Qual è il principale limite dei Led? Il surriscaldamento dei chip semiconduttori che generano la luce, ma anche molto calore. Un effetto collaterale piuttosto negativo, visto che con il tempo il calore influisce proprio sul chip, con il risultato di avere una lampadina sempre meno luminosa e dai colori sbiaditi. Dyson, azienda inglese specializzata in illuminazione, ha studiato il problema e messo a punto una soluzione che, grazie a uno speciale condotto termico sulla carta, promette un ciclo di vita di 37 anni. Funziona così: al posto dei dissipatori inseriti alla base dei bulbi da tutti i produttori di Led, Jake Dyson ha pensato di posizionare un tubo orizzontale simile a quello utilizzato per i satelliti, ma in alluminio, per far defluire il calore prodotto dal chip. In questo modo la temperatura si mantiene sotto i 55 gradi preservando il rivestimento al fosforo, che è quello che consente di bruciare per un tempo maggiore. L’azienda, che ha prodotto una lampada battezza Csys con tre bracci laterali dotati di un meccanismo di contrappesi per la regolazione in verticale e in orizzontale e la rotazione a 360 e un totale di otto lampadine con queste caratteristiche sostiene che possa durare 37 anni con uso quotidiano di 12 ore. Costa 610 dollari, forse un investimento iniziale un po’ costoso, certo il tempo per ammortizzarlo c’è, ma la speranza è che questa tecnologia molto promettente dal punto di vista della sostenibilità, possa diventarlo anche sotto il profilo economico.
Il led risparmioso dura 37 anni (ed è anche più fresco)
In cantiere è in arrivo la supermano di Robocop
Non è un guanto digitale, ma ci assomiglia: Happaratus servirà a potenziare i lavori manuali, come quelli nei cantieri. Insomma, una mano da Robocop. Con il suo meccanismo di cavi e cuscinetti usa il principio del trapano e della fresa e lo adatta alle funzionalità della mano per potenziarne le capacità di lavoro. Infatti, sulle punte del guanto, ossia pollice, indice e medio sono montati dei cuscinetti abrasivi che, grazie a un motore idraulico, oscillano in direzioni opposte per intagliare, levigare o smussare il materiale accarezzato dalle dita. I movimenti sono alimentati da un motore idraulico montato sul dorso della mano e collegato a una sorta di scatola del cambio posizionata vicino alle dita: basta ruotare la piccola manopola sul lato della scatola per controllare la velocità di oscillazione delle estremità abrasive, connesse al motore da un filo. Come accade anche nei più comuni utensili, si tratta di elementi intercambiabili a seconda della superficie su cui lavorare, per ora sono di tre tipi: legno, cemento e intonaco o gesso. Ovviamente il punto forte è la sensazione tattile, la conseguente possibilità di lavorare la materia con estrema precisione e creare geometrie molto complesse in un flusso di lavoro senza interruzioni. Il punto debole, per ora, è che si tratta di prototipo e non ancora di un prodotto, sebbene abbia suscitato molto interesse e sia sotto richiesta di brevetto. Infatti, è una tesi post laurea in Innovation Design Engineering progettata da Morten Grønning Nielsen al Royal College of Art di Londra, l’unica università al mondo interamente dedicata ai master.
Addio Concordia, il Giglio pronto a diventare una smart island
Terminata la brutta avventura della Costa Concordia, l’isola del Giglio potrebbe diventare la prima smart island d’Italia, grazie a un progetto che introdurrà impianti fotovoltaici e sistemi per l’accumulo dell’energia, gestiti da soluzioni hi-tech con l’obiettivo di dismettere l’attuale metodo di produzione altamente inquinante. Infatti, come le altre isole non connesse alla rete elettrica nazionale, il fabbisogno energetico è garantito da motori alimentati a gasolio, che non solo sono un danno per l’ambiente, ma disperdono circa i tre quarti dell’energia prodotta sotto forma di calore refluo. In pratica, per erogare 10 milioni di kilowattora l’anno, vengono bruciate oltre 2.300 tonnellate di gasolio immettendo nell’atmosfera 7.500 tonnellate di anidride carbonica senza contare gli altri elementi nocivi. Uno spreco che costa in bolletta 60 milioni di euro l’anno dato che le tariffe sono in media sei volte superiori al prezzo continentale. Per porre fine a questa situazione è stato siglato un protocollo d’intesa, che riguarda anche la vicina isola di Giannutri, tra il Comune dell’Isola del Giglio, l’Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, l’Acquedotto del Fiora e Sie (società concessionaria della produzione e distribuzione dell’energia elettrica nell’isola) Ibm e Terna Plus, la società del gruppo Terna che gestisce le attività non tradizionali. Che insieme metteranno a punto un sistema elettrico all’avanguardia basato su una rete intelligente e integrata, per esempio si farà leva sul sistema di gestione dei contatori elettronici, per la produzione e la distribuzione di energia più pulita.
