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Nuova Laurea internazionale a Firenze e Roma

Grazie all’accordo tra l’Accademia Italiana e Nottingham Trent University ora anche in Italia si può accedere al riconoscimento del prestigioso ateneo inglese specializzato nel design.


Dopo l’accreditamento dei corsi di laurea triennali presso il Ministero dell’Università e Ricerca (MIUR) per i titoli di studio di primo livello rilasciati dall’Accademia Italiana, ecco un’altra importante opportunità per i giovani italiani e stranieri proiettati sul mercato internazionale.

Grazie all’accordo stretto con la storico istituto di alta formazione in moda design e fotografia Acccademia italiana e la Nottingham Trent University, gli studenti che si iscrivono all’Accademia Italiana saranno gli unici in Italia ad avere la possibilità di conseguire una laurea internazionale rilasciata dal prestigioso ateneo inglese, riferimento di fama mondiale per la formazione nel Design.

I corsi che consentono l’accesso al “Bachelor of Arts” sono i segeunti: Fotografia e Nuovi media, Moda, Interior e product design, Graphic design e Design del gioiello. Inizieranno nelle due sedi dell’Accademia Italiana a Firenze e a Roma a settembre 2013 e saranno tenuti interamente in lingua inglese.

Nottingham Trent, cinque facoltà, 50 dipartimenti tra cui diversi centri di ricerca e una popolazione studentesca che sfiora i 35mila allievi, è un’università con una tradizione ultracentenaria nell’ambito del design. Grazie ad una rete di accordi, oltre 6000 studenti hanno la possibilità di studiare nel proprio Paese e laurearsi con Nottingham Trent. Oltre a questi ora ci sono anche gli studenti dell’Accademia Italiana.

Accademia Italiana, fondata trent’anni fa dall’architetto Vincenzo Giubba, annualmente registra circa un migliaio di iscritti dei quali la metà stranieri, a motivo della sua fama di “scuola del Made in Italy”. All’Accademia Italiana infatti molte ore sono dedicate all’apprendimento della pratica manifatturiera tipica dei prodotti italiani, ad esempio come tagliare e cucire un abito, quali materiali usare per realizzare un oggetto di design, come realizzare un gioiello. A queste materie pratiche si uniscono le materie teoriche e culturali, dando grande importanza alla ricerca.

I programmi di studio sono stati ripresi dall’omonimo istituto di Bangkok, riferimento per tutto il bacino del Sudest asiatico. Accademia Italiana sostiene inoltre un intenso pacchetto di iniziative per promuovere i suoi studenti sul mercato. Di recente è stata promotrice di un progetto benefico che coinvolge l’organismo ONU Fashion for Development e Central Retail Corporation, il gruppo thailandese proprietario del marchio La Rinascente, per cui alcuni allievi selezionati disegneranno capi di moda da realizzare in Africa.

PISCO: il software Pilosio per un cantiere più competitivo


Grazie all’innovativo software progettato in collaborazione con la trevigiana Stesi, Pilosio potrà avere il controllo in remoto dei flussi di movimentazione delle proprie attrezzature nei cantieri di tutto il mondo. Dario Roustayan, CEO dell’azienda friulana: “Elemento competitivo di importanza assoluta per il nostro mercato, in cui il servizio e l’assistenza in cantiere giocano un ruolo decisivo”

 

“Produciamo fabbriche temporanee che danno vita a opere permanenti”: è una delle frasi con cui Pilosio, azienda italiana produttrice di strutture provvisionali presenti nei cantieri di tutto il mondo, ama definire il proprio business. Già, perchè la fornitura delle attrezzature prodotte dalla Spa friulana (casseforme per le grandi gettate di calcestruzzo, ponteggi, blindaggi per scavi e coperture) rappresenta il cuore nevralgico di un cantiere che, in tutta la fase di esecuzione, rappresenta un piccolo mondo in costante evoluzione. Un mondo in cui cambiano rapidamente le esigenze, sorgono continuamente nuove problematiche costruttive da risolvere, e in cui sono mutevoli le ore-lavoro degli addetti in funzione dei flussi e delle modifiche al cronoprogramma. Tutte criticità analoghe a quelle di una fabbrica, in cui la capacità di problem solving è all’ordine del giorno.

Come può dunque una pmi italiana come Pilosio farsi in tre, in cinque, in dieci e anche più, e tracciare in remoto quanto avviene nei suoi cantieri di tutto il mondo? La risposta a questa esigenza viene dal nuovissimo software progettato in collaborazione con Stesi, società di San Vendemiano (Treviso) specializzata in  soluzioni IT in ambito logistica, produzione ed automazione, con cui Pilosio non solo ha risolto una necessità di controllo dei flussi nei cantieri nel mondo, dall’Arabia Saudita al Canada, passando per la Russia e il Sudamerica, ma ha creato un importante valore aggiunto per l’azienda friulana.

Il software in questione si chiama PISCO (Pilosio Supply Chain Optimization) ed è basato sulla piattaforma operativa silwa®, acronimo di Stesi Integrated Logistics & Warehouse Automation, una soluzione completa ed integrata di tipo SCES (Supply Chain Execution System) che combina in un unico sistema le funzionalità tipiche di WMS e MES, gestendo tutti i flussi esecutivi logistici e produttivi, dall’accettazione alla spedizione, con tracciabilità dei lotti, avanzamento di produzione e rilevazione dei tempi delle lavorazioni. PISCO in particolare risponde alla necessità di tracciare la movimentazione dell’attrezzatura in entrata e in uscita da diversi siti contemporaneamente. Il sistema funziona con dispositivi Wi-Fi e con tecnologie di identificazione ottica (codice a barre o RFID). I suoi vantaggi risiedono nell’ottimizzazione degli spazi logistici, in una migliore efficienza operativa del personale e soprattutto nel monitoraggio continuo delle giacenze delle attrezzature nei vari cantieri.

PISCO si basa su un sistema integrato di hardware e software  e sulla tecnologia wireless che garantisce la trasmissione in tempo reale delle transazioni e dei dati, consentendo l’eliminazione di qualsiasi supporto cartaceo. Il sistema, che ha fatto il suo debutto ufficiale al recente Bauma di Monaco, principale fiera al mondo per il settore delle costruzioni, è infine facilmente integrabile a qualsiasi sistema gestionale ERP e a tutti i sistemi di controllo per la movimentazione automatica delle merci.

