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Italiani attenti al risparmio energetico ma conoscono poco le tecnologie


È quanto emerge da un’indagine ISPO, commissionata da ANIE Confindustria, sulla sensibilità ambientale.

Il Presidente Gemme: l’innovazione corre, adeguare il mercato informando i cittadini sulle offerte e sul ritorno a breve degli investimenti 

 Grande apertura nei confronti dell’efficienza energetica e di uno stile di vita sostenibile, ma conoscenza limitata delle soluzioni tecnologiche da adottare per perseguirli. Questo, in estrema sintesi, il dato che è emerso oggi dalla presentazione dell’indagine sulle famiglie italiane commissionata da ANIE Confindustria all’istituto demoscopico ISPO. In particolare, gli intervistati si sono mostrati da un lato sempre più sensibili al costo dell’energia, che percepiscono in costante crescita, dall’altro disponibili a modificare le proprie abitudini per ridurre gli sprechi di energia e abbatterne i costi.

 

Pur con questi segnali di apertura, le famiglie dimostrano ancora una conoscenza piuttosto contenuta o distorta del mercato, che ai loro occhi pare concentrarsi solo su alcune delle soluzioni per l’efficienza energetica oggi disponibili: quelle legate all’impiego dell’energia da fonti rinnovabili (specialmente solare e eolico) e quelle legate al mercato degli elettrodomestici (frigoriferi, lavatrici, climatizzatori). Su altre soluzioni, come quelle di domotica, si registra un interesse elevato, specie nei casi in cui il consumatore, attraverso degli esempi concreti, comprende come adattare tali impianti al proprio ambiente domestico. Una comunicazione basata sulla varietà e l’utilità delle soluzioni di efficienza energetica oggi disponibili sarebbe dunque un elemento valorizzante sul quale si potrà giocare la futura competitività dell’offerta di mercato.

 

1. Il costo percepito dell’energia e l’atteggiamento verso il risparmio energetico

La quasi totalità degli intervistati ha la percezione che negli ultimi 12 mesi le bollette siano aumentate: il 79% ha percepito una variazione al rialzo della bolletta del gas, mentre l’81% ha percepito un aumento del costo dell’elettricità. Le dichiarazioni degli intervistati denotano anche un’elevata consapevolezza sull’importanza del contributo personale al risparmio energetico: per l’87% del campione ogni persona può contribuire con il proprio comportamento ad evitare sprechi di energia, realizzando un risparmio energetico consistente.

Proprio in nome del risparmio energetico, la maggioranza mette in pratica quotidianamente comportamenti “virtuosi” per risparmiare energia in casa: in particolare l’80% del campione dichiara di utilizzare sempre lampadine a risparmio energetico, il 76% di provvedere con regolarità alla pulizia e manutenzione della caldaia, il 71% di usare lavatrici o lavastoviglie a temperature basse, il 67% di contenere i consumi di acqua calda e il 66% di mantenere d’inverno la temperatura entro i 20 gradi. Molti affiancano ad uno stile di vita sostenibile anche l’acquisto di prodotti efficienti dal punto di vista energetico, specie elettrodomestici (72%) o climatizzatori a minor consumo (46%).

Il tema dell’efficienza energetica si accompagna spesso, per le famiglie italiane, al tema delle rinnovabili. Le fonti di energia più conosciute risultano essere il solare (il 78% afferma di sapere bene di cosa si tratta) e l’eolico (ben nota al 73% del panel), mentre solo una minoranza dichiara di conoscere bene l’energia idroelettrica (45%), la geotermia (28%), le biomasse (28%) e l’energia prodotta da onde e maree (24%).

2. Livello di informazione e atteggiamenti verso i temi della sicurezza e del comfort abitativo

1 intervistato su 2 (49%) dichiara di conoscere bene la normativa sulla Dichiarazione di Conformità degli impianti elettrici domestici, necessaria per rendere gli impianti di casa sicuri ed efficienti, mentre quasi 1 su 4 (23%) ammette che l’impianto elettrico della propria casa non soddisfa nessuno dei requisiti di sicurezza richiesti (tra i quali l’interruttore salvavita, la messa a terra, l’installazione a regola d’arte da parte di personale qualificato, un’età non superiore ai 15 anni e il controllo periodico del funzionamento).

Sempre per quanto concerne la Dichiarazione di Conformità, gli intervistati ne ricavano una percezione ‘a doppio taglio’. Se da una parte la stragrande maggioranza (82%) ritiene la sua presenza un’opportunità in un mondo in cui la riduzione dei consumi e degli sprechi è sempre più importante, oltre che una buona occasione per migliorare il valore dell’intero immobile (81%), è anche vero che per il 60% del campione tale Dichiarazione non fa altro che aumentare inutilmente la documentazione richiesta negli atti di compravendita immobiliare.

Seppure al riguardo della domotica, intesa come soluzione per rendere efficiente dal punto di vista energetico la propria casa, gli intervistati tradiscono una conoscenza piuttosto ridotta (ben il 71% del campione non ha mai sentito parlare della normativa che introduce il livello ‘domotico’ degli impianti elettrici), le percezioni degli intervistati su di essa sono in prevalenza positive.

Gli italiani stanno acquisendo via via maggiore consapevolezza dei benefici che possono derivare dall’uso della domotica nella vita quotidiana. In particolare, ben il 77% degli intervistati ritiene che la domotica possa essere considerato un aiuto gli anziani o i disabili. Il 74% del campione riconosce poi alla domotica la possibilità di rendere più sicura la propria abitazione. Per il 69% la domotica rappresenta propriamente il futuro e ritiene che sempre più persone vi faranno ricorso. Il 67% degli intervistati coglie tra i benefici riconoscibili dei sistemi domotici il fatto di consentire di risparmiare energia e quindi di ridurre sprechi e consumi. Per il 60% del campione la domotica è comoda ed aiuta a risparmiare tempo, di questi il 32% la considera una tecnologia fruibile e facile da utilizzare.

Di fronte a degli esempi concreti sull’uso della domotica in ambiente domestico, la maggioranza degli intervistati esprime interesse. Entrando più nel dettaglio, gli intervistati esprimono curiosità in particolare per quei sistemi di allarme che segnalano perdite d’acqua o fughe di gas (l’85% del campione li giudica interessanti), per i dispositivi che gestiscono il consumo energetico, spegnendo in modo autonomo gli elettrodomestici che rischiano di far saltare la corrente (79%), per quei sistemi in grado di riattivare l’impianto elettrico saltato (80%), per il sistema che consente la gestione della termoregolazione differenziando gli ambienti in base al reale utilizzo degli spazi (70%), per i dispositivi in grado di gestire varie funzioni quando si è fuori casa (68%). Infine, per il 61% degli intervistati è interessante poter gestire con un unico gestopiù comandi in contemporanea

L’innovazione in campo energetico è da diversi anni una realtà consolidata sui mercati che, tra l’altro, vedono la nostra industria nazionale in prima linea e particolarmente competitiva – ha dichiarato Paolo Perino, Vice Presidente di Federcostruzioni – Recenti ricerche attestano che adottando soluzioni più avanzate i benefici ascrivibili alle tecnologie Anie, valutati al 2016, si tradurrebbero in circa 41 Mt di CO2 non emessi in atmosfera (con risparmi pari a 7 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), un effetto paragonabile all’eliminazione di quasi 10 milioni di automobili dalle strade italiane” 

“L’efficienza energetica, l’interconnessione, la sicurezza – ha commentato Claudio Andrea Gemme, Presidente di Anie – sono parole di cui spesso si abusa, ma che nel caso del comparto Anie rappresentano il futuro prossimo. Gli italiani da un lato si sono dimostrati aperti verso la cultura della sostenibilità che le tecnologie possono apportare, dall’altro disponibili a investire, nonostante la crisi, laddove il ritorno economico avvenga in tempi contenuti, tra i 3 e i 5 anni. Questo significa che dal punto di vista culturale c’è molto terreno su cui lavorare. Anie, “la casa delle tecnologie”, continua il suo impegno anche su questo fronte”


Tecnologia e progettazione delle coperture

Un seminario per i progettisti l’11 maggio 2013 a Frosinone, Sala Convegni della Cassa Edile

Polimeni e Brianza Plastica partner dell’incontro formativo

Polimeni e Brianza Plastica organizzano, in collaborazione con lo Studio Archetipo di Frosinone, una sessione formativa gratuita sul sistema “Tettofacile”. L’iniziativa è patrocinata dall’Ordine degli Architetti e degli Ingegneri di Frosinone e del Collegio dei Geometri di Frosinone.