Architettura al volo: il drone porta il mattone
Droni che portano mattoni e collegano cavi a delle strutture. Si chiama Flight Assembled Architecture, il progetto sperimentale condotto dall’Istituto di Tecnologia (Eth) del Politecnico Federale di Zurigo, considerato uno degli atenei più prestigiosi al mondo e uno dei più importanti centri di ricerca, e dallo studio Gramazio Kohler Architects. Questi mini velivoli senza pilota sono stati programmati per trasportare e impilare 1500 mattoni (di polistirolo) e costruire una torre alta 6 metri. L’esperimento in laboratorio secondo i ricercatori e gli architetti coinvolti, dimostra come sia possibile ipotizzarne un uso concreto nel settore delle costruzioni e ampliare i confini di ciò che è possibile in architettura. Infatti, con questa soluzione è possibile collegare le informazioni contenute nelle progettazioni in 3D, che inevitabilmente si perdono durante lo sviluppo sul campo. Non solo, dotati di cavi possono tessere delle tensostrutture in aria. In pratica, volando attraverso e intorno a pilastri e oggetti persona arrivano dove l’uomo o la gru non riesce. E poiché questo è solo l’inizio della ricerca, l’obiettivo prima di uscire dal laboratorio e fare una prova, magari in un canyon o lungo un fiume, è quello di identificare i metodi di costruzione più adatti o che ne trarrebbero i maggiori benefici. Capire insomma, i migliori ambiti di applicazione.
La fotosintesi delle piante arriva nei pannelli solari
La maggior parte dei pannelli solari installati sui tetti, si sa, possono immagazzinare energia solo per pochi microsecondi alla volta. Ma c’è nuova tecnologia sviluppata dai chimici della dell’Università della California, Los Angeles (Ucla), che riesce ad accumularla per diverse settimane, un progresso tecnologico che si ispira alla fotosintesi clorofilliana e che potrebbe cambiare il modo di progettare celle solari.
Nella fotosintesi, le piante esposte alla luce solare usano con precisione delle strutture nanoscala, organizzate per separare nelle loro celle i carichi positivi da quelli negativi: in pratica allontanano gli elettroni con carica positiva dalla molecola che lasciano indietro. Questa separazione è la chiave per rendere il processo efficiente, ha spiegato Sarah Tolbert, professore di chimica a Ucla e uno dei principali autori della ricerca condotta dall’Ateneo. Ma in che modo questo processo potrà influire sulla produzione delle celle solari? Attualmente l’industria sta cercando di sostituire il silicio, uno dei materiali in grado di catturare i raggi del sole, con la plastica perché meno costosa, ma poco efficiente perché le cariche elettriche positive e quelle negative spesso si ricombinano prima che possano diventare energia elettrica. Fino a ora: seguendo il modello esistente in natura gli scienziati hanno disegnato una struttura che organizza in maniera ordinata i due materiali plastici, chiamati fotovoltaico organico, di base, un polimero con la funzione di assorbire la luce solare e passare gli elettroni a una molecola simile al fullerene. Questo processo genera energia elettrica, ma la vera differenza sta nel fatto che alcuni fullereni sono posizionati all’esterno e mentre prendono gli elettroni dai loro simili più vicini ai polimeri sono troppo lontani da questi ultimi per potersi ricongiungere. Ecco perché riescono a immagazzinare energia per settimane. A questo punto non resta che uscire dal laboratorio e applicarlo alle celle solari su un tetto vero.
Coppi fotovoltaici Cotto Possagno in Germania
Industrie Cotto Possagno, azienda della provincia di Treviso, è stata scelta in Germania per una copertura eseguita con coppi fotovoltaici in cotto ancorati e ventilati.
