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Riparte il bonus casa, lavori boom nel secondo semestre

Posa del pavimento
Posa del pavimento

Torna a correre l’edilizia spinta dai bonus: nel secondo trimestre gli investimenti incentivati dai crediti di imposta del 50% (ristrutturazioni edilizie) e del 65% (ecobonus per il risparmio energetico) sono ripartiti ai ritmi del 2014, attestandosi a una spesa (Iva esclusa) di 4.639 milioni. Ne dà notizia il Sole 24Ore. Secondo l’elaborazione del Cresme sui dati ufficiali dell’Agenzia delle Entrate riportata dal quotidiano, il valore è di poco superiore (+0,3%) a quello del secondo trimestre 2014 quando gli investimenti complessivi erano stati di 4.625 milioni. «Forte incremento, invece, pari al 10,7%, rispetto agli investimenti del primo trimestre dell’anno, quando si era rimasti a 4.188 milioni». Secondo il Cresme, la cifra è però ancora lontana dal picco raggiunto nel 2014, quando si toccarono investimenti complessivi per 6.975 milioni durante il primo trimestre, ma gli investimenti sono tornati ai ritmi dei due anni record 2013-2014 dopo la flessione del primo trimestre 2015. Nonostante questo, il calo fa segnare -40% sul 2014: nel primo semestre complessivamente sono stati investiti 8.825 milioni contro gli 11.600 dei primi sei mesi del 2014.

Posa del pavimento
Posa del pavimento

Coop in cerca di una strada per il futuro

Sergio Emidio Bini, presidente di Euro&Promos Group, Franco Bosio, presidente di Confocooperative Fvg ed Eugenio Sartori, direttore dei vivai cooperativi di Rauscedo
Sergio Emidio Bini, presidente di Euro&Promos Group, Franco Bosio, presidente di Confocooperative Fvg ed Eugenio Sartori, direttore dei vivai cooperativi di Rauscedo

Le coop a una svolta: la cronaca, ma anche l’economia, suggeriscono un cambio di direzione. Ma per andare dove? La cooperazione produce l’8% del Pil nazionale, ha 12 milioni di soci in tutto il Paese, è cresciuta durante la crisi e dà lavoro a 1,2 milioni di persone, ma deve cambiare: al quarto e ultimo incontro di «€conomia sotto l’ombrellone 2015», a Lignano Sabbiadoro, ne hanno discusso Sergio Emidio Bini, presidente di Euro&Promos Group, Franco Bosio, presidente di Confocooperative Fvg ed Eugenio Sartori, direttore dei vivai cooperativi di Rauscedo. «La cooperativa è una società che non ha capitale, non  remunera il capitale e che reinveste in azienda tutto l’utile prodotto»,ha spiegato Bosio, che guida una federazione che  rappresenta 700 cooperative con 21 mila addetti a livello regionale. «Se questo da un lato è un vantaggio, dall’altro crea problemi di crescita, perché rende difficile ottenere finanziamenti dal sistema bancario e ancor più dai fondi di investimento. D’altra parte le cooperative sono aziende che nascono sul territorio, che vivono nel e per il territorio e non delocalizzano mai il lavoro, anche a costo di qualche svantaggio concorrenziale. Certamente, poi, esiste un problema di crescita dimensionale; basti pensare al sistema della grande distribuzione dove le coop stanno cercando di aggregarsi per meglio competere con le grandi multinazionali presenti sul mercato italiano o al sistema delle Bcc, accusato di soffrire di nanismo per essere competitivo e che sta studiano le forme possibili di crescita e aggregazione».

«Molte cooperative soffrono di nanismo, di scarsa capitalizzazione e di un difficile accesso al credito, ma non sempre è così», secondo Sartori, che dirige una cooperativa con 85 anni di storia ed è leader mondiale nella produzione di barbatelle, con 70 milioni di pezzi venduti nel 2015. «Ci sono sempre più cooperative che nel tempo hanno saputo capitalizzarsi, innovare e crescere.Ci sono, inoltre, sempre maggiori dimostrazioni di intelligenza da parte della dirigenza cooperativa che sta dando vita a unioni e fusioni per ottenere le dimensioni necessarie ad aggredire adeguatamente il mercato interno e internazionale. In questo modo non solo le grandi cooperative riescono a garantire lavoro sul territorio, ma spesso anche a investire, non delocalizzando, in altri territori, talvolta magari anche all’estero, come abbiamo fatto noi in Francia e in California».

«Sono passati oltre 170 anni dalla nascita delle prima coperativa moderna», ha dettoBini, che guida una cooperativa di servizi con oltre 5000 lavoratori e 100milioni di fatturato, «ma il mondo cooperativo è ancora in parte sconosciuto, circondato da un lato da un alone di critica pregiudizievole dovuta per lo più a ignoranza, dall’altro da una glorificazione acritica. Ci si dimentica troppo spesso che le coop sono prima di tutto imprese che devono stare sul mercato. Ci sono, poi, almeno tre false credenze sul nostro mondo che sento ripetere spesso. La prima è l’idea che le cooperative debbano essere per forza piccole altrimenti non sarebbero cooperative e verrebbe meno alla loro funzione sociale. Falso perché le coop, come tutte le imprese, devono avere le dimensioni adatte a stare sul mercato in cui operano e la dimensione non fa venir meno il loro valore sociale. Il secondo è che le cooperative fanno concorrenza sleale alle altre imprese perché godono di vantaggi fiscali e di costi. Se ciò poteva essere parzialmente vero venti e più anni fa, oggi non è più così. Terza falsa credenza è l’idea che la cooperazione pesi poco sull’economia. L’8 per cento del Pil, la continua crescita durante la crisi sono lì a dimostrare che il nostro è un mondo tutt’altro che irrilevante».

