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Che cosa insegna all’Italia il terremoto in Nepal

Terremoto in Nepal
Terremoto in Nepal
Terremoto in Nepal

Il terremoto in Nepal insegna che non bisogna dimenticarsi dell’emergenza sismica. Anche in Italia.

Federico Della Puppa

Nella classifica mondiale dei Paesi a rischio terremoti, l’Italia detiene una posizione poco invidiabile. Negli ultimi dieci anni su 1.886 eventi che in tutto il mondo hanno superato la soglia di magnitudo 4, ovvero quella oltre la quale si creano danni a cose e persone, l’Italia ne ha registrati 239. Alcuni di questi sono tragicamente legati anche a numerose vittime, come nel caso del terremoto dell’Aquila, ma sono soprattutto legati ai gravi danni al patrimonio edificato, che sono consistenti soprattutto perché avvengono su edifici e strutture che il più delle volte non sono state progettate e costruite per sopportare le sollecitazioni sismiche. Negli ultimi dieci anni in Italia, secondo i dati registrati dell’Ingv (l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) ci sono state 132.240 scosse di terremoto, 26.475 nel solo ultimo anno. In pratica, ogni giorno in Italia negli ultimi dieci anni la terra ha tremato mediamente 36 volte al giorno, ogni 40 minuti. Nell’ultimo anno il valore è raddoppiato, una scossa ogni 20 minuti. Per la maggior parte, e per fortuna, le scosse non sempre sono avvertibili o spesso non sono avvertite: sono molto basse di intensità o profonde. Tuttavia, il numero di scosse è uno dei più elevati al mondo. In altre parti del pianeta, infatti, le scosse sono di gran lunga minori per numero, ma spesso di intensità molto più significativa, come evidenzia la mappa mondiale dei terremoti.

Ma l’area del Sud dell’Europa, che comprende Italia e Grecia, è una delle più esposte ai movimenti tellurici ed è anche un’area, in particolare l’Italia, dove la prevenzione non ha mai giocato un ruolo importante, purtroppo. Questo si traduce in una spesa elevatissima da parte dello Stato per intervenire prima durante le fasi dell’emergenza, e poi per stanziare i fondi per la ricostruzione.

Terremoti nel mondo
Terremoti nel mondo

Ma quanto mi costi?

A fronte di una spesa complessiva di oltre 180 miliardi dal dopoguerra a oggi, pari a una media annua di circa 2,7 miliardi di euro, utilizzati per interventi di superamento delle emergenze, messa in sicurezza e ricostruzione. Il fondo per la prevenzione del rischio sismico (istituito nel 2009 dopo la terremoto in Abruzzo) ha stanziato meno di 1 miliardo di euro, 965 milioni per l’esattezza, per una spesa ripartita in sette anni: in media circa 140 milioni di euro all’anno. In sostanza, i terremoti provocano danni per 2,7 miliardi l’anno, ma lo Stato investe solo 140 milioni per la prevenzione. Sicuramente molto al di sotto delle reali esigenze di messa in sicurezza del patrimonio edificato. Secondo analisi del Dipartimento della Protezione Civile, questa cifra è inferiore all’1% del fabbisogno necessario per il completo adeguamento sismico di tutte le costruzioni, pubbliche e private, e delle opere infrastrutturali strategiche. Sicuramente è un aiuto che può diventare importante per favorire una diversa cultura del progetto e della realizzazione, delle modalità di costruzione e di manutenzione straordinaria degli immobili, per promuovere una diversa cultura della prevenzione sismica sia da parte della popolazione che degli amministratori pubblici. Nonostante l’esiguità delle cifre messe a disposizione, i criteri e gli obiettivi individuati dalla Commissione di esperti del rischio sismico, che ha definito target e criteri generali per un’efficace azione di prevenzione, riguardano la mitigazione del rischio sismico attraverso azioni e interventi solo marginalmente sviluppati negli anni passati. Per esempio, sono stati eseguiti studi di «microzonazione sismica», per la scelta dei luoghi idonei in cui costruire. Oppure, con contributi economici diretti al rafforzamento o miglioramento sismico per le strutture sull’edilizia privata.