Erba Energetica


Una nuova tecnologia tutta
naturale: sembra ormai prossima la
commercializzazione di un sistema per
la creazione di energia elettrica ottenuta
dalla superficie erbosa. Questo è il frutto di
anni di ricerca svolti da alcuni ricercatori
dell’università di Wageningen in Olanda,
che a partire dal 2007 hanno operato una
serie di esperimenti al fine di catturare
l’energia prodotta dalla degradazione del
70% del materiale organico ottenuto a
seguito della fotosintesi. I residui organici
infatti vengono degradati dai batteri che
si trovano attorno alle radici, un processo
che provoca il rilascio di elettroni e quindi
di energia elettrica. I ricercatori sono
riusciti a catturare parte di queste energia
semplicemente posizionando degli elettrodi
in prossimità dei batteri. I primi risultati
registrano una produzione di 0,4 watt per
metro quadrato di superficie d’erba, un
risultato che supera le prestazioni garantite
dalla fermentazione della biomassa.
Secondo i ricercatori questi risultati
potrebbero migliorare fino a raggiungere
il tetto di 3,2 watt per metro quadrato
ovvero la produzione di energia sufficiente
al consumo annuo di una famiglia con un
consumo medio di 2.800 kWh/ann

Furti di dati personali su Internet: sondaggio in Gran Bretagna

Il 36% dei consumatori se le aspetta. Il 40% ritiene i fornitori di servizi online responsabili della protezione dei loro dati personali. I canali di on-line banking sono al centro delle cautele, anche se poi sono riconosciuti più sicuri di altri.  Troppa disinvoltura invece sui canali di gaming.Milano 5 giugno 2013  – Experian, leader mondiale dell’informazione creditizia, ha reso noto i risultati di un’indagine da cui risulta che ben il  36 % dei consumatori britannici ritiene inevitabile di cadere prima poi vittima di frodi o di furti di identità online; che il 40% di essi ritiene i provider di servizi online responsabili dei dati personali ad essi comunicati;  che ciò che fa più paura (87% degli intervistati)  è il furto online di dati personali di rilevanza bancaria, e assai meno quello dei dati inviati sui canali di giochi online (54%).L’indagine è stata condotta presso migliaia di consumatori in tutto il Regno Unito per fare il punto  sui comportamenti dei singoli a riguardo dei furti di identità online – cattura di dati personali da parte di soggetti che poi effettuano acquisti o ottengono finanziamenti  in nome e per conto dell’ignara vittima, che ne paga le conseguenze –  e il ruolo atteso dai  fornitori di servizi online dei più diversi settori (bancario, assicurativo, del gaming online e delle scommesse, dei più diversi servizi di mobile internet).Fra le altre evidenze è anche quella di una certa sopravvalutazione delle cautele adottate per evitare brutte avventure. Infatti il 73% di chi accede a Internet ritiene di avere password sicure, l’80% di adottare  misure adeguate per evitare il furto di  informazioni o  di identità, e ancora l’80%  di non condividere con terzi le password d’accesso a siti, ma poi risulta anche che: solo il 33% ha una password diversa per ogni account di servizio;  solo il 25% conserva e protegge i dati personali di connessione (ID e password) relativi ai diversi account Internet utilizzati (il 33% per cento addirittura li lascia nella “memoria cache” del computer, quella cui di solito puntano gli spyware) solo il 25% si preoccupa di cambiare ogni mese le password; solo il 6% ha stipulato polizze d’assicurazione per la protezione dei propri dati personali  online.Molte attenzioni per l’on-line bankingI canali di online banking sono al centro delle cautele, anche se poi sono avvertiti comunque più sicuri di altre connessioni in cui si veicolano dati in interesse bancario, infatti:l’89% degli intervistati che fa uso di canali di online banking bada bene di disconnettersi regolarmente una volta conclusa l’operazione, e solo il 17% afferma di collegarsi da un qualsiasi computer e solo il 10% da connessioni Wi-Fi pubbliche, che presentano rischi di intrusione  significativamente più alti rispetto alle reti  o connessioni private; la percentuale di chi teme il furto di dati personali bancari scende dall’87% al 65% quando ci si riferisce al timore che il furto di dati avvenga non da un qualsiasi collegamento, ma  direttamente dai canali di  online  banking.Poche attenzioni sui canali di gamingPer contro, risalta la poca cautela adottata nelle connessioni ai canali di gaming, solitamente di durata non proprio breve e con accesso a piattaforme che non garantiscono più di tanto da  intrusioni nei dispositivi (PC, tablet e smatphone) tramite “virus spia” (spyware). E infatti non più del 30% vede rischi nell’acquisto o la memorizzazione dei dati sui giochi, molti vi accedono da computer pubblici o condivisi, e ben il 33% da dispositivi mobile e da connessioni  Wi-Fi in luoghi pubblici, le meno sicure.

Primo quartiere zero emissioni.Housing sociale a cascina merlata

 

L’housing sociale di qualità a cascina merlata
11 edifici e 684 appartamenti per il primo quartiere ad emissioni zero
Costituito un fondo con Cassa Depositi e Prestiti e Beni Stabili SGR
Nasce un nuovo un habitat metropolitano sotto il segno dell’ecosostenibilità,
che nel 2015 ospiterà il Villaggio Expo
 
Milano, maggio 2013. Cascina Merlata, situata in prossimità del polo fieristico di Rho-Pero, dell’area Expo 2015 e della direttrice Nord-Ovest, è l’area su cui la società EuroMilano sta promuovendo la realizzazione di un innovativo habitat metropolitano progettato secondo avanzati principi di sostenibilità ambientale. Nel nuovo quartiere, che si estende su una superficie di oltre 540 mila mq, saranno realizzate residenze (52.500 mq di housing sociale, 127.000 mq di edilizia convenzionata e 143.500 mq di libera) e servizi tra cui una scuola dell’infanzia, una elementare e una media inferiore, due asili nido, un centro ricreativo per la terza età, spazi pubblici attrezzati, cinque parchi giochi, il recupero della Cascina per funzioni di interesse pubblico e il Villaggio Expo 2015 che sarà riconvertito in residenze e servizi, un centro commerciale, commercio di vicinato, un albergo e uffici. L’intero quartiere è immerso in un parco pubblico attrezzato di oltre 200 mila mq. con oltre 10 km di piste ciclabili che collegheranno Expo alla città di Milano attraverso il Raggio verde n.7.