Sergio Emidio Bini, presidente di Euro&Promos Group, Franco Bosio, presidente di Confocooperative Fvg ed Eugenio Sartori, direttore dei vivai cooperativi di Rauscedo
Sergio Emidio Bini, presidente di Euro&Promos Group, Franco Bosio, presidente di Confocooperative Fvg ed Eugenio Sartori, direttore dei vivai cooperativi di Rauscedo

L’economia si sveglia: boom di mutui e prestiti

L’economia si risveglia dal letargo: un segnale sono le erogazioni di prestiti bancari. In base ai dati raccolti dall’Abi su un campione rappresentativo di 78 banche che rappresentano circa l’80% del mercato, i finanziamenti alle imprese hanno segnato nei primi sette mesi del 2015 un incremento del 16% sul corrispondente periodo dell’anno precedente.

È stato un vero boom per le nuove erogazioni di mutui per l’acquisto di immobili, sempre nello stesso periodo, si e’ registrato un incremento annuo dell’82,2% rispetto al medesimo arco temporale del 2014. Nell’analogo periodo, le nuove operazioni di credito al consumo hanno segnato un incremento del +24,3%. A luglio 2015, rileva ancora l’Abi, il totale dei finanziamenti in essere a famiglie e imprese ha presentato una variazione prossima allo zero (-0,1%) nei confronti di luglio 2014, stesso valore del mese precedente e migliore rispetto al -4,5% di novembre 2013, quando aveva raggiunto il picco negativo. Si tratta del miglior risultato da aprile 2012.

Con riferimento specifico ai mutui alle famiglie per l’acquisto delle abitazioni: i dati relativi al periodo gennaio-luglio del 2015 evidenziano la forte ripresa del mercato dei finanziamenti alle famiglie per l’acquisto delle abitazioni. Nei primi 7 mesi dell’anno, l’ammontare delle erogazioni di nuovi mutui e’ stato pari a 26,603 miliardi di euro rispetto ai 14,605 miliardi dello stesso periodo del 2014. L’ammontare delle nuove erogazioni di mutui nel 2015 e’ anche superiore sia al dato dello stesso periodo del 2013, quando si attestarono sugli 11,383 miliardi di euro, sia al valore dei primi sette mesi del 2012 (13,045 miliardi di euro). I mutui a tasso variabile rappresentano, nei primi sette mesi del 2015, il 49,4% delle nuove erogazioni complessive; nei mesi piu’ recenti sono in forte incremento i mutui a tasso fisso che hanno superato a luglio 2015 il 60% delle nuove erogazioni, erano meno del 20% dodici mesi prima.casae

Renzi conferma: bonus mobili anche nel 2016

Matteo Renzi al meeting di RImini
Matteo Renzi al meeting di RImini

L’aveva anticipato il ministro alle Infrastrutture, Graziano Delrio, e ora è arrivata la conferma del premier, Matteo Renzi: il bonus casa sarà confermato. Nella sua visita allo stand di FederlegnoArredo al meeting di Rimini, il presidente del Consiglio ha avuto modo di confermare al presidente dell’associazione, Roberto Snaidero, il rinnovo del provvedimento anche per il prossimo anno, aprendo a nuove misure a favore delle giovani coppie.

La presenza di FederlegnoArredo a Rimini si colloca in un fase in cui dalle imprese arrivano segnali sul tema lavoro che inducono ad un cauto ottimismo, come testimoniato dal fatto che il 37% delle aziende del settore dichiara di voler introdurre nuove risorse in organico entro fine anno (fonte Centro Studi FederlegnoArredo).

Matteo Renzi al meeting di RImini
Matteo Renzi al meeting di RImini

A Bolzano un laboratorio sulla Termofisica dell’edificio

Uno dei laboratori del Parco tecnologico di Bolzano
Uno dei laboratori del Parco tecnologico di Bolzano

Termofisica dell’edificio: le caratteristiche e le soluzioni per migliorare la qualità delle case è il focus di uno dei laboratori del futuro Parco tecnologico di Bolzano. Gli altri laboratori della Libera Università di Bolzano si occuperanno di Tecnologie alimentari, Produzione energetica e Ingegneria per le Innovazioni Agro-Forestali. In questi giorni è stata inoltre acquistata nuova strumentazione. Il parco sorgerà nella zona industriale di Bolzano. Dalla fine dei lavori, in maggio, ad oggi, i ricercatori hanno potuto cominciare a lavorare con i nuovi strumenti acquistati per i quattro nuovi laboratori. «Consideriamo il passaggio odierno da 12 a 16 laboratori, in qualche modo, il primo mattone del Parco tecnologico», ha affermato il direttore di unibz, Günther Mathá, «i lavori sono stati eseguiti senza intoppi, rispettando i tempi che ci eravamo dati. Si tratta di un ottimo esempio di sinergia tra pubblico e privato e pensiamo che questa sia la strada su bisogna muoversi anche in futuro». Quando il Parco tecnologico a Bolzano Sud sarà terminato, la strumentazione ospitata nei nuovi laboratori vi verrà trasferita e questi saranno utilizzati per fini didattici dalla Facoltà di Scienze e Tecnologie.

