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Stampare edifici. Dalla prefabbricazione all’automazione completa

Dalle stampanti in 3D al “contour crafting”, l’ascesa delle macchine
tecnologiche che promettono di rivoluzionare, automatizzandoli, i processi
di costruzione 

Controllo delle tempistiche, certezza dei costi, qualità dell’esecuzione, sono tre fattori che, soprattutto nell’attuale  periodo di crisi, possono determinare la differenza tra la possibilità di realizzare un intervento oppure no. In questo contesto e dietro la poderosa spinta di nuove tecnologie, le tecniche di prefabbricazione, cadute da quarant’anni nel dimenticatoio, stanno riscuotendo un interesse crescente. A questo bisogna aggiungere che la diffusione di macchine semi-robotizzate a controllo numerico per la preparazione di componenti poi assemblati manualmente, è ormai ampia e consueta. Strumenti di calcolo sempre più potenti e sofisticati rendono oggi possibile l’inedito sviluppo in tempi rapidissimi di soluzioni strutturali di grande complessità. Ed infine, il notevole incremento di diffusione di stampanti 3D permette per ora la realizzazione in modalità totalmente automatica di oggetti di design e di componenti relativamente minute ma che presto potrà coinvolgere anche la costruzione di interi edifici. Ciò che ora sta emergendo con forza, accompagnato da un potenziale di sviluppo incredibile, è infatti non solo la “semplice” prefabbricazione, ma la possibilità di totale automazione di fasi di costruzione complesse come la realizzazione di intere strutture o di interi involucri edilizi. Tra le esperienze in tal senso più significative va citata la tecnica chiamata “contour crafting”, messa a punto da Behrokh Khoshnevis un professore di ingegneria alla  University of Southern California. Un carro-ponte robotizzato, viene messo in cantiere al posto di una convenzionale gru e realizza, quasi fosse un processo di stampa e con una incredibile flessibilità e libertà formale, il disegno di un edificio. Di grandissimo interesse sono peraltro i sistemi di mega-stampa 3D messi a punto dell’azienda italiana d-shape. Gli architetti svizzeri Kohler&Gramazio o Michael Hansmeyer lavorano in modo analogo, proponendo però costruzioni non solo realizzate in modo automatico, velocemente e con precisione, ma anche disegnate in pochi secondi da macchine sulla base di algoritmi e di alcuni parametri inseriti in un software. Il livello di complessità e di precisione è tale che la realizzazione, se non eseguita da una macchina, richiederebbe moltissimo tempo. Le conseguenze dell’applicazione di queste tecnologie nel mondo delle costruzioni sono potenzialmente formidabili e non tarderanno a diffondersi. E se da un lato daranno origine ad effetti trasformativi, per ora difficili da prevedere, a livello di organizzazione del lavoro e delle imprese dall’altro aprono possibilità inedite in termini organizzativi, imprenditoriali e creativi.

 

 

 