Il seminario rappresenta un incontro formativo e informativo sul sistema modulare “Tettofacile”, brevettato da Polimeni, e offre a tutti i professionisti del settore l’opportunità di approfondire il tema dell’efficienza energetica, divulgando informazioni tecnico-progettuali sulle più avanzate tecnologie costruttive per le coperture.

Il sistema si basa sull’utilizzo di strutture tralicciate in acciaio zincato a caldo che assicurano stabilità e inalterabilità nel tempo ed offre molti vantaggi ai professionisti, alle imprese edili e all’utilizzatore finale, legati alla ventilazione dell’ambiente interno e al risparmio energetico.

In questa tipologia costruttiva trova naturale applicazione il pannello termoisolante sottotegola ISOTEC® di Brianza Plastica, che completa e ottimizza il pacchetto di copertura, garantendo comfort ed efficienza energetica.

Brianza Plastica presenterà anche il sistema termoisolante per facciate ventilate ISOTEC PARETE®. L’obiettivo del seminario è sensibilizzare i progettisti nei confronti di soluzioni costruttive che tengano conto dell’aspetto globale della copertura, delle sue

performance tecniche e delle prestazioni finali, nell’ottica di una concreta sostenibilità e qualità architettonica come continuo approfondimento della moderna cultura del costruire. Su queste tematiche apporta il suo notevole contributo lo Studio Archetipo di Frosinone, rappresentato dagli architetti Aldo Mastracci, Maurizio Gattabuia e Luigi Spaziani, che hanno organizzato ed organizzano seminari analoghi con l’obiettivo di promuovere l’Architettura di qualità nel territorio, nei suoi molteplici aspetti, come tema di confronto e di discussione.

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Il Seminario tecnico si svolgerà presso la sala convegni del Collegio dei Geometri di Frosinone, sabato 11 maggio 2013 dalle 9.00 alle 13.00.

Programma

9.00_ 9.30 – Registrazione partecipanti 9.30_ 9.45 – Saluti dei Presidenti degli Ordini Architetti, Ingegneri e del Collegio dei Geometri di Frosinone9.45_11.15 -Tettofacile soluzioni modulari per costruzioni a secco; COSTRUIRE non è mai stato così facile! – Polimeni Santo, Titolare Polimeni Srl 11.15_11.30 – Coffee break 11.30_12.00 – Il Sistema termoisolante sottotegola Isotec – Dario Cubicciotti, Responsabile tecnico commerciale Brianza Plastica

12.00_12.30 – Isotec Parete: il sistema termoisolante per facciate ventilate – Simone Pruneri, Responsabile di prodotto Brianza Plastica – 12.30_12.45 – Quesiti e dibattito 12.45_13.00 – Ringraziamenti e saluti

Per aggiornamenti sui prodotti: www.brianzaplastica.it

È uscito il nuovo numero di YouTrade

È uscito il nuovo numero di YouTrade!

 

Questo mese parliamo di:

 

  • Ricostruire l’economia con la sostenibilità

Questo è il motore delle sfide del futuro. Il modello di crescita utilizzato finora, basato sulla pura espansione, deve essere rivisto a favore di un sistema più lungimirante e responsabile, a livello economico, sociale e ambientale

 

  • Un incentivo per salvare l’Italia

Tra due mesi scade il sistema di incentivi all’edilizia. Ecco come intervenire per prorogarli e dare al settore prospettive concrete di lungo periodo

 

  • La casa che vorrei

Com’è cambiato negli ultimi anni l’approccio degli italiani al bene casa? Scopritelo nel sondaggio di YouTrade

 

  • Speciali coibentazione e nuovi sistemi costruttivi

Tutte le novità che caratterizzano due settori in pieno fermento

 

E tante altre novità…

 

Per le anticipazioni, clicca sulla copertina e guarda il sommario!

 

Il Gruppo Mapei apre il secondo stabilimento di produzione in Polonia

Stabilimento mapei a Barcin, in Polonia
Stabilimento Mapei a Barcin, in Polonia

 Il 10 maggio 2013 apre ufficialmente  il secondo stabilimento di produzione di Mapei Polonia a Barcin

 

“La Polonia è sempre stata un importante mercato per il Gruppo Mapei oltre che per le sue dimensioni anche per il potenziale di crescita e l’apertura a prodotti di alta qualità e tecnologicamente avanzati.

Questo secondo stabilimento che soddisfa la richiesta dei clienti di Mapei Polonia, è in realtà il quarto stabilimento polacco del Gruppo e si aggiunge a quello di Mapei Polonia a Gliwice, alla consociata Sopro Polonia a Nowiny e alla cementeria Górka Cement a Trzebinia, che ha recentemente festeggiato il centesimo anniversario” – ha detto Giorgio Squinzi, CEO del Gruppo Mapei e Presidente di Confindustria.

 

“L’investimento di Barcin è un risultato diretto della nostra crescita e della nostra forte intenzione di essere più vicino possibile ai nostri clienti per fornire loro il miglior servizio possibile” – afferma Veronica Squinzi, Responsabile Internazionalizzazione e Sviluppo del Gruppo Mapei e Membro del Consiglio Direttivo di Mapei Polonia – e aggiunge “In tempi di difficoltà economica, cerchiamo di ottimizzare i processi interni per essere più efficienti globalmente e localmente: grazie al costante inserimento di nuove linee di prodotto, siamo in grado di crescere anche in situazioni non favorevoli”.

Gli uffici direzionali del Gruppo continuano ad essere a Varsavia.

Con due stabilimenti, la capacità produttiva totale di prodotti in polvere di Mapei Polonia raggiunge le 420.000 tonnellate all’anno, oltre alla linea di produzione di additivi liquidi per calcestruzzo e di macinazione del cemento, recentemente realizzata a Gliwice.

Il nuovo sito produttivo di 9.700 m2 è situato su un’area di 48.000 m2 che potrà accogliere futuri ampliamenti.

La sua capacità di produzione è di 150.000 tonnellate annue di prodotti in polvere, che comprendono adesivi per piastrelle e isolamento termico, autolivellanti, malte per il ripristino e l’impermeabilizzazione.

 

“Il Gruppo Mapei si amplia perseguendo una strategia di crescita ecosostenibile. I nostri prodotti sono studiati per ridurre il consumo di energia e l’emissione di VOC e sono pertanto sicuri per l’ambiente, per gli addetti alla produzione, per gli applicatori e per gli utilizzatori finali. Il nostro impegno per la salvaguardia dell’ambiente e della salute si esprime anche nel nostro agire quotidiano – come costruire stabilimenti con materiali locali ed ecosostenibili, vicino ai nostri clienti e fornitori di materie prime in modo da ridurre le distanze di trasporto e i costi” afferma Veronica Squinzi.

 

Lo stabilimento di produzione di Barcin è tra i 17 esclusivi progetti polacchi che hanno ricevuto la certificazione LEED dall’U.S. Green Building Council.

 

                                                                                                                                                                                       

 

Speciale Colore

Dalle vernici mangia-smog a quelle che accendono la luce, il settore del colore è sempre più innovativo. Un fermento dinamico e altamente produttivo, che approfitta anche dell’attuale tendenza alla massima personalizzazione degli ambienti e alla realizzazione di effetti estetici sempre più sofisticati, che rendono ormai le pitture dei veri e propri elementi di arredo.

Scopri la panoramica di YouTrade delle novità più eco-friendly, tecnologiche, sicure e trendy del settore e la “coloratissima” rassegna dei prodotti del mondo delle pitture, vernici e finiture.

 

Per leggere lo Speciale Colore, clicca qui.