Uno dei laboratori del Parco tecnologico di Bolzano
Uno dei laboratori del Parco tecnologico di Bolzano

Il laboratorio sulla Termofisica dell’edificio è diretto da Andrea Gasparella, docente di Fisica tecnica ambientale presso la Facoltà di Scienze e Tecnologie. Nel futuro Parco tecnologico, il laboratorio si occuperà di effettuare ricerche e test sulle prestazioni dei componenti dell’involucro dell’edificio e sugli impianti di riscaldamento e di raffrescamento, in particolare sui sistemi di distribuzione, emissione e regolazione. Si tratta di un laboratorio le cui attività erano già state avviate ma la cui strumentazione è stata ora ampliata grazie al sostegno della Provincia Autonoma e alla spinta dell’iniziativa per il nuovo Parco Tecnologico. In particolare è stata potenziata la dotazione di una camera climatica o hot box che serve per osservare e misurare le risposte alle sollecitazioni variabili delle componenti opache, ovvero le pareti, dell’involucro dell’edificio. Solo alcuni altri laboratori al mondo hanno sviluppato proprie tecnologie di misura delle proprietà dinamiche e dispongono di apparecchiature analoghe, ma la ricerca è ancora in corso e necessità di ulteriori sforzi. Altre camere climatiche con diverse potenzialità e alcuni moduli costruttivi per test all’esterno si aggiungeranno non appena gli spazi saranno disponibili presso il Parco Tecnologico, e consentiranno di valutare il comportamento degli edifici, in particolare di quelli esistenti, nelle condizioni più critiche quali quelle estive.

Arno Kompatscher, Konrad Bergmeister e Walter Lorenz
Arno Kompatscher, Konrad Bergmeister e Walter Lorenz

«Qui a Bolzano, nell’ambito del Parco Tecnologico, porteremo avanti due linee di ricerca relative alla termofisica dell’edificio», afferma Gasparella, «una che studia le caratteristiche delle componenti opache, singolarmente ma soprattutto nella loro interazione con le altre componenti dell’involucro, opache e finestrate. La seconda linea di ricerca invece riguarderà la risposta dinamica degli impianti, con particolare riguardo a quelli di ventilazione degli edifici». Si tratta, in entrambi i casi, di ricerche che verranno svolte con la collaborazione di imprese interessate a testare le qualità di nuovi materiali o impianti. L’obiettivo di tali attività si integra inoltre con le attività sviluppate presso la Libera Università di Bolzano che mirano a studiare e ottimizzare la percezione dell’ambiente costruito da parte degli occupanti, in modo da contestualizzare la prestazione energetica in funzione del comfort termico, visivo ed acustico garantito. “L’efficienza energetica non può essere perseguita a scapito della qualità dell’ambiente interno. La ricerca in questo ambito ha ancora molto da esprimere per consentire la progettazione e la gestione ottimale di edifici ad elevate prestazioni» conclude Gasparella.

Al Cersaie in arrivo l’archistar Glenn Murcutt

Ancora la grande architettura protagonista a Cersaie. È l’architetto australiano pluripremiato Glenn Murcutt, Premio Pritzker 2002, che martedì 29 settembre terrà la Lectio Magistralis presso il Palazzo dei Congressi di BolognaFiere, a partire dalle 11.00.

Glenn Murcutt nasce a Londra nel 1936, elabora costruzioni ecologiche in armonia col clima e col paesaggio utilizzando materiali semplici, definendo questo tipo di architettura come funzionalismo ecologico. Ha studiato architettura al Sydney Technical College della University of New South Wales. Nel 1969 ha fondato lo studio di architettura che porta il suo nome. Da allora, ha creato un’opera suggestiva di edifici sostenibili rispettosi dell’ambiente. Glenn Murcutt ha anche un’importante attività accademica internazionale: è titolare di una cattedra alla University of New South Wales ed è stato visiting professor in università come la Yale University, la University of Pennsylvania, la Helsinki University Of Technology, la Aarhus University e molte altre.

Tra i vari riconoscimenti, l’architetto australiano acclamato a livello internazionale ha ricevuto anche la Medaglia Alvar Aalto nel 1992, il Green Pin of Denmark per l’architettura ecologica nel 1999 e la Medaglia d’oro dell’American Institute of Architects nel 2009. Inoltre, è membro onorario del Royal Institute of Architects d’Irlanda e dell’American Academy of Arts and Letters. Dal 2010 è Membro della Giuria Internazionale del premio internazionale Pritzker per l’architettura.