San Leo, tra storia e qualità della vita

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Chi si trovasse a Rimini e, dando le spalle al mare, guardasse verso San Marino, potrebbe scorgere leggermente sulla destra una valle percorsa da un fiume che nel passato ha fatto la fortuna dei cavatori e che oggi percorre docile i territori dei comuni che attraversa e che collega uno ad uno, assieme alla lunga pista ciclabile che lo costeggia. Si tratta dell’Alta Val Marecchia, un territorio di confine che unisce la Toscana con la Romagna e che lambisce in parte anche le Marche. I sette comuni dela valle, fino a pochi anni fa, facevano parte della provincia di Ancona, ma dal 2009 grazie ad un referendum sono passati alla provincia di Rimini. Questo passaggio è stata una delle condizioni necessarie per rivitalizzare i luoghi e dare al territorio della Val Marecchia una prospettiva più concreta di sviluppo, che oggi trova molti punti di forza nella apposita variante al PTCP della Provincia di Rimini, da poco approvata, che tra i vari orientamenti prevede una specifica tutela delle acque. La cura del territorio di questi comuni parte da qui, dall’acqua che lo attraversa, dai territori solcati dal fiume Marecchia che presentano una conformazione molto particolare, con dolci colline intervallate da picchi, rocce e calanchi che danno al territorio un carattere particolare. Tra i comuni della valle, San Leo assume un’importanza particolare, sia per estensione e complessità del territorio, sia per il borgo antico, costruito alle pendici di una rocca sulla quale domina una fortezza pieno di storia. Il borgo, raggiungibile da un’unica strada non percorribile dai pullman e che ne ha di fatto preservato l’integrità, si trova a quasi 600 metri di altezza e a soli 32 km da Rimini e confina con San Marino. La storia di San Leo è una storia antica e importante, fin dall’epoca romana e poi nel medioevo, quando fu capitale del Regno Italico di Berengario II. E’ stata un luogo di passaggio di santi e poeti, da San Francesco (che in una stanza ancora oggi conservata ricevette in dono il Monte della Verna dal Conte Orlando di Chiusi nel 1213) a Dante (che la cita nel IV canto del Purgatorio). Nel suo forte, trasformato in prigione durante il dominio pontificio, furono rinchiusi il Conte di Cagliostro, che vi morì nel 1795, e il patriota Felice Orsini nel 1844. All’interno del borgo sono numerose le presenze storico-architettoniche perfettamente conservate, dalla Pieve preromanica al Duomo romanico lombardo del sec. Xll, dal Forte al Palazzo Mediceo che oggi ospita il Museo di Arte Sacra. Ma è l’inserimento armonico dell’antico borgo nel resto del paesaggio che fa di San Leo un luogo unico e ricco non solo di storia, ma di luoghi particolari da scoprire, dai ruderi dei castelli di Pietracuta e di Piega al convento francescano di S. Igne, dal convento domenicano di Monte di Pietracuta alla chiesa di Montemaggio. Dal castello sulla rocca si gode di uno dei più affascinanti panorami della zona, con la vista che può spaziare dai monti che lo circondano, attraversati da calanchi che ne impreziosiscono la geologia, a San Marino e poi fino al mare. Ma San Leo non è solo il borgo antico, curato nei dettagli e reso prezioso dall’accoglienza degli abitanti e di chi ci vive e lavora. E’ anche un borgo che ha saputo valorizzare il proprio patrimonio storico, artistico, architettonico e paesaggistico per diventare uno dei “borghi più belli d’Italia”. La cura dei particolari e l’attenzione per il borgo e il paesaggio intorno ha portato il comune ad essere premiato nel mese di febbraio 2013 come uno dei “Gioielli d’Italia”, prestigioso riconoscimento che premia i territori italiani dell’eccellenza. Ma questi successi non giungono a caso. Sono l’esito di una puntuale e attenta gestione dell’Amministrazione comunale, che nell’equilibrio tra borgo antico e le altre frazioni del comune gioca da sempre la carta dell’integrazione e della qualità, sfruttando in modo strategico la vicinanza con San Marino. Un esempio è la gestione degli spazi dedicati alle attività sportive. San Marino ormai ha consumato tutto il suo territorio e per espandersi e fornire servizi ai propri cittadini deve chiedere ospitalità proprio a San Leo. Ma sono successi che arrivano anche da un uso sapiente delle opportunità fornite dai fondi europei (San Leo ha vinto una selezione internazionale come capofila di un progetto incentrato sull’agricoltura biologica) e dai fondi regionali, come ad esempio i fondi con i quali si stanno finanziando i lavori di consolidamento e messa in sicurezza della rupe sulla quale si trova la fortezza di San Leo. Ma è anche convinta ricerca di sistemare attraverso accordi di programma alcune problematiche ereditate dal passato e non ancora risolte, come la localizzazione nel comune di attività produttive rumorose e inquinanti e non compatibili con la qualità della vita che chiedono i cittadini delle frazioni di pianura. Oppure la grande cura nel promuovere e avviare eventi culturali non solo in grado di attirare visitatori e turisti, ma soprattutto di mettere in luce la storia di San Leo e i suoi legami con l’arte del passato. Un esempio in questo senso è stata la mostra dedicata ai dipinti rinascimentali di Piero della Francesca, Raffaello e Leonardo da Vinci che, in alcune loro opere, hanno ritratto il paesaggio di San Leo, ancora oggi riconoscibile in alcuni quadri di questi grandi artisti. Infine non va dimenticata l’attenzione alla costruzione di eventi, soprattutto nella stagione estiva. San Leo è dunque un territorio dell’eccellenza, un’eccellenza che si ritrova nell’estrema vitalità e passione con la quale il Sindaco e l’Amministrazione si muovono per promuovere una sempre maggiore qualità del territorio e dei servizi, e nella volontò delle realtà imprenditoriali presenti ad esmepio a produrre secondo criteri di qualità e sostenibilità e a riconventire o a delocalizzare produzioni non più compatibili con le caratteristiche di eccellenza dell’area, un’eccellenza riconosciuta e premiata appunto dal Ministero per gli Affari Regionali. Ma come si fa, in un piccolo comune di 3.000 abitanti, dei quali 200 residenti nel borgo antico, a promuovere sviluppo e crescita economica? La domanda l’abbiamo posta al Sindaco di San Leo, Mauro Guerra, che ci ha detto che “per dare ai nostri cittadini una migliore qualità della vita abbiamo puntato sulle nostre risorse – il paesaggio, il territorio, le produzioni locali – per fornire un insieme di servizi che permetta di raggiungere tutte le frazioni, dando ai cittadini pari opportunità; ma stiamo anche intervenendo per sistemare vecchi guasti ancora presenti e con le risorse scarse che abbiamo dobbiamo ingegnarci”. E qui il Sindaco, orgogliosamente, ci fa vedere uno di questi elementi di ingegno: “vede, noi abbiamo saputo sfruttare gli incentivi governativi relativi alle energie rinnovabili e abbiamo realizzato un campo fotovoltaico che ogni anno produce, per le casse comunali, entrate per 600.000 euro. E poi c’è la vicina San Marino, che chiede spazi per attività sportive o insediamenti di imprese nelle nostre aree industriali e artigianali. Per questo abbiamo promosso il nuovo PSC intercomunale (il nuovo piano regolatore) che utilizza strumenti avanzati di partecipazione. Perché il territorio è la nostra prima risorsa e dobbiamo gestirlo e valorizzarlo insieme agli altri. Da soli non si va da nessuna parte. Se costruiamo le condizioni della governance possiamo fare del bene, al nostro territorio e ai nostri cittadini”.

 

Mercato mondiale in crescita, Europa ancora in difficoltà

 

Le misure di austerità e la stretta al credito

frenano ancora il vecchio continente

Europa ancora in contrazione con significative differenze tra le economie del nord e quelle del sud, resto del Mondo in ripresa con le migliori performance che verranno da Cina, Stati Uniti, India e America Latina, Brasile in testa. L’Italia in questo contesto rimane un mercato ancora in grande crisi e con prospettive future di miglioramento legate alle scelte di politica economica focalizzate alla crescita che il Governo vorrà concretamente mettere in campo.  E’ questa la fotografia del mercato mondiale delle macchina da costruzione all’inizio di un 2013 che secondo le stime degli analisti dovrebbe finalmente vedere una crescita complessiva attorno al 3% dopo due anni difficili. Se guardiamo infatti alle macchine movimento terra, nel 2012, secondo il “Construction Equipment Outlook” realizzato da Unacea-Prometeia, nel mondo si sono vedute circa 700 mila unità con un calo del 13% rispetto al 2011. Guardando più da vicino il mercato europeo, i dati peggiori vengono da Spagna ed Italia, mentre crescono Russia, Turchia, Norvegia e Danimarca.  E’ interessante notare, in Europa, una certa ripresa del mercato dei macchinari per calcestruzzo, per i quali si è   registrata una crescita nel 2012 attorno al 5%.  Una domanda guidata dalla richiesta, non solo in Europa, di manufatti in calcestruzzo, tubi, travi ed elementi prefabbricati.

