Amianto in Italia: tra pericolo sanitario e ritardi nella bonifica

Amianto in Italia

L’amianto in Italia, minerale cancerogeno, utilizzato in passato per coperture e rivestimenti, è fuori legge dal 1992. Ma la bonifica degli edifici è ancora in alto mare. Ora un aiutino arriva dal Pnrr.

C’è un’emergenza sanitaria alla quale l’edilizia può dare una risposta. E, in realtà, lo sta facendo da molti anni. Ma troppo lentamente.

Il problema è noto, anche se nella realtà è stato colpevolmente dimenticato: secondo una valutazione del Cnr, in Italia restano ancora almeno 2,5 miliardi di metri quadrati di tetti realizzati con eternit. Cioè circa 32 milioni di tonnellate di cemento-amianto da smaltire. Di queste, ci sono «molte tonnellate di amianto friabile».

Ma un’associazione no-profit, lo Sportello Amianto Nazionale, pensa che ce ne siano ancora di più: 40 milioni. La verità è che non esiste un censimento che dia numeri certificati. Ma il problema rimane.

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Regioni in ritardo

L’aspetto più sorprendente è che la bonifica di tutte le coperture che contengono amianto è stabilita da una legge del 1992. Secondo quanto deciso dal Parlamento, devono essere le Regioni a mettere a punto una mappatura dei tetti in eternit-amianto.

Risultato: nel nome dell’autonomia, ognuno è andato per la sua strada. Ci sono, quindi, Regioni che si sono date da fare, come Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Sardegna, e quelle che, invece, sono in ritardo di una trentina d’anni, come le Regioni meridionali, che non forniscono dati da quando in televisione regnava Pippo Baudo.

Non solo: le Regioni hanno utilizzato nella raccolta dei dati criteri non omogenei e, di conseguenza, secondo il ministero dell’Ambiente moltissime aree di impianto particolarmente rilevanti in termini di necessità di intervento non rientrano tra i dati censiti. Magie del desiderio di indipendenza.

La rete idrica

C’è, inoltre, un ulteriore problema rilevato dall’Ona, l’Osservatorio nazionale amianto: la rete idrica.

L’amianto non regna solo sui tetti, ma anche nelle tubature che portano l’acqua: su 500 mila chilometri di condotte, circa 300 mila (allacciamenti inclusi) mostrano la presenza di materiale con amianto. È un’infrastruttura vecchia, obsoleta, in gran parte realizzata prima dell’entrata in vigore della legge anti amianto.

A parte questo, l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (Ispesl) stima che ci siano da bonificare ancora circa 1,3 miliardi di metri quadrati di lastre di copertura in cemento-amianto sui tetti di edifici adibiti ad abitazione.

Inoltre, non sono solo i tetti e i condotti il problema: alle coperture si aggiungono tra i 50 e i 100 milioni di metri quadrati di altre superfici rivestite con amianto spruzzato.

L’amianto in passato è stato utilizzato allegramente, prima che se ne conoscesse il lato oscuro cancerogeno e, qualche volta, paradossalmente è stato utilizzato anche per le strutture sanitarie.

Ci sono 250 ospedali costruiti con amianto. Per non parlare delle scuole: sono 2.400 gli istituti scolastici che contengono amianto. Non ditelo ai 352 mila studenti, ai loro genitori e ai 50mila membri del personale scolastico.

L’amianto in Italia: un pericolo ancora presente

L’amianto, insomma, è un pericolo dimenticato, ancora più colpevolmente visto che per l’edilizia si parla di sostenibilità, comfort e benessere. E la salute? Dovrebbe venire prima di tutto.

Eppure, le tecniche per lo smaltimento dell’amianto sono collaudate, come l’incapsulamento e la vetrificazione, anche se gli esperti consigliano di ricorrere soprattutto alle discariche speciali.

Per fortuna, gli impianti ci sono. Se ne contano 19 con tutte le autorizzazioni del caso: nove si trovano al Nord (i più grandi), due al Centro e otto al Sud.

In Lombardia sono quelle più efficienti e capienti, mentre altri centri di dismissione sono ormai saturi.

Ne occorrerebbero quindi altri, anche perché per quelli ancora attivi la capacità è in costante diminuzione e non sufficiente a soddisfare il fabbisogno stimato.

Costi di smaltimento

Non solo. Un altro problema riguarda l’aumento dei costi di smaltimento. Trasportare macerie costa e il prezzo del trasporto varia, ovviamente, con l’aumentare della distanza.

Le stime attuali per lo smaltimento di amianto oscillano quindi dai 15 euro ai 25 per metro quadrato da portare in discarica.

Premesso questo, non stupisce che Ispra nell’ultimo rapporto sulla produzione e gestione dei rifiuti speciali indichi che le quantità di rifiuti contenenti amianto generate dalle attività di smantellamento di manufatti contaminati siano scese in dieci anni dalle oltre 530 mila tonnellate del 2012 alle 385 mila nel 2020.

Bastano due calcoli per comprendere la strada che ancora c’è da fare per una completa bonifica: a questo ritmo ci vorranno altri 103 anni.

«La priorità deve essere la bonifica del Paese. È assurdo che a 33 anni dalla legge che lo ha messo al bando ci siano ancora 32 milioni di tonnellate di amianto, e che scuole e ospedali siano ancora luoghi dove ci si ammala», ha spiegato l’ex ministro dell’Ambiente, il generale dei carabinieri forestali Sergio Costa.

«E questo nonostante i milioni di euro erogati per le bonifiche, nel 2020 quando ero ministro ne furono stanziati 385 milioni. Molto in questa fase è in capo alle regioni e ci sono disparità Nord-Sud da sanare.