Tra le sue opere più significative vi sono – oltre ad innumerevoli abitazioni private in tutto il continente australiano – il Museum of Local History and Tourist Office di Kempsey, il Bowali Visitor Information Centre, nel Kakadu National Park e l’Arthur and Yvonne Boyd Art Centre a Riversdale, tutti localizzati in Australia.glen-murcutt

Opera di Glenn Murcutt
Opera di Glenn Murcutt

Una casa Leed Platinum sul Monte Tabor

La struttura esterna della villa Ash +Ash

Architettura contemporanea e design sostenibile per una villa certificata Leed Platinum nei dintorni di Portland (Usa), che riesce a essere ampiamente indipendente dalla rete elettrica e idrica della città. Infatti, Ash +Ash, questo il nome della casa disegnata dallo studio Hennebery Eddy, è dotata di un sistema di recupero e di gestione delle acque piovane che irriga il giardino e fornisce acqua potabile e di una pompa a geoscambio che produce calore dalle acque sotterranee e lo reintroduce nel pozzo utilizzando l’inversione di ciclo e di un impianto fotovoltaico da 10 Kilowatt installati per il fabbisogno abitativo e per riscaldare la piscina. L’illuminazione Led, i tripli vetri, le ampie persiane in cedro,  l’uso di legno certificato e la progettazione a L della struttura, che prevede un’ala separata per la piscina e per la stanza degli ospiti, con terrazze e porticati per l’utilizzo in diversi momenti della giornata e in diverse condizioni climatiche, completano le caratteristiche di sostenibilità.

La struttura esterna della villa Ash +Ash
La struttura esterna della villa Ash +Ash
Le ampie vetrate
Le ampie vetrate
L'impianto fotovoltaico sul tetto della villa Ash +Ash
L’impianto fotovoltaico sul tetto della villa Ash +Ash
Dettaglio della facciata esterna con i mattoni o a vista e gli elementi di acciaio
Dettaglio della facciata esterna con i mattoni o a vista e gli elementi di acciaio

La struttura appoggia su una base di mattoni colore grigio scuro e di pannelli di acciaio grezzo a vista e i muri esterni sono stati creati utilizzando superfici piatte di stucco bianco in cui sono inseriti grandi vetrate e pannelli di cedro come decoro, legno utilizzato anche per le ampie persiane e per i controsoffitti all’interno che volutamente variano di altezza per creare spazi più intimi. Il marmo bianco nelle varie stanze richiama lo stucco bianco in modo da creare una continuità tra interno ed esterno e il nucleo centrale della zona giorno è rivestito da lastre di quercia bianca che si armonizza con i gradini in noce della scala che porta sul tetto.

Il controsoffitto in cedro
Il controsoffitto in cedro
Il nucleo centrale in quercia bianca
Il nucleo centrale in quercia bianca
Le caratteristiche tecniche
Le caratteristiche tecniche

Famolo strano, la nuova architettura della Corea del Sud

La facciata dell'edificio commerciale Archi-Fiore a Yongin in Corea del Sud

Uno stabile Pop Art dai contorni esageratamente concavi per imitare i tipici tetti spioventi delle case, così Iroje Khm Architects interpreta la tradizione architettonica coreana. La nuova moda della Corea del Sud, soprattutto a Seul, è quella di costruire edifici dallo stile bizzarro per distinguerli dal contesto e la facciata di Archi-Fiore conferma questa tendenza. Infatti, l’edificio commerciale progettato dallo studio guidato da HyoMan Kim con l’intento di farne un punto di riferimento di Yongin, una città a sud della capitale, è in cemento armato smerlato e rifinito con lastre di alluminio bianche, mentre grandi vetrate racchiudono un vano ascensore e scale esterne: il nome non è dato a caso perché riprende la forma di un fiore che incornicia sei piani concepiti come una città verticale, ossia quattro edifici indipendenti che ospitano ristoranti, uffici, terrazze giardino e un attico. Per questo le terrazze, collegate da scale con una balaustra in vetro, sono come scavate nella struttura e consentono ai visitatori di passeggiare all’esterno per raggiungere i piani superiori. L’appartamento duplex, con pareti in cemento e pavimenti in legno, occupa i livelli più alti, il soffitto del soggiorno è una massa curva che galleggia, e anche il balcone di metallo ha il suo bordo ondulato, così come il giardino pensile su due livelli con il patio pavimentato e un piccolo laghetto.