L’azienda ha infatti realizzato un coppo in argilla speciale garantita 30 anni, che alloggia un modulo fotovoltaico, dotato di un canale di ventilazione che favorisce un migliore rendimento. La posa non necessita di vasche o di staffe di fissaggio. Un diodo di by-pass su ogni coppo rende il sistema esente dal problema degli ombreggiamenti. Il sistema si può integrare in una copertura esistente, sostituendo solo i metri quadri interessati, senza ulteriori e costose opere di impermeabilizzazione perimetrale.
L’impianto fotovoltaico con caratteristiche innovative è stato realizzato in un’abitazione privata di Wassers, su una copertura a capanna di 211 mq, occupando circa 95 mq di superficie utile sulla falda esposta a Sud, sviluppando una potenza nominale di circa 5.000Wp. La superficie non interessata dal fotovoltaico, circa 116mq, è stata eseguita con la stessa tipologia di coppi in cotto, ancorati e ventilati ma privi del modulo fotovoltaico.
Il tetto a capanna presentava una notevole pendenza, circa 85%, e delle due falde solo quella esposta a sud aveva caratteristiche ottimali per l’installazione di un impianto fotovoltaico. La vecchia copertura in tegole piane in cotto è stata quindi rimossa, posando una coibentazione in fibra di legno protetta da una membrana impermeabile e altamente traspirante, specifica per tetti in pendenza, con doppia banda adesiva integrata resistente al vento. Su entrambe le falde è stata poi fissata una tradizionale doppia listellatura lignea, sulla quale sono stati ancorati i coppi di canale con nasello. I coppi di coperta, sia quelli fotovoltaici che quelli tradizionali, sono stati ancorati ai coppi di canale mediante ganci a filo in acciaio inox e, data la pendenza, anche con viti truciolari direttamente sui listelli lignei. I 1250 coppi fotovoltaici da 4Wp necessari per la realizzazione dell’impianto sono stati suddivisi in 10 stringhe collegate ad un Inverter SMA 5000TL21.
Quattro le colorazioni utilizzate per i coppi fotovoltaici, che hanno permesso di ottenere un tetto anticato con una marezzatura simile alle coperture esistenti nella zona (Coppi Fotovoltaici Rossi, Coppi Fotovoltaici Antica Possagno, Coppi Fotovoltaici Vecchio Chiaro e Coppi Fotovoltaici Montagna). Per la falda non interessata al fotovoltaico sono invece state utilizzate cinque tonalità di coppo: Coppi Serenissima, Coppi Francia, Coppi Vecchio Chiaro, Coppi Doppia Stella Alpina e Coppi Montagna. A completamento della copertura, su linee di gronda e colmi, sono stati utilizzati pezzi speciali in cotto quali colmi, finali ed aeratori.
Fassa Eco-Light 950, rasante super leggero
Fassa Bortolo presenta Eco-Light 950, l’adesivo-rasante a base di calce idraulica naturale NHL 3,5, fibrorinforzato con fibre di vetro e alleggerito con inerti leggeri di vetro, riciclati e riciclabili, ad elevata traspirabilità.
950 sta ad indicare il valore del suo peso specifico molto basso per un adesivo-rasante (950 kg/m3), caratteristica che permette di favorire la lavorabilità del prodotto e allo stesso tempo migliorare la conducibilità termica (coefficiente λ = 0,31 W/m·K), e quindi un maggior grado di isolamento termico.
Utilizzato per la posa e la rasatura di diverse tipologie di lastre per l’isolamento termico a cappotto, Eco-Light 950 è indicato per i sistemi Fassatherm Plus, quando sono richieste prestazioni specifiche e si utilizzano lastre in lana di roccia, e Fassatherm Eco, quando si utilizzano invece lastre in silicato di calcio idrato, in fibra di legno e in sughero, tutte disponibili in diversi spessori.
Per la finitura e la decorazione, infine, Fassa Bortolo propone il Sistema Colore, con specifici primer fissativi e rivestimenti. Inseriti nei Sistemi idrosiliconico, acril-silossanico, acrilico e ai silicati, sono disponibili in una vasta gamma di finiture e colorazioni diverse, grazie alla Mazzetta Colori “365 – A year of colors”, una collezione di colori esclusiva per l’esterno con 365 tinte nuove, in diverse tonalità.
Fakro: ora la finestra da tetto è panoramica
Fakro presenta FEP, la finestra da tetto panoramica con doppia apertura a vasistas e a bilico, che consente la massima visibilità verso l’esterno, grazie all’angolo di apertura fino a 68°. Il sistema di cerniere della finestra FEP permette di scegliere il grado di apertura della finestra; qualunque sia la modalità impostata, il battente rimarrà comunque stabile.
