Il lavoro c’è, gli specialisti no

Il lavoro c’è ma non si vede. Oppure sono le aziende che non trovano chi lo svolge. L’ultima edizione dell’indagine Asseprim Focus (è la Federazione Nazionale dei Servizi Professionali per le Imprese), fa emergere le motivazioni che frenano la crescita dell’occupazione nelle aziende del terziario avanzato.

“Purtroppo solo il 7% delle imprese prevedono di incrementare i propri addetti, a fronte delle quali ben il 41% prevede tagli occupazionali, in linea con i trend generali di mercato, l’evoluzione delle tecnologie, la loro progressiva introduzione nell’ambito dell’efficientamento dei sistemi aziendali e la costante attenzione al controllo dei costi generali, di cui la componente del lavoro incide in misura rilevante”, sottolinea Umberto Bellini, presidente di Asseprim.

In controtendenza, e perciò meritevole di essere segnalato, sta il fatto che nei sei mesi precedenti le aziende che prevedevano incrementi dell’occupazione erano ancor meno e più aziende invece prevedevano di diminuire i propri addetti. È un segnale debole ma che merita comunque attenzione perché potrebbe essere alla base di un’auspicabile inversione di tendenza nei prossimi mesi.

“La speranza di un miglioramento dei livelli occupazionali è rafforzata dalla considerazione che tra le aziende che non hanno assunto personale negli ultimi 12 mesi (il 93% del totale, quindi una larghissima maggioranza), il 45 % ha dichiarato che in realtà ne avrebbe avuto bisogno: purtroppo nel 66% dei casi le assunzioni non sono state effettuate per una causa esogena, ossia la scarsità di personale qualificato sul mercato. È esogena anche un’altra motivazione che ha fortemente influito in senso negativo sulle assunzioni, e cioè la sfiducia per l’instabilità della situazione economica/politica/legislativa. Fa seriamente riflettere, infine, il fatto che soltanto l’8% delle mancate assunzioni dipenda dalla situazione economica dell’impresa”, rincara Bellini.

Il gap tra le competenze richieste e quelle offerte è particolarmente ampio in ambito tecnologico dato che sei imprese su dieci dichiarano di avere difficoltà a reperire personale orientato alle nuove tecnologie digitali. Una formazione più mirata in questo ambito giocherebbe un ruolo importante dato che le imprese non possono sobbarcarsi l’onere e le incertezze legate a una formazione zero based e vorrebbero trovare invece personale già in possesso di un’adeguata formazione di base, da integrare in modo mirato ove necessario. Quanto ai principali fabbisogni formativi, questi vengono identificati nelle aree marketing, vendite e relazione con il cliente (41%), informatica (30%), nuove dinamiche di consumo, social network e vendite on-line (19%) e sicurezza sul lavoro (16%).

La sempre più urgente necessità di un sistema di formazione capace di adeguarsi velocemente alle mutazioni in corso si comprende chiaramente osservando l’aumento della quota di imprese che nei prossimi due anni disporrà comunque di personale dedicato a professionalità nuove per l’impresa (9%) ma soprattutto per l’intero mercato (8%), che ricadranno prevalentemente nei settori del marketing e della digitalizzazione e che richiederanno essenzialmente esperti del web (strateghi gestionali, analisti, designer), dei big data, di comunicazione e social media, oltre a tecnici come programmatori, grafici 3D, sviluppatori.

L’analisi Asseprim Focus evidenzia infine un ultimo grande cambiamento, nell’ambito dei processi di assunzione di nuovo personale. “Oggi le assunzioni si decidono in base alle competenze professionali (72%) mentre perdono quasi del tutto importanza fattori fino a ieri fondamentali come l’esperienza (che conta appena per il 29%), il titolo di studio (23%) e le referenze (15%). Anche l’età del candidato (15%) e l’anzianità lavorativa (5%) contano ormai poco, nel senso che personale giovane e qualificato, che costa poco e ha tendenzialmente maggiori competenze digitali, è vincente contro candidati più anziani, con un maggior costo per l’impresa e probabilmente minori skill tecnologici. Il misero 14% di importanza attribuito a incentivi e agevolazioni mostra come provvedimenti-tampone di una politica incapace di creare scenari certi e disponibilità di personale formato siano ormai considerati dagli imprenditori poco più di pannicelli caldi rispetto a situazioni strutturali che avrebbero ben maggiore rilevanza”, conclude Bellini.

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