Un passo in avanti

L’azione dello Stato, rispetto alla prevenzione, ha avuto una inaspettata accelerazione, dovuta molto probabilmente sia agli eventi legati alle evidenti negligenze che a L’Aquila hanno causato il crollo della Casa dello studente, con il suo triste conto dei morti, sia alle sentenze che hanno indicato che la responsabilità umana nelle morti da terremoto non è un elemento secondario. Dunque, la prevenzione assume, finalmente, un ruolo importante, perlomeno sulla carta. E a tale scopo l’attenzione dello Stato si è concentrata sulla classificazione del territorio, basata sull’intensità e sulla frequenza dei terremoti del passato, nonché sull’applicazione di speciali norme per le costruzioni nelle zone sismiche. La legislazione antisismica italiana oggi è allineata alle più moderne normative a livello internazionale e prescrive norme tecniche in base alle quali un edificio debba sopportare senza gravi danni i terremoti meno forti e senza crollare i terremoti più forti, salvaguardando prima di tutto le vite umane.

Il problema è che fino al 2003 il territorio nazionale era classificato in tre categorie sismiche, sulla base di decreti ministeriali emanati dal ministero dei Lavori Pubblici tra il 1981 ed il 1984, ovvero dopo i due terremoti del Friuli (1976) e dell’Irpinia (1980). Secondo quella classificazione, erano a rischio sismico 2.965 comuni italiani su un totale di 8.102, corrispondenti al 45% della superficie del territorio nazionale e al 40% della popolazione. Nel 2003 i criteri della nuova classificazione sismica si sono basati su studi più recenti, in particolare sul calcolo della probabilità che un territorio sia interessato in un certo intervallo di tempo (generalmente 50 anni) da un evento che superi una determinata soglia di intensità (magnitudo). La novità più importante è che è sparito il territorio «non classificato», che è oggi la zona 4, all’interno della quale è facoltà delle Regioni prescrivere l’obbligo della progettazione antisismica. Alle zone è attribuito un valore dell’azione sismica utile per la progettazione, che fa riferimento a specifiche prescrizioni.

Terremoto in Nepal
Terremoto in Nepal

Regioni in ordine sparso

Sulla base del decreto, alcune Regioni hanno classificato il proprio territorio nelle quattro zone proposte. Altre Regioni, invece, hanno adottato solo tre zone (zona 1, 2 e 3) ma introducendo, in alcuni casi, sottozone per meglio adattare le norme alle caratteristiche di sismicità. Un ulteriore elemento di vincolo è stato dato dall’entrata in vigore delle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008, nelle quali per ogni costruzione ci si deve riferire a una accelerazione di riferimento propria, individuata sulla base delle coordinate geografiche dell’area di progetto e in funzione della vita nominale dell’opera, legando dunque la pericolosità potenziale della zona anche alla tipologia di opera. Anche questo è un passo avanti nella prevenzione, ancora molto va fatto, perché la dimensione dei fenomeni, in tutti i sensi, è molto rilevante. L’analisi della mappa della sismicità riguarda un territorio che nelle zone di elevato rischio sismico (1, 2A e 2B) coinvolge 10 milioni di abitazioni, circa 5 milioni di edifici residenziali, 750 mila non residenziali e 22 milioni di abitanti. È evidente che di fronte a queste cifre e al fatto che ogni 40 minuti, negli ultimi dieci anni, ci sono state scosse nel nostro Paese, alcune delle quali devastanti, è necessario agire secondo logiche diverse da quella dell’intervento ex post, puntando sulla prevenzione e sull’utilizzazione di materiali, soluzioni e tecnologie che consentano di mettere in sicurezza l’esistente e costruire i nuovi edifici secondo le norme più adeguate.

Anche perché non vi sono solo i danni e i relativi costi dal punto di vista degli interventi di messa in sicurezza e ripristino, ma anche impatti negativi sul Pil. Perché ai 180 miliardi impiegati per il ripristino e la ricostruzione post-evento bisogna aggiungere i costi difficilmente quantificabili relativi alla perdita di valore economico del patrimonio storico, artistico, monumentale. In questo senso, l’Ingv evidenzia come in Italia, il rapporto tra i danni prodotti dai terremoti e l’energia rilasciata nel corso degli eventi è più alto rispetto a quello che si verifica normalmente in altri Paesi ad elevata sismicità, quali la California o il Giappone. Per esempio, il terremoto del 1997 in Umbria e nelle Marche ha prodotto un quadro di danneggiamento (32mila senza tetto e danno economico di circa 10 miliardi) confrontabile con quello della California del 1989 (14,5 miliardi di dollari), malgrado fosse caratterizzato da un’energia circa 30 volte inferiore. Ciò è dovuto principalmente all’elevata densità abitativa e alla fragilità del nostro patrimonio edilizio, soprattutto di quello storico-architettonico.

