Salvagente dall’Europa con la nuova direttiva sull’efficienza energetica degli edifici

Il Parlamento Europeo, ricorda costantemente che «la riduzione del consumo e dello spreco di energia riveste un’importanza crescente per l’Ue». E implicitamente riconosce nelle misure di efficienza energetica lo strumento per conseguire l’approvvigionamento energetico sostenibile, la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e dei costi delle importazioni, ma anche per promuovere la competitività dell’Unione. Pertanto, l’efficienza energetica costituisce una priorità strategica per l’Europa.

Questo lo scenario in cui s’inserisce la revisione della Epbd, Energy Performance of Building Directive, la direttiva vigente sulla prestazione energetica in edilizia. Seppure questo provvedimento sia ancora sotto forma di proposta, indica chiaramente la direzione in cui la Commissione Europea è orientata su questo tema. Ovvero, eliminare gradualmente gli edifici che presentano prestazioni energetiche inadeguate.

Eliminazione, che si concretizzerebbe attraverso la demolizione degli edifici privi di vincoli artistici o storici, tecnologicamente obsoleti e laddove una riqualificazione risultasse non conveniente. Oppure, riqualificando gli edifici energivori, imponendo soglie prestazionali capaci di ridurne i fabbisogni e conseguentemente abbassandone o eliminandone anche le emissioni.

L’una o l’altra soluzione impone una riflessione profonda e prospettica da parte di tutta la filiera dell’edilizia e una presa d’atto che, pur modificando qualche «articolo» o qualche «data», la questione non cambierà. Questo processo di rimozione, necessario, offre al distributore di materiali per l’edilizia l’occasione per svolgere come sempre un’azione di grande rilievo nell’orientare la scelta verso il «materiale giusto».

Le nuove disposizioni puntano a edificare solo Zeb (Zero Emission Buildings) entro il 2030, mentre per gli edifici esistenti si proroga il raggiungimento dell’obiettivo emissioni zero al 2050.

Se la nuova direttiva europea sull’efficienza energetica verrà approvata, nel nostro Paese gli edifici esistenti con attestato di prestazione energetica di «classe G» dovranno rientrare almeno nella «classe F». Entro il 2027 per gli edifici non residenziali ed entro il 2030 per quelli residenziali. Gli standard di prestazione energetica minima, saranno fissati dal nostro paese sulla base di una strategia nazionale, che dovrà prevedere la progressiva ristrutturazione del proprio parco immobiliare, facendolo rientrare nella «classe A0 (zero emissioni)» tra 27 anni.

L’Italia è il Paese maggiormente penalizzato dall’eventuale entrata in vigore della direttiva, in ragione di un’arretratezza qualitativa del patrimonio che coinvolge nello specifico circa due terzi degli immobili a uso residenziale (privati e pubblici), realizzati prima dell’entrata in vigore della normativa sul risparmio energetico.

In Italia, circa il 60% delle abitazioni è oggi nella fascia energetica «F» o «G», ciò evidenzia come sia necessario, in tempi rapidi, l’adeguamento di una buona fetta del parco immobiliare presente sul territorio.

Ci troviamo di fronte a un’occasione per poter sveltire un processo, che diversamente stenterebbe a decollare nonostante gli incentivi introdotti in questi anni, che in verità hanno riguardato una ridottissima parte del patrimonio rispetto all’entità del fabbisogno.

Puntare sull’efficienza energetica significherebbe rafforzare l’economia, ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e migliorare l’ambiente. Pertanto, muoversi nella direzione indicata dalla Ue significa orientarsi verso una politica industriale che faccia leva su un sistema strutturale di incentivi, per la più ampia platea possibile. Sarebbe un ulteriore volano per il mondo delle imprese e per i distributori di materiali per l’edilizia.

di Roberto Bolici – Professore associato in Tecnologia dell’Architettura, Politecnico di Milano (da YouTrade n. 136)

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