Le nuove economie esprimono oramai la parte principale della domanda mondiale. Paradigmatico il caso della Cina che nel 2001 valeva il 10% della domanda mondiale di macchine movimento terra e  oggi è al 40%. Il colosso asiatico ha annunciato un nuovo importante piano infrastrutturale e ha confermato le politiche per soddisfare la domanda abitativa della nuova classe media in forte espansione.  In Asia buone prospettive vengono anche dall’India che ha avviato una serie di grandi opere infrastrutturali: proprio in queste settimane sono partiti i lavori dei due corridoi ferroviari merci che collegheranno la capitale New Delhi a Mumbai e Calcutta (Western and Eastern Dedicated Freight Corridor) ai quali si aggiungeranno alcune linee metropolitane e suburbane.Opere che da sole valgono alcuni miliardi di dollari.  Cambiando continente, il Brasile grazie alle opere messe moto dai Mondiali di calcio del 2014 e dalle Olimpiadi del 2016 è oggetto di significativi investimenti. E sempre al di là dell’Atlantico segnali positivi vengono anche dagli Usa  che insieme a tutta l’area Nafta (l’area di libero scambio nord americana) si conferma un mercato importante per le imprese italiane del settore assicurando il 7% delle esportazioni.  In netta controtendenza con il mercato italiano ed europeo, le vendite di settore negli Stati Uniti sono cresciute nel 2012 del 16% rispetto all’anno precedente, mentre per l’intera area Nafta la crescita è stata pari al 23%.   Segnali incoraggianti vengono anche dal Medio Oriente e dall’Africa. I paesi del Golfo hanno confermato gli investimenti in infrastrutture, dalle ferrovie ad alta velocità ai porti, ed anche in Nord Africa nonostante il rallentamento dovuto alla instabilità politica di questo periodo le prospettive di crescita del mercato delle costruzioni e delle infrastrutture è buono.

 

A questi paesi si devono aggiungere il Sud Africa, che ha presentato un pacchetto di infrastrutture strategiche da sviluppare nei prossimi anni, ma anche ad esempio il Mozambico dove investitori brasiliani puntano alla realizzazione di nuove ferrovie e infrastrutture portuali e logistiche.

In questo quadro complessivamente incoraggiante, la situazione italiana è oggettivamente una delle più difficili. Il 2013 sarà ancora un anno di flessione nel mercato delle costruzioni, con un inevitabile riflesso sui volumi delle macchine vendute. I dati non lasciano dubbi: la contrazione è addirittura superiore a quella che ci si aspetterebbe dagli effettivi livelli di mercato, segno che il “sentiment” degli operatori è, per il futuro, ancora negativo e che non si aspettano inversioni di tendenza a breve. Nel 2012 le macchine movimento terra, stradali e per il calcestruzzo hanno segnato un calo del 31,3% rispetto ad un già drammatico 2011. E nel  comparto degli autocarri il mercato, in soli due anni, si è ridotto più della metà scendendo ai livelli del 1990. E’ necessaria per l’Italia  una politica economica fortemente indirizzata alla crescita, che sarà possibile peraltro solo in presenza di una adeguata stabilità politica.

I costruttori in ogni caso sono impegnati a offrire al mercato prodotti dalle prestazioni sempre più significative: i driver di sviluppo sono quelli della economicità, della flessibilità d’uso e manutenzione, della sicurezza e naturalmente della sostenibilità ambientale, che vuol dire sia utilizzo di materiali riciclabili e rinnovabili ma anche emissioni sempre più basse.

Oggi le normative si concentrano specialmente sulle emissioni di particolato e ossidi di azoto. Le normative in vigore per le macchine off road sono in Europa lo Stage IIIB mentre negli Usa la normativa di riferimento è la Tier 4 interim. Il 2014 è una scadenza importante perché entrano in vigore le nuove normative rispettivamente Stage IV e Tier 4 Final che richiedono ulteriori drastiche riduzioni nelle emissioni. E la maggior parte dei costruttori sta già presentando i modelli che rispettano le nuove prescrizioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A quando la ripresa?

Chi si aspetta la ripresa sui vecchi modelli del mercato sbaglia interpretazione. In uno scenario di incertezza si fanno comunque strada nuovi mercati e nuovi presupposti. Dobbiamo esserne consapevoli per non fare l’errore di sbagliare approcci e strategie

 