Paghiamo ancora il Belice

L’evento del 1997 in Umbria e nelle Marche ha fortemente danneggiato circa 600 chiese e in particolare la Basilica di S. Francesco d’Assisi. Secondo il ministero dell’Ambiente, il costo della prevenzione secondo un piano nazionale per la sicurezza e manutenzione del territorio è quantificabile in 1,2 miliardi di euro l’anno per 20 anni. Eppure sono stati stanziati solo 140 milioni l’anno fino al 2016. Una evidente discrepanza. L’Ance stima che dal 1991 al 2011 siano stati finanziati interventi per circa 10 miliardi di euro, meno di 500 milioni l’anno, ma guardando al passato (Belice 1968, Friuli 1976, Irpinia 1980, Marche e Umbria 1997, Molise e Puglia 2002, Abruzzo 2009, Emilia Romagna 2012) i sette maggiori terremoti degli ultimi 45 anni hanno visto stanziare oltre 110 miliardi di euro, dei quali 50 miliardi solo per il terremoto dell’Irpinia. Ma la ricostruzione ha tempi troppo lunghi e solo quella del Friuli è oggi conclusa, con la definitiva chiusura delle erogazioni, mentre terminerà soltanto nel 2018 quella del Belice, esattamente 50 anni dopo l’evento. Tempi e modi incompatibili con i vincoli attuali di bilancio, ma soprattutto con la necessità di recuperare nel più breve tempo possibile l’operatività dei luoghi, residenziali e non residenziali. Il terremoto dell’Emilia Romagna insegna che di fronte alla volontà di ripartire e ricostruire immediatamente la macchina burocratica è capace di frenare le risorse umane e finanziarie pronte a ripartire. E la stessa macchina burocratica ha evidenziato numerose falle nel sistema di erogazione e intervento in Abruzzo, al punto che a cinque anni da sisma non si ha ancora una esatta cognizione dei tempi della ricostruzione. Tutto ciò crea difficoltà, ma anche apprensione, di fronte alla necessità di ridare immediatamente capacità di sopravvivenza ai luoghi, che significa operatività economica e residenzialità attiva. Dunque, bene le regole, le prescrizioni e quanto serve alla definizione e realizzazione di interventi adeguati alle esigenze, ma anche procedure e modalità che permettano di intervenire tempestivamente e in modo agile, rispettando ovviamente le regole, ma senza quelle lungaggini che, nel post terremoto, sono vissute dalle famiglie e dagli imprenditori come un doppio danno. Infine, non va dimenticato il ruolo che gli incentivi possono e devono avere nel promuovere una diversa attenzione e cura del nostro patrimonio edificato. Gli sgravi fiscali per gli interventi di messa in sicurezza antisismica sono uno strumento utile allo scopo. Fino alla fine del 2014, in base alla Legge 90/2013 è stata introdotta la detrazione del 65% per interventi antisismici, percentuale che dovrà scendere al 50% per i lavori effettuati nel 2015. Tuttavia, la detrazione è concessa solo per interventi su edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità individuate con i codici 1 e 2, quindi escludendo la zona 3. E’ un primo passo, ma è evidente che se si vuole puntare alla sicurezza del territorio, alla salvaguardia delle vite umane e alla riduzione della spesa pubblica per interventi ex post, va costruito un quadro di supporto alla prevenzione che permetta di avviare nel nostro paese una vera e propria rivoluzione sulla sicurezza antisismica. Un obiettivo che non riguarda solo il patrimonio edificato, quanto soprattutto la salvaguardia delle vite umane, anche in ricordo e in rispetto dei tanti, troppi, morti che queste catastrofi hanno causato in epoche recenti e che, se non tutti, perlomeno in gran parte con una adeguata prevenzione potevano essere evitati.

