Tanta acqua, poca acqua. E, soprattutto, uno spreco di acqua. L’emergenza idrica in Italia (ma non solo) si accompagna a dissesto idrogeologico, allagamenti e, paradossalmente, a siccità. Il clima e l’assetto del territorio non sono le uniche cause: c’è anche una colpevole deficienza delle infrastrutture, gli acquedotti, che si accompagna a una indifferenza diffusa nella gestione della risorsa idrica.
L’attenzione dei cittadini, purtroppo, si risveglia solo quando arriva la bolletta dell’acqua da pagare. Come se gestire il filtraggio, il trasporto e la salubrità dell’acqua fosse un’attività priva di costi.Ma non è così, a dispetto della diffusa opinione che «l’acqua è di tutti» e quindi non si paga.
Premesso questo, una delle vie più virtuose per affrontare il problema è non solo gestire il consumo dell’acqua dalla fonte al rubinetto, ma anche evitare un consumo inutile, eredità di quando nel passato l’umanità era numericamente molto più ridotta e la risorsa abbondante.
Per fortuna la bistrattata Unione Europea, che pare non piaccia a un gran numero di europei, ha messo a punto una direttiva (2024/3019) che si accompagna al regolamento 2020/741. L’obiettivo è spingere il riuso delle acque reflue prodotte dagli scarichi di attività agricole, industriali o domestiche.
Il Parlamento europeo, con questa direttiva, impone alcuni obblighi per gli Stati membri, specie su impianti grandi, che gestiscono scarichi di 150 mila abitanti equivalenti o superiori. In questo caso l’attenzione deve essere giocoforza maggiore e per questo le amministrazioni devono garantire ulteriori interventi per una migliore qualità dell’acqua in uscita. Ma non solo. Più in generale il riuso, con soluzioni per migliorare la qualità dell’acqua, sono un’opportunità per la tutela della risorsa idrica.
Per i grandi impianti la normativa Ue, approvata a fine 2024 e, quindi, con il nuovo parlamento eletto a giugno, prevede che entro il 2039 sia obbligatoria la rimozione dell’azoto e del fosforo dall’acqua potabile e che per il 2045 gli stessi impianti dovranno applicare un ulteriore trattamento per eliminare i microinquinanti.
Sempre che anche ottenere un’acqua pulita e riutilizzabile non sia considerato un sopruso della burocrazia di Bruxelles.
di Federico Mombarone