Una crisi lunga, mai così significativa nelle dimensioni, con riflessi imprenditoriali e occupazionali che mai si erano verificati dal dopoguerra. C’è chi dice che si è tornati al mercato dei primi anni ottanta del secolo scorso. E’ vero per le dimensioni del mercato e degli scambi, ma dobbiamo essere consapevoli che questa crisi modifica radicalmente e strutturalmente il mercato, nelle tipologie di offerta ma soprattutto nelle modalità operative. Siamo tornati a quelle dimensioni, ma non si tornerà a quelle modalità costruttive e operative. La crisi ha modificato tutto, strutturalmente, e oggi le imprese che vogliono guardare alla ripresa, alla crescita e alle nuove opportunità non possono rimanere solo confinate nel quadro nazionale, ma devono per forza guardare ai mercati esteri, alla competizione globale, alle opportunità di crescita che vi sono nel mondo. A livello mondiale infatti vi è stata, negli ultimi anni, una redistribuzione geografica del mercato delle costruzioni, con alcuni mercati in forte crescita (soprattutto l’Asia) e l’Europa in forte frenata. In sostanza il mercato delle costruzioni a livello mondiale segue le dinamiche del PIL dei diversi paesi, e in questo senso le aree più interessanti diventano oggi per forza di cose quelle a più elevata crescita. Asia dunque, ma non solo. Anche il Brasile e i nuovi paesi emergenti. Uno degli elementi di maggiore consapevolezza del modificarsi delle condizioni di equilibrio del mercato riguarda il fatto che, come evidenzia il Cresme, “se nel 2000 quasi l’80% degli investimenti in costruzioni mondiali si concentravano nei paesi di vecchia industrializzazione, oggi praticamente la metà riguardano attività edilizia localizzata nei paesi in via di sviluppo”. La ripresa dunque ci sarà e avverrà laddove vi è necessità di sviluppare l’edilizia e l’infrastrutturazione, ovvero nelle economie emergenti, trainate dalla crescita economica e produttiva, dall’espansione demografica e dalla crescita dei fenomeni di urbanizzazione, che non significa soltanto investimenti di tipo infrastrutturale, ma anche produzione di nuove case e di tutto cià che riguarda ambienti produttivi e servizi. In sostanza la ripresa è già possibile, oggi, per le imprese in grado di guardare all’estero, ai mercati emergenti, a chi è in grado di innovare e diversificare, soprattutto territorialmente, il proprio approccio al mercato. Infatti le imprese che lavorano nell’innovazione e sui mercati esteri dimostrano di essere competitive e di non risentire degli effetti della crisi. I dati delle analisi sui bilanci delle imprese elaborati dal Cresme e pubblicati da YouTrade confermano questa lettura e queste tendenze. E allora conviene essere consapevoli e iniziare a chiedersi se la dimensione d’impresa italiana è adatta ad affrontare le sfide che la globalizzazione impone. La risposta è del tutto evidente: in paerte e solo per chi spinge e ha investito in innovazione e capacità competitiva. La ripresa in Italia non ci sarà a breve. Le previsioni sul PIL per il 2013 evidenziano ancora una diminuzione superiore all’1%. Alcuni indicano addirittura -1,7%. Il mercato “è fermo”, si dice. Ma è fermo solo se si guarda in un campo di osservazione molto ristretto geograficamente. Se si guarda in un ambito allargato si evidenzia che la crescita economica c’è. Con un gioco di parole, la ripresa va presa laddove c’è. Ma per fare questo il nostro sistema imprenditoriale deve dotarsi di strumenti e strutture in grado di poter operare su quei mercati. Molte imprese italiane stanno lavorando all’estero e molte lo faranno a breve. Abbiamo imprese competitive, know how e qualità dei prodotti. L’Italia può esportare questi modelli e cogliere le opportunità. Ma a livello interno è evidente che il settore delle costruzioni è di fronte ad un gap in primo luogo informativo e conoscitivo. Sono ancora troppe le imprese che non hanno ancora colto la necessitò di riorientare la propria attività sui temi della sostenibilità, del recupero di qualità del patrimonio edificato, della rottamazione e dello sfruttamento strategico, ovvero non di convenienza, del sistema degli incentivi. Non bastanno gli incentivi sul fotovoltaico a generare imprese in grado di essere vere protagoniste in questo settore. Ci vuole know how, formazione, organizzazione, capitali. Chi si aspetta la ripresa sui vecchi modelli imprenditoriali e di offerta del mercato sbaglia interpretazione. Lo scenario internazionale offre opportunità, quello nazionale incertezza e instabilità. Le imprese devono essere consapevoli di questi cambiamenti, per non fare l’errore di sbagliare, in un momento cruciale per l’economia italiana, approcci e strategie.

 

Educare alla scienza per costruire democrazia

La notte del 4 marzo scorso è andata in fiamme la Città della Scienza di Napoli. Da ogni parte sono giunte testimonianze e iniziative di sincera e partecipata solidarietà. E per dirla tutta, c’è stato persino uno sconsiderato scribacchino che dalle pagine di un quotidiano (Il Foglio, 7 marzo) ha sentenziato: “Dovevano bruciarla prima”. Dopotutto, aggiungeva lo scribacchino, in quei capannoni “si propagandava l’evoluzionismo, una superstizione ottocentesca ancora presente negli ambienti scientifici”.

In realtà, tra quelle mura inghiottite dal rogo di “parascientifico” non c’era nulla. Anzi, dentro quei capannoni si coltivava la scienza come un bene pubblico. Giovani e adulti che frequentavano quegli spazi potevano comprendere concretamente che la scienza è molto più di una serie di teorie e formule difficili da digerire. Sperimentando in prima persona, chiunque poteva capire che fare scienza è piuttosto una pratica che educa come poche altre all’analisi critica, all’importanza del confronto, al rigore come impegno etico e alla valenza conoscitiva dell’errore.

Proprio in questo senso il filosofo Karl Popper sosteneva che la comunità scientifica rappresenta un modello di “società aperta” da cui la politica dovrebbe sotto molti aspetti prendere esempio. E in una sua celebre pagina scriveva: “Soltanto se lo studente fa la diretta esperienza di quanto facile sia errare e di quanto difficile sia fare anche un piccolo progresso nel campo della conoscenza, soltanto in quel caso egli può percepire il significato dei criteri di onestà intellettuale, può giungere al rispetto della verità e al disprezzo dell’autorità e della presunzione”.

La scienza nasce infatti come sapere pubblico, rivedibile e controllabile: pubblico in quanto rivedibile e rivedibile in quanto controllabile. Tre caratteristiche che si rivelano un potente antidoto contro qualsiasi forma di deriva autoritaria. Chi impara a chieder conto delle idee altrui tanto quanto a esibire evidenze a sostegno delle proprie, difficilmente sarà disposto ad accogliere per buona o per vera una qualsiasi immotivata imposizione.