La facciata dell'edificio commerciale Archi-Fiore a Yongin in Corea del Sud
La facciata dell’edificio commerciale Archi-Fiore a Yongin in Corea del Sud
Uno degli interni di Archi-Fiore
Uno degli interni di Archi-Fiore

Archi-Fiore

Il dettaglio della vetrata
Il dettaglio della vetrata
I ponti interni
I ponti interni
Gli uffici
Gli uffici

Se il ponte sotto casa diventa un impianto eolico

Il rendering del viadotto Juncal nell'esperimento condotto da Oscar Soto Oscar Soto, Kingston University di Londra e Zecsa

L’energia eolica è una delle fonti di rinnovabili più pulite e più abbondanti che ci sia. Ma trovare il sito dove installare le turbine non è sempre facile per le amministrazioni locali e per gli investitori: spesso la vista degli impianti abbassa i valori dei terreni circostanti oppure in aree molto edificate manca semplicemente lo spazio. Una possibile soluzione è stata presentata da un gruppo di ingegneri spagnoli e britannici che hanno simulato il funzionamento di due turbine sotto un ponte nelle Isole Canarie e con i dati ricavati dall’esperimento virtuale hanno ipotizzato di poter fornire energia a centinaia di case. In pratica, il ricercatore Oscar Soto ei suoi colleghi della Kingston University di Londra hanno prima modellato le turbine come dischi porosi per valutare la resistenza dell’aria e poi testato diversi tipi di configurazioni. L’inserimento di uno svariato numero di turbine di capacità differenti ha indicato come migliore soluzione per la maggior parte dei ponti un modello costituito da due turbine di medie dimensioni (le più grandi attualmente sul mercato hanno lame di circa 80 metri di diametro). Nel caso specifico del viadotto Juncal dell’isola spagnola di Gran Canaria,  potrebbe produrre circa 0,5 megawatt di energia eolica, pari al fabbisogno di circa 500 abitazioni, ed evitare di rilasciare nell’atmosfera 140 tonnellate di anidride carbonica all’anno.

Il rendering del viadotto Juncal nell'esperimento condotto da Oscar Soto Oscar Soto, Kingston University di Londra e Zecsa
Il rendering del viadotto Juncal nell’esperimento condotto da Oscar Soto Oscar Soto, Kingston University di Londra e Zecsa

Si tratta però di un progetto ancora sulla carta sebbene i ricercatori affermino che potrebbe essere attuato ovunque se qualcuno si decidesse a provarci. Certo, va scelto un luogo dove il vento spira a una velocità tra i 6 e i 25 metri al secondo. In realtà,  questa non è una vera e propria novità perché già nel 2011 gli italiani Francesco Colarossi, Giovanna Saracino e Luisa Saracino avevano realizzato un progetto, battezzato Solar Wind, per trasformare un ponte abbandonato in una sorta centrale di energia sostenibile, con pannelli solari sul manto stradale e 26 turbine sotto le campate in grado di alimentare 15 mila case. Purtroppo non si è andati molto oltre la teoria, nonostante l’interesse internazionale. La simulazione Juncal sponsorizzata anche da Zecsa (Zona Eólica Canaria) una società specializzata nelle fonti rinnovabili, sembra invece avere tutti i dati concreti per convincere gli investitori, primi tra tutti l’amministrazione delle Isole Canarie.

Containscrapers, la torre di Babele all’indiana

La sommità di una torre Containscrapers

Lo studio Crg Architects ha proposto una interessante soluzione per la cronica carenza di alloggi di Mumbai: due cilindri a forma di torri leggermente ritorte fatti di container impilati. Detta così sembra la versione allungata verso l’alto delle casupole fatte di lamiera viste nelle periferie delle megalopoli orientali e sudamericane. E invece, già da qualche anno circola l’idea che i container possono diventare delle abitazioni dal design moderno e pulito: essendo in acciaio sono molto resistenti, hanno una buona durabilità visto che sono trattati per resistere ai viaggi via mare e sono abbastanza economici.

Certo, c’è il problema degli sbalzi termici e dell’eccessiva umidità, che richiede un opportuno isolamento e poi va controllato che ci siano residui di sostanze pericolose per la salute come i solventi. Nel caso del progetto indiano entrambe le strutture, battezzate Containscrapers, sono costituite da diverse tipologie di contenitori: quelli che costituiscono il nucleo della torre sono posizionati in verticale per ospitare in ciascun modulo un’unità abitativa. Quelli esterni hanno una esposizione multipla grazie a un meccanismo di rotazione di 90 gradi rispetto alla struttura principale che conferisce alla facciata un aspetto dinamico. L’angolazione favorisce la ventilazione naturale, indispensabile per abbassare il calore dell’appartamento e sono previsti dei giardini verticali, distribuiti lungo l’altezza dell’edificio, sia per separare le abitazioni che per contribuire a dissipare il calore prodotto dalle alte temperature delle calde estati della città. Il colore della facciata cambia a seconda del suo orientamento e rappresenta il grado di riscaldamento di ciascun lato della torre.

La sommità di una torre Containscrapers
La sommità di una torre Containscrapers
Il rendering del progetto firmato dalla studio Crg Architects
Il rendering del progetto firmato dalla studio Crg Architects
La base della torre Containscrapers
La base della torre Containscrapers
L'interno del Containscrapers
L’interno del Containscrapers
Il dettaglio della facciata
Il dettaglio della facciata

Contro i terremoti case con dissipatori di energia

L'edificio prototipo costruito nel Laboratorio Prove Materiali e Strutture dell'Unibas

Si chiamano dissipatori di energia, sono fatti in acciaio modellato a forma di U, e se posizionati alla base di un edificio sono in grado di isolarla e disperdere l’energia prodotta dalle scosse di un terremoto riducendo significativamente i danni. È il risultato di un progetto di ricerca condotto da Basilicata Innovazione, la struttura nata dall’accordo tra Regione Basilicata e Area Science Park, e la scuola di ingegneria dell’Università della Basilicata (Unibas), che dopo le analisi nel Laboratorio Prove Materiali e Strutture dell’Unibas ne hanno verificato le performance e i parametri meccanici di resistenza, rigidezza e duttilità per definirne i dettagli costruttivi.