Il cuore dell’intervento di riqualificazione urbana di Cascina Merlata è l’insediamento residenziale di housing sociale sviluppato in accordo con il Comune di Milano: 11 edifici per un totale di 684 alloggi e relative pertinenze (cantine, 608 posti auto e 104 box) per 52.500 mq.
Con Cassa Depositi e Prestiti e Beni Stabili SGR, è stato costituito un fondo immobiliare per la gestione di un mix funzionale di alloggi così costituito: il 31% degli alloggi destinati a patto di futura vendita (210 appartamenti), il 31% affitto a lungo termine (211 appartamenti) e solo il 38% alla vendita (263 alloggi). Durante Expo 2015, 391 alloggi in sette torri, ospiteranno il Villaggio Expo, con gli alloggi per staff e delegazioni provenienti da tutto il mondo.
I prezzi dell’housing sociale sono stati così fissati:
·       affitto annuo: 65 €/mq, pari a 5.200 euro all’anno per un appartamento di 80 mq
·       vendita: 2.160 €/mq, pari 172.800 euro per un appartamento di 80 mq
·       patto di futura vendita: 97,56 €/mq annui pari a 7.800 euro all’anno per 80 mq, di cui il 70% in acconto prezzo

Costi contenuti per housing sociale di qualità: la progettazione degli edifici è stata affidata agli architetti Cino Zucchi, C+S Associati, MCA di Mario Cucinella Architects, Teknoarch, B22 e Pura.
Dopo il planivolumetrico frutto del concorso vinto nel 2008 ex aequo dagli studi Antonio Citterio Patricia Viel and Partners, Mario Cucinella Architects e Caputo Partnership, Cascina Merlata spa ha affidato agli studi Citterio Viel e Caputo l’elaborazione del Piano Integrato di Intervento. Il pool di architetti ha progettato secondo precise linee guida che EuroMilano ha messo a punto con lo studio Antonio Citterio Patricia Viel and Partners con l’obiettivo di diffondere standard qualitativi a tutto l’intervento, contenendo i costi ma riservando particolare attenzione alla qualità del paesaggio urbano attraverso i materiali impiegati, i dettagli degli elementi di arredo urbano e di disegno dello spazio pubblico ma anche il disegno delle facciate e la composizione delle cortine stradali.

Sarà il primo quartiere ad emissioni zero, progettato con le più avanzate tecnologie per ridurre l’impatto ambientale. Tutti gli edifici sono in classe A e l’intero quartiere zero gas, servito esclusivamente da fonti di energia rinnovabili: il teleriscaldamento proveniente dal termovalorizzatore di Figino, il raffrescamento dalla geotermia attraverso le pompe di calore e l’energia necessaria dal solare.

Le ruspe sono al lavoro da alcuni mesi sull’area di Cascina Merlata, sono stati ritirati i permessi di costruzione e da fine maggio è iniziata l’elevazione degli edifici. La costruzione delle 11 torri sarà organizzata in due fasi operative, intervallate dalla locazione ad Expo, che tengono conto del periodo necessario al refurbishment degli alloggi. Nella prima fase, gennaio 2013 – dicembre 2014 saranno realizzati 7 edifici a torre per un totale di 391 alloggi, pari a circa 30.500 mq, nella seconda fase, luglio 2016 – dicembre 2017, saranno realizzate le altre 4 edifici torri con 293 alloggi, pari a circa 21.000 mq
Entro il 2015 sarà realizzato l’80% delle opere pubbliche, per un valore di circa 150 milioni di euro, con infrastrutture, servizi e la maggior parte del parco pubblico.

Un incentivo per salvare l’Italia

Giugno è un mese di cambiamenti. Molti, troppi forse per un settore in crisi e in forte deficit come quello dell’edilizia e delle costruzioni, un settore trainante per l’economia ma che, in questa fase congiunturale, sconta oltre ai problemi generali di natura economica e finanziaria, anche ritardi strategici nella promozione di una nuova vera visione industriale del settore, da giocarsi sull’innovazione costruttiva e sul miglioramento dell’intera filiera. Giugno è il mese nel quale cambierà la normativa di gestione dei condomini, un mercato che coinvolge 1 milione di edifici, 14 milioni di alloggi e 13 milioni di altre unità immobiliari commerciali e direzionali. Ma è anche il mese nel quale verranno prorogati a dicembre gli incentivi al 50% per le ristrutturazioni edilizie e nel quale l’ecobonus sarà portato dal 55% al 65%. Ma temporaneamente e senza possibilità di ulteriori proroghe al 31 dicembre 2013 (30 giugno 2014 per i condomini). In realtà, come prevede la norma, gli incentivi in termini di detrazioni fiscali non verranno eliminati del tutto, ma torneranno al regime standard del 36%, un regime abbastanza conviente, ma non abbastanza e non sufficientemente per poter da un lato riavviare un mercato in forte crisi, da un altro lato per poter avviare, finalmente nel nostro paese, quella politica di rottamazione della città della quale si parla da anni ma che, per vari motivi, compresa la crisi, ancora non si vede all’orizzonte. Eppure le necessità di intervento sono molto rilevanti, se consideriamo che le abitazioni sono le responsabili del 45% dell’energia consumata e che gli obiettivi posti dall’Italia per il 2020 sono molto consistenti e, senza adeguate azioni di sistema, sarà difficile raggiungerli. Da quando gli incentivi per le ristrutturazioni sono stati promossi, nel lontano 1998, si è sempre cercato di evidenziare che perché avessero effettivo successo, ovvero appetibilità presso i potenziali utilizzatori, la percentuale di detrazione fiscale dovesse essere elevata, associata ad un basso regime di IVA. Nella prima versione le detrazioni fiscali furono fissate al 41% con l’IVA fissata al 20%. E nonostante tutto il successo della norma fu tale che venne prorogato per anni. Ma poi la percentuale di detrazione fu portata al 36% e, nonostante la riduzione, l’utilizzo dello strumento di incentivazione per la ristrutturazione delle abitazioni ha continuato a funzionare, con notevoli effetti positivi sul mercato, come peraltro evidenziano i dati dell’Agenzia delle Entrate. Il recente, e purtroppo troppo corto, periodo di azione del “combinato disposto” dato dal passaggio al 50% delle detrazioni con l’IVA sulle ristrutturazioni al 10%, ha avuto anch’esso alcuni positivi effetti anticongiunturali, ma non ha potuto esprimere tutta la sua potenzialità a causa della situazione economica generale e della scarsa fiducia delle famiglie agli investimenti, comprese quelle che dispongono di liquidità necessaria. Per cui, anche se il recente chiarimento dell’Agenzia delle Entrate – in risposta ad un interpello di Anie, presentato 6 mesi prima – sulla possibilità anche per il fotovoltaico di godere della detrazione fiscale del 50%, alternativa al conto energia e abbinata allo scambio sul posto, ha definitivamente aperto ad una potenziale nuova stagione per un settore che sugli incentivi ha giocato tutta la sua partita di successo in questi anni, in ogni caso il tempo per sfruttare questi incentivi e queste opportunità è comunque molto poco. E soprattutto è molto limitato, troppo limitato, per i tempi dell’edilizia e della programmazione delle attività delle imprese. Ma se si volesse effettivamente e strutturalmente, come sarebbe necessario, avviare una vera politica di riqualificazione energetica delle nostre abitazioni, ovvero del parco residenziale, ma si potrebbe anche pensare al parco non residenziale, serve pensare con i tempi dell’edilizia e non con i tempi di altri settori industriali. Affrontare finalmente l’edilizia come un vero e proprio settore industriale organizzato su filiere complesse e notevoli indotti produttivi, sia in termini di prodotti che di servizi, significa capirne non solo la struttura, ma comprenderne i tempi di avvio e di realizzazione dei processi produttivi, che sono lenti e lunghi e derivano molto spesso da lungaggini e tempi burocratici non sempre adeguati alle stesse esigenze di intervento delle imprese. Il problema più rilevante, in questa fase di “limbo” politico ed economico, è proprio la mancanza di strategie e di documenti programmatici di lungo periodo, con relativi appoggi e supporti normativi, che possano dare al settore spiragli di crescita e di ripresa. Gli incentivi sono uno strumento operativo effettivamente dirompente, se prorogati con adeguate tempistiche di utilizzazione. Non certo sei mesi o un anno, ma almeno un periodo biennale. Ovvero il tempo classico di una operazione edilizia. Purtroppo manca questa visione strategica e programmatica. Il Governo Monti l’ha tentata con la SEN, la Strategia energetica nazionale, che poteva essere uno strumento veramente utile per dare sistematicità ad azioni che, negli ultimi quindici anni, sono state promosse principalmente a colpi di emendamenti e di provvedimenti spot, guidate spesso dalla logica dell’emergenza o dell’interesse particolare e quasi mai da una visione di medio-lungo periodo. Se su una priorità importante come la strategia energetica nazionale non siamo in grado di conciliare effettivamente gli interessi della riduzione dei consumi, dell’efficientamento, del mercato che su questi settori investe con gli obiettivi di riduzione del costo dell’energia e con gli obiettivi ambientali europei, sembrerebbe difficile pensare che si possa proporre una strategia di vera rottamazione delle nostre città. Peraltro il tentativo fatto con il “piano città” ha portato a produrre oltre 400 programmi nelle città e premiarne pochissimi con le scarse risorse messe a disposizione. Se le risorse sono scarse, meglio usare il sistema degli incentivi e della defiscalizzazione. Dare sistematicità è fondamentale in questa fase. Incentivare l’economia del riuso e del recupero, del rinnovo e dell’innovazione in edilizia è strategico. Soprattutto in questi tempi di crisi e di incertezze.