In quella che al tempo di Galileo era nota come Repubblica della Lettere e che noi oggi siamo soliti chiamare comunità scientifica, infatti, non si è mai deciso per alzata di mano. Ciò che invece è sempre contato – per dirla con il matematico pisano – sono sempre state le “sensate esperienze” e le “certe dimostrazioni”. In altre parole, è la competenza che rende effettivamente liberi i ricercatori:  liberi di assentire e di dissentire. E senza quella competenza la Repubblica delle Lettere non può che degenerare in qualche insidiosa declinazione del principio di autorità.

Un’idea questa condivisa anche Thomas Jefferson; anzi, il terzo Presidente degli Stati Uniti la riteneva addirittura fondamentale per non far fallire il cosiddetto esperimento democratico. Jefferson, infatti, non aveva dubbi: la democrazia è il modello politico che meglio di ogni altro protegge la libertà degli individui, ma non basta a se stessa.

Nel suo Bill for More General Diffusion of Knowledge (1778), lo affermava senza indugio: “L’esperienza insegna che persino nelle migliori forme [di governo] coloro cui è affidato il potere lo hanno col il tempo e con un lento processo pervertito in tirannide; e si ritiene che il mezzo più efficace per scongiurarlo sia di illuminare, per quanto è fattibile, la mente della massa della gente”.

Una illuminazione che, secondo Jefferson, trovava soprattuttonell’atteggiamento scientifico la mentalità più consona per quei cittadini che non volessero ridursi a diventare sudditi di un qualsiasi potere iniquo o illegittimo. In quest’ottica, i capannoni della Città della Scienza erano (e mi auguro che presto torneranno a essere) un incubatore di democrazia, una palestra per cittadini, la metafora di una polis in cui si lavora tutti insieme per costruire la libertà di ciascuno.

Isolamento acustico: normativa e nuovi prodotti

Il 92% degli edifici in Italia non rispettano i requisiti prescritti dalla legge acustica in edilizia, perché costruiti prima del 1997.

 

Il problema del rumore è connesso alla qualità della vita e incide profondamente nel quotidiano, tanto che per anni si sono moltiplicate le iniziative legali e le cause in tribunale mosse da avvocati e ingegneri contro i costruttori che non hanno rispettato le norme previste dalla legge acustica.

 

L’attuale decreto, il DPCM 5-12-1997 è in fase di revisione: la nuova normativa che, nella migliore delle ipotesi dovrebbe entrare in vigore il prossimo anno, mira a  rimettere ordine nel settore, introducendo l’obbligatorietà delle verifiche in opera a fine lavori e la classificazione acustica degli edifici, affiancata alla già presente certificazione energetica.

 

YouTrade ha approfondito la questione insieme ad alcuni esperti di isolamento acustico, che hanno presentato lo status quo del settore e i trend di sviluppo tecnologico e normativo previsti nei prossimi anni. Infine, nella sua immancabile rassegna prodotti, YouTrade offre una panoramica dei prodotti più performanti per l’isolamento acustico degli edifici attualmente disponibili sul mercato.

 


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Rivoluzione condominio. Riqualificare il patrimonio, contenere e ottimizzare la spesa

In condominio cambia tutto, a partire dalla necessità di una gestione più efficiente per ridurre le spese e rispettare i parametri imposti dalle leggi europee. Ed è stato questo il filo conduttore del convegno organizzato ieri pomeriggio,  a Seregno, dal mensile YouTrade, a cui hanno partecipato l’esperto di condominio Umberto Anitori e il docente di economia dell’Università IUAV di Venezia, Federico Della Puppa.

La necessità di diminuire le richieste energivore degli stabili ha trovato tutti concordi. «In Italia ci sono 11 milioni di edifici, dei quali 1 milione sono condomini, che sommano 27 milioni di unità immobiliari», ha precisato Della Puppa. «Considerando l’insieme dei condomini italiani, le regioni che presentano la maggior incidenza sono la Lombardia, con il 17,0% di edifici e il 18,3% delle unità immobiliari residenziali il Lazio, con il 9,9% degli edifici e l’11,9% di unità immobiliari residenziali».

Ma circa il 60% dei condomini è stato edificato prima del 1976, quando è stata introdotta una normativa che prescriveva per legge criteri di efficienza energetica negli edifici. E l’82% è stato realizzato prima del 1991, quando è entrata in vigore la prima vera legge italiana sull’efficienza energetica. Risultato: secondo dati Istat, il 22,5% dei condomini si trova in mediocre o pessimo stato di conservazione.

Ecco perché un intervento di efficientamento è così urgente, ha concordato Anitori. Per esempio, su circa 400mila condomini nei quali sono presenti impianti centralizzati di riscaldamento, il 62,5% hanno impianti vecchi di oltre 15 anni ed obsoleti. Risultato: consumi eccessivi e difficile rispetto delle norme.

A spingere verso una riqualificazione del patrimonio immobiliare è anche l’Europa: una direttiva di Bruxelles obbliga l’Italia a promuovere un’edilizia che consumi meno energia e produca meno Co2. Entro il 2020 tutte le nuove costruzioni private dovranno essere a energia quasi zero. E già dal 2014 ogni anno il 3% delle superfici di edifici pubblici esistenti dovranno essere rese efficienti dal punto di vista energetico.

Azioni che devono essere adottate innanzitutto dagli oltre 25mila amministratori professionali dei circa 600.000 condomini in Italia (oltre ad altri 30mila amministratori non professionali).