Inoltre, il tema urgente è il confinamento dell’amianto smaltito: l’unico sistema collaudato a oggi sono le discariche, iniquamente distribuite nel Paese oltre a essere quasi sature. Bisogna intervenire subito».

La normativa

Vale la pena, in ogni caso, di fare un ripasso e ricordare che cosa è l’amianto e che cosa prevede la normativa. Secondo un documento della Camera dei deputati, «l’amianto è un minerale naturale a struttura fibrosa con buone proprietà fonoassorbenti e termoisolanti che, anche per via dell’economicità, è stato largamente utilizzato in passato in innumerevoli applicazioni industriali ed edilizie».

Con il tempo, però, il materiale si è rivelato nocivo per la salute dell’uomo per la sua proprietà di rilasciare fibre che, se inalate, possono provocare patologie gravi ed irreversibili a carico dell’apparato respiratorio (asbestosi, carcinoma polmonare) e delle membrane sierose, principalmente la pleura (mesoteliomi).

L’amianto è quindi sicuramente pericoloso soltanto quando può disperdere le sue fibre nell’ambiente circostante.

Amianto in Italia

La legge del 1992

La legge 257 del 1992 e le principali norme emanate successivamente hanno riconosciuto la pericolosità dell’amianto e in attuazione di specifiche direttive comunitarie sono state dettate norme per la cessazione dell’impiego dell’amianto e per il suo smaltimento controllato.

La legge stabilisce il divieto di estrazione, importazione, esportazione, commercializzazione e produzione di amianto.

In attuazione, sono stati emanati numerosi provvedimenti per definire le modalità di predisposizione dei cosiddetti piani regionali amianto, di valutazione del rischio, di gestione dei manufatti contenenti questo minerale, nonché le tipologie di interventi per la bonifica.

Per quanto concerne l’inquinamento ambientale, inoltre, con il decreto legislativo del 1995 sono stati fissati limiti per le emissioni in atmosfera e negli effluenti liquidi.

In seguito, inoltre, sono state emanate nuove norme per lo smaltimento dell’amianto, nell’ambito della nuova disciplina delle discariche di rifiuti, nonché le regole per la mappatura e le bonifiche urgenti.

I provvedimenti

Bisogna aggiungere che, a suo tempo, la politica aveva compreso l’urgenza e la rilevanza della bonifica dell’amianto.

Tanto che per la mappatura completa della presenza di amianto sul territorio nazionale e per consentire la realizzazione degli interventi di bonifica urgenti, nel 2001 con una legge apposita il Parlamento ha stanziato 22 miliardi di lire per il triennio 2000-2002 (cioè circa 11,4 milioni di euro). Non molto per bonificare, ma probabilmente un buon contributo per arrivare a una mappatura.

Un successivo decreto ministeriale del 2003 ha definito i soggetti, gli strumenti e le fasi per la realizzazione della mappatura, affidando alle regioni e alle province autonome il compito.

Per facilitare il raggiungimento dell’obiettivo, è stata predisposta da Inail, in convenzione con il ministero dell’Ambiente, una Banca Dati Amianto in cui rientrano circa 108 mila siti interessati dalla presenza di amianto.

Il ministero precisa, però, che la banca dati non consente ancora una copertura omogenea del territorio nazionale.

Piano nazionale

Nel 2013, inoltre, il Governo ha approvato il Piano nazionale amianto, che va in tre direzioni: tutela della salute, dell’ambiente e aspetti di sicurezza sul lavoro e previdenziali. Un po’ è rimasto sulla carta, un po’ il piano è andato avanti.

Nel 2018 era stato introdotto il credito d’imposta «del 65% delle erogazioni liberali per interventi su edifici e terreni pubblici di bonifica ambientale, compresa la rimozione dell’amianto dagli edifici, prevenzione e risanamento del dissesto idrogeologico, realizzazione o ristrutturazione di parchi e aree verdi attrezzate e recupero di aree dismesse di proprietà pubblica».

Incentivo che, poi, era rientrato anche nel pacchetto superbonus, ormai estinto. Ora però i bonus sono visti come fumo negli occhi dal ministro dell’Economia.

E nel 2019 il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) aveva approvato un cosiddetto addendum al provvedimento, nel quale è prevista tra l’altro l’attuazione di un Piano di bonifica da amianto negli edifici pubblici «finalizzato, in particolare, alla rimozione e allo smaltimento dello stesso negli edifici scolastici e ospedalieri», con una dotazione finanziaria di 385 milioni di euro, quelli citati dall’ex ministro Costa.

E anche se negli interventi del Pnrr non sono previste misure specifiche a favore di interventi di bonifica di beni contaminati da amianto, nel Piano è compreso un investimento di 500 milioni da destinare alla bonifica dei siti orfani con l’obiettivo della loro riqualificazione. Meglio di niente.

Un pericolo mortale

Il 27 marzo del 1992 l’Italia, primo Paese in Europa, si è dotata di una legge che metteva al bando l’amianto. Sono trascorsi 33 anni, ma l’amianto è ancora un pericolo diffuso.

L’allarme è nato con l’emergere del caso Eternit di Casale Monferrato, con il processo per l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny che si è prolungato fino ai giorni nostri.

Un altro caso è stato quello della Fibronit di Bari. In tutti e due i casi l’amianto utilizzato, non solo inconsapevolmente, ha provocato oltre 6 mila vittime, secondo i dati riportati dalla Camera in base al registro nazionale mesoteliomi.

Sono le persone che ogni anno muoiono a causa di malattie asbesto-correlate, come il mesotelioma, il carcinoma polmonare e l’asbestosi provocate dal contatto con le microfibre di amianto.

di Giuseppe Rossi

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