Nel settembre scorso in Commissione Ambiente del Senato è stato presentato un testo base che raggruppa le proposte in materia di rigenerazione urbana. Una proposta sottoscritta con un (raro) accordo bipartisan e condivisa da destra e sinistra. Obiettivo: una legge che regoli rigenerazione urbana e contenimento del suolo, aspetti finora affidati solo alla sensibilità e alle possibilità di qualche amministrazione locale.
Secondo Confindustria, per esempio, «è necessario arrivare a un modello di definizione, elaborazione e attuazione di progetti basati sulla multidisciplinarietà e sulla partecipazione della collettività interessata, nonché sulla trasformazione sostenibile e sull’innovazione delle realtà urbane e metropolitane e di coordinare uniformemente i regolamenti a livello nazionale su temi considerati fondamentali».
Il riferimento è a una necessaria nuova pianificazione urbanistica, al riuso degli spazi abbandonati, urban mobility, recupero dei centri storici, efficienza energetica e decarbonizzazione, completamento del ciclo integrato dei rifiuti ed economia circolare, sostenibilità sociale e diritto all’abitare. Ancora: al mantenimento della permeabilità del suolo non impermeabilizzato, tutela e la valorizzazione dei servizi ecosistemici forniti dal suolo.
Che l’urgenza sia evidente, lo indica lo sviluppo delle città negli ultimi 30 anni, con trasformazioni clamorose come nel caso di Milano, a cui si aggiungono le dinamiche sociali.
Eppure, al momento la norma di riferimento è la legge Urbanistica n. 1150 del 17 agosto 1942, rimasta sostanzialmente identica nonostante le integrazioni e i rappezzi normativi per cercare di renderla funzionale alla realtà.
A pensare che cosa erano le città negli anni Quaranta e quello che oggi i centri urbani richiedono, sembra incredibile che non si sia trovato il tempo per adeguare la legge.
Oltretutto, per cercare di tamponare questo vuoto, negli anni sono state adottate diverse normative che hanno previsto piani e programmi recepiti dalle leggi regionali, con il risultato di un puzzle normativo nel nome dell’autonomia locale. Un pasticcio per aziende e progettisti che si trovano di fronte a regole che cambiano da un luogo all’altro.
Infine, una nuova legge è ancora più necessaria alla luce degli input degli organismi internazionali, come l’Agenda Onu 2030 e la direttiva europea Case green, che impattano direttamente sulla rigenerazione urbana e del territorio. Quest’ultima, tra l’altro, impone anche scadenze ormai ravvicinate per un intervento di riqualificazione degli edifici.
Insomma, intervenire è urgente. Ma da ottobre tutto tace. Il Parlamento è impegnato a discutere sulle carriere dei magistrati, sui centri per l’immigrazione e sugli affari opachi che coinvolgono i servizi. Forse una rigenerazione farebbe bene anche ai nostri rappresentanti.