MWH celebra 40 anni in Italia

Quest’anno Montgomery Watson Harza, azienda multidisciplinare di consulenza e servizi di ingegneria, celebra i 40 anni di attività e presenza in Italia. MWH è specializzata nel cosiddetto settore “Wet infrastructure” e gestione di grandi progetti in tutto il mondo. Tra gli interventi più significativi, la progettazione del terzo set di chiuse del Canale di Panama e della diga di Tekeze, la più alta nel continente africano.

In Italia, la società, iscritta all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, ha fornito la propria consulenza per opere innovative, quali l’autostrada BreBeMi e il Termovalorizzatore del Gerbido.
Attualmente MWH, con sede a Milano, opera nel nostro Paese con uno staff di circa 120 persone e un fatturato annuo di circa 40 milioni di euro.
Dal 2010, l’azienda è membro dei comitati scientifici e del Consiglio Direttivo del Green Building Council Italia per la promozione del sistema di certificazione LEED nel campo dell’edilizia sostenibile.

La società è dotata di tre sistemi di gestione integrati per la qualità, l’ambiente e la sicurezza certificati secondo gli standard internazionali.
Grazie all’efficiente funzionamento di questo sistema integrato, nel 2010 l’azienda ha ricevuto il riconoscimento “Certiquality Excellence”.
«Il team italiano – sottolinea Stefano Susani, amministratore delegato di MWH Italia – ha sviluppato competenze sempre più multidisciplinari nel gestire
progetti nel campo delle energie sostenibili, delle infrastrutture e dell’ambiente non solo in Italia ma anche in vari Paesi dell’Europa Meridionale, Centrale e Orientale.
Il nostro obiettivo è aiutare i nostri clienti a migliorare le proprie performance sotto il punto di vista ambientale, della sicurezza, dei costi e della reputazione aziendale».

Desertificazione rivendite

Mai come adesso, in Italia si sta assistendo ad una importante selezione delle rivendite. Facciamo una panoramica da Nord a Sud

Forse l’unica parola certa di questo periodo è “incertezza” in campo economico, politico, industriale. Termine che nel mondo della rivendita edile si affianca sempre più a quello di “desertificazione”: rivendite che chiudono, che attendono il cambiamento in un equilibrio precario, che si uniscono ad altre realtà. O che ricorrono al concordato in continuità, strumento che in alcuni casi può favorire i più furbi e sfavorire chi ha sempre operato nella correttezza. I problemi legati al credito e all’eccesso di capacità produttiva sono le principali cause della chiusura di molte società. L’incertezza non riguarda solo i tempi che ci vorranno per uscire dalla crisi, ma anche le modalità con cui operare, le scelte da intraprendere per non farsi schiacciare dall’attuale contesto economico e sociale. Le risorse sono poche e anche i gruppi di distribuzione che una volta proponevano innovazioni puntando sulla forza dell’unione, stanno incontrando serie difficoltà. Tuttavia non si può fare di tutta l’erba un fascio e in Italia la situazione risulta variabile da regione e regione. Basti pensare al Piemonte che, a differenza di altre zone, al momento non può considerarsi colpito dal fenomeno della desertificazione, e là di rivendite chiuse non se ne vedono molte, nonostante i problemi legati alla mancanza di liquidità. Sarà che, a parte nel periodo delle Olimpiadi a Torino del 2006, durante il quale c’è stata una crescita esponenziale del mercato, in tempi normali in Piemonte non sono mai state presenti grandi accelerazioni, né grandi frenate. Ad ammortizzare gli effetti della crisi, inoltre, vi è la crescita del mercato della ristrutturazione, contro le nuove costruzioni che invece sono sempre di meno. Insomma, le rivendite piemontesi stanno soffrendo meno rispetto a quelle di altre zone d’Italia e se in futuro ci sarà una desertificazione resterà in piedi solo chi ha le spalle grosse di fronte al problema dei pagamenti. Anche la Liguria non ha mai visto importanti aumenti in edilizia, mentre la Lombardia soffre ma, soprattutto intorno alla città di Milano, c’è movimento e il mercato tiene. Spostandosi un po’ più a destra sulla cartina italiana, invece, si scopre che le regioni più colpite sono Veneto ed Emilia Romagna, dove negli ultimi quattro anni le vendite sono crollate e il mercato si è bloccato in seguito ai precedenti periodi di grandi costruzioni e speculazioni edilizie. In particolare nella zona di Treviso è in atto una vera a propria pulizia di mercato: da una parte molte rivendite chiudono o vengono accorpate ad altri magazzini, dall’altra alcune strutture si stanno fortificando grazie a nuove acquisizioni. Nord e Centro Italia presentano situazioni piuttosto simili, al Sud invece le chiusure non sono all’ordine del giorno nonostante il crollo della domanda, la mancanza di liquidità da parte delle aziende e i cantieri fermi. Gli investimenti, sia pubblici che privati, sono diminuiti e le banche non concedono finanziamenti, lasciando un grosso punto interrogativo su quel che avverrà in futuro in mancanza di interventi mirati e concreti da parte delle istituzioni statali. A permettere alle rivendite meridionali di rimanere sul mercato è soprattutto la presenza di strutture a conduzione familiare: perdere l’azienda è come perdere la famiglia e non ci sono distinzioni tra sfera lavorativa e privata. Questo porta a concentrare ogni energia sul lavoro e a resistere con tutte le forze, riducendo i costi ai minimi termini nell’attesa di tempi migliori. Se non ci sarà una svolta del mercato, però, le chiusure si verificheranno anche al Sud, con il rischio, come sta già avvenendo in molte regioni del Nord Italia, che lo strumento del concordato in continuità penalizzi le aziende serie. Al di sopra di ogni differenza territoriale, l’edilizia coinvolge tutto il Paese e probabilmente è sensato pensare che la ripresa economica debba passare attraverso il settore edile. Per fronteggiare la situazione i rivenditori stanno puntando al mercato della ristrutturazione, stanno cercando di investire su settori che avvicinino maggiormente i privati al mondo della rivendita e stanno lavorando su servizi e qualificazione del personale a livello tecnico. La specializzazione ha più successo al Centro-Nord rispetto al Sud, dove conviene ancora cercare di trattare tutte le tipologie di merci, non potendo affidarsi alla multi-specializzazione, attualmente troppo costosa. Tutti d’accordo sul fatto che in futuro la rivendita debba diventare il punto di riferimento per ogni impresa piccola e media, con interlocutori preparati e disponibili al dialogo. Da non sottovalutare, inoltre, che alla filiera si sta affacciando sempre di più un nuovo attore, ovvero la grossa distribuzione. È quindi ancor più necessario che le rivendite facciano un salto di qualità a livello imprenditoriale e si organizzino per offrire i servizi della grossa distribuzione, che ha il grande vantaggio di farsi pagare immediatamente. Insomma, il futuro della desertificazione è dettato anche dalla capacità delle rivendite di rimettersi in discussione, di mantenere i comportamenti utili e lasciare andare quelli non più adeguati. Solo chi decide di essere ben strutturato potrà sopravvivere.

 

 

I RISCHI DEL CONCORDATO IN CONTINUITA’

L’introduzione del Decreto Legislativo 83/12 ha istituito il cosiddetto concordato in continuità, provvedimento volto a cercare di evitare la rapida procedura di fallimento di aziende che si trovano in un momento di grave difficoltà e che, invece, grazie al concordato in continuità, potrebbero continuare a restare sul mercato a determinate condizioni, tentando un risanamento aziendale.

Questa finalità positiva, però, può nascondere rischi a danno delle imprese che operano o potrebbero iniziare ad operare con aziende in concordato, dovuti in particolare alla tempistica, cioè al periodo in cui si viene a conoscenza della situazione di sofferenza dell’azienda che decide di ricorrere al concordato in continuità. La ditta, infatti, presenta domanda di concordato al giudice, il quale fissa un termine (da 60 a 120 giorni, prorogabile di altri 60 giorni) per la presentazione del progetto concordato che dovrebbe portarla alla situazione di definizione della situazione debitoria.

