Il cambiamento climatico e la necessità di adeguare gli edifici.
Ci siamo dimenticati dell’ambiente? A parole no, anzi, tutte le imprese si dichiarano sostenibili o in procinto di esserlo, per non parlare della generazione Millennium o della Z (i più giovani), convinti giustamente che l’ambiente sia un valore discriminante. Ma, nella pratica, il fervore green di qualche anno fa sembra essersi diluito. Un po’ perché la transizione non è facile, come indica il settore automotive, stretto tra avanzata cinese e limiti ai motori termici, paletti che però non piacciono ai consumatori. Ma il minore entusiasmo per la sostenibilità arriva anche dal vento che soffia al di là dell’Atlantico, dove le politiche ambientali sono viste attualmente come un grande imbroglio. Nonostante i dati scientifici indichino il contrario.
Eppure sono pochi quelli che credono (o sperano) che il clima non stia cambiando. Anche il semplice vissuto dei cittadini avverte che i repentini cambiamenti meteo iniziano ad avere ripercussioni significative sulla vita quotidiana. E, di conseguenza sull’attività economica. Se, poi, il climate change si arresterà grazie all’utilizzo di automobili elettriche al posto di quelle diesel, lo vedremo. Ma misurare gli effetti del clima non è tempo perso. Secondo i rapporti del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, oltre al riscaldamento globale le emissioni di Co2 cambieranno i possibili valori dell’umidità, la forza dei venti, frequenza e intensità delle precipitazioni.
Le conseguenze
Si registrerà un costante aumento del livello del mare, con conseguenti inondazioni ed erosioni delle coste, oltre all’ormai noto scioglimento di ghiacciai e calotta polare. Macro trend che, però, hanno anche un impatto sul business. Una ricerca della Banca d’Italia ha indicato che i danni economici causati dal cambiamento climatico coinvolgeranno tutti i settori e non solo agricoltura e turismo. Uno degli aspetti che, purtroppo, è cronaca, riguarda i numerosi eventi idro-geologici: frane, alluvioni e inondazioni sempre più frequenti. Anche se può sembrare cinico, i rivenditori di materiali farebbero bene a tenere a mente questo aspetto.
Sulla base dei dati raccolti dall’algoritmo Secagn (Semantic Engine to Classify and Geotag News) incrociati con quelli sui bilanci e sui lavoratori delle imprese dei territori colpiti (fonte Inps e Infocamere), emerge anche che i disastri idrogeologici comportano un aumento significativo dei fallimenti delle imprese (4,8% in più rispetto alle zone non colpite). L’innalzamento delle temperature, invece, avrà impatto sul mercato immobiliare per gli effetti sull’attività di ricerca delle abitazioni. Lo studio stima anche la relazione fra temperatura media annuale e livello del Pil pro capite. La relazione è a forma di una «U» rovesciata: il punto di inversione è a circa 15 gradi. Quando la temperatura è inferiore, l’aumento ha un effetto positivo sul business, al contrario quando si superano i 15 gradi gli affari tendono ad andare peggio. Infine, secondo questi calcoli, in uno scenario non estremo, il livello del Pil pro capite nel 2100 sarà sceso solo tra il 2,8 e 9,5% rispetto a se il clima non fosse mutato. Tutte buone ragioni per non dimenticare che il patrimonio edilizio ha ora più necessità che mai di essere messo in condizione di affrontare un meteo più ostile.