha approvato una norma temporanea in materia di qualificazione agli appalti pubblici per le opere specialistiche. C’è però anche un aspetto meno rassicurante: ci sono solo sei mesi di tempo per apportare delle modifiche migliorative e i punti da rivedere sono molti. In dettaglio, la Camera alta del Parlamento ha approvato nell’ambito della conversione del DL 126/13 sugli Enti Locali una seconda versione dell’emendamento D’Alì relativo alla copertura del vuoto normativo che si è creato in materia di qualificazioni specialistiche, con la pubblicazione del DPR del 30 Ottobre scorso di recepimento del Parere del Consiglio di Stato 03014 del 26 giugno 2013. Secondo Finco (Federazione Industrie Prodotti Impianti Servizi ed Opere Specialistiche per le Costruzioni), il ministero competente (Flavio Zanonato, Sviluppo economico)ha dimostrato sensibilità istituzionale a tutela complessiva del sistema. Peccato che «tale seconda versione appare peggiorativa rispetto a quella originaria», commenta Carla Tomasi, presidente di Finco. «La prima versione, infatti, conteneva una serie di elementi che, anche se non condivisibili in toto, erano da ritenersi complessivamente equilibrati rispetto alle contrapposte esigenze delle imprese specialistiche e di quelle generali». Invece, nella versione attuale, sempre secondo l’associazione confindustriale, ci sarebbe un grave peggioramento nelle previsioni dell’art. 85 del Regolamento 207/10 (comma 3 bis dell’emendamento) dal momento che viene prevista la possibilità che i lavori subappaltati possano essere utilizzati dall’impresa principale, a sua discrezione, anche per la qualificazione specialistica oggetto del subappalto. Non solo: è presente «un sostanziale mantenimento della numerosità delle categorie a qualificazione obbligatoria con un inspiegabile inserimento della sola categoria OS 34 (fino al DPR del 30 ottobre addirittura superspecialistica) nelle categorie prive della qualificazione obbligatoria». A questo si aggiunge «una riduzione a soli sei mesi del tempo utile per rivedere l’elenco delle qualificazioni; tempo che si ritiene insufficiente vista la delicatezza e complessità della materia». Finco osserva anche che «nella revisione dell’art. 109 del Regolamento 207/10 (comma 3 quinquies) si è conservata la positiva previsione secondo la quale le lavorazioni non possono essere eseguite se si è privi della relativa qualificazione» e che «l’elenco delle lavorazioni c.d. superspecialistiche è stato riportato, con l’unica eccezione dell’inserimento della OG 11, a quella presente nel DPR 554/99». Finco proporrà dunque un nuovo incontro (dopo quello già promosso il 13 dicembre) con tutto il neo-nato Tavolo di Coordinamento delle Imprese Specialistiche «per aprire un dialogo onde portare proposte al Ministero entro i sei mesi previsti dall’emendamento, provando a finalizzare delle prime riflessioni circa i criteri oggettivi utili alla futura definizione delle categorie specialistiche e a valutare concretamente il futuro assetto delle qualificazioni, il più possibile rispondenti alle complessità dello stato dell’arte». 

Niente crisi per gli immobili da turismo

Nessuna crisi per gli immobili delle più gettonate località turistiche. Secondo un’analisi del portale Casevacanza.it, che ha monitorato i trend della domanda e dell’offerta di immobili da villeggiatura, volumi e prenotazioni di affitti turistici per le settimane di Natale nelle principali località montane e nelle città d’arte hanno registrato, in larga parte, il tutto esaurito. Insomma, la crisi non c’è. Anzi, sempre secondo il portale, il 2013 è stato l’anno di vera esplosione del fenomeno delle case vacanza in Italia: viste come strutture più economiche rispetto agli hotel, ma anche più flessibili appartamenti e villette nelle località di villeggiatura sono sempre più richieste. Per gli alloggi extra alberghieri, rispetto al Natale 2012, l’incremento delle prenotazioni sfiora il 30%.
A crescere non è solo la domanda ma anche l’offerta di affitti turistici. L’esigenza di fare cassa e di mettere a reddito un immobile poco usato, la volontà di diventare “piccoli imprenditori” nel turismo e la semplicità di gestione hanno fatto aumentare il numero di immobili dati in affitto: la crescita rispetto allo scorso anno è stata pari al 20%, con picchi del 50% e oltre in alcune zone del Paese.