Sarà poi cura della Cancelleria del Tribunale trasmettere tempestivamente (entro 48 ore) la notizia della domanda di concordato alla Camera di Commercio per la sua trascrizione nel Registro delle Imprese (altre 48 ore) e così rendere pubblica la situazione di concordato. Il rischio che corrono le aziende che hanno rapporti con ditte in concordato è che nelle more della trascrizione al Registro delle Imprese, potrebbero continuare ad avere normali contatti commerciali, ignare della richiesta di concordato. Inoltre, esiste il rischio di ottenere solo un soddisfacimento parziale del proprio credito, anche se l’alternativa sarebbe il fallimento della ditta debitrice.

MCZ presenta Scenario: il camino che è anche TV


MCZ presenta Scenario, l’unico camino sul mercato che è anche TV. Grazie alla tecnologia Loewe, marchio leader di fascia alta nel settore dei sistemi Home Entertainment, MCZ è riuscita a trasformare in realtà un’idea mai concepita nel mercato europeo: il camino perfettamente integrato con la TV alla quale collegare anche altri apparecchi come Home Cinema e PC per la navigazione su internet.

Scenario è il camino che s’integra perfettamente nell’ambiente domestico, un raffinato complemento d’arredo che racchiude una fiamma viva. Con Scenario sarà finalmente possibile guardare la TV comodamente seduti facendosi avvolgere dal calore di una fiamma ardente e nitida, come se non ci fosse il vetro e nulla si frapponesse tra i nostri sensi e il fuoco. Il design è minimal, appositamente studiato per dare risalto alla fiamma grazie alla porta camino completamente invisibile. Scenario è frutto della massima espressione creativa di Emo Design, studio di consulenza in industrial design che ha già collaborato con importanti aziende internazionali come Jacuzzi, Philips e Siemens Audiology.

Scenario nasce dall’integrazione di un termocamino MCZ e di una TV LCD Loewe. Materiali ultra resistenti ed alta tecnologia caratterizzano il termocamino nella versione alimentata a gas (dotata di un comodo telecomando con funzioni di accensione/spegnimento e programmazione oraria) o a legna, per una visione del fuoco davvero spettacolare. La TV LCD 37’’ / full HD / 100 Hz Loewe integra un decoder digitale terrestre e satellitare ed è predisposta per la ricezione di emittenti pay tv. Può diventare inoltre un vero e proprio sistema audio-video Dolby Surround, con il modulo opzionale AC3.

Da Prometeia “Pil nel 2020 ancora inferiore ai livelli precedenti alla crisi”

“La soglia di disoccupazione, in Italia già vicina al 12 per cento, verrà superata entro il 2014”. Al Paese non basteranno 14 anni per recuperare i livelli di crecita pre-crisi. Questo è quanto emerso dal rapporto elaborato da Prometeia sulle previsioni dell’economia italiana e internazionale “Uno sguardo al 2020”.


Integrarsi per competere

E’ inutile piangersi addosso. Dobbiamo guardare la realtà non solo con gli occhi della crisi, economica e politica. Dobbiamo guardare avanti, prevedere come si uscirà da questa crisi, sempre che la previsione di una ripresa nel 2014, sia corretta.  La crisi non deve farci dimenticare che il nostro paese ha un sistema imprenditoriale e produttivo competitivo, con una forte capacità di ideazione e realizzazione di prodotti e di gestione dei processi. E siamo competitivi sui mercati esteri, nonostante la crisi. Purtroppo però siamo ancorati ad una visione artigianale e produttiva di piccola dimensione, di microdimensionalità, soprattutto nel settore delle costruzioni, che non giova al recupero di competitività della nostra economia e soprattutto del settore delle costruzioni. Perché la ripresa avverrà grazie a fattori esterni, come ad esempio ad una ripresa della fiducia e della domanda, ma potrà essere aiutata da una migliore organizzazione dei fattori produttivi e dei sistemi di offerta. La filiera delle costruzioni è una filiera molto lunga, che consente notevoli ottimizzazioni, se si iniziasse a fare sistema e a integrarsi, ad interagire strettamente tra le imprese. La crisi, ma ancora di più la potenziale ripresa, deve spingere le nostre aziende ad una riorganizzazione complessiva dei rapporti all’interno della filiera. Siamo forti in realizzazione, ma siamo deboli in ricerca, innovazione e sviluppo, in particolar modo sui brevetti. Ciò dipende proprio dalla nostra scarsa capacità di investimento in questi settori, date le piccole dimensioni aziendali. Quello che fino a pochi anni fa è stato un refrain che convinceva tutti, “piccolo è bello”, non funziona più. La crisi, paradossalmente, può essere utile proprio per dare una scossa alle imprese, un segnale soprattutto alle nuove generazioni, indicando che esistono modi diversi di fare impresa. Bisogna accorciare la filiera, ottimizzare le relazioni sia in senso verticale che orizzontale, trovando gli spazi della cooperazione nella costituzione delle reti di imprese. Questo è l’elemento fondamentale: dove si costruiscono le reti, c’è la capacità di costruire conoscenza. E sulla conoscenza si appoggiano poi competitività e sviluppo. Le imprese devono puntare su modelli che ottimizzino la gestione imprenditoriali. Ciò che deve diventare patrimonio dell’impresa oggi è la conoscenza delle soluzioni, la capacità di intervenire con prodotti e sistemi adatti alle esigenze della domanda. Che si è ridotta ma è ben presente nei settori strategici. Ad esempio la riqualificazione urbana e degli edifici e l’efficientamento energetico. La questione centrale è che al centro dell’attività di impresa deve essere posta la prestazione. Perché oggi non si deve più costruire per vendere ma per gestire. E’ nella prestazione del prodotto che l’impresa può trovare spazi di azione. E’ fondamentale comprendere che è necessario un profondo mutamento culturale nell’approccio al mercato, in particolare per la riqualificazione energetica e ambientale. I distributori di materiale, ad esempio, soprattutto quelli che hanno aperto i propri magazzini anche ai privati, hanno un ruolo fondamentale nel proporre sistemi e soluzioni. Nello spiegare che si spende oggi per risparmiare domani. Si tratta di investimenti che si recuperano nel tempo. Occorre essere preparati per veicolare messaggi, indicazioni e possibilità strategiche. Un ruolo che deve essere supportato da un elevato livello formativo. In altre parole, la formazione e le conoscenze devono essere specializzate e approfondite. Limitarsi a sfruttare il momento, senza coglierne l’essenza, ad esempio la questione dell’efficientamento energetico, rischia di essere solo un’altra occasione persa. La questione va affrontata con un radicale cambiamento nel porsi come imprese e professionisti. Bisogna fare rete e acquisire la consapevolezza che c’è informazione e informazione. È utile, vincente e crea competitività quella che riesce a veicolare l’innovazione. E l’innovazione oggi passa attraverso l’integrazione, dei prodotti, dei processi, delle attività di promozione, ma soprattutto delle imprese. Le imprese oggi più che mai devono scegliersi all’interno della filiera e costruire partnersgip strategiche per promuovere sul mercato le proprie competenze e i propri servizi. Non solo i prodotti. Perché è su competenza e servizio che si costruirà il futuro dell’edilizia, e con essi la crescita e la ripresa economica del settore.

