Materiali non infiammabili: si deve fare di più, dice Rockwool

Nella notte del 14 giugno 2017 un incendio devastò la Grenfell Tower di Londra, grattacielo di 24 piani situato nel quartiere di North Kensington, e fu causa della morte di 72 persone. Dopo quella tragedia, la normativa antincendio nel Regno Unito è stata aggiornata a favore di una sicurezza maggiore per tutti i condomini di edifici più alti di 18 metri. In Italia, nonostante un primo passo compiuto verso la definizione di requisiti obbligatori per le facciate degli edifici civili con la recente pubblicazione della Regola Tecnica Verticale, resta ancora molta strada da fare per garantire il livello di sicurezza antincendio prescritto oltre Manica.

Incidenti imprevedibili

L’incendio di Londra, innescato dal corto circuito di un frigorifero difettoso in un appartamento del quarto piano, divampò coinvolgendo la facciata dell’edificio amplificandone terribilmente la portata. La prima squadra di Vigili del Fuoco arrivò sul posto sei minuti dopo la chiamata. Durante le operazioni di spegnimento fu impiegata una squadra di 250 pompieri, munita di 45 autopompe. Secondo le dichiarazioni, l’intervento riuscì inizialmente a spegnere il fuoco all’interno dell’appartamento, ma le fiamme nel frattempo avevano già raggiunto il rivestimento esterno dell’edificio propagandosi velocemente verso i piani superiori con un effetto camino. Il comportamento dei materiali in caso di incendio è una questione tecnica, ma è fondamentale fare luce sul motivo per cui il fuoco si diffuse così rapidamente verso l’alto e all’esterno della Grenfell Tower.

I materiali «colpevoli»

Durante l’inchiesta emersero dettagli sui materiali utilizzati, per i pannelli di rivestimento e la copertura dell’edificio utilizzati durante la ristrutturazione avvenuta tra il 2015 e 2016 e costata nel complesso 10 milioni di euro. I materiali sono infatti risultati essere ad alto rischio di combustibilità. La presenza dei pannelli parapioggia in materiale composito di alluminio con anime in polietilene, infiammabile, agì come combustibile consentendo la rapida propagazione delle fiamme.

La normativa

Che cosa ha appreso il Regno Unito da questo tragico evento? L’incendio ha portato a una storica revisione della normativa sulla sicurezza degli edifici, con l’introduzione nel 2018 del divieto di utilizzo di materiali combustibili su edifici di altezza superiore a 18 metri. In qualità di maggior produttore mondiale di prodotti e soluzioni in lana di roccia, Rockwool partecipò attivamente alle consultazioni governative di aggiornamento della normativa.

Paolo Migliavacca

La situazione in Italia

Lo scorso anno gli incendi della Torre dei Moro a Milano e del palazzo Lagrange, ed edifici attigui, a Torino, che hanno coinvolto elementi di chiusura (facciate e copertura), hanno messo in evidenza l’urgenza del tema sicurezza antincendio in Italia.

“Dall’incendio di via Antonini sono stati mossi i primi passi verso la definizione di una normativa antincendio specifica per facciate e coperture. Tuttavia, il testo può essere ulteriormente migliorato nell’ottica di una migliore e più efficace riduzione del rischio”, spiega Paolo Migliavacca, Business Unit Director Rockwool.

Lo scorso 8 aprile sono state infatti pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale le norme di prevenzione incendi per le facciate e le coperture degli edifici civili. Queste rappresentano un punto di partenza verso una maggiore sicurezza. “La normativa continua a rimanere incompleta. Il decreto, per esempio, non prevede l’uso esclusivo di materiale incombustibile per gli edifici più a rischio, quelli alti e sensibili come ospedali, scuole, strutture di cura”, continua Migliavacca. “L’Italia dovrebbe prendere esempio dalle normative più moderne e complete come quelle del Regno Unito e prevedere l’uso esclusivo di materiali incombustibili per gli edifici oltre i 18 metri e quelli ad alto rischio, riducendo così i pericoli cui sono sottoposti occupanti e soccorritori in caso di incendio, garantendo tempi idonei di evacuazione e di intervento. È inoltre opportuno introdurre requisiti specifici sulla base di una matrice di rischio, che tenga quindi conto della tipologia e della destinazione d’uso degli stessi”.

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