 

Flessione dell’11% per il mercato italiano 2012 dell’EPS

AIPE – Associazione Italiana Polistirene Espanso – ha elaborato l’annuale indagine statistica sull’andamento del mercato italiano dell’EPS per l’anno 2012. Basata sui dati dichiarati dai soci produttori di materia prima, la ricerca fornisce una foto concreta e aggiornata del business italiano dell’EPS (Polistirene Espanso Sinterizzato), suddiviso nelle 3 tecnologie produttive (blocco, preformati e perle sfuse) per i due principali settori applicativi (edilizia e imballaggio) e per gli altri utilizzi finali.

Il mercato 2012 registra una flessione di circa l’11%, in linea con il difficile momento economico che sta colpendo in generale il nostro Paese e di conseguenza anche il settore delle materie plastiche. Un calo che interessa soprattutto l’edilizia che, con 72.000 tonnellate, rimane comunque il principale settore applicativo. Tiene l’imballaggio (49.000 tonnellate).Al di là dei volumi registrati, molto interessante è l’analisi sugli operatori attivi nel mercato 2012 dell’EPS commissionata da AIPE e realizzata da Plastic Consult. Sono stati individuati tutti i trasformatori che operano nel mercato e il “peso” che hanno sui consumi complessivi di EPS. Dallo studio emerge che, attraverso le aziende di trasformazione direttamente associate (38) e le realtà a loro collegate (17), AIPE rappresenta oggi circa l’80% del mercato di riferimento in termini di consumi.

Accordo Bei-Unicredit: 580 milioni di Euro per le imprese italiane

Sono stati perfezionati oggi a Milano quattro nuovi accordi tra la Banca europea per gli investimenti (BEI) e il Gruppo UniCredit per finanziamenti a medio-lungo termine a imprese italiane in una pluralità di settori, per un importo complessivo pari a 580 milioni di euro. L’iniziativa consolida i proficui rapporti tra BEI e UniCredit ed è volta a rafforzare ulteriormente il supporto offerto al mondo produttivo italiano per mitigare gli effetti della crisi finanziaria e contribuire all’avvio del processo di ripresa.

All’interno del plafond di 580 milioni euro messo a disposizione dalla BEI sono state individuate quattro distinte aree di intervento. Oltre ai finanziamenti per le piccole e medie imprese (400 milioni) e per le Mid-Cap (50 milioni), parte delle linee di credito sono destinate alle aziende per i programmi nella protezione dell’ambiente e nelle energie rinnovabili (100 milioni). Un’ultima tranche (30 milioni) riguarda Industria 2015, volta i finanziare i progetti in ricerca e sviluppo selezionati dal Ministero dello sviluppo economico in specifiche aree tematiche.

“Le piccole e medie imprese sono le più colpite dalla lunga crisi che attanaglia l’Europa e l’Italia: per esse, l’accesso al credito è diventato la priorità in assoluto in questi mesi affinché riescano a proseguire con adeguate risorse finanziarie la loro attività. Con queste operazioni la BEI, grazie alla collaborazione con UniCredit, uno dei nostri partner principali a livello europeo, mette la propria finanza caratterizzata da lunghe scadenze e tassi favorevoli a disposizione del mondo produttivo italiano”, ha commentato Dario Scannapieco, Vice Presidente BEI responsabile per le operazioni in Italia, Malta e Balcani Occidentali.

“I nuovi accordi con la BEI formalizzati oggi – dichiara l’amministratore delegato di UniCredit Federico Ghizzoni – vanno ad aggiungere risorse preziose al nostro continuo e robusto supporto alle piccole e medie imprese italiane. La nostra vicinanza alle Pmi e la capillare conoscenza del territorio ci consentono di canalizzare rapidamente le risorse verso le imprese, in modo da massimizzare l’efficacia di questi strumenti di finanziamento degli investimenti, che sono vitali per la competitività del sistema produttivo italiano”.

In particolare gli accordi sottoscritti riguardano:

Piccole e medie imprese (400 milioni) e Mid-Cap (50 milioni)

Al sostegno delle PMI italiane saranno destinati 400 milioni di euro, con impiego di fondi BEI a condizioni di particolare favore. Le linee saranno riservate esclusivamente agli investimenti delle PMI, tramite l’intermediazione di UniCredit e UniCredit Leasing. I prestiti sono rivolti sia a nuovi investimenti sia a quelli in corso non ancora ultimati.