Buon 2014!

Tanti auguri per un felice, salutare e prospero 2014 da tutti noi di YouTrade!

Qui ci vuole un salto di qualità

Squinzi ne è convinto: la ripresa camminerà sulle gambe della riqualificazione. Perché il 45% delle case italiane ha standard obsoleti. E le norme di legge sono sempre più stringenti

 

Parlare di riqualificazione edilizia è discutere del futuro. Non solo per il settore delle costruzioni. Basta un’occhiata ai dati presentati nel box sul patrimonio abitativo italiano, pubblicato da YouTrade  nello speciale di novembre, per comprendere la portata di un fenomeno che apre nuove prospettive di azione e investimento per tutto il Paese. Ne è convito anche il patron di Mapei, e oggi presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: «Sono convinto, come immaginato da più parti, che la ripresa sarà selettiva, nel senso che il recupero (manutenzione), le abitazioni di qualità e tecnologicamente avanzate nelle grandi città (fascia alta), gli impianti per le energie rinnovabili saranno trainanti», ha detto. Ma che cosa si intende esattamente per riqualificazione edilizia? «Significa principalmente ripristinare o, quantomeno, migliorare le condizioni di fruibilità e abitabilità di un edificio, generalmente operando sul miglioramento delle prestazioni strutturali e funzionali dello stesso», spiega Luca Beligni, responsabile assistenza e marketing Laterlite. «Con l’evolversi delle normative, lo sviluppo di nuovi materiali e tecnologie, e l’incremento delle esigenze della committenza, al concetto di riqualificazione edilizia si è aggiunto anche quello di riqualificazione energetica e del comfort abitativo». E non solo, come puntualizza Fiorella Rodio, responsabile grandi progetti di Mapei. «Una politica attenta a questo argomento non può prescindere dal considerare il tema della riqualificazione anche dal punto di vista urbanistico. Non si può, infatti, ignorare il contesto nel quale l’edificio è inserito».

Discussione calda

Quello della riqualificazione urbana è un tema caldo nell’agenda pubblica del nostro Paese, tanto che negli ultimi anni sono stati avviati, anche a fronte di una revisione della normativa regionale, numerosi progetti. Per esempio, la riqualificazione dell’area ex Innocenti Maserati di Milano, il Green Village di Roma, e l’area portuale di Napoli est su cui la Commissione Europea ha sbloccato 106 milioni e 900 mila euro del Fondo europeo di sviluppo regionale 2007-2013.

