Il Pnrr come la fabbrica del Duomo. Spiegazione per i non-milanesi: è un modo di dire che si riferisce all’edificazione della cattedrale della città, durata secoli, con continui adattamenti. Lungo come la fabbrica del Duomo indica, insomma, un lavoro interminabile. Per il Piano di resilienza, partito con una dote di 220 miliardi forniti dall’Europa, il paragone sembra calzare perfettamente, anche se va tutto discretamente peggio.
Il governo ha presentato il 19 maggio la quinta revisione tecnica del Pnrr, da presentare a Bruxelles, nella speranza di ottenere un via libera. Ma il bello è che queste modifiche non saranno neppure le ultime, nonostante ci sia poco più di un anno al termine finale di chiusura. Per l’autunno si preannuncia già la richiesta di rimodulare misure come Transizione 5.0 e gli interventi nei settori del turismo, lavoro e inclusione sociale. In ogni caso, le nuove richieste di modifica non sono marginali: riguardano 107 Milestone e Target (rilevanti per 96 investimenti e 11 riforme), cioè il 30% di quelli ancora da realizzare. Dopo quattro anni dal via, quindi, il governo in vista della chiusura dei termini chiede di modificare quasi un terzo del Piano. E dire che l’ex ministro al Pnrr, Raffaele Fitto, è oggi vice presidente della Commissione Ue.
Le modifiche hanno un obiettivo, consentire di raggiungere gli impegni (i nuovi) entro la scadenza del 2026 e concentrare le risorse dove possono si possono ottenere risultati immediati. Le tante modifiche richieste che, tra l’altro, sono necessarie per ottenere le prossime rate di finanziamento, comprendono lo spostamento di circa 1,2 miliardi destinati in partenza alla missione Rivoluzione verde e transizione ecologica, mentre in quella Infrastrutture per una mobilità sostenibile sono state finanziate misure per 279 milioni, ma contemporaneamente definanziate altre per 358 (cioè l’obiettivo avrà a disposizione 79 milioni in meno). È stata invece aumentata la dotazione della missione RePower-Eu, ma di soli 15 milioni.
Nella missione Rivoluzione verde e transizione ecologica, per esempio, una delle maggiori modifiche riguarda le infrastrutture di ricarica elettrica per le auto: i punti previsti scendono da 21.355 a 12 mila e il finanziamento da 741 a 144 milioni. I 597 milioni tagliati sono stati dirottati a un nuovo programma di incentivi per acquistare auto. Che però, curiosamente, in teoria dovrebbero essere sempre più elettriche, ma avranno meno colonnine di ricarica a disposizione. Un altra modifica alla stessa missione del Pnrr riguarda le misure per incentivare di più biometano e meno l’idrogeno. Circa 640 milioni sono quindi stati spostati sul gas bio, con l’obiettivo di raggiungere una produzione annua di 2,3 miliardi di metri cubi entro giugno 2026. Un’altra modifica riguarda l’accesso ai fondi per le Comunità energetiche, che ora è stato esteso a tutti i comuni sotto i 50 mila abitanti (prima il limite era sotto 5 mila). Nella speranza che le Cnr decollino: finora l’imbuto è stata la procedura burocratica. È stato ridotto anche il numero di Target e Milestone, ma garantito l’impegno del 100% delle risorse attraverso Invitalia.
Da citare, tra le altre modifiche, anche quella che riguarda la missione Istruzione e ricerca, che prevede per 1,2 miliardi la costruzione di 60 mila posti in alloggi per universitari in trasferta. È pronta la riconferma con il sistema del cofinanziamento pubblico-privato e un contributo di 20 mila euro per posto letto, ma se entro giugno 2026 non saranno firmate le convenzioni con soggetti attuatori si rischia di perdere la finestra temporale e il finanziamento. Per questo ora l’obiettivo del governo non è più completare le opere (ormai è troppo tardi) entro il 2026, ma solo stipulare contratti vincolanti per l’intera copertura finanziaria. Altro che fabbrica del Duomo.