Per quanto riguarda le PMI, i progetti  non potranno superare l’importo di 25 milioni. Gli interventi – relativi ad aziende attive in tutti i settori produttivi: agricoltura, artigianato, industria, commercio, turismo e servizi – potranno riguardare l’acquisto, la costruzione, l’ampliamento e la ristrutturazione di fabbricati; l’acquisto di impianti, attrezzature, automezzi o macchinari; le spese, gli oneri accessori e le immobilizzazioni immateriali collegate ai progetti, incluse le spese di ricerca, sviluppo e innovazione; la necessità permanente di capitale circolante legata all’attività operativa.

Il Gruppo UniCredit si impegna a fornire anche risorse proprie alle PMI beneficiarie, facendo così aumentare il plafond complessivo a disposizione del sistema economico italiano sotto forma di ulteriori finanziamenti.

Inoltre Cinquanta milioni riguardano i progetti  d’investimento delle società italiane di medie dimensioni (Mid-Cap).

Ambiente (100 milioni)

La Banca dell’Unione Europea mette a disposizione delle imprese tramite UniCredit e UniCredit Leasing 100 milioni di euro per il finanziamento di progetti di piccole e medie dimensioni localizzati in Italia nei settori delle infrastrutture e delle comunità sostenibili. In particolare l’intervento riguarda la realizzazione di strutture volte all’erogazione di un servizio pubblico nei settori dei trasporti, energia, smaltimento rifiuti, telecomunicazioni, idrico, sanitario, educativo ed edilizia sociale.  Si tratta di uno dei pilastri dell’attività di prestito della Banca Europea per gli investimenti. I progetti  non potranno superare l’importo di 25 milioni.

Industria 2015 (30 milioni)

E’ di 30 milioni infine il co-finanziamento a Industria 2015, il progetto avviato su proposta di Confindustria che riguarda progetti selezionati dal Ministero dello Sviluppo economico. Gli investimenti di aziende in ricerca e sviluppo sono stati selezionati dal Ministero nell’ambito dei bandi tematici Industria 2015  (Made in Italy, Efficienza energetica e Mobilità sostenibile).

Condomini contro sprecopoli

 

 

La tecnologia, le leggi e l’economia cambiano. E perché il condominio dovrebbe rimanere immobile? Due sono le grandi rivoluzioni che, a dispetto dei conservatori, trascineranno al cambiamento di 1 milione di condomini italiani: la necessità di ridurre i consumi energetici e le disposizioni legislative che offrono nuove opportunità alle amministrazioni degli stabili per intervenire. Argomenti che sono stati al centro di due momenti di riflessione (e apprendimento)  a Milano e Seregno. Organizzati da YouTrade, le due tavole rotonde hanno visto gli interventi di Federico Della Puppa, dell’Università IUAV di Venezia, e l’esperto di condominio Umberto Anitori, Fabrizio Bernacchi (responsabile didattico di Eurosatellite), il presidente di Unai, Rosario Calabrese, Pietro Giordano (segretario generale Adiconsum), Nunzio Izzo, avvocato del Foro di Roma, Rosaria Molteni (vice presidente nazionale Anaci). Obiettivo: mettere a fuoco la necessità e, allo stesso, tempo le opportunità di rendere efficienti 14 milioni di unità immobiliari abitati da famiglie, che si sommano a quelli di utilizzo commerciale o industriale. «Il problema è che Il 60% circa dei condomini italiani è stato edificato prima del 1976, anno in cui per la prima volta fu introdotta una normativa che prescriveva per legge criteri di efficienza energetica negli edifici», ha spiegato Della Puppa, «L’82% risale a prima dell’avvento della legge del 1991 sull’efficienza energetica». Insomma, quella delle abitazioni degli italiani va rubricata sotto la voce sprecopoli. Eppure, è stato spiegato nei due appuntamenti, le contromisure ci sono: per esempio, si può realizzare un impianto solare termico per produrre acqua calda sanitaria. Abbinato a una caldaia a condensazione, può portare a risparmi del 40-60%. «È il caso di cambiare: le opportunità sono a disposizione di tutti», ha ribadito Anitori, «anche perché su circa 400mila condomini nei quali sono presenti impianti centralizzati di riscaldamento, il 62,5% hanno impianti vecchi di oltre 15 anni e obsoleti». Il problema, oltretutto, non riguarda solo la bolletta energetica, che si traduce in una maggiore incidenza delle spese condominiali, ma anche di rispettare le disposizioni europee. Entro il 2020, per esempio, la Ue impone che tutte le nuove costruzioni private dovranno essere a «energia quasi zero». E anche i vecchi impianti dovranno di conserva essere aggiornati. Questo significa sfruttare la legge, che consentono a un condominio di votare a maggioranza per rendere efficienti i propri impianti energetici e, non da ultimo, di usufruire degli sgravi fiscali per gli stabili che intendono ridurre il consumo. Per esempio, decidendo di installare pannelli solari o con altri interventi di manutenzione straordinaria. E i due appuntamenti di YouTrade sono stati l’occasione per esaminare le diverse opportunità: dalle caldaie a condensazione, che permettono di risparmiare dal 15 al 20% dei costi per produrre acqua calda, fino a ottenere risparmi oltre il 40%, ai sistemi di termoregolazione climatica con sonde esterne. Per gli amministratori di condominio, insomma, si apre una nuova era.

La Genius Experience di Skema

Ponte di Piave, maggio 2013 – Tutto dedicato al mondo Skema, il road show nazionale organizzato dall’azienda veneta per presentare le quattro nuove collezioni di pavimenti laminati multilayer della linea Genius, studiate appositamente per offrire rivestimenti all’avanguardia, di design e qualità garantita.

La nuova collezione Living si suddivide in due macro livelli: i pavimenti PREMIUM, dalle eccezionali caratteristiche di antistaticità, resistenza ai graffi, all’usura e agli urti, e i pavimenti COMPETENCE, resistenti alle sollecitazioni e alla durata del tempo, oltre che disponibili in un’ampia gamma di nuove cromie in assoluta tendenza con gli stili attuali dell’abitare. La nuova collezione Creative consente di abbinare materiali e formati diversi per realizzare pavimenti di design sempre più personalizzati nel decoro e nel formato.E ancora, il sistema di pavimenti vinilici della collezione Sintesy, dalle eccezionali doti estetiche e qualitative con una gamma decorativa che spazia dai legni alle pietre. Infine, la collezione Expo, dedicata esclusivamente al settore fieristico e agli allestimenti temporanei.

 

Skema rappresenta oggi un insieme di competenze tecniche e stilistiche che hanno reso possibile trasformare l’azienda da “domestica” a player globale, portando nel mondo il proprio italian style.