Imprese in rete

 

Le imprese devono guardare ai nuovi mercati, ai nuovi prodotti e alle nuove offerte, attraverso un nuovo rapporto dialettico e flessibile con la domanda, in una logica integrata di filiera e di processi costruttivi e gestionali del prodotto edilizio. Le reti di imprese possono essere un ottimo veicolo per innovare, per ottimizzare e per impostare politiche di crescita economica e imprenditoriale

 

Una delle strategie più interessanti e che può creare i maggiori benefici per le imprese, in questa fase critica, riguarda la creazione di reti di imprese. La piccola dimensione delle imprese del settore delle costruzioni è un limite rilevante al conseguimento di una maggiore efficienza gestionale e ad una maggiore efficacia operativa. La piccola dimensione infatti limita la capacità di cambiare le strategie, impedisce di internazionalizzarsi e in generale di contrastare la pressione competitiva. La rete, intesa come fattore di collaborazione e sinergia tra imprese, ma anche come vero e proprio network informativo (dove il web può giocare un ruolo fondamentale nella riorganizzazione del rapporto domanda-offerta e dell’organizzazione stessa del sistema dell’offerta), è quell’elemento in grado di favorire i processi di riorganizzazione aziendale e dei modelli di offerta. In passato il sistema produttivo italiano ha dato vita, in alcune aree del paese, ai distretti industriali, una prima forma di rete informale che ha consentito di ottimizzare alcuni processi e ridurre i vincoli connessi con la piccola dimensione. Oggi si parla spesso di APEA (aree produttive ecologicamente attrezzate) come sistema ottimizzato di organizzazione dei servizi a supporto delle imprese in una data area. Ma la storia dei distretti industriali e l’organizzazione del sistema delle costruzioni deve farci riflettere sulla effettiva modalità di organizzazione dei sistemi a rete per le imprese. Non basta infatti la vicinanza territoriale a produrre competitività. Serve una migliore costruzione di partnership strategiche fondate su obiettivi comuni, reciproci interessi e soprattutto ampia e articolata conoscenza. Uno dei gap fondamentali da superare, infatti, nella costruzione di reti di imprese riguarda la cosiddetta “asimmetria informativa”, ovvero la difficoltà ad acquisire informazioni sulle caratteristiche dei partecipanti alla rete, che rende di fatto difficile stringere accordi e sottoscrivere contratti adeguati. Ma un punto chiave è proprio questo: la costruzione di legami strategici e di modalità di offerta che, sfruttando la diffusione territoriale capillare e la qualità e competitività dei soggetti, consenta di promuovere un modo più integrato e ottimizzato, dunque competitivo e remunerativo, di stare sul mercato. Allo scopo di promuovere e favorire la costruzione di reti di impresa è stato introdotto il “contratto di rete” con la legge finanziaria del 2009, che prevede anche particolari incentivi fiscali, i quali possono essere un utile stimolo. Tuttavia lo stimolo principale deve giungere da un diverso approccio al mercato e alla costruzione di nuovi modelli di offerta. E in questo senso la tradizionale riluttanza delle imprese italiane a uscire dal capitalismo familiare e dalla piccola dimensione è un freno non da poco. Ma cosa sono le reti di imprese? Sono in sostanza forme di coordinamento stabili, intermedie fra il mercato e la gerarchia della filiera produttiva, finalizzate ad un obiettivo comune. Nel nostro paese, secondo una recente pubblicazione della Banca d’Italia, sono attive oltre 200 reti di imprese che coinvolgono oltre 1.000 imprese, il 44,6% delle quali include reti orizzontali (ovvero sinergie tra soggetti che svolgono le stesse attività) e solo il 29,8% di reti di filiera (o reti verticali, ovvero sinergie tra soggetti che svolgono attività diverse distribuite nella filiera produttiva). Il rimanente partecipa a reti di ricerca e sviluppo. La dinamica di crescita delle reti di imprese è interessante, ma le imprese che fino ad oggi hanno costruito e aderito a reti sono veramente molto poche rispetto all’universo imprenditoriale italiano. Inoltre, è molto significativo che i comparti che hanno finora guardato a questo sistema come ad una opportunità positiva riguardano solo le attività manifatturiere, mentre l’edilizia è scarsissimamente rappresentata, solo in pochi e rati casi legati alla produzione e vendita di materiali per le costruzioni. Eppure l’edilizia, con la sua struttura articolata della filiera e la necessità di integrazione a tutti i livelli che i nuovi metodi costruttivi legati alla sostenibilità prevedono, dalla progettazione all’esecuzione, potrebbe e dovrebbe essere uno dei settori nei quali lo sviluppo delle reti di imprese andrebbe favorito e promozionato. Ma forse proprio la dimensione di impresa, vero punto debole dell’edilizia oggi, è uno dei principali freni alla creazione di sistemi di reti di impresa ben articolati e strutturati. E soprattutto competitivi. Eppure le reti già esistenti in Italia evidenziano che si può fare e che conviene. Mediamente (secondo i dati di Banca d’Italia) sono reti formate da cinque imprese, ma il 21% di esse sono composte da 6 a 15 imprese. E soprattutto un elemento di grande novità rispetto all’esperienza dei distretti industriali è che in molti casi includono imprese localizzate in aree molto distanti tra loro. Per fare un paragone la media della distanza fra i comuni in cui sono insediate imprese appartenenti a una stessa rete è in media di circa 68 km, a fronte di 11 km per i comuni appartenenti a uno stesso distretto industriale. Molte reti sono nate da precedenti rapporti consolidati tra le imprese e per la maggior parte sono localizzate nel Nord Est e nel Centro. Poca la presenza invece nella aree del Nord Ovest. Dunque il tessuto fertile delle piccole e medie imprese diffuse sul territorio, tipico del Nord Est e del Centro (teorizzato nel passato nel cosiddetto modello NEC da Giorgio Fuà), è un ambito nel quale si sta sviluppando il sistema delle reti di imprese. Nel mondo dell’edilizia e delle costruzioni questo sistema potrebbe avere più di una ragione d’essere e sfruttare proprio la strutturazione in piccole e medie imprese per costruire sistemi di offerta ottimizzati e orientati al mercato e al cliente. In particolare, dato che la crisi economica e dell’edilizia non è una crisi di breve periodo e soprattutto è una crisi strutturale, le imprese dovrebbero muoversi verso aree e ambiti di mercato innovativi nei quali una parte dell’innovazione deriva dall’ottimizzazione dei processi e dall’organizzazione di filiera. Se l’imprenditoria delle costruzioni, a tutti i livelli della filiera, diventerà maggiormente consapevole che lo sviluppo non può avvenire con le stesse modalità del passato e se il sistema delle imprese inizia a prendere in considerazione l’opportunità di agire su mercati più allargati e globalizzati, allora lo sviluppo di sistemi di reti di imprese anche nelle costruzioni potrà avere un successo non solo a livello di singoli ed eclatanti casi, ma in senso più ampio. Il nostro sistema imprenditoriale è sicuramente competitivo dal punto di vista della capacità d’ideazione, di realizzazione di prodotti e di gestione dei processi. Però è anche vero che il nostro sistema è ancorato a una visione artigianale e produttiva di piccola dimensione, di micro-dimensionalità che altri paesi, come la Germania, non hanno. In quei paesi la struttura produttiva è capace di fare sistema e di competere nel mondo. Ma in questi paesi sono presenti anche politiche industriali chiare e precise. In Italia, purtroppo, e nel settore delle costruzioni in particolare, non si sono mai fatte politiche industriali di sistema. Affrontare il tema delle reti invece significa pensare in un logica di sistema. La crisi può essere utile per dare una scossa in questo senso, un segnale soprattutto alle nuove generazioni di imprenditori, mostrando modi diversi di fare impresa assieme alle altre imprese, trovando gli spazi della cooperazione nella costituzione delle reti di imprese, che sono i veri luoghi dove costruire conoscenza. E sulla conoscenza si basano competitività e sviluppo. In un sistema produttivo composto in larga parte da piccole imprese, gli strumenti destinati a favorire le aggregazioni dimensionali meritano di essere analizzati e utilizzati con attenzione, perché potrebbero rivelarsi una vera e propria chiave di volta per accrescere la nostra produttività e la nostra competitività.

Ruredil nuovi corsi di formazione per rivendite

Nuovi appuntamenti per i corsi di aggiornamento tecnico di Ruredil rivolti ai rivenditori edili. Dopo il successo del primo incontro, il calendario prevede altri tre appuntamenti: il 7 maggio a Termoli (CB), il 10 maggio a Milano e il 14 maggio a Pozzuoli (NA). Obiettivo dei corsi è presentare ai partecipanti le nuove tecnologie Ruredil nel campo dei rinforzi strutturali FRCM e del ripristino, attraverso una giornata formativa che prevede una sessione teorica ed una pratica.

 

Due le tematiche principali affrontate durante le giornate di formazione: il tema dei rinforzi strutturali FRCM con la tecnologia Ruregold, il sistema rivoluzionario di Ruredil per il rinforzo strutturale con rete in PBO e malta cementizia, e il tema del ripristino, della protezione e dell’impermeabilizzazione di strutture in cls e muratura, con i prodotti ecosostenibili della linea Naturcalce Ruredil e della linea Rurewall.