La sperimentazione su una casa prototipo di tre piani di altezza (in scala due terzi con dimensioni in pianta di 4×3 metri e altezza interpiano di 2 metri) con struttura intelaiata in legno lamellare, ha dimostrato come le proprietà  dell’acciaio consentono ai dissipatori di deformarsi solo dopo numerose sollecitazioni, senza però rompersi e come la loro forma permetta di trasferire la forza sismica con spostamenti orizzontali. Così, il telaio della struttura non potrà essere danneggiato e saranno ridotte le oscillazioni interpiano e i danni post sisma. Insomma, con questa tecnologia made in Italy anche gli edifici meno recenti possono essere messi al sicuro dai terremoti a patto di essere installati, spiega Basilicata Innovazione, come collegamenti trave-colonna in strutture con scheletro portante in legno lamellare e che presentano un sistema di controventi a “V” rovescia, secondo la tecnica antisismica Pres-Lam (lamellare pre-compresso).

L'edificio prototipo costruito nel Laboratorio Prove Materiali e Strutture dell'Unibas
L’edificio prototipo costruito nel Laboratorio Prove Materiali e Strutture dell’Unibas
Il dettaglio della struttura in legno
Il dettaglio della struttura in legno

Gli scarti dei cantieri si trasformano in una eco-casa

I mori di sostegno realizzati con blocchi di cemento riciclato

Blocchi di cemento da una tonnellata ciascuno recuperati dagli scarti dei cantieri diventano l’elemento decorativo e strutturale di una casa di vacanza. Viene dall’Australia questo esempio di approccio al riuso intelligente e anche coraggioso: dove una volta c’era una segheria e prima ancora la cava di una miniera d’oro, ora a Yackandandah c’è una costruzione non convenzionale dai colori terrosi e dai materiali grezzi, di 100 metri quadrati. Infatti, sui 270 blocchi di cemento riciclato sovrapposti, che formano le pareti principali e i muri di sostegno, sono volutamente conservati i segni di usura riferiti all’impiego precedente, un ponte, un sentiero, una casa. L’insieme crea un mosaico di colori e texture che imita gli strati di terra ancora visibili come segno tangibile delle passate attività svolte nell’area circostante.

Il progetto, battezzato Sawmill house, che in inglese significa segheria, prevede molte soluzioni meccanizzate su misura: ampie sezioni del tetto ( circa 14 metri) si ritraggono nei mesi freddi per consentire alla luce del sole di entrare in casa e ottenere il riscaldamento passivo per la maggior parte dell’anno; sulla veranda e parte della facciata un involucro fatto di pannelli scorrevoli, costituiti da doghe di legno della pianta locale macrocarpa, segate e non trattate che col tempo si coloreranno di grigio, in modo da sfruttare il vento che sale per la valle e innescare una ventilazione a flusso incrociato del vento per il raffreddamento passivo. L’interno è un openspace con cucina, salotto e studio rivestito di legno con inserti in metallo non a caso dorato, e la camera da letto situata tra lo spazio giorno e un cortile, ha porte scorrevoli per eliminare il confine tra spazio esterno e interno. Certo, come soluzione di stoccaggio dei rifiuti di cemento realizzata dallo studio Archier di Melbourne non è niente male.

Sawmill House costa dall'alto con il tetto meccanizzato
Sawmill House costa dall’alto con la sezione del tetto meccanizzato
I mori di sostegno realizzati con blocchi di cemento riciclato
I muri di sostegno realizzati con blocchi di cemento riciclato
Il dettaglio dell'aspetto grezzo della facciata laterale con la veranda protetta da pannelli scorrevoli
Il dettaglio dell’aspetto grezzo della facciata laterale con la veranda protetta da pannelli scorrevoli
La camera da letto che si affaccia sul cortile interno
La camera da letto che si affaccia sul cortile interno
I mobili della cucina in metallo dorato sabbiato
I mobili della cucina in metallo dorato sabbiato
L'openspace della zona giorno
L’openspace della zona giorno

Le quattro informazioni chiave per i produttori edili

Quali consigli o informazioni i produttori di materiali edili dovrebbero fornire agli architetti per diventare il loro marchio preferito? Ottenere l’attenzione di questi professionisti, essere prescritti nei capitolati è molto importante per le ditte del settore, diventare un punto di riferimento ancora di più. Così Arch Vision, la società di consulenza e ricerche nel campo delle costruzioni ha voluto dedicare a questo tema uno dei suoi report trimestrali condotto su un campione di 1600 professionisti distribuiti tra Germania, Francia, Italia, Spagna, Regno Unito, Paesi Bassi, Belgio e Polonia.