Il convegno non ha trascurato anche l’aspetto economico di un simile processo. Come la capacità-opportunità di sfruttare tutte le possibilità di detrazione dei costi di ristrutturazione e di efficientamento energetico per realizzare impianti solari termici, illuminazione a Led nelle parti condominiali comuni, l’introduzione di pannelli fotovoltaici per produrre energia e perfino di un sistema minieolico condominiale, che si aggiungono agli interventi più tradizionali, come isolare termicamente l’edificio, ottenendo, risparmi fino al 35% dei costi di gestione.

VI Convegno Nazionale YouTrade: “Riconversione”

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La casa è sempre più green

Gli eco-progetti per la trasformazione urbana raddoppieranno entro il 2015

L’attenzione all’ambiente e alla salute costituiranno sempre di più i fattori trainanti della qualità delle trasformazioni urbane, oltre che dei singoli edifici. E’ quanto emerge dalla ricerca “Abitare Verde: tendenze in atto e futuri drivers di mercato” realizzata da Nomisma e Pentapolis, presentata oggi a Roma, presso la Casa dell’Architettura.

Sulla base di una selezione di alcune caratteristiche “green”, (caldaia di ultima generazione, infissi ad alte prestazioni energetiche, isolamento muri esterni, elettrodomestici a basso consumo, riduttori flusso dell’acqua, riciclo delle acque e utilizzo di materiali non nocivi alla salute) riferite all’abitazione e riconducibili alle indicazioni internazionali in tema di efficientamento energetico e sostenibilità, è stato ricostruito l’identikit “abitativo” delle famiglie italiane.

Il 3,2% già possiede tutti i requisiti “verdi”, il 24% invece non ha ancora nessuna delle caratteristiche selezionate. A fronte di un 12,1% in reale cammino verso pratiche a basso impatto, fa da contraltare un 60,7% di famiglie dove sono riscontrabili solo sporadiche attenzioni alle prestazioni energetiche e ambientali della propria casa. Ad attenuare tali distanze sono le caratteristiche anagrafiche dei profili descritti, secondo cui i giovani connotano maggiormente le famiglie eco, mentre gli over 65 quelle black o grey.

“Ad oggi, quindi – afferma Massimiliano Pontillo, Presidente di Pentapolis – le pratiche di “green building” cominciano ad essere una realtà, il mercato italiano può contare su una domanda in veloce crescita, anche se ancora non in grado di imprimere una reale conversione al settore e a tutta la filiera, ma il cui orientamento inizia a pesare”.

Se, infatti,  tra i fattori  determinanti nell’eventuale scelta di un’abitazione – prescindendo dalle variabili cruciali di prezzo e localizzazione – risulta principalmente la classe energetica dell’edificio (22,8% delle famiglie) e la tipologia nuova o ristrutturata dell’immobile (19,5%) occorre sottolineare come il 15,1% ponga attenzione all’utilizzo di materiali non nocivi alla salute e il 14,7% alla presenza di impianti di energia rinnovabile.

Stesso orientamento hanno le dichiarazioni degli italiani relative agli interventi strutturali che intendono realizzare nelle abitazioni.  Se negli ultimi anni le famiglie hanno privilegiato interventi sugli infissi (10,5%) o sulle caldaie (12,0%) – soprattutto grazie al ricorso agli incentivi fiscali –  nei prossimi mesi preferiranno interventi per l’isolamento termico dei muri esterni (cappotti e coibentazioni) o per “bonificare” le proprie mura domestiche da materiali considerati nocivi per la salute (intonaci vecchi, materiali trattati, etc) o anche per dotarsi autonomamente di impianti di energia rinnovabile.

“Anche in Italia, quindi – continua Pontillo – in un quadro di progressivo deterioramento del contesto sociale ed economico, emerge un nuovo ciclo nell’edilizia orientato al rinnovo del patrimonio disponibile con l’utilizzo di tecniche di bioedilizia già da tempo sperimentate sui mercati globali di riferimento”.

La necessità di intervenire sul costruito è giustificata dalla vetustà del patrimonio immobiliare, dall’obsolescenza delle sue componenti (specialmente nei centri urbani di maggiori dimensioni) e dalla breve vita degli impianti. L’aspetto centrale è rappresentato dalla necessità di accelerare i ritmi di riqualificazione del parco edilizio e infrastrutturale in chiave ambientale, allo scopo di rispondere in maniera adeguata alle sfide poste dal cambiamento climatico e, soprattutto, all’emergere di una nuova domanda di “abitare verde” da parte delle famiglie italiane e degli investitori internazionali.

Oggi appare quindi chiara la nascita di una richiesta di mercato che spinge rapidamente il settore verso due fattori essenziali: qualità e sostenibilità.

Quinto appuntamento firmato SanMarco

Giunto alla quinta edizione dopo i fortunati appuntamenti a Milano, Venezia, Firenze, Perugia, “Architettura cosciente , architettura appropriata”, il 21 maggio 2013 si interrogherà a Venaria Reale (TO), sulle ragioni di modernità del laterizio, un materiale, che, tra i più utilizzati nel panorama delle costruzioni, “misura” oggi la sua vicinanza ai linguaggi architettonici contemporanei. In questo modo SanMarco intende non solo dare continuità all’impegno nel sostenere la cultura architettonica, ma anche nello specifico – come azienda di riferimento nel settore della produzione di sistemi e prodotti in laterizio – sondare le potenzialità e le nuove espressività che vengono dal panorama tecnico e culturale italiano nei confronti di un materiale, sì tradizionale, ma anche fortemente proteso al futuro. E’ questa la principale novità del format itinerante SanMarco, ormai diventato un appuntamento atteso.
La location sarà la Reggia di Venaria, residenza sabauda seicentesca tra i capolavori più conosciuti. Dopo i saluti iniziali del presidente dell’Ordine degli Architetti di Torino, che farà gli onori di casa, tre progettisti, archistar per l’importanza che ricoprono nel panorama nazionale ed internazionale, presenteranno le loro architetture in laterizio realizzate con i Sistemi SanMarco: Aimaro Isola, Alessandro Bucci e Antonio Monestiroli. Tre generazioni a confronto, con approcci progettuali ed applicativi differenti, saranno come vocaboli del dizionario di un’architettura in laterizio sostenibile.