 

La mattinata sarà dedicata alla presentazione teorica delle tecnologie Ruredil e delle case history, con un focus sugli aspetti logisticigestionali ed economici dei prodotti presentati.

 

Il pomeriggio, invece, prevede una sessione pratica dove i partecipanti potranno apprendere le tecniche di base per l’applicazione dei sistemi per il rinforzo strutturale Ruregold, il ciclo di demudificazione con il prodotto Rurewall e i prodotti Naturcalce per il risanamento e la finitura delle superfici.

 

 

I corsi sono gratuiti previa registrazione su: www.ruredil.it

 

 

RureGold® è la nuova generazione dei sistemi di rinforzo strutturale, una gamma completa di prodotti ad altissime prestazioni che rappresenta la più evoluta tecnologia per il comparto dei rinforzi strutturali di supporti in muratura e calcestruzzo armato. RureGold® unisce le migliori prestazioni di una matrice inorganica ecocompatibile con l’elevata efficacia e l’affidabilità di una linea di rinforzi strutturali con nuove reti in fibra di PBO studiate per ogni specifico tipo di impiego. Tutti i sistemi RureGold® sono caratterizzati da una grande capacità di dissipazione d’energia che garantisce un incremento di duttilità delle strutture e un miglioramento dell’affidabilità del rinforzo anche in caso di azioni sismiche. È inoltre un prodotto atossico per l’uomo e l’ambiente la cui messa in opera risulta molto più semplice rispetto agli altri sistemi e non richiede manodopera specializzata; RureGold® si applica come un qualsiasi sistema di rasatura.

 

NATURCALCE® è la linea di prodotti ecosostenibili Ruredil. Una gamma completa di prodotti per le lavorazioni tipiche sia delle nuove costruzioni che rispondono ai criteri della bioedilizia, sia dei cantieri del restauro storico, che garantisce un’elevata eco-compatibilità e una perfetta omogeneità con i materiali dell’edilizia storica, oltre a favorire la salvaguardia dell’ambiente e della salute delle persone. Tutti i prodotti NATURCALCE®   sono a base di materiali inorganici naturali (calce idraulica naturale NHL3.5, sabbia silicea, grassello di calce  e silicati) che associano una intrinseca eco-compatibilità ambientale alla garanzia di eccellenza e affidabilità nelle prestazioni dei prodotti finali.  La linea Naturcalce Ruredil è composta da diciotto prodotti di cui tre malte da costruzione e consolidamento a base calce NHL, cinque malte da intonaco a base calce NHL, cinque finiture minerali a base calce e cinque finiture minerali a base silicato.

 

Rurewall Dry è un’emulsione cremosa di silanosiloxano, a effetto idro-repellente per murature umide. Il prodotto forma uno scudo contro la risalita dell’umidità perché, modificando la tensione superficiale tra acqua e pareti dei capillari, ne impedisce l’assorbimento. Rurewall Dry ha una formulazione concentrata “a gel” che supera, in termini di resa, molti problemi legati ai tradizionali sistemi contro l’umidità.  Rurewall Dry viene iniettato usando una semplice pistola da iniezione, molto più economica di una pompa elettrica o dei tradizionali sistemi a caduta e si applica facilmenteriempiendo piccoli fori praticati alla base della muratura, osservando semplici indicazioni operative.

 

Per iscriversi:

www.ruredil.it

maddalena.torrone@ruredil.it

 

Stampare edifici. Dalla prefabbricazione all’automazione completa

Dalle stampanti in 3D al “contour crafting”, l’ascesa delle macchine
tecnologiche che promettono di rivoluzionare, automatizzandoli, i processi
di costruzione 

Controllo delle tempistiche, certezza dei costi, qualità dell’esecuzione, sono tre fattori che, soprattutto nell’attuale  periodo di crisi, possono determinare la differenza tra la possibilità di realizzare un intervento oppure no. In questo contesto e dietro la poderosa spinta di nuove tecnologie, le tecniche di prefabbricazione, cadute da quarant’anni nel dimenticatoio, stanno riscuotendo un interesse crescente. A questo bisogna aggiungere che la diffusione di macchine semi-robotizzate a controllo numerico per la preparazione di componenti poi assemblati manualmente, è ormai ampia e consueta. Strumenti di calcolo sempre più potenti e sofisticati rendono oggi possibile l’inedito sviluppo in tempi rapidissimi di soluzioni strutturali di grande complessità. Ed infine, il notevole incremento di diffusione di stampanti 3D permette per ora la realizzazione in modalità totalmente automatica di oggetti di design e di componenti relativamente minute ma che presto potrà coinvolgere anche la costruzione di interi edifici. Ciò che ora sta emergendo con forza, accompagnato da un potenziale di sviluppo incredibile, è infatti non solo la “semplice” prefabbricazione, ma la possibilità di totale automazione di fasi di costruzione complesse come la realizzazione di intere strutture o di interi involucri edilizi. Tra le esperienze in tal senso più significative va citata la tecnica chiamata “contour crafting”, messa a punto da Behrokh Khoshnevis un professore di ingegneria alla  University of Southern California. Un carro-ponte robotizzato, viene messo in cantiere al posto di una convenzionale gru e realizza, quasi fosse un processo di stampa e con una incredibile flessibilità e libertà formale, il disegno di un edificio. Di grandissimo interesse sono peraltro i sistemi di mega-stampa 3D messi a punto dell’azienda italiana d-shape. Gli architetti svizzeri Kohler&Gramazio o Michael Hansmeyer lavorano in modo analogo, proponendo però costruzioni non solo realizzate in modo automatico, velocemente e con precisione, ma anche disegnate in pochi secondi da macchine sulla base di algoritmi e di alcuni parametri inseriti in un software. Il livello di complessità e di precisione è tale che la realizzazione, se non eseguita da una macchina, richiederebbe moltissimo tempo. Le conseguenze dell’applicazione di queste tecnologie nel mondo delle costruzioni sono potenzialmente formidabili e non tarderanno a diffondersi. E se da un lato daranno origine ad effetti trasformativi, per ora difficili da prevedere, a livello di organizzazione del lavoro e delle imprese dall’altro aprono possibilità inedite in termini organizzativi, imprenditoriali e creativi.

 

 

 