A rilento le bonifiche di amianto, ci vogliono 85 anni

Bonifica di amianto

Troppo amianto, poca bonifica: la denuncia è di Legambiente, che rivela alcuni dati sulla situazione: ad oggi sono 27.020 edifici bonificati, tra pubblici e privati. E gli interventi in corso sono 26.868, ma molti restano quelli ancora da iniziare, tanto che di questo passo si stimano non meno di 85 anni per completare le bonifiche. Le uniche Regioni ad aver fornito dei dati puntuali sono l’Abruzzo (che ha portato a termine la bonifica di 3.172 edifici privati), l’Emilia Romagna (che ha bonificato 827 tra edifici pubblici, siti industriali, siti estrattivi e siti dismessi), la Lombardia (che ha bonificato 22.075 tra edifici pubblici e privati e ha 26.573 siti in corso di bonifica, la Puglia (670 siti bonificati), la Sardegna (con 240 edifici pubblici), l’Umbria (200 edifici privati), la Valle D’Aosta (111 edifici privati e 44 pubblici) e la Provincia di Bolzano (con 9 edifici pubblici e 298 privati). Secondo Legambiente, sarà difficile risolvere il problema amianto se la rete impiantistica per il suo smaltimento rimane insufficiente: attualmente le regioni dotate di almeno un impianto specifico sono 11, per un totale di 24 impianti (5 in Sardegna, 4 in Piemonte e Toscana, 2 in Emilia, Lombardia e Basilicata, 1 in Abruzzo, Friuli, Liguria, Puglia e la provincia autonoma di Bolzano), con volumetrie residue insufficienti a garantire un corretto smaltimento dei materiali che ancora oggi finiscono al 75% in discariche fuori dai nostri confini. Per affrontare efficacemente il problema, nel marzo del 2013, i ministeri della Salute, del Lavoro e dell’Ambiente hanno approvato il Piano Nazionale Amianto: un documento complesso che affronta la problematica dal punto di vista sanitario, dell’assistenza e dei risarcimenti ai lavoratori e agli esposti e dal punto di vista ambientale, con misure che, se fossero messe in campo, darebbero una svolta vera alla situazione, se il Piano non fosse ancora oggi fermo in Conferenza Stato Regioni, dove, per mancanza di fondi, continua ad essere rimandata la sua discussione.

Un primo passo utile sarebbe lo stanziamento di circa 20 milioni di euro, da attuare con il sistema degli incentivi per la sostituzione eternit/fotovoltaico, che porterebbe alla bonifica di oltre 10 milioni di metri quadri di coperture in cemento amianto.

Bonifica di amianto
Bonifica di amianto

A Milano non si vede l’effetto-Expo sugli immobili

Padiglione della Repubblica Ceca

Ci sarà un effetto-Expo sul mercato immobiliare di Milano? All’interrogativo prova a rispondere Tecnocasa. Nell’ultimo anno, secondo il network immobiliare, i valori  delle abitazioni a Milano si sono ancora ribassati del 5,5%, e questo ha contribuito alla ripresa delle compravendite. Nella seconda parte del 2014 si sono segnalate alcune richieste di acquisto di immobili da affittare nel corso dell’Expo. A essere interessate sono state soprattutto le zone centrali di Brera, quelle a ridosso di Porta Nuova e l’area di corso Lodi. I lavori che sono stati fatti  per potenziare le linee metropolitane al momento non hanno comportato alcun effetto sul mercato, anche perché ancora non si vedono i reali effetti. A lavori ultimati sicuramente i benefici  potranno esserci, se non sul fronte dei prezzi almeno sul fronte della domanda. Abbiamo visto, infatti, che in quartieri come Bicocca e nella zona intorno a viale Fulvio Testi, dove negli ultimi anni sono sorte delle fermate nuove, si sono riscontrate più richieste di acquisto. Sicuramente le aree interessate dal passaggio della linea 5 potrebbero registrare un miglioramento della vivibilità (in piazza Axum, dove al momento c’è molta concentrazione di traffico in occasione degli eventi che si svolgono allo stadio San Siro). Anche la zona di Sempione, che sarà interessata da quattro fermate (Gerusalemme, Domodossola, Tre Torri, Portello), vedrà notevolmente migliorati i suoi collegamenti con le altre aree della città e non si può escludere possa registrare un avvicinamento dei prezzi immobiliari  a quelli presenti nella zona Fiera-Monterosa, più quotata soprattutto sulle tipologie signorili. Ma, al momento, sono ipotesi.

Padiglione della Repubblica Ceca
Padiglione della Repubblica Ceca

Non tagliatelo: meglio un bonus casa che sia per sempre

Se il dizionario ha un senso, la parola bonus indica qualcosa di straordinario, di non ricorrente, di extra. Ma se il dizionario ha senso, il buonsenso non sempre segue il dizionario. Nel caso dei bonus sulla casa e sull’acquisto di mobili, per esempio, lo sconto fiscale si è dimostrato a saldo positivo per lo Stato.

Per questo il progetto di spending review, che se il dizionario ha un senso si potrebbe semplicemente chiamare revisione della spesa, non dovrebbe considerare l’ipotesi di abolire lo sconto Irpef del 36% sulle ristrutturazioni degli immobili. Non solo perché la riqualificazione degli edifici è un’operazione obbligatoria, chiesta dall’Europa e su cui tra qualche anno rischieremo la solita tirata d’orecchie (e magari una multa salata) da parte di Bruxelles. Ma anche, e soprattutto, perché le ristrutturazioni sono uno dei pochi volani a tenere in vita un settore, quello dell’edilizia, che è stato massacrato dalla crisi.