Quando può essere necessario riqualificare un edificio tutto o in parte? Miglioramento del comfort abitativo e riduzione dei consumi sono i principali obiettivi di un intervento di riqualificazione, ma spesso si tratta di una questione di sicurezza. «La prima emergenza è l’adeguamento sismico degli edifici, anche rispetto alla nuova normativa che ha ridisegnato la mappa di rischio del nostro territorio», precisa Rodio. «Va ricordato che oltre il 55% del patrimonio edilizia italiano ha più di 50 anni, quindi leggerezza e stabilità devono rappresentare due pilastri operativi per qualsiasi intervento di riqualificazione», aggiunge il responsabile marketing di Laterlite. «Avere una struttura stabile significa avere un edificio molto più sicuro, soprattutto nelle zone d’Italia dove ci si deve confrontare con problematiche sismiche». Considerata l’età media degli edifici del nostro Paese, un’altra tipologia di intervento su cui porre la giusta attenzione quando si parla di riqualificazione è quella del ripristino degli stabili in cemento armato. Non basta rimuovere il materiale degradato e sostituirlo (spesso sono utilizzati anche prodotti non idonei), ma è necessario seguire un preciso modus operandi per non incorrere in gravi errori di valutazione e intervento. Non si può però parlare di vera riqualificazione senza parlare di isolamento. «In passato le murature degli edifici erano costruite a diretto contatto con l’esterno, senza alcun tipo di isolamento che riparasse gli ambienti interni dal caldo o dal freddo», chiarisce Pietro Ferri, titolare della Ferri Nardi di Castel Rozzone, in provincia di Bergamo. «L’altra grande problematica riguarda i serramenti, spesso sprovvisti di guarnizioni e dotati di vetri molto sottili. Ora è però possibile sostituirli con prodotti ad alto tasso di innovazione, con vetri isolati multistrato in grado di riparare dal freddo e dal caldo, ma anche di proteggere acusticamente dai rumori provenienti dall’esterno». Least but not last, l’impiantistica. «Oggi il prezzo dell’energia è diventato incisivo nella gestione di un edificio. I combustibili costano troppo e la maggior parte delle case, costruite secondo i parametri della vecchia edilizia, sono davvero troppo energivore. Tuttavia, i produttori sono in continuo aggiornamento per trovare soluzioni innovative, capaci di creare un maggior comfort all’interno degli ambienti. Ci vengono inoltre in aiuto tecnologie quali il solare termico, il fotovoltaico, il geotermico», continua Ferri. «Sicuramente, alla base di tutto c’è la riqualificazione delle strutture dal punto di vista statico o da quello del confort termico e acustico», aggiunge Beligni. «Dal punto di vista statico, un’idea può essere il cambiamento di destinazione d’uso di un edificio, con la conseguente necessità di incrementarne la portata utile. Dal punto di vista energetico, un punto di partenza può essere l’incremento dell’efficienza energetica di un condominio su pilotis attraverso l’isolamento delle pareti e l’eliminazione dei ponti termici. Per l’isolamento acustico, in particolare, esistono soluzioni sottopavimento molto efficaci. La nostra azienda, per esempio, offre sul mercato un prodotto che, in soli 2 mm di spessore, consente di realizzare un isolamento acustico a elevate prestazioni, per una migliore vivibilità degli spazi e una maggiore libertà azione, senza il timore di disturbare i vicini».

Secondo i dati presentati da REbuild 2013, nel nostro Paese sarebbero 4,5 milioni gli edifici da riqualificare. «L’Italia più di altri necessita di interventi di riqualificazione», dichiara l’architetto bulgaro, ma milanese di adozione, Victor Vasilev. «Sono molti gli italiani che ereditano immobili o comprano edifici esistenti, ma spesso devono essere adeguati alle normative vigenti, in particolar modo per l’impiantistica elettrica e idraulica. Parlando di riqualificazione, ci si trova spesso a operare nei centri storici dove gli edifici sono soggetti a vincoli architettonici e paesaggistici. Questo accresce le difficoltà dei professionisti: a fronte dei numerosi prodotti innovativi presenti sul mercato, non sempre si può procedere con la loro applicazione. Non si può semplicemente mettere mano al patrimonio esistente, ma bisogna procedere con cautela, per non correre il rischio di rovinare per sempre edifici storici che sono vere e proprie opere d’arte».

Tutto ha un prezzo

Ma quanto costa un intervento di riqualificazione e in quanto tempo è possibile ammortizzare le spese? Non di rado le imprese forniscono costi basati su stime al metro quadro, ma possono considerarsi cifre affidabili? «Le variabili sono notevoli da caso a caso», precisa Vasilev. «È difficile stimare a priori la portata dell’investimento e in quanto tempo è possibile ammortizzarlo. Si rischia veramente di fornire agli utenti cifre non veritiere. Bisogna affrontare il caso specifico con un professionista di fiducia. A partire dal commercialista, che può far luce sulla parte relativa alla fiscalità e agli incentivi in vigore».