L’identikit di chi vende e di chi compra casa

Dall’analisi delle compravendite realizzate nel secondo semestre 2012 dalle agenzie del Gruppo Tecnocasa, risulta che il 76,2% concerne l’abitazione principale, il 17,5% la casa uso investimento ed il 6,3% la casa vacanza.

Il 55,9% degli acquirenti ha fatto ricorso al finanziamento.

Nonostante le maggiori difficoltà incontrate dal ceto medio  è stata proprio questa la tipologia di acquirente prevalente: il 39,1% è costituito da impiegati, il 16,9% da operai.

I liberi professionisti, i dirigenti e gli imprenditori rappresentano il 17,6% mentre i  commercianti e gli artigiani il  5,7%.

La maggioranza delle compravendite è stata effettuata da chi ha un’età compresa tra 35 e 44 anni (34,4%), seguiti dai giovani di 18-34 anni (31,6%): costoro ricercano soprattutto l’abitazione principale (l’80,1% per il primo target d’età e il 90,5% per il secondo).

 Le motivazioni che hanno spinto i proprietari a vendere non hanno subito variazioni di rilievo: nel 57,8% dei casi lo si è fatto per migliorare la propria condizione abitativa o per esigenze di liquidità, nel 20,6% per trasferirsi e nel 15,1% per cambiamento della struttura familiare.

Il venditore-tipo è un soggetto di età compresa tra 35 e 54 anni (nella metà dei casi), di professione impiegato (25,8%) o pensionato (33,5%), sposato nel 65,8% dei casi.

La motivazione di vendita legata al miglioramento della condizione abitativa prevale in tutte le fasce di età, con una maggiore incidenza nella fascia compresa tra 45 e 54 anni.

Passando all’analisi degli affitti si nota che è scelto da poco più della metà delle persone (55,3%). Il 6,6% lo fa per motivi di studio mentre il 38,1% per trasferimento di lavoro.

Gli inquilini sono soprattutto giovani (41%) seguiti dai 35-44enni (32,5)%; la percentuale dei single è del  60,9%, seguiti dalle coppie sposate che ora pesano per il 39,1%. Nel 74,8% dei casi si stipulano contratti a canone libero, nel 12,4% concordati e nel 12,8% contratti transitori.

La motivazione legata al lavoro è pari al 43,4% tra chi ha un’età compresa tra 18 e 34 anni e al 41,6% tra coloro che hanno un’età compresa tra 35 e 44 anni.

Nella fascia di età tra 18 e 34 anni il 12,2% cerca casa in affitto per motivi di studio.

Con Leroy Merlin e M&C Saatchi “Niente è personale come il tuo bagno”

E’ on air, dal 29 maggio al 23 giugno, la nuova campagna integrata “Niente è personale come il tuo bagno”, realizzata da Leroy Merlin Italia in collaborazione con M&C Saatchi, dedicata alle novità dell’arredo bagno.

Il bagno è, oggi, un locale sempre più protagonista nelle case degli Italiani sia in termini estetici che funzionali. In aumento, ad esempio, i metri quadrati dedicati a questa stanza: capita sempre più spesso di togliere metri alla camera da letto per creare un bagno padronale dedicato o un secondo bagno (il 47% degli Italiani ne ha due, dati Osservatorio sulla Casa – Leroy Merlin).

“Nella vita frenetica di oggi il bagno rappresenta lo spazio nel quale isolarsi e dove scrollarci di dosso le preoccupazioni della giornata per ritrovare le energie perdute “ – interviene Stefania Savona, Direttore della Comunicazione di Leroy Merlin Italia. “È lo spazio individuale di ciascuno di noi ed è su questa verità che abbiamo voluto incentrare la nostra campagna, proponendo ai nostri clienti venti progetti studiati sulle loro esigenze”.

Da qui il concept della campagna “Niente è personale come il tuo bagno” declinata su due soggetti, un uomo, appassionato di subacquea pronto ad immergersi in vasca con la sua muta, e una donna, motociclista convinta, in procinto di ripartire dopo aver dato un ritocco al trucco: i due protagonisti portano letteralmente in bagno la loro personalità, le loro passioni e le loro idee.

“Il bagno è uno specchio della personalità, un luogo da vivere”, aggiunge Vincenzo Gasbarro, Creative Partner di M&C Saatchi.

“A supporto della campagna , abbiamo, inoltre, realizzato un’operazione interamente dedicata ai titolari Carta Idea, il concorso Architetto Online” commenta Edoardo Rozzoni, Responabile CRM di Leroy Merlin, “i primi 1000 che si iscriveranno su leroymerlin.it e 10 fortunati estratti a sorte, potranno scegliere uno dei 20 progetti presenti sulla gallery e ricevere una consulenza personalizzata, studiata da un team di esperti e dedicata al layout del proprio bagno”.

“Nel costruire le 20 proposte siamo partiti dai nostri clienti, dai bisogni più concreti, quelli che molte persone vogliono risolvere: dimensioni insufficienti, locali bui, arredi obsoleti. E abbiamo intercettato le loro reali esigenze proponendo diverse soluzioni: il bagno come luogo delle passioni, dove concedersi una pausa di relax, circondato dai propri interessi (la stanza della musica, un bagno di lettura, una palestra ben organizzata), il bagno come spazio condiviso, studiato in base alle esigenze di tutti (il bagno che si trasforma in stanza del gioco, ad esempio, con l’arrivo di un bebè); il bagno di chi vuole stupire i propri ospiti (la stanza eco, con accorgimenti eco-friendly) fino al bagno di chi vuole unire diverse funzioni (il bagno-lavanderia con guardaroba)”.

Il media mix comprende volantino, materiali in store, affissioni nelle principali città, radio, attività di direct marketing e campagna banner interattiva. La pianificazione è a cura di Maxus.

Outlook Unacea-Prometeia sulle macchine per costruzioni

Primo bimestre 2013: anche l’export flette

Le esportazioni di macchine per costruzioni nel primo bimestre 2013 hanno raggiunto i 312 milioni di euro, registrando un -0.4% rispetto all’anno precedente; il dato, che rileva un andamento sostanziamente stazionario, si distacca molto dal 13% registrato nello stesso periodo dello scorso anno. È quanto emerge dall’ultimo Monitor commercio estero del Construction equipment outlook realizzato da Unacea e Prometeia.

Crolla l’export di macchine stradali (-49%) e calano le macchine e attrezzature per il movimento terra (-19%). Positive invece le esportazioni di macchine per la preparazione degli inerti ( 24%), di macchine per la perforazione ( 47%), di gru a torre ( 30%) e dei macchinari per il calcestruzzo ( 6%).