Infine, perché i bonus per mobili e immobili hanno un altro grande merito: fanno emergere il «nero» e, quindi, consentono un beneficio in termini fiscali che altrimenti lo Stato si sognerebbe. Insomma, abolire il bonus sarebbe sciocco, oltre che farebbe fare una brutta figura al ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, che solo pochi giorni fa ha garantito che per il 2016 i bonus non saranno aboliti. E anche al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che si è presentato al Salone del mobile elogiando la ripresa del settore, aiutata dalla possibilità di detrazioni fiscali.

Resta, però, un aspetto non secondario, che dal punto di vista di Roberto Perotti, docente alla Bocconi e incaricato di stilare una lista di privilegi e spese da tagliare, ha una logica: la definizione di bonus, come accennato all’inizio. Se consideriamo la possibilità di detrarre le spese come una vincita al totocalcio, che capita una tantum, un benefico a termine, il taglio ne è una semplice conseguenza. In generale, una vendita con lo sconto è concessa solo in un determinato periodo. Inoltre, per gli stessi utenti spesso è difficile programmare lavori che durano mesi, che sono preceduti da progetto e appalti, con l’assillo di una proroga legata alle politiche di bilancio del governo di turno, anno dopo anno.

C’è, però, una soluzione: rendere stabili gli sconti. Magari con una piccola riduzione sul vantaggio fiscale, ma con la certezza di poterne usufruire sempre, a patto di rendere le proprie abitazioni meno energivore. Un aspetto che aiuta non di poco la bilancia commerciale italiana, visto che gran parte dell’import di petrolio e gas se ne va proprio per riscaldare gli edifici. A questo si aggiunge il vantaggio, per lo Stato, di incentivare gli incassi sull’Iva dei materiali e ridurre l’evasione di contributi previdenziali e aumentare l’incasso Irpef delle imprese al lavoro. È molto più di un bonus. 

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i.lab Italcementi LEED a 360 gradi

i.lab italcementi

i.lab italcementi

i.lab di Italcementi, il centro ricerca e innovazione del gruppo italiano del cemento, ha ottenuto la certificazione LEED EBOM Gold dall’US Green Building Council. Il riconoscimento premia le pratiche gestionali sostenibili dell’edificio, relativamente al monitoraggio e all’ottimizzazione dei consumi energetici, la gestione dei rifiuti e le politiche di acquisto “green”.

Già certificato LEED Platinum, il livello più alto di valutazione, i.lab di Italcementi ha ottenuto il secondo riconoscimento grazie soprattutto all’utilizzo di energia rinnovabile attraverso un impianto geotermico che contribuisce al riscaldamento d’inverno e al raffrescamento nei mesi caldi, con un risparmio energetico fino al 40% nel primo caso e fino al 25% nel secondo e minori emissioni di CO2 in atmosfera.

I 420 pannelli fotovoltaici installati consentono di coprire l’80% dei fabbisogno di illuminazione mentre i pannelli solari termici soddisfano il 65% del fabbisogno annuo di acqua calda dell’edificio.

Anticipando i requisiti della nuova normativa sull’efficienza energetica, i.lab ospita anche un BAS (Building Automation System) che consente di monitorare e gestire i flussi energetici, termici ed elettrici e verificare i fattori ambientali che li influenzano.

i.lab applica anche criteri per l’acquisto sostenibile di materiali e prodotti in uso e dei servizi svolti. L’effettiva applicazione delle politiche e procedure previste è regolarmente verificata tramite audit interni, ad esempio sulla raccolta differenziata dei rifiuti, sulle pulizie e manutenzioni.

La certificazione LEED EBOM riconosce in modo “oggettivo” le condizioni di comfort e vivibilità dell’edificio, come percepite da chi vi lavora e dalle numerose persone che hanno finora visitato la struttura dall’apertura avvenuta nel 2012.

Geberit sponsor del Padiglione Svizzero Expo 2015

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Le soluzioni hi-tech Geberit, gruppo specializzato nella produzione di sistemi per applicazioni idrosanitarie, sono protagoniste del Padiglione svizzero Expo 2015, centrato proprio sull’acqua e la sua tutela come risorsa essenziale per l’uomo.