Dalla ricerca emerge che informazioni tecniche dettagliate, assistenza tecnologica e, non ultima, consulenza estetica, sono oltre a prezzo e qualità, le discriminanti per diventare il brand del cuore. È interessante notare le differenze tra i vari paesi e non stupisce che la consulenza estetica al primo quasi ovunque, sia meno essenziale in Italia. Seconde in classifica le informazioni tecniche dettagliate, importanti soprattutto per gli architetti di Regno Unito, Italia e Polonia, mentre la consulenza tecnica è molto richiesta in Germania, Italia, Belgio e Polonia e meno da francesi e olandesi, che invece preferiscono avere alternative sostenibili. Un caso a sé la Spagna con un punteggio altro alla voce Ispirazione. Sorprende che Bim, strumenti di calcolo e soluzioni complete siano in fondo alla classifica. Ma, secondo i ricercatori, gli aspetti meno citati non devono essere sottovalutati perché potrebbero essere una leva per distinguersi.

Aspetti essenziali per diventare il marchio preferito tra gli architetti europei
Aspetti essenziali per diventare il marchio preferito tra gli architetti europei

La sfida cinese: casa (antisismica) costruita in 3 ore

La villa finito con il pubblico invitato a visitarla

Si sa che i cinesi sono molto veloci nel costruire, ma tirar su una villetta di due piani in tre ore non si era ancora visto. Eppure è successo a Xian con tanto di troupe televisiva a riprendere il gli operai al lavoro e un folto pubblico invitato a esplorare l’interno dopo l’installazione. Già, si parla di installazione perché in realtà la Zhuoda aveva già pre-assemblato nella sua fabbrica circa il 90% dell’edificio, composto da elementi modulari. Solita, si fa per dire, metodologia simil-Lego che sta prendendo piede un po’ ovunque. Questo processo super efficiente abbassa i prezzi di costruzione dai 365 ai 440 euro al metro quadrato, anche se dalle foto il risultato assomiglia, come compattezza, a un mobile dell’Ikea.

Certo,  l’aspetto può ingannare: infatti, si tratta di un’architettura antisismica, che può resistere un terremoto di magnitudo 9 perché i moduli, ognuno del peso di oltre 100 chilogrammi per metro quadrato, sopportano il peso della struttura della casa, un telaio in acciaio, in modo indipendente. Non solo: è a prova di fuoco e idrorepellente. Di che tipo di materiale si tratti, però, è un segreto che i dirigenti del gruppo Zhouda non vogliono svelare, anche se il presidente vice presidente Tan Buyong ha affermato che proviene da rifiuti industriali e agricoli ed è privo di sostanze nocive come la formaldeide, l’ammoniaca, e il radon. Le sorprese non sono finite, perché i sei moduli che compongono la casa sono stati stampati in 3D a cui la società ha applicato fogli decorativi in diverse varietà di texture, come giada, marmo, legno e granito. In pratica, tra elaborazione fisica degli elementi e assemblaggio in loco, ci sono voluti solo 10 giorni. Gli ingegneri che l’hanno progettata dichiarano un ciclo di vita di 150 anni, intanto hanno depositato oltre 22 brevetti sulla loro tecnologia.

Le fasi di assemblaggio della villa della compagnia Zhuoda riprese dalla televisione a Xian
Le fasi di assemblaggio della villa della compagnia Zhuoda, riprese dalla televisione a Xian
La posa del quarto modulo
La posa del quarto modulo
La villa finito con il pubblico invitato a visitarla
La villa finita con il pubblico invitato a visitarla
Il retro della villa
Il retro della villa
I visitatori pronti all'esplorazione
I visitatori pronti all’esplorazione
Uno degli interni rifinito con la texture marmo
Uno degli interni rifinito con la texture marmo

La casa smart è una Honda ed è in pista negli Usa

La Honda Smart Home nel campus dell'Università della California a Davis progettata da Michael Koenig ingegnere della casa automobilistica nel

A prima vista sembra una casa normale, con il cortile e l’arredamento necessario: tavolo e sedie di legno, un divano, la televisione a schermo piatto da 65 pollici, la cucina con i suoi elettrodomestici. Insomma nulla di strano, se non fosse che si tratta della Honda Smart Home, un concentrato di tecnologia che anticipa il futuro del design domestico ed è abitata una famiglia di quattro persone che hanno accettato di vivere per un anno nell’edificio costruito appositamente all’interno campus dell’Università della California a Davis.

Un vero e proprio test in termini di efficienza sul campo di come funziona il sistema di gestione sviluppato dalla casa automobilistica per controllare la produzione di energia, il livello di accumulo della batteria, la temperatura in casa, l’illuminazione a Led, la ricarica della macchina elettrica in garage, l’apertura e la chiusura delle tende, l’impianto stereo e la tv. Tutto tramite un’applicazione scaricata sull’iPad che diventa un telecomando.