Calano le importazioni  che registano un -35%, quadruplicando le perdite registrate nel 2012 quando la flessione si era fermata al 9%. Anche se i valori della bilancia commerciale continuano a essere postivi, il calo delle importazioni nel primo bimestre è il segnale della grave e perdurante stagnazione del mercato italiano che, come si evince dai dati di vendita, ha registrato nel primo trimestre dell’anno una flessione del -36%, con solo 1.157 mezzi venduti.

Dal punto di vista geografico, migliorano le esportazioni di macchine stradali e per il calcestruzzo verso l’Europa occidentale mentre per le altre linee di prodotto continuano le buone performance dei mercati dell’Africa e dell’Oceania. Rilevante infine la ripresa degli Stati Uniti la cui quota di importazioni italiane registra un significativo aumento.

I punti neri della White list

Diceva Giovanni Giolitti che per i cittadini le leggi si applicano, per gli amici si interpretano, per alcuni si eludono. Verissimo. Lo testimonia la vicenda delle White list: un’ottima intenzione che strada facendo rischia di trasformarsi in una legge trappola. Ed è proprio con le cattive regole che si rallenta l’economia la quale, al contrario, ha bisogno di meno burocrazia e più incentivi all0 spirito di iniziativa.

Riepiloghiamo: la White list, come indica il nome, è una rubrica in cui sono elencati i «bravi in condotta», cioè le aziende che non hanno a che fare con mafia & c. L’iscrizione alle liste è volontaria e dura un anno. L’idea è snellire le procedure favorendo chi non ha a che fare con le organizzazioni criminali. Una volta che l’azienda si è iscritta alla lista, la prefettura ha 90 giorni per dare l’ok, dopo aver consultato la Banca dati antimafia. Se tutto va bene e ottengono il via libera, i costruttori iscritti a questo albo dovrebbero bypassare le complicate procedure antimafia, per esempio nell’assegnazione degli appalti. Ottima idea. Peccato che ci sia qualche difetto di fondo. Primo: l’iscrizione a queste liste è facoltativa. Eppure è evidente che, come sostengono le aziende di edilizia e costruzioni, «su base volontaria il sistema non funziona» (Vincenzo Bonifati, Ance, dixit). Le organizzazioni di categoria insistono, infatti, sulla richiesta di rendere obbligatoria l’iscrizione alla White list, in modo da eliminare in modo radicale le «zone nebbiose» del settore. Secondo: la Banca dati antimafia prevista dalla legge in realtà non esiste: un classico della burocrazia all’italiana. Ci vorrà almeno un altro anno (forse) prima che questo database sia messo a disposizione delle prefetture. Nel frattempo ogni città, in attesa di un sistema unico, si deve arrangiare con controlli affidati ai singoli funzionari prefettizi. Ma come facciamo a sapere che gli stessi criteri sono utilizzati a Palermo e Milano, Torino e Reggio Calabria? Quanto potrà valere questo rating di buona condotta? Solo un meccanismo omogeneo dello Stato può (o forse sarebbe meglio dire potrebbe) proporsi come giudice per apporre il bollino blu della trasparenza. La White list fa sorgere, inoltre, altre perplessità: quando un’inchiesta coinvolge aziende a sospetta infiltrazione malavitosa, il danno si riverbera comunque anche sulla eventuale ditta appaltatrice, non fosse altro per le inevitabili spese legali che si trascinano (per esempio, con ricorsi al Tar), oltre al danno di reputazione. Nella White list, insomma, c’è qualche punto nero.

Due paletti per il governo

Dura? O dura minga (traduzione: non arriva a Natale), come dicono a Milano? Nonostante le buone intenzioni e la larga maggioranza con cui è partita l’azione di governo, per l’esecutivo di Enrico Letta è lecito aspettarsi un vita spericolata. Non perché il capo dell’esecutivo sia un fan di Vasco Rossi, ma perché sarà difficile che due formazioni politiche fino a ieri antitetiche trovino d’improvviso l’armonia coniugale di governo, seppure imposta dal risultato elettorale.

Ma se per miracolo la litigiosità congenita restasse bassa e il governo potesse operare, che cosa dovrebbe scrivere nella sua agenda? Ogni categoria, compresa quella che ruota attorno alle costruzioni, ha il proprio elenco di richieste. Ci sono però due punti-base su cui tutti, ma proprio tutti, non possono prescindere: lavoro e fisco. Senza lavoro non c’è reddito e senza reddito l’economia italiana non riparte. Uno dei punti più discussi, giusto a un anno dall’entrata in vigore, è quello della riforma Fornero. Bocciarla in toto sarebbe sbagliato, oltre che ingeneroso: infatti, è entrata in vigore proprio nel momento in cui l’economia italiana ha iniziato a frenare di più. Dunque, è difficile capire se il calo delle assunzioni dipenda da una regola un po’ più rigida o se, invece, sia la semplice conseguenza di una scarsa richiesta da parte delle aziende in difficoltà. In ogni caso, senza porre in atto rivoluzioni imprudenti (le aziende non hanno bisogno che le regole cambino a ogni stagione come gli abiti), è possibile fare qualcosa per migliorare il mercato del lavoro. Per esempio, si può introdurre una decisa detassazione per facilitare le nuove assunzioni. C’è poi il capitolo del cuneo fiscale: troppa differenza tra quanto arriva in tasca ai dipendenti e quanto deve versare l’azienda. Il governo Prodi aveva giù ridotto, seppure di poco, la distanza. Ma occorre fare di più. Il problema è che la riduzione del cuneo fiscale costa parecchio alle casse dello Stato e, quindi, è necessaria una difficile copertura di spesa. Ma si deve fare. A proposito di fisco: «Alleggerire l’onere fiscale che grava sui lavoratori e sulle imprese oneste darebbe un ulteriore contributo di stimolo alla crescita, ma a una condizione: che si prosegua di pari passo nel recupero dell’evasione fiscale». Parole di Fabrizio Saccomanni, nuovo ministro dell’Economia, pronunciate solo due anni fa e proprio di fronte a una platea di imprenditori, a Santa Margherita Ligure. Potrà ora rimangiarsi la parola? Speriamo di no.

Confindustria Squinzi: riforme non più rinviabili. Serve una nuova Italia

Si è tenuta questa mattina la tradizionale Assemblea pubblica 2013 di Confindustria. Ad aprire i lavori il presidente Giorgio Squinzi che, davanti alla platea di industriali e ospiti istituzionali presenti, tra cui il neopresidente del Consiglio Enrico Letta, ha prontamente espresso viva preoccupazione per le sorti del nostro Paese, appellandosi al senso di responsabilità del governo nell’assicurare stabilità e mettere in atto riforme non più rinviabili. «L’obiettivo deve ora essere uno solo: tornare a crescere – ha affermato il Presidente di Confindustria -. Per tornare a produrre più benessere l’Italia deve fare leva sulla sua risorsa più importante: la vocazione industriale in tutte le sue declinazioni».«Ci aspetta un grande impegno comune: fare una nuova Italia, europea, moderna , aperta, consapevole delle proprie capacità e qualità».