L’azienda sponsor del Padiglione Svizzero “ConFOODeratio Helvetica” garantisce all’intera struttura la gestione intelligente e senza sprechi delle risorse, coinvolgendo tutti gli impianti di scarico e adduzione idrica, i sistemi di installazione per le strutture sanitarie, le rubinetterie touch free dei bagni e i wc-bidet di ultima generazione Geberit AquaClean.

Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita è un tema che sta particolarmente a cuore alla nostra azienda– spiega Giorgio Castiglioni, Direttore Generale di Geberit Italia -. L’acqua come elemento-chiave della nutrizione dell’uomo e del suolo è infatti il nostro vero core-business. Risparmiare acqua, proteggerla e convogliarla nel modo più efficiente è la mission di ogni nostro prodotto“.

L’acqua raccontata insieme a Geberit, sarà una delle colonne portanti della presenza svizzera a Expo 2015, oltre ai temi del sale (proveniente dal sottosuolo svizzero), del caffè (che ha superato il cioccolato e il formaggio in termini di esportazione) e delle mele essiccate che rappresentano la biodiversità, la capacità di diversificazione e il ruolo fondamentale dell’agricoltura nella tutela del paesaggio.

Con una superficie di 4.432 mq, il Padiglione Svizzero si compone di quattro silos forniti di generi alimentari a disposizione dei visitatori. Le torri sono progettate in modo che il progressivo consumo dei prodotti da parte dei visitatori modifichi la stessa struttura del padiglione, facendo abbassare le piattaforme su cui poggiano.

Al termine di Expo 2015 il 75% del materiale utilizzato nel Padiglione svizzero verrà recuperato e le torri saranno riutilizzate in quattro diverse città svizzere come serre urbane.

La ripresa può attendere, commercio al palo

Mentre l’industria fa passi in avanti, il commercio langue. Le vendite al dettaglio sono scese a febbraio dello 0,2% su gennaio, anche se sono aumentate dello 0,1% rispetto al 2014. Secondo l’Istat, aumenta il peso della grande distribuzione (+0,8% annuo) mentre cala quelle delle imprese di piccole superfici (-0,5%). Dal 2007 il commercio ha visto scomparire oltre 90mila imprese individuali o di persone, una perdita non compensata dall’aumento delle società di capitali. A dicembre 2014, la percentuale di imprese del commercio che è cessata entro i primi tre anni di vita è stata del 48,4%: nel 2004 era del 27,7%, quasi la metà. ferramenta

Aprile 2015 (abbonati)

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Ecco dove l’edilizia farà ancora boom

L’edilizia farà ancora boom? Sul nuovo numero di YouTrade di aprile un interessante articolo sulla Cassa Depositi e Prestiti, che ha deciso di investire 1.515 milioni di euro, con l’obiettivo di realizzare 222 progetti: in programma 5.060 alloggi di social housing e un polo nel turismo con una decina di immobili. I ruoli di edilizia pubblica e privata sembrano essersi invertiti e il mattone diventa di Stato. Per capire di che numeri stiamo parlando, la Cdp può vantare un portafoglio complessivo di 2,5 miliardi di euro che la rende il sesto operatore di real estate in Italia.

Ma gli investimenti basteranno a salvare il settore delle costruzioni? A leggere i dati sembrerebbe proprio di no. Le imprese delle costruzioni hanno dimostrato di non saper gestire la crisi. E adesso di fronte alla potenziale ripresa si trovano impreparate. Il motivo? La tendenza a non adeguare la propria organizzazione a un mercato che è ormai diverso. Il rischio di rimanere fermi, facendo solo qualche manovra di aggiustamento e restando ancorati ai mercati tradizionali, è quello di un futuro a termine. L’innovazione è cambiamento e chi non lo ha ancora fatto deve cambiare ora. Perché tra poco non ci sarà più tempo.

Chi ha saputo navigare l’onda del cambiamento è invece Leroy Merlin, che ha rivoluzionato il proprio store di Solbiate, vicino Varese, implementando diversi sistemi tecnologici per offrire una migliore esperienza di acquisto al cliente. L’iniziativa produrrà interessanti risultati economici: il direttore Leonardo Di Donna spiega come sulle pagine di Youtrade.

In questo numero non perdete inoltre i tre speciali dedicati al colore, al sistema tetto e al fissaggio, con le ultime novità normative e di prodotto e le interviste alle principali aziende che operano in questi settori.

Buona lettura!