L’apertura a vasistas consente di aprire il battente con angolazione fino a 40°, ma con il semplice sblocco di appositi fermi sui pistoni l’angolo di apertura può arrivare fino a 68°, per una vera e propria visione panoramica sull’ambiente esterno. Nella modalità a bilico, invece, FEP può essere ruotata fino a 180°, in modo da effettuare con il massimo comfort le operazioni di pulizia esterna. Oltre alla visuale esterna maggiorata, le finestre FEB permettono l’accesso diretto al tetto della casa, utile in caso di lavori di manutenzione ma per emergenze.
La finestra panoramica FEP è dotata del sistema TopSafe (fissaggio delle cerniere, barra metallica e rinforzo del profilo), utile a rafforzare la costruzione della finestra, per una maggiore resistenza contro l’effrazione, grazie anche al vetro di sicurezza P2. LA finestra presenta inoltre un vetro termoisolante U3 e tre guarnizioni di tenuta, che la rendono più efficiente dal punto di vista energetico, permettendole di raggiungere un valore di trasmittanza termica Uw pari a 1,3 W/m²K.
Realizzata in legno di pino selezionato, impregnato sottovuoto in modo da rendere il legno resistente anche alle muffe più insidiose, e rifinito con due mani di vernice acrilica ecologica trasparente per conservare la colorazione naturale, la finestra FEP di Fakro è adatta a tetti con pendenza da 15° a 55° ed è proposta in tre dimensioni standard: da un minimo di 78×140 cm fino a 114×140 cm.
Impreziosita dalla maniglia Elegant, posta nella parte inferiore del battente quindi più facilmente raggiungibile, con microapertura a due scatti, questa finestra è equipaggiata anche con una seconda maniglia posta sulla parte superiore per gestire il cambio del sistema di apertura e consentire la rotazione del battente.
Infine, la finestra può essere valorizzata da una numerosi accessori interni ed esterni, come l’avvolgibile esterno ARZ, che garantisce protezione dal caldo e ombreggiamento dei locali interni.
Istat: torna la fiducia anche per le costruzioni
Torna l’ottimismo: secondo l’Istat i consumatori hanno aumentato a giugno la loro fiducia, passando a quota 109,5 da 106,0 del mese precedente. Anche le imprese vedono rosa: l’indice composito del clima di fiducia delle imprese italiane sale a 104,3 da 101,8 di maggio, che risulta ai massimi dal 2008. In particolare, sono in crescita tutte le componenti del clima di fiducia dei consumatori anche se il clima personale e quello corrente presentano incrementi più lievi (rispettivamente, a 100,0 da 98,5 e a 103,3 da 101,0). Aumenta la fiducia anche per le costruzioni: l’indice relativo a edilizia e dintorni sale a 119,7 dai 111,8 del emse precedente. Fiducia anche per il settore dei servizi di mercato (a 109,0 da 105,1), per quello del commercio al dettaglio (a 105,9 da 103,9) e, in maniera più lieve, del settore manifatturiero (a 103,9 da 103,4). Secondo Bankitalia, però, nel rapporto sulle economie regionali, i segnali di miglioramento dell’economia italiana emersi nel corso del 2014 e nei primi mesi del 2015 «sono presenti in tutte le aree del Paese, ma risultano più frequenti al Nord, in particolare in alcune regioni del Nord Est». E per gli industriali «la risalita è iniziata, ma sarà lunga e difficile». Nell’analisi del Centro Studi di Confindustria, la parola d’ordine è cautela: parlare di ripresa, sostengono, è inappropriato. Vero che il 2015 è partito bene, ma «la performance non è quella che ci sarebbe stata in altri tempi, di fronte a così forti stimoli esterni». È quindi possibile parlare di ripartenza, ma con la consapevolezza che non ci si può «fermare neanche un attimo per compiacersi dei segnali di recupero, per quanto chiari». In pratica, sostengono gli esperti di viale dell’Astronomia, «se non faremo nulla torneremmo ai livelli del 2007 nel 2023». Per recuperare il terreno perso, sottolinea il Csc, è necessario rimuovere gli ostacoli e attuare le riforme, in modo da tornare a crescere al 2,5%.