La Honda Smart Home nel campus dell'Università della California a Davis progettata da Michael Koenig ingegnere della casa automobilistica nel
La Honda Smart Home nel campus dell’Università della California a Davis progettata da Michael Koenig ingegnere della casa automobilistica nel
L'automobile elettrica in carica nel garage di casa
L’automobile elettrica in carica nel garage di casa

Obiettivi del progetto

L’interesse di Honda nel progetto è ovviamente più ampio rispetto alla raccolta dei dati sulla carica e sulla guida di un’auto elettrica che ogni giorno percorre 50 chilometri come pendolare. Infatti, riguarda lo sviluppo di tecnologie per affrontare i cambiamenti climatici e quanto sia effettivamente confortevole vivere circondati da queste tecnologie nel quotidiano. In pratica, i ricercatori della casa automobilistica e dell’università di Davis possono testare gadget e software di propria produzione o di altre società, e soprattutto controllare come funzionano insieme. Alcune delle tecnologie sono già disponibili sul mercato, come i pannelli solari installati da SolarCity e la lavastoviglie Bosch ad alta efficienza energetica e frigorifero Kitchen Aid. Altre invece, sono programmate in modo nuovo per vedere quanto incidono sul benessere delle persone: per esempio le luci a Led simulano il cambiamento di colore della luce naturale e virano dal bianco luminoso del mattino al giallo caldo vicino al tramonto. C’è poi l’aspetto puramente costruttivo con finestre esposte a sud sono inclinate per bloccare il sole durante le ore più calde della giornata e per permettere in inverno alla luce di entrare per riscaldare la casa, con pareti più spesse della norma per acquisire un maggiore isolamento, ottenuto anche con il pavimento in cemento, con materiale di copertura della facciata selezionato per riflettere piuttosto che assorbire la luce.

L'illuminazione a Led che segue i cicli circadiani, in questo caso la luce del tramonto
L’illuminazione a Led che segue i cicli circadiani, in questo caso la luce del tramonto
Come funziona la Honda Smart Home
Come funziona la Honda Smart Home

 

Minori consumi, minori costi

La sperimentazione non riguarda solo la domotica: sebbene manchi il riscaldamento tradizionale e l’aria condizionata, con dei pannelli solari dalla capacità di 9,5 chilowattora e un sistema di accumulo per immagazzinare l’energia pari a 10 chilowattora, utilizzato durante la notte, la dimora produce più energia di quella che usa durante tutto l’anno (il 75 % di energia in meno di una casa delle stesse dimensioni). Quindi la si potrebbe classificare una casa zero net energy, come dovranno essere tutti i nuovi edifici della California a partire dal 2020. Però per evitare qualsiasi sorpresa è collegata alla rete elettrica. Gli ingegneri dell’ateneo hanno progettato un sistema a pompa di calore nel cortile con un accorgimento per ridurre i costi del 90%: i fori da cui passa l’aria che fluisce nella casa e che riscalda o raffredda l’acqua che passa dai tubi nel pavimento sono molto meno profondi e più ampi rispetto ai pozzi tipici di scambio termico. C’è infine il tema dell’efficienza idrica, molto sentito nello Stato soggetto a una disastrosa siccità da quattro anni. E così, i servizi igienici, la lavatrice e la lavastoviglie consumano tre volte meno acqua della norma grazie anche ai rubinetti a basso flusso che si chiudono automaticamente. Inoltre, l’acqua si scalda più rapidamente senza sprecare quella fredda che generalmente fuoriesce prima e tutto ciò che scorre viene raccolto e filtrato per irrigare le piante in cortile. Che sono tutte rigorosamente scelte per vivere in climi desertici.

Il cortile della Honda Smart Home sul retro della casa
Il cortile della Honda Smart Home sul retro della casa

Ad Amsterdam un condominio che fa scuola

La zona giorno di un appartamento ricavato dalla scuola Ons Dorp di Amsterdam firmato da Standard Studio

La sala insegnanti è diventata una camera da letto, mentre l’aula, piuttosto grande, è un open space dedicato alla zona giorno che comprende salotto, sala da pranzo e cucina. Ecco un condominio che piacerà ai sostenitori della riconversione edilizia: la scuola Ons Dorp di Amsterdam, costruita nel 1910, è stata trasformata in un condominio di dieci appartamenti dalle dimensioni variabili tra i 100 e i 150 metri quadrati. Tre piani di mattoni e malta, soffitti di 4,8 metri, due grandi scaloni e un cortile interno: lo studio di architettura olandese Standard Studio ha usato questi elementi per creare negli appartamenti dei soppalchi, e ottenere degli spazi collegati da una scala, ma inondati di luce naturale proveniente dalle finestre a quasi tutta altezza. In contrasto con la facciata in mattoni, gli interni hanno un aspetto moderno e contemporaneo anche se low cost: l’intonaco bianco e le superfici di compensato per i pensili o la base di alcuni piani di appoggio riflettono la luce e creano un’atmosfera calda, mentre i pavimenti in cemento e le scale in acciaio sono un riferimento all’estetica originale della struttura. In un paese come l’Italia con un patrimonio scolastico da riqualificare e una popolazione a crescita zero potrebbe essere un’idea.

La zona giorno di un appartamento ricavato dalla scuola Ons Dorp di Amsterdam firmato da Standard Studio
La zona giorno di un appartamento ricavato dalla scuola Ons Dorp di Amsterdam firmato da Standard Studio
Il soppalco
Il soppalco
La sala da pranzo
La sala da pranzo
La scala d'ingresso
La scala d’ingresso
La camera da letto
La camera da letto