Macchine per costruzioni in corsia di sorpasso

Macchine per costruzioni in corsia di sorpasso: nel primo trimestre del 2015 sono state vendute sul mercato italiano 1.605 pezzi, con una crescita del 19% rispetto allo stesso periodo del 2014. Nel dettaglio, le vendite di macchine movimento terra sono state 1.556 (+16%), e le  macchine stradali 49 (+390%). «I risultati del primo trimestre confermano la tendenza già osservata lo scorso anno», commentaPaolo Venturi, presidente di Unacea. «Dobbiamo tuttavia ricordare che in sette anni si è perso l’80% delle vendite, dunque l’inizio di crescita cui assistiamo dev’essere opportunamente stimolata e alimentata. Per questo come Unacea continuiamo a chiedere un’azione maggiormente incisiva sul contrasto al dissesto idrogeologico di cui nel paese v’è grande e urgente necessità. Aspettiamo inoltre il piano triennale delle opere pubbliche annunciato dal nuovo ministro delle infrastrutture Graziano Delrio, con la speranza che si riescano a mettere in cantiere pochi ma buoni progetti, realizzati a regola d’arte e con l’uso delle tecnologie d’ultima generazione che l’industria produce, ma che ancora non ricevono la dovuta valorizzazione».macchina-costruzioni

Nel 2014, secondo i dati Istat elaborati da Unacea, l’export di macchine per costruzioni ha raggiunto i 2.460 milioni di euro, con un calo dell’1% su base annua. La contrazione più significativa riguarda le macchine per la perforazione (-19%); in calo anche l’export di macchinari per il calcestruzzo (-6%), di macchine stradali (-4%) e delle macchine per il movimento terra (-1%). Cresce invece l’export di macchine per la preparazione degli inerti (+19%) e di gru a torre (+17%). Le importazioni, con un valore di oltre 545 milioni di euro, crescono invece del 25% rispetto al 2013. La bilancia commerciale si mantiene positiva di oltre 1.914 milioni di euro, registrando tuttavia una contrazione del 7% su base annua.

Manutenzione, tornano gli appalti per la Pa

Paolo Buzzetti

Ance e Agenzia del Demanio seduti a un tavolo per discutere delle gare di affidamento di accordi quadro per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili pubblici. Risultato: saranno scelti 580 operatori con i quali firmare accordi per un valore complessivo di interventi di circa 800 milioni nei prossimi due anni. «La ripresa dei lavori di manutenzione degli immobili pubblici è un segnale importante che chiedevamo da tempo», ha commentato il presidente dell’Ance, Paolo Buzzetti. «Con questi investimenti sono in ripresa i bandi di gara per lavori pubblici, un segnale incoraggiante per il nostro settore stritolato dalla crisi. Sono questi gli interventi di cui il nostro Paese ha urgente bisogno. Auspichiamo, però, attraverso il confronto con l’Agenzia del Demanio, che le modalità di gara prescelte consentano tutte le forme di partecipazione anche per non penalizzare le piccole e medie imprese». Anche perché contenimento e razionalizzazione dei costi rimane uno degli obiettivi dell’Agenzia, che deve provvedere alla manutenzione degli immobili utilizzati dalle amministrazioni, ma un’ottica di contenimento della spesa pubblica.

Paolo Buzzetti
Paolo Buzzetti

Roma ai raggi X nella nuova tappa di Condominio Ok

La platea al roadshow

Tanti professionisti, tanti amministratori, tante domande ai relatori: il secondo appuntamento del roadshow di Condominio Ok, a Roma, ospitato dalle storiche mura di Palazzo Cardinal Cesi, si è concluso mercoledì 22 aprile con un lungo applauso e la soddisfazione dei partecipanti all’evento organizzato da Virginia Gambino Editore. Ma anche delle aziende intervenute a presentare le soluzioni per il mondo del condominio. Non solo: le 150 le persone presenti, molte delle quali hanno usufruito anche dei crediti formativi previsti, sono state catturate anche dall’inedita fotografia scattata dal Centro Studi YouTrade sulla situazione abitativa di Roma e provincia. I dati, inediti, sono stati commentati da Federico Della Puppa, docente allo Iuav: in provincia di Roma sono presenti 464 mila edifici (il 3% del totale nazionale) dei quali quasi 394 mila sono edifici residenziali, dei quali il 35% circa nella sola Roma. Complessivamente si contano 1 milione 937 mila abitazioni, delle quali 258 mila non occupate o non utilizzate. Le abitazioni occupate sono 1 milione e 679 mila, delle quali 1 milione e 136 mila nella sola Roma. Insomma, un patrimonio abitativo che ora ha anche una dimensione statistica. Quella reale, della vita di tutti i giorni, è invece bene conosciuta dagli amministratori di condominio intervenuti. Dopo l’introduzione di Roberto Di Lellis, giornalista, i lavori hanno visto la partecipazione anche di Peter Erlacher Naturno, esperto di bioedilizia, di Cristiano Vassanelli, direttore commerciale di Index, di Gianluca Collini, consulente di Fibrotubi, di Andrea Di Palma, di Audiconsum, di Marta Banfi, marketing manager di Blowing Wool, di Luigi Clementi, responsabile tecnico di Elti, e di Paolo Zappi, responsabile commerciale di Orsolini. Non sono mancati gli interventi di rappresentanti del mondo del condominio: Rossana De Angelis, presidente di Anaci Roma, e di Rosario Calabrese, presidente di Unai. A tirare le somme alla conclusione dell’evento ci ha pensato l’esperto del magazine Condominio Sostenibile e CertificatoUmberto Anitori. Prossima tappa del roadshow: Napoli.

