Pmi, il Friuli insegna superare il credit crunch

Per le Piccole e Medie Imprese del Friuli Venezia Giulia il credit crunch sta finendo e possono sperare di trovare con discreta facilità il credito necessario alla crescita purché imparino a dialogare con le banche dotandosi delle necessarie competenze manageriali in campo finanziario. Lo hanno sostenuto gli esperti intervenuti al terzo incontro dell’edizione 2016 di Economia sotto l’ombrellone a Lignano Sabbiadoro, che aveva come tema Le Pmi e il credito per crescere. Se, infatti, secondo uno studio della Cgia il Fvg dal maggio 2015 al maggio 2016 ha visto aumentare gli impieghi degli istituti di credito del 2,8%; ancora meglio ha fatto il sistema regionale del Credito Cooperativo, che controlla il 17% del mercato creditizio regionale. «Le Bcc regionali a fine 2015 avevano erogato circa 5,4 miliardi di credito complessivo con una crescita sull’anno precedente del 3,8%», ha sostenuto Giorgio Candusso, consulente presso Federazione delle Banche di Credito Cooperativo del Friuli Venezia Giulia. «Va poi considerato che nel 2011 la nostra quota di mercato era dell’15%, il che vuol dire che, anche durante gli anni di crisi, siamo riusciti ad ampliare costantemente la quantità di credito erogato. Il credito, dunque, almeno da noi c’è, sia come credito ordinario, sia come credito assistito da altre soluzioni come i Confidi o le varie forme di credito agevolato, e crediamo che sia sufficiente ad assistere le aziende nelle loro necessità di crescita. Purtroppo, però, ci sono troppe aziende che o non hanno piani aziendali adeguati o non hanno sufficienti competenze nella gestione finanziaria e che, quindi, hanno difficoltà a farsi ascoltare dal mondo del credito».

«Noi ci occupiamo professionalmente di accompagnare le aziende verso il mondo finanziario», secondo Daniele Cescutti della società nazionale di consulenza Ingegna Finanza, «sia, quindi, verso il sistema bancario, sia verso intermediari finanziari diversi dalle banche e, sulla base della nostra esperienza, per quanto riguarda il credit crunch possiamo dividere le aziende in due tipi: da un lato le aziende strutturate che hanno fatturati significativi, lavorano già sui mercati internazionali e che, mediamente, non hanno problemi di accesso al credito; dall’altro ci sono le aziende più piccole che hanno concentrato l’attività sul mercato domestico e che sono, mediamente, quelle con maggiori difficoltà ad accedere al credito, perché non riescono a garantire adeguate marginalità data la crisi del mercato interno e quindi diventano più rischiose per il sistema bancario. In questo senso è fondamentale che la Pmi che vuole crescere sappia tradurre i suoi progetti di sviluppo in termini finanziari leggibili per il sistema bancario e, per questo, serve un’adeguata strutturazione manageriale in campo finanziario, che può essere sia sviluppata all’interno delle stesse aziende, ma che può anche essere reperita sul mercato rivolgendosi a manager temporanei o a consulenti esterni. Le crisi finanziarie delle aziende, infatti, sono quasi sempre la manifestazione di una precedente crisi gestionale e, quindi, di mancanza di competenze, di un modello di business o di un piano industriale da rivedere».euros

«Nel sistema bancario c’è molta liquidità e, oggi, è offerta anche a condizioni convenienti, tuttavia come utenti dobbiamo lamentare il fatto che le banche italiane sono mediamente più care rispetto a quelle di altri Paesi europei per quanto riguarda tutti i costi accessori imputati ai clienti», ha affermato Massimiliano Fabian, imprenditore e vicepresidente del Congafi Industria Trieste. «Detto, questo, da un lato va chiarito che se molte aziende non crescono non è solo per mancanza di credito, ma anche per un contesto di regole nazionali che continuano a rendere poco attraente il superamento dei 15 dipendenti, nonché per una burocrazia pachidermica e una tassazione esagerata, anche se ci sono tentativi, purtroppo lenti, di modificare queste condizioni; dall’altro va detto che esiste effettivamente una questione di competenze che le aziende dovrebbero rafforzare e che sono disponibili sia all’interno delle stesse imprese, sia sul mercato, ma che le aziende utilizzano solo se decidono veramente di crescere. Infine va aggiunto che c’è una questione culturale, perché gli imprenditori non possono più immaginare che un investimento sia finanziato interamente dal credito bancario, ma devono dimostrare, agli istituti di credito o di controgaranzia, di credere in prima persona nelle proprie potenzialità di sviluppo impiegando anche mezzi propri».

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