Dove andranno a finire i padiglioni dell’Expo

    Il governo ha preparato un piano (un grande polo di ricerca) per il dopo Expo. Ma c’è un altro aspetto da considerare: che cosa fare delle strutture rimaste.Di sicuro si sa che rimarranno in piedi solo Palazzo Italia, Cascina Triulza, Passerella Expo – Fiera, Passerella Expo-Merlata, l’Open Air Theatre, l’Albero della Vita, e, forse, Padiglione Zero. La Fondazione promozione acciaio calcola però che il 70% di Expo è stato realizzato interamente in carpenteria metallica e nel restante 30% l’acciaio da carpenteria metallica è comunque in abbinamento al cemento armato e al legno. L’80% del costruito a vista delle opere temporanee  di Expo è stato realizzato in acciaio.

    Il piano di smantellamento delle strutture di Expo presenta un cronoprogramma serrato e vincolante: demolizione delle strutture fuori terra dal 18 novembre al 31 marzo 2016, demolizione delle fondazioni rinterri e rimozione impianti dal 1° aprile al 30 maggio. Tutto deve essere svolto nel pieno rispetto dei tempi programmati, tenendo conto che il 30 giugno 2016 scade il diritto di superficie.

    Nella fase di smantellamento, la sostenibilità dei materiali e delle procedure gioca un ruolo rilevante. Trai i diktat imposti, il divieto di utilizzare impianti mobili di frantumazione e recupero in sito e aggregati riciclati per riempimenti. È invece stato posto l’accento sulla necessità di ridurre al minimo l’impatto ambientale, recuperando e riciclando i rifiuti, contenendo le emissioni di polveri, le vibrazioni e l’inquinamento acustico. La demolizione deve avvenire infatti secondo un criterio selettivo in grado di garantire la tracciabilità e il recupero della massima quantità possibile di rifiuti, rigorosamente suddivisi per tipologia. È perciò necessario procedere con lo smontaggio preventivo delle componenti riutilizzabili e di tutti i materiali estranei agli inerti. Le opere realizzate in acciaio sono in grado di rispettare tutte queste prescrizioni.

    Sul futuro dei padiglioni dismessi si aprono scenari molto vari. Alcuni Paesi, già in fase di progetto, hanno individuato con precisione l’uso futuro del padiglione, prevedendone il rimpatrio. Altri invece hanno preferito donare il proprio a Paesi in difficoltà, con un uso diverso da quello originale. Altre strutture, per le quali non è stata prevista una destinazione particolare, verranno smantellate e l’acciaio verrà interamente recuperato e riutilizzato con finalità diverse. Il padiglione degli Emirati Arabi, una volta smontato, verrà rimontato e riutilizzato in occasione della prossima edizione di Expo 2020, a Dubai. Diverso il destino per New Holland: il padiglione sarà infatti ricostruito come showroom altamente innovativo, focalizzato intorno ai principi di riciclo e sostenibilità. L’Ungheria riutilizzerà il 90% dell’edificio, che andrà ad ospitare il Centro Nazionale della Salute e dell’Informazione.

    L’Uruguay non ha previsto che il padiglione potesse essere rimontato in patria. Il manufatto resta contrattualmente di proprietà dell’impresa costruttrice. In particolare la struttura metallica sarà ritirata dal costruttore metallico. Particolare, infine, il reimpiego previsto per la Svizzera: le torri saranno infatti recuperate e riutilizzate nelle città svizzere come serre urbane.

    Un padiglione di Expo
    Un padiglione di Expo

    LASCIA UN COMMENTO

    Inserisci il commento
    Inserisci il tuo nome qui