Il pubblico tra gli stand
Il pubblico tra gli stand
Il momento del buffet
Il momento del buffet
Le iscrizioni all'evento
Le iscrizioni all’evento
La platea al roadshow
La platea al roadshow
Il talk show finale
Il talk show finale

Delrio: bonus casa ampliati anche per il 2016

Graziano Delrio

I bonus per l’efficientamento della casa continueranno anche nel 2016. Anche se non c’è ancora un  provvedimento legislativo, che probabilmente farà parte della legge di Stabilità 2016, esiste un impegno del governo: «I bonus fiscali all’edilizia hanno avuto in questi anni un impatto positivo sul settore, in termini di investimento e occupazione, molto superiori a quello della legge obiettivo. Ci impegneremo perciò, nella prossima legge di Stabilità, a confermare le detrazioni fiscali e anche il più possibile ad allargare la platea dei beneficiari», ha spiegato il ministro alle Infrastrutture, Graziano Delrio, alla Commissione Ambiente della Camera. Anzi, Delrio ha parlato di potenziamento di bonus fiscali 50% e 65% sulle ristrutturazioni edilizie e sugli interventi di riqualificazione energetica degli edifici. È lecito, quindi, aspettarsi un’estensione degli incentivi per il prossimo anno, anche se non è chiaro in quale forma.

Graziano Delrio
Graziano Delrio

Con l’e-commerce è boom per gli immobili della logistica

Scenari Immobiliari, società di consulenza nel settore del mercato del real estate, è certa: la crisi del mattone è terminata. E tra i settori più promettenti c’è quello della logistica, spinta dalla diffusione dell’e-commerce. Il Rapporto 2015 sul mercato immobiliare della logistica indica che nel 2014 la quantità di superficie scambiata è stata superiore ai 2 milioni di metri quadri, contro 1,8 milioni del 2013. In aumento anche le dimensioni medie richieste, tra i 15mila e i 20mila metri quadri, contro i 3.500-7.500 degli anni scorsi. Non solo: gli immobili non sono più solo magazzini, ma si stanno trasformando in spazi di vendita. Quindi non sono più solo ampie superfici, ma spazi di livello qualitativo maggiore, più versatili e meglio posizionati lungo le principali direttrici di collegamento sia all’interno del Paese che verso l’Europa. Ma, attenzione: anche se la quantità di metri quadrati scambiati è aumentata (+13,7%), l’assorbimento è leggermente diminuito, a causa del forte incremento dell’offerta (+19%). La quota maggiore di spazi per la logistica è concentrata in Lombardia, con 4,6 milioni di metri quadri di superficie messa sul mercato, in vendita o in locazione.magazzino

Troppo care le case rispetto al reddito delle famiglie

Se l’edilizia è in crisi di domanda, forse, è anche una questione di prezzi: da un’indagine di Tecnocasa risulta che la spesa per comprare casa in Italia è tra le più alte. L’analisi ha messo in relazione le città più rappresentative delle principali realtà dove il gruppo Tecnocasa è presente (Italia, Spagna, Ungheria, Polonia e Messico), e preso come riferimento un’abitazione di 80-90 metri quadri, supposto che tutto il reddito sia destinato interamente al suo acquisto. Risultato: la città in cui l’acquisto della casa è più semplice è Madrid, dove sono necessarie cinque annualità di stipendio, seguita dalla capitale ungherese con cinque annualità e mezzo. Le due città italiane più popolose, Milano e Roma, si posizionano a metà classifica: nel capoluogo lombardo servono poco più di nove annualità, mentre nella nostra Capitale oltre 11. I valori sono ancora più alti a Città del Messico e Cracovia: nella capitale nordamericana sono necessarie 14,2 annualità, nella città polacca ben 15,5.case5