Nella seconda parte del convegno, invece, si svilupperà una tavola rotonda dal titolo ”Prodotto e Progetto” che costituirà un importante focus sul materiale laterizio, affrontato da uno storico dell’architettura, Guido Molinari del Politecnico di Torino, da un critico di linguaggi architettonici contemporanei, Giovanni Corbellini, e da Emilia Garda, tecnologa e docente di Architettura Tecnica  al DIST del Politecnico di Torino.
Anche in questa edizione del convegno firmato SanMarco e moderato da Marcello Balzani, le istituzioni e le realtà culturali locali e regionali hanno riconosciuto l’importanza di un evento di alto livello come momento di incontro e riflessione sui temi dell’architettura contemporanea. Per questi motivi si sono aggregati i patrocini della Regione Piemonte, della Citta di Venaria Reale, dell’Ordine degli Architetti P.P. e C. della provincia di Torino, del Politecnico di Torino, di ANAB, Associazione Nazionale Architettura Bioecologica, di ANTEL, Associazione Nazionale Tecnici Enti Locali, di GAT, Associazione dei Giovani Architetti Torinesi.

Ruredil lancia Exocem One

Exocem One è il nuovo premiscelato di Ruredil a base di cemento, inerti selezionati, additivi superfluidificanti, agenti per il controllo del ritiro sia in fase plastica che in fase indurita e fibre di polipropilene. Dopo l’aggiunta di acqua si ottiene una malta tixotropica, fortemente adesiva, a rapido  indurimento e di alta durabilità da applicarsi in spessori compresi tra 3 e 40 mm. La particolare formulazione ne consente l’impiego per riparazioni in spessore e per  rivestimenti millimetrici (rasatura).

Il prodotto risponde ai requisiti definiti nella UNI EN 1504/9 (“Prodotti e sistemi per la protezione e la riparazione delle strutture in calcestruzzo; definizioni, requisiti, controllo  di qualità e valutazione della conformità. Principi generali per l’uso dei prodotti e sistemi”) e ai requisiti minimi richiesti dalla  EN 1504-3 (“Riparazione strutturale e non strutturale”) per malte di classe R3.

 

 

Exocem One, inoltre, assicura una finitura superficiale di elevata qualità estetica e il suo impiego determina:

 

•    Indurimento accelerato con inizio presa entro 40 minuti.
•    Elevate resistenze meccaniche a compressione e flessione.
•    Aderenza al calcestruzzo maggiore di 1,5 MPa a 28 giorni (si rompe il supporto).
•    Facilità e rapidità di messa in opera e finitura.
•    Modulo elastico simile a quello del calcestruzzo.
•    Resistenza all’attacco di agenti chimici quali cloruri (sali disgelanti, acqua di mare ecc.), solfati, piogge acide, anidride carbonica.
•    Resistenza ai cicli di gelo e disgelo.

 

Può essere applicato per riparare elementi lesionati in calcestruzzo, spigoli lesionati di pilastri, travi frontalini e per modanature e rasatura finale omogeneizzante in caso di ripristini localizzati.

FMI, previsioni in ribasso per l’Italia

FMI rivede al ribasso il PIL dell’Italia Per il 2013 calerà dell’1,5%. Il tasso di disoccupazione salirà al 12,0% Giù le stime di crescita mondiale, fra i tagli automatici alla spesa americana e i timori sull’area euro L’Italia arranca e le ricadute e le incertezze della situazione politica italiana rappresentano un rischio non solo per l’economia del Belpaese ma per l’intera ripresa globale. L’Italia – secondo la fotografia scattata dal Fondo Monetario Internazionale (Fmi) – è comunque sulla «strada giusta», avendo fatto la maggior parte dei suoi `compiti´: quest’anno non saranno necessarie ulteriori manovre al massimo piccole correzioni, sarà raggiunto il pareggio di bilancio nonostante un rallentamento del risanamento e il deficit continuerà a calare, anche se il debito schizzera’ oltre il 130%. Un tesi spostata subito dal ministro dell’Economia Vittorio Grilli: «non serve una nuova manovra. Se ci sono necessità di spesa per singoli obiettivi bisognerà trovare le coperture». La vera emergenza – spiega infatti il Fondo – è la disoccupazione, che toccherà il 12%. Dopo il -2,4% del 2012, il pil italiano si contrarra’ quest’anno dell’1,5%, ovvero 0,4 punti percentuali in meno rispetto alle stime di gennaio, per poi tornare a crescere, solo dello 0,5%, nel 2014. «L’incertezza politica è qualcosa che riduce le prospettive di crescita»` afferma Carlo Cottarelli, responsabile del Fiscal Monitor, il rapporto del Fmi sui conti pubblici. Le esperienze di altri paesi – aggiunge – insegnano che l’incertezza politica può avere effetto sugli investimenti. ´`C’è un governo in carica ma non c’è un accordo su un nuovo governò´ mette in evidenza Jorg Decressin, del Dipartimento di Ricerca del Fmi, «e questo porta con sé alcuni rischi, guardando avanti». In ogni – precisa Decressin – l’Italia «è sulla strada giusta», avendo portato a termine la maggior parte del risanamento necessario, a cui è imputabile la debole crescita. «Le prospettive di crescita per il 2014 saranno migliori» aggiunge Decressin, mettendo in evidenza come progressi sono stati fatti anche in termini di riforme strutturali, anche se altro resta da fare, come migliorare il sistema giudiziario. Fra le grandi sfide dell’Italia inoltre, c’è quella anche di aiutare le banche a rafforzarsi. La frenata dell’economia italiana arriva in un contesto di rallentamento dell’economia globale che procede a 3 velocità, con i paesi emergenti da un lato e una crescente biforcazione fra gli Stati Uniti e l’area euro. Il pil mondiale è stato rivisto al ribasso al 3,3% quest’anno, con gli Stati Uniti che cresceranno solo dell’1,9% per i tagli automatici alla spesa. L’area euro, invece, continuerà a contrarsi anche nel 2013, con un pil in calo dello 0,3%. In recessione anche la Francia. La crescita in Europa – afferma il presidente della Bce, Mario Draghi – tornerà nella seconda metà del 2013 ma è c’è il rischio che si avviti in una spirale negativa. Draghi ribadisce la necessità che le banche concedano finanziamenti a tassi ragionevoli. Al momento «sono troppo alti» nella periferia dell’area euro, gli fa eco il capo economista del Fmi Olivier Blanchard che, ritenendo appropriata la politica monetaria giapponese («al momento non vediamo che presenti rischi maggiori», precisa), sottolinea come l’Omt della Bce non è abbastanza. Il piano – afferma Draghi – ha «dato prova di essere un blocco effettivo contro le infondate paure» di scioglimento dell’euro, ma «la Bce non può fare da sola, i governi devono fare la loro parte».