San Leo, tra storia e qualità della vita

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Chi si trovasse a Rimini e, dando le spalle al mare, guardasse verso San Marino, potrebbe scorgere leggermente sulla destra una valle percorsa da un fiume che nel passato ha fatto la fortuna dei cavatori e che oggi percorre docile i territori dei comuni che attraversa e che collega uno ad uno, assieme alla lunga pista ciclabile che lo costeggia. Si tratta dell’Alta Val Marecchia, un territorio di confine che unisce la Toscana con la Romagna e che lambisce in parte anche le Marche. I sette comuni dela valle, fino a pochi anni fa, facevano parte della provincia di Ancona, ma dal 2009 grazie ad un referendum sono passati alla provincia di Rimini. Questo passaggio è stata una delle condizioni necessarie per rivitalizzare i luoghi e dare al territorio della Val Marecchia una prospettiva più concreta di sviluppo, che oggi trova molti punti di forza nella apposita variante al PTCP della Provincia di Rimini, da poco approvata, che tra i vari orientamenti prevede una specifica tutela delle acque. La cura del territorio di questi comuni parte da qui, dall’acqua che lo attraversa, dai territori solcati dal fiume Marecchia che presentano una conformazione molto particolare, con dolci colline intervallate da picchi, rocce e calanchi che danno al territorio un carattere particolare. Tra i comuni della valle, San Leo assume un’importanza particolare, sia per estensione e complessità del territorio, sia per il borgo antico, costruito alle pendici di una rocca sulla quale domina una fortezza pieno di storia. Il borgo, raggiungibile da un’unica strada non percorribile dai pullman e che ne ha di fatto preservato l’integrità, si trova a quasi 600 metri di altezza e a soli 32 km da Rimini e confina con San Marino. La storia di San Leo è una storia antica e importante, fin dall’epoca romana e poi nel medioevo, quando fu capitale del Regno Italico di Berengario II. E’ stata un luogo di passaggio di santi e poeti, da San Francesco (che in una stanza ancora oggi conservata ricevette in dono il Monte della Verna dal Conte Orlando di Chiusi nel 1213) a Dante (che la cita nel IV canto del Purgatorio). Nel suo forte, trasformato in prigione durante il dominio pontificio, furono rinchiusi il Conte di Cagliostro, che vi morì nel 1795, e il patriota Felice Orsini nel 1844. All’interno del borgo sono numerose le presenze storico-architettoniche perfettamente conservate, dalla Pieve preromanica al Duomo romanico lombardo del sec. Xll, dal Forte al Palazzo Mediceo che oggi ospita il Museo di Arte Sacra. Ma è l’inserimento armonico dell’antico borgo nel resto del paesaggio che fa di San Leo un luogo unico e ricco non solo di storia, ma di luoghi particolari da scoprire, dai ruderi dei castelli di Pietracuta e di Piega al convento francescano di S. Igne, dal convento domenicano di Monte di Pietracuta alla chiesa di Montemaggio. Dal castello sulla rocca si gode di uno dei più affascinanti panorami della zona, con la vista che può spaziare dai monti che lo circondano, attraversati da calanchi che ne impreziosiscono la geologia, a San Marino e poi fino al mare. Ma San Leo non è solo il borgo antico, curato nei dettagli e reso prezioso dall’accoglienza degli abitanti e di chi ci vive e lavora. E’ anche un borgo che ha saputo valorizzare il proprio patrimonio storico, artistico, architettonico e paesaggistico per diventare uno dei “borghi più belli d’Italia”. La cura dei particolari e l’attenzione per il borgo e il paesaggio intorno ha portato il comune ad essere premiato nel mese di febbraio 2013 come uno dei “Gioielli d’Italia”, prestigioso riconoscimento che premia i territori italiani dell’eccellenza. Ma questi successi non giungono a caso. Sono l’esito di una puntuale e attenta gestione dell’Amministrazione comunale, che nell’equilibrio tra borgo antico e le altre frazioni del comune gioca da sempre la carta dell’integrazione e della qualità, sfruttando in modo strategico la vicinanza con San Marino. Un esempio è la gestione degli spazi dedicati alle attività sportive. San Marino ormai ha consumato tutto il suo territorio e per espandersi e fornire servizi ai propri cittadini deve chiedere ospitalità proprio a San Leo. Ma sono successi che arrivano anche da un uso sapiente delle opportunità fornite dai fondi europei (San Leo ha vinto una selezione internazionale come capofila di un progetto incentrato sull’agricoltura biologica) e dai fondi regionali, come ad esempio i fondi con i quali si stanno finanziando i lavori di consolidamento e messa in sicurezza della rupe sulla quale si trova la fortezza di San Leo. Ma è anche convinta ricerca di sistemare attraverso accordi di programma alcune problematiche ereditate dal passato e non ancora risolte, come la localizzazione nel comune di attività produttive rumorose e inquinanti e non compatibili con la qualità della vita che chiedono i cittadini delle frazioni di pianura. Oppure la grande cura nel promuovere e avviare eventi culturali non solo in grado di attirare visitatori e turisti, ma soprattutto di mettere in luce la storia di San Leo e i suoi legami con l’arte del passato. Un esempio in questo senso è stata la mostra dedicata ai dipinti rinascimentali di Piero della Francesca, Raffaello e Leonardo da Vinci che, in alcune loro opere, hanno ritratto il paesaggio di San Leo, ancora oggi riconoscibile in alcuni quadri di questi grandi artisti. Infine non va dimenticata l’attenzione alla costruzione di eventi, soprattutto nella stagione estiva. San Leo è dunque un territorio dell’eccellenza, un’eccellenza che si ritrova nell’estrema vitalità e passione con la quale il Sindaco e l’Amministrazione si muovono per promuovere una sempre maggiore qualità del territorio e dei servizi, e nella volontò delle realtà imprenditoriali presenti ad esmepio a produrre secondo criteri di qualità e sostenibilità e a riconventire o a delocalizzare produzioni non più compatibili con le caratteristiche di eccellenza dell’area, un’eccellenza riconosciuta e premiata appunto dal Ministero per gli Affari Regionali. Ma come si fa, in un piccolo comune di 3.000 abitanti, dei quali 200 residenti nel borgo antico, a promuovere sviluppo e crescita economica? La domanda l’abbiamo posta al Sindaco di San Leo, Mauro Guerra, che ci ha detto che “per dare ai nostri cittadini una migliore qualità della vita abbiamo puntato sulle nostre risorse – il paesaggio, il territorio, le produzioni locali – per fornire un insieme di servizi che permetta di raggiungere tutte le frazioni, dando ai cittadini pari opportunità; ma stiamo anche intervenendo per sistemare vecchi guasti ancora presenti e con le risorse scarse che abbiamo dobbiamo ingegnarci”. E qui il Sindaco, orgogliosamente, ci fa vedere uno di questi elementi di ingegno: “vede, noi abbiamo saputo sfruttare gli incentivi governativi relativi alle energie rinnovabili e abbiamo realizzato un campo fotovoltaico che ogni anno produce, per le casse comunali, entrate per 600.000 euro. E poi c’è la vicina San Marino, che chiede spazi per attività sportive o insediamenti di imprese nelle nostre aree industriali e artigianali. Per questo abbiamo promosso il nuovo PSC intercomunale (il nuovo piano regolatore) che utilizza strumenti avanzati di partecipazione. Perché il territorio è la nostra prima risorsa e dobbiamo gestirlo e valorizzarlo insieme agli altri. Da soli non si va da nessuna parte. Se costruiamo le condizioni della governance possiamo fare del bene, al nostro territorio e ai nostri cittadini”.

 

Mercato mondiale in crescita, Europa ancora in difficoltà

 

Le misure di austerità e la stretta al credito

frenano ancora il vecchio continente

Europa ancora in contrazione con significative differenze tra le economie del nord e quelle del sud, resto del Mondo in ripresa con le migliori performance che verranno da Cina, Stati Uniti, India e America Latina, Brasile in testa. L’Italia in questo contesto rimane un mercato ancora in grande crisi e con prospettive future di miglioramento legate alle scelte di politica economica focalizzate alla crescita che il Governo vorrà concretamente mettere in campo.  E’ questa la fotografia del mercato mondiale delle macchina da costruzione all’inizio di un 2013 che secondo le stime degli analisti dovrebbe finalmente vedere una crescita complessiva attorno al 3% dopo due anni difficili. Se guardiamo infatti alle macchine movimento terra, nel 2012, secondo il “Construction Equipment Outlook” realizzato da Unacea-Prometeia, nel mondo si sono vedute circa 700 mila unità con un calo del 13% rispetto al 2011. Guardando più da vicino il mercato europeo, i dati peggiori vengono da Spagna ed Italia, mentre crescono Russia, Turchia, Norvegia e Danimarca.  E’ interessante notare, in Europa, una certa ripresa del mercato dei macchinari per calcestruzzo, per i quali si è   registrata una crescita nel 2012 attorno al 5%.  Una domanda guidata dalla richiesta, non solo in Europa, di manufatti in calcestruzzo, tubi, travi ed elementi prefabbricati.