PAGAMENTO DEBITI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Tra i punti messi in primo piano da Giorgio Squinzi per rimettere in circolo linfa vitale nell’economia, c’è sicuramente il tempestivo pagamento alle imprese dei debiti della Pubblica Amministrazione: «40 miliardi da recuperare al più presto». «Se per qualche ragione il nostro credito venisse usato per altri fini – ha poi aggiunto -, chi ci governa sappia che il rapporto con gli imprenditori sarà compromesso irreparabilmente».

INTERVENTO SPECIALE PER L’EDILIZIA

La recessione economica ha inferto al settore industriale un duro colpo: tra il 2007 e il 2013 il Pil italiano si è ridotto di oltre l’8%, tornando ai livelli pre-crisi. La produzione è crollata del 25%, e in alcuni settori anche del 40%, e 70mila imprese manifatturiere hanno chiuso. «Specchio del dramma che sta attraversando la società italiana è il mondo dell’edilizia, [che versa] in una crisi profonda», tanto da far chiedere a Squinzi un intervento governativo speciale di filiera «per salvare un volano fondamentale nell’economia del Paese».

DOMANDA E COMPETITIVITA’ PER TORNARE A CRESCERE

«Domanda e competitività sono le due leve su cui agire per ritrovare la strada della crescita»,  ha dichiarato nel corso del suo intervento il presidente di Confindustria, in «netta discontinuità con le logiche di breve respiro che hanno ispirato molte delle politiche del passato». «Le imprese sono pronte a rispondere e a supportare l’azione del governo con investimenti e occupazione. (…) Queste misure non sono a costo zero, ma a saldo zero. La differenza sta nel coraggio di applicarle. Cioè di dare vita a una vera politica di qualità del bilancio pubblico, di ricomposizione delle entrate e delle uscite, in modo da promuovere la crescita senza intaccare la solidità del bilancio stesso, anzi, rafforzandola proprio grazie a una crescita più elevata».

PRIMA EMERGENZA: IL LAVORO

La prima emergenza è il lavoro, la cui mancanza secondo Squinzi, «è la madre di ogni male sociale». Di fronte a un cuneo fiscale che è uno dei più elevati dei Paesi Ocse (nel 2012 è stato di oltre il 53% del costo del lavoro), è necessario intervenire «eliminando il costo del lavoro dalla base imponibile Irap e tagliando di almeno 11 punti gli oneri sociali che gravano sulle imprese manifatturiere», ha dichiarato Squinzi. Per Confindustria «occorre garantire più flessibilità in ingresso e nell’età del pensionamento, per favorire il ricambio generazionale».

RICERCA, INNOVAZIONE E RIDUZIONE COSTI ENERGETICI

Non ci sarà però crescita e occupazione senza un adeguato rilancio degli investimenti, soprattutto quelli in ricerca e innovazione, attraverso misure automatiche di detrazione, la riduzione dei tempi di ammortamento, la ripresa degli investimenti in infrastrutture. «Non possiamo più rinviare il piano contro il dissesto idrogeologico e per la messa in sicurezza sismica. Dagli anni ottanta subiamo danni da eventi calamitosi quantificabili in 3,5 miliardi di euro all’anno. Senza contare il tributo drammatico di vite spezzate», ha dichiarato Squinzi, che rilancia anche sul tema dell’energia. «Non possiamo più permetterci un costo dell’energia elettrica superiore mediamente del 30% rispetto ai nostri concorrenti europei». Tuttavia, secondo il presidente di Confindustria, nessun progetto può essere avviato senza una seria riflessione sulla semplificazione e riorganizzazione della Pubblica Amministrazione, attraverso l’avvio immediato della riforma del Titolo V e una revisione della disciplina fiscale, che attualmente «rende quasi impossibile, non gli investimenti, ma l’ordinaria gestione delle imprese e ne mette in pericolo la sopravvivenza».

IL CREDITO

Negli ultimi diciotto mesi, i prestiti erogati alle imprese è calato di 50 miliardi, un fenomeno senza precedenti dal dopoguerra ad oggi, e quasi un terzo delle imprese ha liquidità insufficiente rispetto alle esigenze operative. Secondo Confindustria, è necessario potenziare gli strumenti esistenti e lavorare con le banche a un nuovo accordo sul credito, oltre a potenziare il ruolo del Fondo Centrale di Garanzia per le PMI. Bisognerà puntare però anche «sullo sviluppo di canali alternativi al credito bancario e al rafforzamento patrimoniale interrotto dalla crisi. Questo richiederà il rilancio del mercato dei capitali e la piena consapevolezza delle imprese, che nel cammino verso la ripresa non potranno prescindere dal rafforzamento della propria struttura patrimoniale». Squinzi si è inoltre espresso sull’arma a doppio taglio del concordato preventivo, nato come strumento per sostenere le aziende con prospettive di rilancio e che si è trasformato in breve in «una via per scaricare i debiti sulla catena produttiva e continuare, indisturbati, l’attività». «Questo comportamento immorale – ha aggiunto Squinzi – sta provocando crisi aziendali a catena, generando un effetto esattamente opposto a quanto desiderava il legislatore. Le cattive abitudini hanno purtroppo velocità di diffusione eccezionale. Bisogna intervenire subito, prima che quest’onda si trasformi in un disastro irreparabile per l’economia»

Tra i punti caldi su cui riflettere Squinzi ha sottolineato anche il miglioramento dei servizi pubblici, a partire dalla scuola, il rilancio del Mezzogiorno, il presidio del territorio e della legalità, l’applicazione di un “Industrial Compact” che miri a migliorare le sinergie tra le azioni promosse a livello Ue e le politiche industriali degli Stati membri.

Un lungo applauso dalla platea degli imprenditori è arrivato al termine dell’intervento di Squinzi sulla riorganizzazione del sistema confindustriale: «Nessuna imposizione dall’alto, ma la costruzione di un modello organizzativo basato sul consenso, ascoltando coloro che vivono la quotidianità delle nostre associazioni». Confindustria non è una casta, «potere forte o debole che sia, salotto più o meno buono. Noi siamo – ha concluso – la casa del capitalismo reale: quello produttivo e dell’innovazione».

Per leggere la relazione integrale di Giorgio Squinzi all’Assemblea di Confindustria 2013, clicca qui.