Edilizia: nel 2023 una recessione che non fa (troppa) paura

Per fare un passo avanti e provare a immaginare come sarà la congiuntura del nuovo anno dobbiamo fare un passo indietro, non tanto lungo, diciamo di un paio d’anni, il biennio più strano e sorprendente a mia ultra trentennale memoria, straricco di opportunità ma anche di barriere che hanno impedito al settore di esplodere come quasi mai era accaduto prima, se non nei lontani anni Sessanta del secolo scorso, dove però per limiti anagrafici la memoria non mi può assistere.

Possiamo partire per comodità dai dati del Cresme: nel 2019 gli investimenti in costruzioni sono stati di 141 miliardi di euro, nel 2022 i miliardi sono stati 232, ma dobbiamo considerate un 20% più o meno per il discorso inflazione, forse più significativo per gli effetti negativi sui comportamenti decisionali delle persone che per il controvalore in denaro.

Anche le percentuali di crescita non scherzano: solo per il settore della ristrutturazione e nelle aggiudicazioni dei bandi per le opere pubbliche si parla, per il 2021, di una crescita del 45-50%.

Inutile sottolineare che sentire oggi parlare di flessione per il 2023 magari non fa piacere a livello di sensazione, ma diamine, cerchiamo di non perdere il contatto con la realtà, perché gli ultimi due anni ci possono aver seriamente indotto a questa tentazione.

Parlare di performance «eccessive» è il minimo che possiamo fare e, per il bene di tutti, spero che la situazione si normalizzi, magari mantenendosi su buoni livelli, perché la cosa realmente importante è che il mercato cresca lentamente e progressivamente, possibilmente permettendo di migliorare le marginalità, senza creare i problemi che il biennio che ci lasciamo alle spalle ha procurato, per esempio sulla disponibilità dei materiali e sulla speculazione che è purtroppo stata decisamente protagonista, risultando a tutti gli effetti fra le cause principali del raffreddamento della domanda.

La gestione approssimativa e direi anche mai realmente definita della cessione del credito pone oggi un mercato quantitativamente satollo finanziariamente fragilissimo. Riuscire a collocare un credito da parte di imprese e artigiani è una scommessa difficile da vincere. 

Il problema della liquidità è quindi tornato tristemente di moda, e non è un caso se le rivendite edili hanno considerevolmente aumentato le richieste di assicurazione del credito che, in genere, era una prudente azione riservata ai clienti nuovi, ma che oggi riguarda più o meno tutti.

Inflazione alle stelle e aumento sconsiderato dei costi energetici fanno il resto, e credo che siano questi i fattori che fanno propendere gli analisti alla definizione di un 2023 in recessione.

Ma il biennio credo abbia anche migliorato la consapevolezza della potenzialità del nostro mercato. È cresciuto tutto: ristrutturazioni, nuove costruzioni, mercato immobiliare che significa altre ristrutturazioni, opere pubbliche che, come sappiamo, riescono a fornire un impatto positivo anche alla distribuzione edile, nei tempi antichi indiscutibilmente tagliata fuori dalle grandi commesse.

Io credo, e spero di non sbagliare, che il prossimo anno sarà ancora interessante, soprattutto se metteranno fine all’assurda guerra in Ucraina che, oltre al tremendo e vergognoso impatto sulla vita di quelle persone, sta penalizzando seriamente le forniture energetiche e la disponibilità di molte materie prime, ridimensionando così anche il problema inflazione che deve molto ai rincari delle bollette.

I lavori legati agli incentivi fiscali non si sono esauriti certamente il 31 dicembre 2022. Ci sarà una coda lunga anche nel nuovo anno, e comunque i cittadini virtuosi e preveggenti potranno usufruire pur sempre delle detrazioni al 90%.

Ma i problemi saranno sempre gli stessi: liquidità e fiscalità. Quante imprese e, a cascata, quanti fornitori delle stesse, avranno la forza di resistere? Certo che «fallire per abbondanza» avrebbe tutto il sapore di un triste e penoso paradosso. Quindi, e ciò nonostante, il pensiero positivo non ci deve abbandonare.

Il biennio ci ha insegnato tante cose belle anche a livello di gestione delle nostre aziende. Ci ha insegnato a lavorare sotto pressione, ha fatto scoprire a molti l’importanza della collaborazione fra rivendite e anche con il mondo della produzione. Un tesoretto di positività, e direi anche di maturità imprenditoriale, su cui faremo tutti bene a continuare a investire.

di Roberto Anghinoni, giornalista (dalla rubrica «I fatti nostri» su YouTrade n. 135)

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