Il primo impianto geotermico in un garage di Milano
È possibile riqualificare energeticamente un immobile esistente e abitato, con significativi risparmi di costi energetici e, al contempo, aumentare il valore dell’investimento immobiliari?
Pare proprio di sì e accade a Milano dove Goldmann & Partners, società specializzata in progetti e servizi per la sostenibilità, ha effettuato la ristrutturazione di un immobile in Corso Vercelli realizzando il primo impianto geotermico in Europa nei garage. La progettazione geotermoidraulica del professore Mario Maistrello del Politecnico di Milano prevedeva una serie di interventi per rendere possibile l’implementazione dell’impianto geotermico da 500 kW di potenza installato dalla E.GEO di Bergamo: dalla coibentazione con pareti ventilate all’isolamento a cappotto delle pareti perimetrali esterne, al ripristino e coibentazione delle coperture piane e del tetto ventilato alla sostituzione dei serramenti con tipologie a taglio termico e vetri basso emissivi fino all’installazione di un tetto giardino di circa 1000 metri quadri con il triplice obiettivo di isolamento termico degli spazi sottostanti, abbattimento dell’isola di calore e valorizzazione estetico-ambientale.
Risultato? Riduzione del 79% delle spese annue di riscaldamento, abbattimento del 70% delle emissioni di CO2 e del 30% del fabbisogno di energia termica, miglioramento del microclima interno e della qualità dell’aria sia interna sia esterna, diminuzione della temperatura generale del quartiere in estate fino a 4° C nel raggio di 200 metri, la famosa isola di calore e infine il passaggio di classe energetica da G a B e la conseguente rivalutazione del valore al metro quadro dell’immobile oltre ai indubbi benefici in termini di comfort. Ecco la prova concreta di come una manutenzione attenta e sostenibile riesca a garantire quasi le stesse performance di edifici nuovi ad alta efficienza, con costi di costruzione notevolmente più bassi. Infatti il costo dell’operazione è stato di 4 milioni di euro, circa 500 euro al metro quadro.
Che pallet stare in ufficio (però può anche essere bello)

Forse piacerà a Federlegno e, magari, a qualche temporary shop l’ufficio di una casa di produzione giapponese di video, ristrutturato in quel di Tokyo dallo studio Hiroki Tominaga Atelier. Il progetto, battezzato Shitomito Pallet, prende il nome dal materiale usato per rinnovare muri, soffitto, pavimenti e costruire mobili, e si tratta proprio di pallet. L’idea è venuta al team di designer nell’osservare le casse per trasportare l’acqua, robuste e numerose, che giacevano inerti nelle fabbriche dei dintorni, senza essere riciclate. Così, hanno preso tre tipi di diversi di pancali, con il più economico hanno creato un soffitto multilivello con l’illuminazione a striscia integrata, quelli di fascia media sono serviti per i tavoli, sormontati da lastre di vetro, per le scrivanie, per tavolini d’appoggio, per la copertura delle pareti a muro e per i pannelli divisori, mentre i più cari sono stati suddivisi in listelle con cui comporre il parquet. In pratica, l’uso di materiali prefabbricati ha eliminato il costo di falegnami specializzati e, con 130 pallet e una spesa di circa 2 mila euro è stato rinnovato uno spazio di 164 metri quadrati. Non solo, poiché sono fissati solo con viti, in caso di ulteriori rinnovamenti o di traslochi si possono anche restituire o riciclare. Insomma, ecco un esempio di ristrutturazione veloce, efficiente ed economica, dall’aspetto moderno senza nemmeno quella parvenza di fai da te. Ma attenzione, poiché in genere le palette sono trattate con parecchi sostanze tossiche, bisogna avere l’accortezza rimuoverle, e fare un’intensa opera di bonifica prima di riutilizzarle in architettura e nel design.