La casa Alga

Un bioreattore ad alghe per alimentare una casa, questo è il progetto di successo che ha preso vita a Wilhelmsburg, in Germania a pochi chilometri da Amburgo. È nata infatti la casa-alga, denominata Biq-House, un edificio di cinque piani progettato dallo studio austriaco Splitterwerk di Graz e composto da una serie di pannelli di vetro al cui interno sono ospitate una serie di coltivazioni di microalghe. Grazie al processo di fotosintesi delle microalghe, le pareti assorbono i raggi solari e l’anidride carbonica e li trasformano in una sorta sistema di ombreggiamento. Le azioni positive non si fermano qui: le alghe infatti generano anche biomassa che permette di accumulare energia termica per il riscaldamento degli ambienti dell’edificio e la produzione di acqua calda. Ma i vantaggi continuano. La presenza delle alghe migliora l’insonorizzazione. Le quindici unità abitative, ospitate dalla palazzina, dalle dimensioni variabili di cinquanta fino a centoventi metri quadrati, si giovano di questa tecnologia verde e la traducono in una migliore abitabilità interna. L’ombreggiamento dell’edificio mantiene una temperatura più bassa in estate, in modo «naturale», mentre il calore prodotto dalla biomassa delle alghe viene usato per riscaldare l’edificio nel periodo invernale e come fonte di energia elettrica. Dalla biomassa viene infatti estratto il metano in un vicino impianto di biogas e contemporaneamente viene prodotto calore da immettere nell’edificio. Queste sono le prestazioni: ogni metro quadrato della superficie della facciata rende circa 15 grammi di biomassa al giorno ovvero circa 4.500 kWh/anno.

Case prefabbricate in legno

In Italia, il mercato delle case prefabbricate in legno o con struttura portante in legno sta crescendo, nonostante la crisi.

Materiale ecologico per eccellenza, il legno ha ottenuto un successo sempre maggiore grazie alla recente integrazione con materiali isolanti e cartongesso che hanno permesso di ottimizzare le modalità costruttive, creando ambienti ben coibentati sia acusticamente che termicamente. Le potenzialità costruttive del legno non si esauriscono qui: le sue doti di robustezza, flessibilità ed elasticità, lo rendono un materiale strutturale e di finitura adatto a sopportare eventi sismici e a garantire maggiore sicurezza rispetto alle costruzioni tradizionali.

 

Per rimanere competitivo, il settore delle case  in legno deve continuare a crescere non solo in qualità tecnica e costruttiva, ma anche nella costruzione di un sistema di servizi adeguato a promuovere prodotti che nel tempo dovranno mantenere un valore, soprattutto attraverso la manutenzione.

 

YouTrade ha fatto il punto, analizzando un comparto che ha ancora molti margini di crescita. Non perdete inoltre la rassegna di alcune realizzazioni di case in legno delle principali aziende del settore.

 

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YouTrade e ToBuild per il mercato russo

Aumenta l’interesse degli imprenditori italiani per il mercato russo. Infatti, la Russia fa parte di quell’arcipelago di paesi – i Brics – che attualmente stanno conoscendo un periodo di sensibile crescita economica.

Per soddisfare il bisogno abitativo e per migliorare il livello di vita della popolazione, il governo ha stabilito un programma di investimenti quadriennale 2011-2015, che prevede un aumento del 50% dei volumi per la costruzione di abitazioni, con l’obiettivo del raggiungimento di 90 milioni di mq entro il 2015. L’edificazione residenziale è uno snodo prioritario per lo sviluppo del Paese, visto l’effetto moltiplicatore che ha sull’economia. Ogni posto di lavoro, infatti, si riflette da 8 fino a 12 posti di lavoro nell’indotto. Oggi il settore delle costruzioni equivale al 5,5% del PIL della Russia, e fornisce occupazione a 5,5 milioni di persone.

 

A partire da queste premesse, nell’agosto 2012 è nata la rivista ToBuild, in partnership con la redazione di YouTrade. Questo mese vi diamo l’opportunità di sfogliarla: per vederla, clicca qui.

 

Top 200 della distribuzione edile italiana: bilanci 2011

Dall’analisi dei bilanci delle più importanti imprese della distribuzione edile italiana, anche nel 2012 YouTrade ha presentato la selezione delle prime 200 aziende che si sono posizionate per valore di fatturato. La lettura dei bilanci fa emergere in modo chiaro il trend del settore: le imprese in calo, rispetto al 2011, sono diminuite, ma di contro sono aumentate quelle in perdita.

Qui tutti i dati e le classifiche