Le nuove economie esprimono oramai la parte principale della domanda mondiale. Paradigmatico il caso della Cina che nel 2001 valeva il 10% della domanda mondiale di macchine movimento terra e  oggi è al 40%. Il colosso asiatico ha annunciato un nuovo importante piano infrastrutturale e ha confermato le politiche per soddisfare la domanda abitativa della nuova classe media in forte espansione.  In Asia buone prospettive vengono anche dall’India che ha avviato una serie di grandi opere infrastrutturali: proprio in queste settimane sono partiti i lavori dei due corridoi ferroviari merci che collegheranno la capitale New Delhi a Mumbai e Calcutta (Western and Eastern Dedicated Freight Corridor) ai quali si aggiungeranno alcune linee metropolitane e suburbane.Opere che da sole valgono alcuni miliardi di dollari.  Cambiando continente, il Brasile grazie alle opere messe moto dai Mondiali di calcio del 2014 e dalle Olimpiadi del 2016 è oggetto di significativi investimenti. E sempre al di là dell’Atlantico segnali positivi vengono anche dagli Usa  che insieme a tutta l’area Nafta (l’area di libero scambio nord americana) si conferma un mercato importante per le imprese italiane del settore assicurando il 7% delle esportazioni.  In netta controtendenza con il mercato italiano ed europeo, le vendite di settore negli Stati Uniti sono cresciute nel 2012 del 16% rispetto all’anno precedente, mentre per l’intera area Nafta la crescita è stata pari al 23%.   Segnali incoraggianti vengono anche dal Medio Oriente e dall’Africa. I paesi del Golfo hanno confermato gli investimenti in infrastrutture, dalle ferrovie ad alta velocità ai porti, ed anche in Nord Africa nonostante il rallentamento dovuto alla instabilità politica di questo periodo le prospettive di crescita del mercato delle costruzioni e delle infrastrutture è buono.

 

A questi paesi si devono aggiungere il Sud Africa, che ha presentato un pacchetto di infrastrutture strategiche da sviluppare nei prossimi anni, ma anche ad esempio il Mozambico dove investitori brasiliani puntano alla realizzazione di nuove ferrovie e infrastrutture portuali e logistiche.

In questo quadro complessivamente incoraggiante, la situazione italiana è oggettivamente una delle più difficili. Il 2013 sarà ancora un anno di flessione nel mercato delle costruzioni, con un inevitabile riflesso sui volumi delle macchine vendute. I dati non lasciano dubbi: la contrazione è addirittura superiore a quella che ci si aspetterebbe dagli effettivi livelli di mercato, segno che il “sentiment” degli operatori è, per il futuro, ancora negativo e che non si aspettano inversioni di tendenza a breve. Nel 2012 le macchine movimento terra, stradali e per il calcestruzzo hanno segnato un calo del 31,3% rispetto ad un già drammatico 2011. E nel  comparto degli autocarri il mercato, in soli due anni, si è ridotto più della metà scendendo ai livelli del 1990. E’ necessaria per l’Italia  una politica economica fortemente indirizzata alla crescita, che sarà possibile peraltro solo in presenza di una adeguata stabilità politica.

I costruttori in ogni caso sono impegnati a offrire al mercato prodotti dalle prestazioni sempre più significative: i driver di sviluppo sono quelli della economicità, della flessibilità d’uso e manutenzione, della sicurezza e naturalmente della sostenibilità ambientale, che vuol dire sia utilizzo di materiali riciclabili e rinnovabili ma anche emissioni sempre più basse.

Oggi le normative si concentrano specialmente sulle emissioni di particolato e ossidi di azoto. Le normative in vigore per le macchine off road sono in Europa lo Stage IIIB mentre negli Usa la normativa di riferimento è la Tier 4 interim. Il 2014 è una scadenza importante perché entrano in vigore le nuove normative rispettivamente Stage IV e Tier 4 Final che richiedono ulteriori drastiche riduzioni nelle emissioni. E la maggior parte dei costruttori sta già presentando i modelli che rispettano le nuove prescrizioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A quando la ripresa?

Chi si aspetta la ripresa sui vecchi modelli del mercato sbaglia interpretazione. In uno scenario di incertezza si fanno comunque strada nuovi mercati e nuovi presupposti. Dobbiamo esserne consapevoli per non fare l’errore di sbagliare approcci e strategie

 

Una crisi lunga, mai così significativa nelle dimensioni, con riflessi imprenditoriali e occupazionali che mai si erano verificati dal dopoguerra. C’è chi dice che si è tornati al mercato dei primi anni ottanta del secolo scorso. E’ vero per le dimensioni del mercato e degli scambi, ma dobbiamo essere consapevoli che questa crisi modifica radicalmente e strutturalmente il mercato, nelle tipologie di offerta ma soprattutto nelle modalità operative. Siamo tornati a quelle dimensioni, ma non si tornerà a quelle modalità costruttive e operative. La crisi ha modificato tutto, strutturalmente, e oggi le imprese che vogliono guardare alla ripresa, alla crescita e alle nuove opportunità non possono rimanere solo confinate nel quadro nazionale, ma devono per forza guardare ai mercati esteri, alla competizione globale, alle opportunità di crescita che vi sono nel mondo. A livello mondiale infatti vi è stata, negli ultimi anni, una redistribuzione geografica del mercato delle costruzioni, con alcuni mercati in forte crescita (soprattutto l’Asia) e l’Europa in forte frenata. In sostanza il mercato delle costruzioni a livello mondiale segue le dinamiche del PIL dei diversi paesi, e in questo senso le aree più interessanti diventano oggi per forza di cose quelle a più elevata crescita. Asia dunque, ma non solo. Anche il Brasile e i nuovi paesi emergenti. Uno degli elementi di maggiore consapevolezza del modificarsi delle condizioni di equilibrio del mercato riguarda il fatto che, come evidenzia il Cresme, “se nel 2000 quasi l’80% degli investimenti in costruzioni mondiali si concentravano nei paesi di vecchia industrializzazione, oggi praticamente la metà riguardano attività edilizia localizzata nei paesi in via di sviluppo”. La ripresa dunque ci sarà e avverrà laddove vi è necessità di sviluppare l’edilizia e l’infrastrutturazione, ovvero nelle economie emergenti, trainate dalla crescita economica e produttiva, dall’espansione demografica e dalla crescita dei fenomeni di urbanizzazione, che non significa soltanto investimenti di tipo infrastrutturale, ma anche produzione di nuove case e di tutto cià che riguarda ambienti produttivi e servizi. In sostanza la ripresa è già possibile, oggi, per le imprese in grado di guardare all’estero, ai mercati emergenti, a chi è in grado di innovare e diversificare, soprattutto territorialmente, il proprio approccio al mercato. Infatti le imprese che lavorano nell’innovazione e sui mercati esteri dimostrano di essere competitive e di non risentire degli effetti della crisi. I dati delle analisi sui bilanci delle imprese elaborati dal Cresme e pubblicati da YouTrade confermano questa lettura e queste tendenze. E allora conviene essere consapevoli e iniziare a chiedersi se la dimensione d’impresa italiana è adatta ad affrontare le sfide che la globalizzazione impone. La risposta è del tutto evidente: in paerte e solo per chi spinge e ha investito in innovazione e capacità competitiva. La ripresa in Italia non ci sarà a breve. Le previsioni sul PIL per il 2013 evidenziano ancora una diminuzione superiore all’1%. Alcuni indicano addirittura -1,7%. Il mercato “è fermo”, si dice. Ma è fermo solo se si guarda in un campo di osservazione molto ristretto geograficamente. Se si guarda in un ambito allargato si evidenzia che la crescita economica c’è. Con un gioco di parole, la ripresa va presa laddove c’è. Ma per fare questo il nostro sistema imprenditoriale deve dotarsi di strumenti e strutture in grado di poter operare su quei mercati. Molte imprese italiane stanno lavorando all’estero e molte lo faranno a breve. Abbiamo imprese competitive, know how e qualità dei prodotti. L’Italia può esportare questi modelli e cogliere le opportunità. Ma a livello interno è evidente che il settore delle costruzioni è di fronte ad un gap in primo luogo informativo e conoscitivo. Sono ancora troppe le imprese che non hanno ancora colto la necessitò di riorientare la propria attività sui temi della sostenibilità, del recupero di qualità del patrimonio edificato, della rottamazione e dello sfruttamento strategico, ovvero non di convenienza, del sistema degli incentivi. Non bastanno gli incentivi sul fotovoltaico a generare imprese in grado di essere vere protagoniste in questo settore. Ci vuole know how, formazione, organizzazione, capitali. Chi si aspetta la ripresa sui vecchi modelli imprenditoriali e di offerta del mercato sbaglia interpretazione. Lo scenario internazionale offre opportunità, quello nazionale incertezza e instabilità. Le imprese devono essere consapevoli di questi cambiamenti, per non fare l’errore di sbagliare, in un momento cruciale per l’economia italiana, approcci e strategie.