Risparmio energetico: un polimero sul tetto che scotta

Di quale sia il tipo di tetto migliore per il risparmio energetico nei Paesi freddi abbiamo già parlato https://youtradeweb.com/2015/06/tetti-in-gara-tra-bianco-e-verde-vince-il-fotovoltaico. Questa volta, invece, ci spostiamo dalle temperature sotto lo zero del Canada al clima temperato dell’Australia, che può diventare anche torrido in alcune zone come accade a Sidney. Qui i tetti bianchi sono molto diffusi, perché anche in inverno possono assorbire luce del sole sufficiente ad aumentare la temperatura del tetto da 9 a 12 gradi. Ma i ricercatori dell’University of Technology della città hanno creato ciò che credono sia la soluzione migliore concepita fino a oggi: un rivestimento del tetto che assorbe non solo meno luce dal sole, ma rende il tetto più freddo dell’aria circostante nei mesi di calura estiva. Si tratta di una superficie composta da una combinazione di poliesteri appositamente selezionati tra materiali disponibili in commercio e potenzialmente adatti per l’uso su coperture di base e depositati su uno strato di argento, un polimero rivestito, da applicare sulla superficie del tetto. E poiché l’università ha un tetto bianco, è stato scelto come luogo di test per sperimentare il nuovo materiale e confrontarlo con quello esistente.
Risultato? Il polimero ha una temperatura media di 11 gradi, e rimane più freddo del suo «collega» bianco perché assorbe solamente il 3% della luce solare diretta, ma contemporaneamente irradia il calore dei raggi infrarossi che non vengono assorbite dall’atmosfera, secondo le osservazioni di Geoff Smith, professore emerito dall’università. Non solo: dopo alcune settimane il tetto ha mantenuto le sue elevate prestazioni nonostante la sporcizia accumulata. Questo potrebbe essere un passo avanti non solo nel risparmio energetico degli edifici ma anche influire sul clima locale attenuando le isole di calore.
Sardegna virtuosa per i rifiuti Raee
La Sardegna si conferma al primo posto nell’area Sud e Isole per la raccolta pro capite di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche con una media di 5,38 chili per abitante. Il dato registrato nell’isola, comunicato nel corso di una conferenza stampa dell’assessore regionale all’Ambiente Donatella Spano e del direttore del Centro coordinamento Raee Fabrizio Longoni, e’ superiore alla media nazionale e agli obiettivi stabiliti dalla normativa europea. Sono anche in crescita – del 12% – i centri di conferimento autorizzati. In Sardegna vi sono dieci strutture ogni 100.000 abitanti. Anche in questo caso il dato e’ superiore alla media italiana che si attesta a sette centri per 100.000 abitanti.
Lavoro: a maggio più nuovi contratti che cessazioni
Un nuovo segnale positivo sul fronte del lavoro, che sembra ormai in ripresa dopo anni in cui il numero degli occupati è diminuito: nel mese di maggio i nuovi contratti di lavoro sono stati 780.351. Nello stesso mese le cessazioni sono state 602.175: il saldo positivo è, quindi, di 178.176 contratti. Lo ha comunicato il ministero del Lavoro riportando le prime evidenze ricavate dal Sistema Informativo delle Comunicazioni Obbligatorie.
Ecoshelta, l’eco-prefabbricato che arriva dall’Australia
L’architetto australiano Stephen Sainsbury ha passato anni alla ricerca di materiali con il minor impatto ambientale possibile per realizzare il suo progetto: Ecoshelta, un sistema di costruzione modulare prefabbricato. Certo, a vedere la struttura assemblata viene qualche dubbio che si tratti di bio edilizia. Eppure c’è il legno eco friendly, i rivestimenti delle pareti e del pavimento sono realizzati con prodotti riciclabili, solo quell’elemento ondulato lascia un po’ perplessi. Infatti, sembra una lamiera, e lo è. Ma è in una lega speciale in alluminio, frutto di 20 anni di studio, durevole e altamente resistente, riciclabile più volte con il minimo impatto, cinque volte più forte dell’acciaio, ma con un peso ridotto della metà e così duttile che ne basta un quarto. Ottime qualità senza dubbio, che però non fanno di questa lega proprio un’alternativa verde. Ma poiché questi edifici modulari sono stati progettati originariamente per resistere a temperature e condizioni estreme, per esempio, in zone con pericolo incendi e uragani, l’uso dell’alluminio li rende già classificabili come idonei. L’altro aspetto convincente, almeno nei paesi dove regna il Diy (do it yourself), è che per assemblare un edificio di media metratura occorrono circa 3mila viti, tutte uguali: basta un solo cacciavite invece che dalla brugola. E proprio come un mobile Ikea, i materiali sono trasportabili ovunque: a Hong Kong è stato installato come padiglione in un giardino. L’unità di base costa 25 mila dollari, ma si può personalizzare scegliendo tra 12 modelli diversi per una spesa media tra i 38 ai 45 mila dollari, fino a 270 mila dollari per 150 metri quadrati.